Deteriora sequor
Video
meliora proboque, deteriora sequor.
Vedo il
meglio e lo approvo, ma seguo il peggio.
[Ovidio, Metamorfosi]
Mattia era
una furia.
Con l’aiuto di una Chrysta mezza assonnata
eravamo arrivati via Portale al Palazzo, portandoci dietro anche i corpi dei
lupi morti, e attendevamo da un’ora e mezza il ritorno del resto del branco,
richiamato da Mattia grazie a una delle sue tante capacità da Alpha. Chris ed
io ci eravamo sedute sul bordo della piscina nell’atrio a fissare il fondo di
mattonelle decorate, non avendo altro da fare una volta abbandonati i tentativi
di calmare Mattia; nel frattempo questi, dopo aver raccattato con l’aiuto di
Adriano maglietta, pantaloni e un paio di scarpe, misurava a passi veloci il
perimetro della parete in fondo, aprendo e chiudendo i pugni con malcelata
rabbia.
Aveva sistemato di sua mano i cadaveri di
Pietro e degli altri due mannari sul pavimento e li aveva coperti con la
pesante tenda di velluto rosso che aveva strappato da una delle finestre,
incapace di sopportare quella vista ancora per molto. Poi, non contento, li
aveva avvolti nella stoffa come agghiaccianti involtini a grandezza d’uomo e li
aveva buttati in un angolo trascinandoli sul marmo, il volto contorto in una
maschera d’ira.
Zoppicava leggermente a sinistra e piccoli
rivoli di sangue continuavano a scorrergli giù dalle ferite, sporcandogli i
vestiti, ma a parte questo sembrava stare bene, quantomeno fisicamente. Sotto
il profilo psicologico, però, assomigliava terribilmente a Jean in quella notte
al lago, quando tutto il suo controllo era esploso in un raptus di follia
distruttiva.
Mi accorsi che Chrysta non gli staccava gli
occhi di dosso, pronta a contenerlo nel caso fosse scoppiato anche lui. Io
tenevo stretto il pugnale d’argento, malgrado sapessi che difficilmente l’avrei
attaccato con un’arma mortale. Gli avrei volentieri spaccato il naso a pugni se
ce ne fosse stato bisogno, ma mai mi sarei azzardata a mettere a rischio la sua
vita, soprattutto non quando io stessa ne ero garante.
Fu quasi necessario trattenerlo per le
braccia nel momento in cui diversi licantropi già in forma umana giunsero al
Palazzo, ricoperti di terra e sangue, e come da usanza si inginocchiarono
davanti a lui mostrandogli la gola in segno di sottomissione. Mattia stava per
aprire bocca e cominciare l’ennesima paternale, che stavolta avrebbe presentato
toni parecchio più accesi del solito, ma l’entrata di un secondo gruppo di
mannari lo stroncò sul nascere.
Erano molti di più, questi, ed ebbero la
sfrontatezza di restare stoicamente in piedi, sfidando l’Alpha, senza nemmeno
degnarsi di abbassare la testa. Navigavano nel sangue, proprio e altrui, il cui
odore metallico si spandeva nella stanza; tra di loro, anche morti o moribondi,
che strisciavano all’altezza delle caviglie di chi riusciva a reggersi sulle
gambe con acuti gemiti di dolore.
Per ultima venne Sabrina, bellissima nella
sua pelle di lupa bianca chiazzata di rosso, che stringeva tra le fauci il
corpo inerme di quella che sembrava una minuta ragazza, dal fisico quasi
bambinesco, il viso spaventosamente familiare.
Melissa.
Fu allora che Mattia si sbloccò e si fiondò
verso le due donne facendosi largo a spintoni, subito seguito da Chrysta.
Entrambi avevano capito che non era Sabrina la causa delle lesioni della
giovane e che quello era il modo meno pericoloso per trasportarla fin lì; ora
la stavano aiutando a deporre delicatamente Melissa a terra, mentre io mi
piazzavo di fronte alla consistente folla per tenere un occhio sulla
situazione.
Intravidi Mattia scambiare qualche parola
con Chris per accertarsi che si prendesse cura della sua Beta, poi si raddrizzò
e urlò a pieni polmoni: — Codardi!
Tutti si girarono verso di lui, chi era a
terra e chi non lo era, chi si leccava le ferite e chi gonfiava il petto al
fine di ostentare indifferenza e sfacciataggine. Il suono della sua voce
riempiva l’aria, la rendeva carica di ansia, di frustrazione, di collera, di
delusione.
— Codardi! — gridò di nuovo. — Come osate
insorgere contro di me, tramare contro di me, cospirare contro di me!
Scandagliò con lo sguardo ogni singolo
licantropo, uno ad uno, dal pauroso che chiedeva pietà allo spudorato che
esibiva con orgoglio il suo trofeo di caccia: la testa di un suo simile.
— E contro i vostri compagni! — continuò,
indicando la decina di corpi che giaceva sul pavimento, di cui solo un ristretto
numero riusciva ancora a respirare. Dopo aver stabilizzato Melissa, Chris corse
ad occuparsi di loro.
— Chi ha avuto il fegato e la stupidità di
compiere questa strage, si faccia avanti per aver riconosciuti i propri meriti!
Avanti, ho detto! — ruggì Mattia, le pupille che mandavano fiamme. — Forza, chi
mi seguirà nel girone degli omicidi? Avanti!
Nessuno proferì parola.
Adriano mi comparve alle spalle, silenzioso
come un gatto se non fosse stato per il respiro costantemente pesante. A quanto
pareva, dormiva in tuta: era stranissimo vederlo senza i suoi soliti abiti
eleganti. — Wow. — Fischiò. — È incazzato.
Fissai Mattia aggirarsi con fierezza tra i
mannari, provocandoli per indurli a confessare. — Eh sì — concordai. — Incazzato nero.
— È un bene — aggiunse Adriano. — Almeno
così siamo sicuri che li punirà.
Mi voltai leggermente verso di lui, senza
perdere il contatto visivo con Mattia. — Che punizione suggerisci?
— Papà uccideva — mi rispose lui, atono. —
Come puoi immaginare, è alquanto improbabile che Mattia si spinga fino a quel
punto. Oltretutto, se vuoi il mio parere, la morte è pura misericordia nei
confronti di questa gente. Io punterei ad umiliarli.
Mentre noi parlavamo, Mattia stava
esaminando il sangue e i graffi sui corpi dei suoi Βeta per capire se fossero
vittime o carnefici. Nel frattempo, non perdeva occasione per rimarcare la
vigliaccheria di chi aveva attentato alla sua autorità in sua assenza e ora non
aveva il coraggio per affrontarlo apertamente. — Mi correggo: che umiliazione
suggerisci?
Adriano mi rivolse un sorrisetto malizioso.
— Lasciamo fare a Mattia. È già ingegnoso per conto suo.
Il suddetto ingegno permise a Mattia di
individuare tutti i responsabili della strage: tre di loro glielo avevano
praticamente sputato in faccia, vomitando frasi su frasi riguardo
l’inadeguatezza del nuovo Alpha e l’eredità di Carmine che doveva essere onorata;
i restanti sei, fingendo timore reverenziale, si erano invece nascosti tra la
massa.
Ora Mattia li stava strattonando senza alcun
riguardo per metterli in prima fila e poter quindi riversare direttamente su di
loro tutta la sua indignazione: — Sareste così gentili da spiegarmi cosa
diavolo vi è passato per quella testa bacata? — sbraitò, la voce potente che
rimbombava tra le pareti. — Perfetto, noto che qui le parole non servono a
niente! Cosa credete, che io non sia capace di alzare le mani? Mi ritenete un
debole? Eh? Mi ritenete un debole?!
L’uomo più sulla destra ghignò. Mi pareva di
ricordare che si chiamasse Emanuele. — Esattamente.
Mattia soffiò dalle narici, sarcastico. — Mi
fa piacere che pensiate questo di me. Mi fa davvero molto piacere.
— Vedi, Mattia, tu sei bravo a minacciare —
rincarò Emanuele. A sentirsi dare del tu, Mattia trasalì. Anche se lui non
voleva, quasi chiunque gli dava ancora del lei. — Il problema con te si pone
quando bisogna agire sul piano fisico.
Mattia indietreggiò, mentre la
consapevolezza del vero motivo di quegli attacchi lo colpiva dritto allo
stomaco.
— Bastardi — sussurrò, oltraggiato. — Bastardi. Voi sapevate che ci
sarebbero state delle serie conseguenze e io sarei stato costretto quantomeno a
riempirvi di mazzate. L’avete fatto apposta, l’avete fatto apposta...
L’altro lupo allargò quel sorriso
strafottente. — Quando vuoi, sai essere malizioso.
— Vaffanculo, Emanuele — sbottò Mattia. Non
aveva affatto l’aria di chi sta scherzando: quello era un insulto venuto dal
cuore. — Bene, allora, vediamo di mettere in chiaro le cose.
Astutamente, allargò le gambe e incrociò le
braccia sul petto in una posizione di superiorità e dominanza. Ed era ancora
convinto di non essere un buon attore.
— Constato che eravate assurdamente certi di
potermi prendere per il culo, con questo vostro ridicolo tentativo di
obbligarmi a vendicare una mossa che non poteva restare invendicata e farmi
apparire agli occhi di tutti come il fesso di turno che compie azioni violente
esclusivamente per cause di forza maggiore. — Sul suo volto si leggeva il
disgusto. — Ebbene, grandissimi stronzi, mi avete fregato, complimenti. Adesso,
qualsiasi cosa faccia sarà interpretata come un vincolo, un’imposizione, un
gesto che faccio contro la mia volontà, soltanto perché è ciò che vi aspettate
che io faccia. Per cui, dato che ormai mi avete incastrato, vediamo perlomeno
di renderlo memorabile.
Il perfido sorriso da orecchio a orecchio
che sfoggiò Mattia fece ridurre quello di Emanuele a una miserabile,
insignificante piega della bocca.
— Sabrina — chiamò, e la donna gli fu subito
al fianco. — Nei sotterranei.
Percepii Adriano esultare tra sé e sé. — Ti
accompagno, mamma. — Riservò a Mattia un’occhiata soddisfatta. — Non finirà
qui, spero.
— Ovviamente no — ribatté Mattia, con un
luccichio pericoloso nelle pupille circondate di giallo. — Ma mi serve del
tempo per riflettere e devo recuperare la lucidità. Preferisco prendere questa
decisione a sangue freddo, piuttosto che cavalcare l’onda del momento.
Se non avessi saputo che a posteriori si
sarebbe fatto milioni di complessi, quella sera Mattia mi avrebbe quasi fatto
paura.
Sabrina annuì, zelante. — Resteremo lì di
guardia — gli assicurò, e Mattia la ringraziò con un cenno imperioso del capo.
Lei e il figlio scortarono i traditori nelle
celle al seminterrato. Non appena l’ultimo licantropo fu sparito dietro
l’angolo, Mattia abbandonò la maschera dell’Alpha inflessibile e sfrecciò fino
all’altro lato della stanza, dove Chrysta stava ancora curando i molti feriti.
Addossati al battiscopa giacevano quattro cadaveri. Per quella sera, la conta
dei morti era già a sette.
Mi accertai che il tragitto verso le
prigioni stesse andando per il meglio, poi anch’io mi accostai a Mattia e Chris
per poter aiutare in qualche modo. Per fortuna, Chris aveva stabilizzato la
maggior parte dei mannari e ora si stava dedicando a un tizio sulla trentina
con una spalla lussata, mentre Mattia dispensava parole di conforto ai più
disperati.
Mi accovacciai accanto a Melissa, distesa
sul pavimento con la giacca arrotolata di Chrysta che le teneva sollevati il
collo e il braccio sinistro. Il suo respiro era leggermente affannoso e sangue
e terra le imbrattavano il corpo snello, ma nel complesso sembrava non correre
rischi.
— Ehi — la salutai. — Fa male?
— Sì — mi rispose lei, in un soffio appena
udibile. A parlare le si spaccò un labbro e dovette leccarsi via il sangue. —
Meno di prima, però.
— Non sforzarti, Melissa — la rimproverò
Chrysta, multitasking come sempre. — Ti ci vorrà parecchio per guarire; non
rallentare il processo.
La lupa respirò a fondo, premurandosi di non
riempire troppo i polmoni per evitare di provare altro dolore. — Si dà il caso
che io non riesca a guarire —
sussurrò, chiaramente tentando di non farsi sentire. Quando si accorse che sia
io che Mattia l’avevamo sentita eccome, si produsse in un veloce sospiro di
stizza.
Mattia si congedò dalla donna che stava
consolando e venne a sedersi al nostro fianco, appoggiandosi al muro. Scrutò la
piccola lupa con attenzione clinica. — Come mai? Fa’ vedere.
— La Stregona ha già fatto abbastanza —
replicò lei, piccata. — E poi non potresti nemmeno toccarmi, Mattia: c’è dell’aconito nella ferita.
— Aconito? — Mattia ignorò il tono sdegnoso
di Melissa e si fece cupo. — Com’è possibile?
— Vampiri — lo informò Chrysta, a cui
evidentemente piaceva ficcare il naso nelle conversazioni altrui. — C’erano i
segni dei loro canini su alcuni dei tuoi Βeta; ho ragione di credere che
avessero un qualche tipo di estratto della pianta sui denti. Dopotutto, a
quanto pare l’aconito è la loro specialità.
Mattia si nascose la testa fra le mani. —
Cazzo — sibilò. — Buon Dio...
— Sì, come no — proferì Melissa, con un verso
dal quale traspariva tutto il suo disprezzo. — Dio è proprio buono.
Mattia la zittì immediatamente: — Taci. Non
sopporto di essere attaccato pure su quest’altro fronte. Se non vuoi avere
fede, non averla punto e basta. Sono stufo che mi si ripeta che devo smettere di essere cattolico solo perché
ho ucciso un uomo, stufo marcio. Anzi, notizia flash: ne ho uccisi altri tre.
Dovrebbe rendermi meno cattolico, questo? Al contrario: penso che ciò debba
darmi un motivo in più per pregare il mio Dio, ora che sono un peccatore
peggiore. — Strinse la clavicola di Melissa, autoritario. — Fa’ vedere.
La mannara schioccò la lingua sul palato. —
Non so se la tua fede così cieca e assoluta sia sinonimo di valore o di
stupidità — rincarò. — Sto bene, Mattia. E oltretutto non puoi toccarmi.
Chrysta si voltò per un attimo verso di lei,
la bocca ridotta a una linea dura e perentoria. — Ti ho ripulita dall’aconito,
Melissa. Lascialo fare. Il tuo Alpha ha conoscenze mediche, e potrebbe vincere
dove io ho perso.
— Ma...
— Forse non hai afferrato il senso delle mie
parole, Melissa. — Mattia rafforzò la stretta, quasi costringendo la ragazza a
sollevare il busto per poterla controllare. — Non è una richiesta, è un ordine.
Fa’ vedere.
Tra gemiti, sbuffi e imprecazioni sottovoce,
Melissa si tirò su a sedere e si piegò in avanti poggiandosi sulle ginocchia.
Era ancora nuda, e mi resi conto che quell’atteggiamento scontroso proveniva
dal suo imbarazzante disagio nello stare al cospetto del giovane e attraente
Alpha. Non che, comunque, a lui ciò importasse; tutto il suo interesse in quel
momento era rivolto alla grossa lacerazione sulla schiena di Melissa: partiva
dal bicipite sinistro, attraversava la scapola e terminava sulla colonna
all’altezza delle ultime vertebre. Chrysta l’aveva disinfettata e cauterizzata
ma, un po’ per la fretta e un po’ per la stanchezza, non aveva potuto
richiuderla.
Mattia, dopo essere rimasto ad osservarla
imbambolato per cinque secondi esatti, si rianimò e prese ad impartire ordini:
— Qualcuno mi porti ago, filo da sutura e un antidolorifico di quelli potenti.
Se non c’è l’ago curvo ne andrà bene uno lungo e sottile, eventualmente
provvederò a curvarlo io; se non c’è il filo... pace, mi arrangio, tanto serve
solo ad agevolare la cicatrizzazione. Chiaro?
Un uomo balzò in piedi. — Cristallino. —
Rivolse un cenno di assenso a Mattia. — Abbiamo una cassetta di pronto soccorso
al primo piano, l’ago e il filo dovrebbero esserci, ma l’antidolorifico...
— Morfina, Alberto — proclamò Mattia. — Su,
non dirmi che tra tutta quella roba che spacciamo non c’è una benedetta fiala
di morfina.
— Ovvio che c’è, ma non so dove la teniamo.
Scattai su come una molla. — Lo so io.
Intimai ad Alberto di proseguire per la sua
strada, quindi sfrecciai verso lo studio segreto, sbloccai il passaggio per lo
stanzino nascosto dietro la libreria e una volta lì mi trattenni un paio di
minuti per cercare la morfina tra i vari altri analgesici. La individuai dietro
ad un’ingente partita di eroina, e se su entrambe le confezioni non ci fosse
stato scritto il nome – con un pennarello cancellabile, naturalmente, per
impedire l’identificazione – avrei potuto scambiarle con facilità. Be’, l’eroina
avrebbe ugualmente fatto effetto, ma mi sarei beccata una bella predica da
Mattia.
Tornai nell’atrio con una boccetta in una
mano e una siringa impacchettata nell’altra. Mattia, con Alberto che
supervisionava le sue mosse, stava infilando un filo dall’aspetto inquietante
nella cruna di un ago a mezzaluna. Melissa tremava.
— Okay, signorina. — Mattia mormorò un
ringraziamento nella mia direzione e si dedicò a riempire la siringa con
perizia. — Ti spaventerò ulteriormente, però devo dirtelo: so come si fa, ma
solo in teoria.
Melissa roteò gli occhi al cielo.
Ciononostante, la sua ansia era palpabile. — Oh, Mattia, fammi il piacere,
quella morfina è la migliore in circolazione.
Mattia ridacchiò malvolentieri. — Qua siete
tutti drogati in un modo o nell’altro, eh?
— La tentazione è grande.
— Quindi non devo dirti che la morfina è tremenda,
giusto? — Mattia calcolò attentamente l’angolo di iniezione e riuscì a non far
neppure sussultare Melissa. Perlomeno, Melissa non sussultò per la puntura. — ...
Ops. Forse dovevo dirtelo, sì.
La ragazza trattenne il fiato e contrasse
ogni singolo muscolo, diventando più rigida di una statua di marmo. — Vaffanculo,
Mattia!
— Non è colpa mia — ribatté lui serafico. —
Dai, ora passa tutto.
Nel giro di poco più di un minuto, Melissa
si rilassò visibilmente. — Lori, per favore, mantienila — mi avvertì Mattia. —
Non vorrei che perdesse il controllo sul corpo.
— Ce la faccio — provò a protestare lei, ma
le era difficile anche solo articolare le sillabe. — No, non ce la faccio.
Mi inginocchiai e la tenni dritta per le
braccia, mentre Mattia – dopo essersi fatto un rapido segno della croce per
scaramanzia – iniziava a ricucire la pelle, la lingua tra i denti per la
concentrazione.
— Dove hai imparato? — gli chiesi, notando
che non sbagliava un colpo. — Non sei un po’ troppo piccolo per essere già
capace di certe cose?
Lui distolse brevemente lo sguardo dal suo
lavoro e mi sorrise. — Il mio rapporto con l’illegalità risale a ben prima di
questa storia — raccontò, un luccichio divertito nelle pupille. — A parte il
fatto che sono volontario in pronto soccorso da ormai un anno, ho scroccato
alcuni corsi alla facoltà di infermieristica su all’ospedale – sì, c’è una sede
distaccata della Sapienza da decenni, qui a Gaeta. Nonna è un’ex infermiera
professionista e mi ha permesso di imbucarmi a molte lezioni; ho pure ricevuto
tre o quattro attestati che avrebbero fatto salire esponenzialmente il numero
dei miei crediti se fossi andato all’università. Purtroppo, questa prospettiva
mi pare un po’ improbabile, alla luce dei... recenti avvenimenti.
— Purtroppo, sì. — Mi morsi il labbro. —
Ascolta, Mattia, la Basiliade offre la possibilità di seguire un percorso
formativo anche in loco, in aggiunta alle varie filiali in tutto il mondo.
Potresti fare domanda per studiare lì, e per la formazione che hai ti
consentirebbero persino di cominciare ad esercitare...
Il suo sorriso si allargò, e a quel gesto
una bolla di gioia scoppiò nel mio petto. — Ho fatto domanda lunedì, Lori. Non
appena saprò il voto finale della maturità dovrò notificarlo alla commissione
per l’istruzione, ma hanno già comunicato che sono il benvenuto.
— Non mente — confermò Alberto, che stava
man mano svolgendo il filo di sutura per Mattia. — Io stesso gli ho consegnato
la loro lettera di risposta. Vedremo se sarà così felice quando capirà con
quale ambiente avrà a che fare.
— È una sfida? — Mattia gli indirizzò un
ghigno furbo.
Alberto fece spallucce, ridendo. — Se vuoi
intenderla come tale...
— La intendo come tale. — Mattia annodò il
filo, lo spezzò e si alzò scrollandosi la polvere dai pantaloni. — Alberto,
fammi la cortesia di accompagnare Melissa in camera — declamò in tono
categorico. — Voialtri, salite nelle vostre stanze e riposatevi. Per il resto
del plenilunio, se riesco a procurarmi la pozione, rimarremo tutti umani.
Ciò detto, si ritirò nello studio e si
concesse di crollare.
Ci fu una
mezz’ora orribile durante la quale Mattia si comportò come una donna in piena
fase mestruale, tra sbalzi d’umore e ira incontrollabile, poi l’arrivo di
Adriano mise fine al teatrino e riportò il lupo al suo ruolo di Alpha spietato.
— Giù sta succedendo un casino della
miseria, porco mio padre! — concluse l’hacker, nervoso. — Devi sbrigarti,
Mattia, oppure romperanno le sbarre e la serata finirà in un bagno di sangue.
Mattia si premette le dita sulla fronte. Era
stanco, stanchissimo. Non c’era verso che tornasse a casa sua: una volta che
quell’incubo fosse terminato, avrei avvertito i suoi e me lo sarei trascinato a
Villa Orlando senza farmi raddolcire dalle sue proteste. Doveva dormire,
profondamente e a lungo, e doveva recuperare le forze per l’esame orale. Aveva
un bisogno disperato di assoluta tranquillità.
— Io non li uccido, su questo non si discute
— stabilì, e fu sorpreso nel constatare che eravamo tutti e tre d’accordo con
lui, Adriano in particolare. — Adesso il problema è decidere cosa fare di loro.
— Ti hanno propinato un bel servizietto,
bloccandoti così, con le spalle al muro — commentò Chris, palesemente esausta
anche lei.
— Se volete la mia opinione, non credo
l’abbiano fatto di proposito — si inserì Adriano, una mano sotto al mento in
una posa riflessiva. — Sono semplicemente una massa di animali ignoranti, a
scanso di pochi soggetti. Li avranno aizzati Emanuele e Pietro, e forse Stella
— spiegò. — Gli altri non hanno le abilità e l’intelligenza necessarie per tali
sottigliezze.
— Qualunque sia il caso — lo interruppe
Mattia, — devo emanare un verdetto definitivo e ne devo uscire degnamente e col
culo parato. È inaccettabile che una cosa del genere accada di nuovo, inaccettabile. A questo punto, suppongo
sia vero che è meglio essere temuti che amati.
Mi accigliai. — Meglio essere temuti che amati... è Machiavelli?
— No, la Regina Rossa di Alice in Wonderland — mi punzecchiò
Adriano. — Certo che è Machiavelli.
Mattia gli allungò una pacca sulla spalla. —
Sono piuttosto sicuro che lo dica anche la Regina Rossa.
— Ma è sempre una citazione di Machiavelli.
— Ragazzi — li redarguì Chrysta. — Non c’è
tempo per le sciocchezze.
— Sì, non c’è... tempo. — Il volto di Mattia
si illuminò all’improvviso. — Chrysta...
— Sì?
— Non è che sarebbe possibile una...
inversione di tempi?
Chris si appollaiò sulla scrivania,
interessata. — Chiarisci il concetto.
Mattia
inalò una violenta boccata di ossigeno. — Un attimo, riordino le idee. — Si
grattò il naso, meditativo. — Lupi di giorno e umani di notte, invece del
contrario? È peggio.
— Mmh. — Chrysta fece una smorfia dubbiosa.
— È peggio, ma anche più pericoloso.
Mi affrettai a rincuorare Mattia con una
leggera carezza sulla guancia, accorgendomi che si stava demoralizzando. — Su,
non perdere le speranze, la tua proposta non era poi così male.
Adriano concordò: — Non era affatto male.
— Dovresti estremizzarla, Mattia — suggerì
Chrysta. Avrei scommesso oro che avesse già elaborato una soluzione al problema,
ma voleva che ci arrivasse anche lui. — Ingigantiscila.
Mattia ragionò per diversi minuti,
massaggiandosi le tempie. In religioso silenzio mi unii a lui, e come me pure
Adriano, ponderando ogni plausibile espediente.
Malgrado la spossatezza, Mattia ci arrivò
prima di noi. — Okay, questa è stronza — fece infine. — Davvero, davvero stronza.
Adriano sogghignò. — Habla.
Chrysta lo osservò compiaciuta mentre lui ci
rendeva partecipi del suo piano: — Ripropongo la mia tesi precedente, ma in
versione riveduta e corretta — esordì, leccandosi le labbra con aria soddisfatta.
— Inversione di tempi 2.0. Umani per tre giorni, lupi per i
rimanenti.
Adriano batté le mani esultando a gran voce.
Io mi limitai a un: — Oh wow. Oh wow.
— Screanzato — lo schernì Adriano, ridendo.
— Grandissimo screanzato.
Ebbene sì, screanzato lo era eccome. Ma non
sapevo se accogliere questa rivelazione con gioia o preoccupazione. Però,
dopotutto, guardare la situazione dall’uno o dall’altro lato non aveva poi
molto significato, in quanto stava comunque a indicare una e una sola cosa:
Mattia aveva finalmente tirato fuori le palle.
— Si può, Chrysta? — Lo domandai con un
pizzico di esitazione, rendendomi conto soltanto in quel momento che quella
trovata non mi piaceva fino in fondo.
Quanto era giusto lasciarlo fare, non protestare
contro una simile scelta? A una Shadowhunter sarebbe dovuto stare a cuore il
bene del Mondo Invisibile, non la creazione di un nuovo mostro sul modello del
precedente. Non era una delle priorità di un Nephilim porre dei limiti a
determinati tipi di pensiero, evitare che il fiume strabordasse dagli argini,
far sì che i Nascosti seguissero una strada precisa?
Avrei contravvenuto al mio dovere se avessi
acconsentito a un’opera di tale portata?
C’era ben poco da fare, comunque, se
l’ostinazione di Mattia era ai soliti livelli. E, sfortunatamente per me, lo
era.
Chrysta sostenne che si poteva, manifestando nel contempo tutto il suo
assenso, ma negò di essere in grado di farlo subito: la serata era stata
sfiancante anche e soprattutto per lei, e doveva riacquistare i pieni poteri.
Mattia sembrò voler affrettare le cose. —
Chris, la velocità è fondamentale.
— Sì, ma la pazienza è tra le tue virtù —
obiettai. — Così facendo instillerai ancora più paura nei tuoi Βeta, e avrai
una stretta molto più salda sul metaforico manico del coltello. Ti conviene,
Mattia.
Lui scosse il capo. — No, non mi conviene —
contestò. — Loro penserebbero che non farò nulla, e questo è proprio ciò che
vogliono.
— Sull’altra faccia della medaglia — valutò Adriano,
— in questo modo li fregheresti alla grande, Mattia. Riflettici: non si
aspetterebbero certo una ritorsione, ma solamente perché sarebbero portati a
credere di essere riusciti ad avvelenare i pozzi. Quando scopriranno che bella
sorpresina hai in serbo per loro...
— Chiunque pagherebbe oro per essere al
posto mio — comprese Mattia, che ormai aveva acconsentito a rimandare l’impresa
all’indomani. Si riavviò i capelli sbadigliando. — Va bene, ragazzi,
infiliamoci sotto le coperte e dormiamoci su. Vi voglio qui prima di
mezzogiorno.
Su quella nota ci congedò, caldo come il
ghiaccio, e tutti, quella notte, andammo a dormire con un enorme macigno sul
petto.
E io che pensavo
che la fine di StF sarebbe stata una palla. Vabbe’.
Innanzitutto ringrazio
The Originals e la “abilità di mettere insieme i puntini” (cit.) di Francesca
Paduano per la geniale punizione di quei cattivoni dei Beta di Mattia. Non
ringrazio, invece, il caro OneDrive, che mi ha fatto PERDERE MEZZO CAPITOLO
perché evidentemente pensa che la Federica del computer e la Federica del
telefono siano due utenti diversi e dice che è “impossibile salvare le
modifiche gne gne gne”. A causa sua ho pure smarrito nell’etere un bel po’ di
parole su Trish e Adriano. E che cazzo.
A parte questo,
starò per una settimana circa in giro per la Toscana – ovviamente mi deve venire il ciclo – e ciò
significa una settimana in meno per scrivere, anche se non è detta l’ultima
parola dato che ho più o meno imparato a utilizzare Word da telefono. Comunque
ci vorrà un po’ più di tempo del canone di quindici giorni con cui ho
pubblicato ultimamente.
E niente, mi fermo
qui.
Alla prossima,
Federica