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Autore: Marra Superwholocked    21/07/2017    2 recensioni
[Partecipante alla Summer Challenge del Wayward Sons and Daughters]
Tutto sembra essere tranquillo, ma si sa che con i Winchester la tranquillità dura poco.
Castiel sembra essersi preso una brutta malattia; Dean si prenderà cura dell'angelo, mentre Sam... Sam sospetta già che, dietro quella strana malattia, vi sia un mostro...
(Accenni alla Destiel)
Genere: Angst, Fluff, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Angolo dell'autrice:
Buonsalve, gente!
Come anticipato dalla descrizione della storia, questa fanfiction è il frutto di una delle numerosi challenge organizzate dal gruppo Facebook “Wayward sons and daughters! - Supernatural Italia” (link: https://www.facebook.com/groups/waywardsonsanddaughters/?hc_location=ufi ).


Premessa importante: prima di scrivere fanfiction riguardanti Supernatural, mi informo su miti, leggende e incantesimi che esistono “veramente” così da far sembrare il tutto il più realistico possibile. Ovviamente faccio qualche piccola modifica qua e là per far combaciare meglio le cose xD
Detto questo, spero di non deludere le tue (e le vostre) aspettative!!
Buona lettura!


xoxo
Marra

 

 

A Fever You Can't Sweat Out

 


Tutto ciò che Sam voleva era rilassarsi un poco, a letto, nel silenzio del bunker. Attorno a lui c'era solo freddo e umidità, ma ormai vi aveva fatto l'abitudine con tutte quelle camere sudicie dei motel in cui lui e suo fratello si fermavano anni prima tra un caso e l'altro. Dean, d'altro canto, era intento a mangiare, motivo per cui Sam voleva rilassarsi dato che ultimamente il maggiore russava sempre più rumorosamente.
Quindi, riepilogando, in tutto il bunker, le due sole stanze occupate erano la cucina e la camera di Sam. Ma ne siamo proprio sicuri?
Sam sentì tossire. Pensò fosse stato Dean che, ingordo com'era, magari voleva mangiarsi mezzo cheeseburger in un sol morso. Sam sentì tossire di nuovo. Dean stava soffocando. Si alzò di scatto dal letto caldo e spalancò la porta della camera, attraversò i corridoi che portavano alla cucina e, affannato per la corsa, trovò un Dean intento a mangiare non uno, ma bensì due cheeseburger contemporaneamente, reggendone uno per mano.
«Che c'è?» chiese Dean con la bocca piena. «Non sapevo quale mangiare per primo» sorrise mostrando un pezzetto di cetriolo tra gli incisivi.
«Dio, Dean! Mi hai fatto spaventare a morte!» esclamò Sam appoggiandosi al muro per riprendere fiato. «Non posso girarmi un secondo che-», ma si interruppe, ricordando una delle innumerevoli morti del fratello durante il Mystery Spot.
«Che?» Dean addentò uno dei due cheeseburger guardando, tuttavia, l'altro come se lo stesse tradendo e se ne pentisse.
Sam sospirò. «Ti ho sentito tossire, pensavo stessi soffocando.»
«Ah!» rise il maggiore con la bocca piena. «Allucinazioni, Sammy! Stai invecchiando, magari è la malattia dei cacciatori...» ironizzò mandando giù il boccone. «Avvertimi quando comincerai a vedere zucchine che ballano il valzer!»
Sam roteò gli occhi, ne aveva le scatole piene. Però, forse, suo fratello aveva ragione... In parte.
Il minore dei Winchester girò i tacchi fece per tornarsene a letto quando udì tossire: questa volta era un rumore lontano, troppo lontano; Sam si voltò e, dall'espressione allarmata di Dean, poté subito capire che le sue non erano affatto allucinazioni.
Entrambi con una pistola in mano, Sam e Dean presero a camminare quatti quatti in quel labirinto che era la loro casa ormai da tempo. Sam distava dal maggiore giusto un paio di passi, il necessario per far credere a Dean di essere sempre il suo angelo custode; tuttavia, al quarto ed ultimo colpo di tosse, quello coi riflessi più pronti fu Sam – forse proprio per la birra che Dean si era scolato qualche istante prima.
I due cacciatori si voltarono poiché l'intruso si trovava alle loro spalle, questa volta vicinissimo. Così vicino che bastò loro percorrere una decina di metri e svoltare l'angolo per capire con cosa avessero a che fare: era un angelo; era Castiel.
«Ciao, Dean...» bofonchiò Castiel; «Sam.» Egli si reggeva a stento con una mano trascinata sulle piastrelle fredde del muro mentre l'altra mano, sporca di sangue, la teneva stretta al petto, come se dentro di lui ci fosse un uragano pronto ad uscire e a fare danni. Sporca di sangue aveva anche la bocca e la camicia un tempo candida.
«Cas!» Dean infilò la pistola tra la schiena e i jeans e corse dal suo angelo, aiutandolo a reggersi in piedi. «Cosa diamine ti è successo?»
«Non lo so» fu la risposta di Castiel poco prima di svenire.


Si risvegliò in un bagno di sudore, ansimante e tremante, ma Sam era lì pronto al suo fianco.
«Castiel, ti sei svegliato!» esclamò il cacciatore.
«Dov'è Dean?»
Sam sorrise e indicò la cucina.
«Ovviamente.» Castiel provò a rialzarsi dalla scomoda posizione che aveva assunto durante il sonno su quello che doveva essere un comodo letto ma non lo era e vi rinunciò alla prima fitta di dolore.
«Forse è meglio se non ti muovi finché non capiamo cos'hai» disse Sam porgendo all'angelo un bicchier d'acqua.
«Grazie» disse Castiel, «ma no, grazie» proseguì. Non aveva bisogno di bere, voleva solo rialzarsi e consultare qualche volume degli Uomini di Lettere per capire quale malattia lo avesse colpito. Tuttavia, inaspettatamente, urlò. Dalla sua bocca fuoriuscì un urlo così forte da mandare in frantumi la lampada più vicina a loro, segno che la sua grazia si stava ribellando.
Dean accorse immediatamente nella camera da letto in cui avevano fatto sdraiare Castiel pochi minuti prima con ancora briciole di pane intorno alla bocca. «Che succede?!»
Sam si rialzò in piedi, ma non disse nulla. Venne sorpassato dal fratello maggiore, il quale si inginocchiò per essere il più vicino possibile a Castiel.
«Cas, perché hai urlato? Si è rotto pure il microonde» disse Dean ponendo una mano sulla fronte dell'angelo, ma no, la febbre non era scesa. «Sam, vai a bagnare uno strofinaccio e portamelo.» Sentì il fratellino andarsene, quindi ripeté la domanda: «Cas, perché hai urlato?»
«Qualcosa si è mosso dentro di me» disse Castiel con una voce rauca e ammalata.
Dean sorrise. «Cas, hai la febbre molto alta» disse tranquillo mentre Sam tornava con la pezza umida e fresca. «Sarà stata la tua immaginazione. Ecco, ora sta' giù e cerca di dormire ancora un po'.» Guardò Sam mettere sulla fronte dell'angelo il rimedio delle nonne di tutto il mondo contro la febbre, poi fece forza sulle gambe stanche e si rimire in piedi. Rimase a fissare Castiel qualche istante, il tempo necessario affinché le formiche ai muscoli delle coscie fossero andate via; quando Castiel cominciò a russare, Dean tornò in cucina, prese i panini che si era preparato e se li portò dietro per poi sedersi sulla sedia a lato del letto di Castiel.
Sam era già tornato in camera sua, i piedi che uscivano dal perimetro del materasso per non sporcare le coperte, gli occhi spalancati sul soffitto buio, ma non riusciva a riposare. Qualcosa si è mosso dentro di me, aveva rantolato Castiel. Quella frase tormentava la mente di Sam; si girò sul fianco destro, poi su quello sinistro. Alla fine si stropicciò gli occhi con due dita e si mise a sedere sul letto. Ormai Castiel conosceva abbastanza bene l'umanità per poter distinguere un virus da qualcosa di più pericoloso, qualcosa a cui i cacciatori come i Winchester erano abituati, qualcosa che trova riparo nelle ombre e ti ci trascina appena abbassi la guardia. Sam non poteva starsene con le mani in mano: si alzò e andò di soppiatto nella zona del bunker che più preferiva, quella con i libri.


Sam era al quarto volume quando sentì Castiel tossire e urlare per l'ennesima volta. Sospirò. Chiuse gli occhi. E quando li riaprì, trovò la soluzione: era sempre stata sotto al suo naso da quando aveva aperto quel volume e non se ne era accorto se non in quell'istante.
«Dean!» urlò Sam prendendo il volume e alzandosi. «Dean, forse ho trovato qualcosa!»
Quando Sam arrivò alla camera in cui giaceva Castiel, vi trovò suo fratello che cercava di ripulire la macchia di sangue sul pavimento come meglio poteva. Il viso di Castiel era la sofferenza fatta persona, con rivoli di sangue che continuavano a scengergli dal naso e ad uscirgli dalla bocca. Era imperlato di sudore e affondava le unghie nel materasso perché sapeva che avrebbe avuto la forza di strapparsi di dosso la pelle e la carne pur di guardarsi dentro e scoprire cosa c'era che non andava.
«Dean» sussurrò incredulo Sam guardando il maggiore con un'espressione disperata dipinta sul suo volto. Lo sentì ansimare e chiedergli aiuto senza dire una parola. Ecco allora che Sam, il topo di biblioteca, aprì il volume che reggeva ancora tra le mani sulla pagina a cui era interessato. Il titolo del paragrafo recitava Demoni Infettivi. «C'è una cura» disse. «Ma ci serve il sangue di uno di loro.»
«Un aerico? Davvero?» fece Dean. Sapeva che quegli esseri erano demoni che amavano trasmettere malattie di ogni genere, che si disperdevano nell'aria per lavorare meglio e che, talvolta, assumevano forme umane. Ma non poteva crederci che uno di loro avesse preso di mira proprio il suo Castiel; piuttosto pensava ad una maledizione di Rowena, l'ennesima. Vide Sam annuire poi guardò Castiel. «Sammy, lui non può stare da solo, sta peggiorando.»
Sam annuì nuovamente. «Do uno sguardo veloce, magari trovo qualcosa nel bunker. Altrimenti dovrò invocarne o cercarne uno.» Richiuse il libro tenendo il segno con un dito e filò via, lasciando che Dean facesse da infermiere, per quanto potesse servire.


Passò solo una manciata di minuti durante i quali Dean aveva pulito a terra altre quattro volte. Le chiazze di sangue erano sempre più grandi e frequenti, i gorgoglii di Castel mentre annaspava nel sangue lo facevano rabbrividire.
«Tieni duro, Cas» gli disse afferrandogli un lembo dell'impermeabile. «Sam sta facendo più in fretta che può.» Gli asciugò la fronte e in quell'attimò Castiel lo guardò negli occhi; Dean si chiese se sarebbero mai riusciti a salvarlo.


Gli aerici sono invisibili all'occhio umano. Tuttavia è possibile, così come per i Cerberi Infernali, vederli bruciando olio santo e facendovi passare sopra al fuoco un cristallo, una lente o un frammento vitreo abbastanza grande da permettere una buona visuale.
Sam non aveva trovato alcna traccia del sangue di quegli esseri e, leggendo bene e più a fondo il paragrafo dedicato loro, aveva scoperto che l'invocazione aveva come conseguenza gravi danni all'agricoltura e alle persone nelle vicinanze. Quindi no, l'invocazione era da escludere.
Andò laddove, tempo addietro, aveva legato Dean quando era diventato un Cavaliere dell'Inferno e dove entrambi vi avevano segregato Crowley. Lo scaffale che nascondeva la grande trappola demoniaca conservava ogni genere di sostanza, dalla più pericolosa alla più catastrofica e, ovviamente, era quasi del tutto offlimits per Dean, che era troppo curioso e pasticcione. Allungò il possente braccio ed afferrò una piccola bottiglia di vetro ricoperta di polvere e terra. La agitò un poco e quella fece il solito rumore di acqua stantia che veniva disturbata da un movimento improvviso.
Una volta appurato che la bottiglia contenesse abbastanza olio, Sam tornò di sopra ed uscì dal bunker.


Dean ne approfittò per andare in cucina non appena Castiel si fu addormentato. Voleva farlo stare meglio, ma non sapeva come. Non era sicuro che con un panino o dell'acqua sarebbe andata meglio. In quel momento avrebbe voluto poter fare di più; odiava i suoi limiti umani.
Mentre faceva di tutto per non cominciare a sbattere la testa contro il muro, sentì Sam ritornare e si fiondò fuori dalla cucina per andargli incontro.
«Sammy!» urlò Dean più forte che poté per farsi sentire. «Dimmi che hai-» stava dicendo, ma non fece in tempo a finire la frase poiché Sam, con al naso un paio di occhiali da vista precedentemente trattati con olio santo, tirò fuori da un sacco di iuta sudicio e scalciante un esserino invisibile. «So che sei curioso quindi non ti dirò di non prendere i miei occhiali così da evitare di vedere quanto è brutto.»
Dean non se lo fece ripetere due volte e ghignò come un bambino nell'afferrare gli occhiali dal naso del fratello; se li inforcò e... «Qualunque divinità li abbia creati, doveva essere molto ubriaca!» esclamò togliendosi gli occhiali e ripensando alla pelle marrone e raggrinzita dell'aerico. Le lunghe orecchie appuntite rivelavano gran parte del loro “DNA”.
«Non sono proprio demoni» affermò il saccente Sam. «Sono più simili ai folletti e pensano che sia divertente diffondere peste e malaria. Simpatici, non è vero?»
Dean era disgustato e infastidito da quella presenza invisibile che, indebolito da alcune piccole ferite da battaglia contro l'alce, cominciava a dimenarsi sempre di meno. «Andiamo. Castiel sta sempre peggio.» Non vedeva l'ora di sacrificare quell'esserino diabolico.


Sam aveva trovato tutto l'occorrente e ora teneva in mano la tazza in cui aveva preparato l'intruglio da far bere a Castiel. Camminava lungo i corridoi ricordando il sangue caldo e viscido dell'aerico che gli colava in parte sulla mano mentre ne riempiva la tazza. Castiel urlò di nuovo, ma la voce gli si faceva sempre più rauca e debole; Sam cominciò a correre facendo attenzione a non far fuoriuscire nemmeno una goccia di quella sostanza. Quando entrò nella camera da letto dove ancora giaceva Castiel, ora ricoperto di pustole, Dean staccò la mano dai capelli dell'angelo smettendo di accarezzarglieli. Appesi allo schienale della sedia su cui era seduto Dean vi era una miriade di strofinacci ancora umidi: non era riuscito a lavarli e così si accumulavano mentre la febbre di Castiel si alzava sempre di più.
Sam scavalcò il secchio colmo d'acqua che Dean si era portato in camera per non perdere tempo facendo avanti e indietro al bagno o in cucina e si chinò al fianco del fratello, vicino a Castiel. «Cas» lo chiamò.
Ma Castiel non rispose, emise solo un lieve lamento. Poi tossicchiò e aprì gli occhi deboli. Poteva sentire l'angoscia di Dean riempire lintera stanza, le sue dita aggrovigliate nei suoi capelli, l'altra sua mano che gli accarezzava un braccio senza farsi notare dal fratellino.
«Devi bere.»
«Uhm, no, Sam» disse Castiel voltandosi dall'altra parte esattamente come un bambino capriccioso. «Non mi va di bere. Sento che se dovessi farlo, sentirei gli spilli nello stomaco.»
«Non è acqua, Cas» disse Dean cercando il suo sguardo, ma non lo trovò. «È una pozione che ti farà stare meglio.»
«Meglio non è uguale a bene» puntualizzò Castiel.
Sam sbuffò dal naso. «Dean si è espresso male, voleva dire che ti farà guarire! Bevi, per favore.»
«No.»
«Oh, no, Cas, non farai il viziato proprio ora!» esclamò Dean staccandosi dall'angelo e alzandosi. Andò dritto verso il grande comò ai piedi del letto e aprì un cassetto, poi un altro, un altro ancora, infine trovò ciò che stava cercando. Reggeva in mano un sacchetto di strisce di plastica colorate e si era appena riseduto quando estrasse una striscia verde.
Sam guardò meglio: era una cannuccia. Gli scappò un sorriso.
«Okay, Cas» disse Dean avvicinandosi di più all'angelo. «Ora tu fai come dico io.»
Castiel mugugnò un istante, ma poi si voltò e afferrò la cannuccia con la bocca rinsecchita contornata da pelle arrossata e bollente per la febbre. Aspirò lentamente il contenuto scuro e denso della tazza con una brutta espressione sul volto. Poteva sentire ogni sapore, dal ferro del sangue a quello rinfrescante della menta, zenzero, limone, forse c'era anche cenere vulcanica, lo avevano fatto bollire con ossa di cerbiatto e avevano dimenticato alcuni residui di penna di corvo... Gli venne un conato di vomito, ma buttò giù, mancava poco, doveva bere tutto, altrimenti non sarebbe guarito e Dean... Dean si sarebbe arrabbiato... Dean... Dean...


Era ancora sudaticcio quando riaprì gli occhi. L'impermeabile aveva impedito alla pelle del suo tramite, ormai morto da tempo immemore, di respirare, ecco perché sentiva la schiena goggiolare. Castiel si tirò su a sedere; era ancora a letto. Sul comodino alla sua destra, un bicchiere colmo d'acqua con un biglietto: Buongiorno, Cas. Era la scrittura di Dean.
L'angelo mise giù i piedi dal letto con fatica, la testa che vorticava furiosamente, ma doveva combattere, lui era un angelo del Signore, è così che fanno quelli come lui, i guerrieri, i soldati. Ingollò tutta l'acqua desiderandone altra, ma per ora poteva andare bene. Con calma, si tirò su in piedi e la testa gli girò ancor più forte; chiuse gli occhi, li riaprì.
Aveva ragione. Aveva ragione a dire che c'era qualcosa dentro di lui. E avrebbe voluto affrontare Dean per dirgli che era stato un vero stupido prendendo la situazione sotto gamba. Ma poi si ricordò gli strofinacci freschi, le carezze, le ore di sonno che quell'umano aveva perso pur di stargli accanto. No, non lo avrebbe sgridato. Avrebbe abbracciato entrambi, Sam e Dean.
Ma Dean di più. Era il suo umano.

   
 
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