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Autore: proudtobea_fangirl    21/07/2017    0 recensioni
[Sequel di Living the Present]
Vedere il futuro.
Conoscerlo, comprenderlo, sognarlo.
Per la Chiaroveggente Lorianne Herondale, il futuro non è altro che un nuovo presente per fuggire da un doloroso passato. È libertà nella costrizione, unità nella solitudine, vendetta nella sottomissione. Una scelta non facile da prendere, e altrettanto complicata da attuare, che richiede pazienza e riflessione.
Sono infatti questi gli ingredienti della spensierata vacanza con cui Lorianne intende maturare la propria decisione e chi la ama intende farle cambiare idea, mostrandole quante meraviglie si perderà se arriverà davvero a compiere quel passo fatale.
Ma la piccola cittadina di mare loro meta nasconde qualcosa di affatto piccolo, un potere oscuro e terribile, che miete vittime tra la popolazione innocente e che ne mieterà una proprio davanti agli occhi ignari di Lorianne.
Perché vedere il futuro serve a ben poco, se non cogli i segnali del presente.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Clarissa, Jace Lightwood, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Shadowhunters ~ Past, Present and Future'
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21. Deteriora sequor

Deteriora sequor

 

Video meliora proboque, deteriora sequor.
Vedo il meglio e lo approvo, ma seguo il peggio.
 

[Ovidio, Metamorfosi]

 

Mattia era una furia.
   Con l’aiuto di una Chrysta mezza assonnata eravamo arrivati via Portale al Palazzo, portandoci dietro anche i corpi dei lupi morti, e attendevamo da un’ora e mezza il ritorno del resto del branco, richiamato da Mattia grazie a una delle sue tante capacità da Alpha. Chris ed io ci eravamo sedute sul bordo della piscina nell’atrio a fissare il fondo di mattonelle decorate, non avendo altro da fare una volta abbandonati i tentativi di calmare Mattia; nel frattempo questi, dopo aver raccattato con l’aiuto di Adriano maglietta, pantaloni e un paio di scarpe, misurava a passi veloci il perimetro della parete in fondo, aprendo e chiudendo i pugni con malcelata rabbia.
   Aveva sistemato di sua mano i cadaveri di Pietro e degli altri due mannari sul pavimento e li aveva coperti con la pesante tenda di velluto rosso che aveva strappato da una delle finestre, incapace di sopportare quella vista ancora per molto. Poi, non contento, li aveva avvolti nella stoffa come agghiaccianti involtini a grandezza d’uomo e li aveva buttati in un angolo trascinandoli sul marmo, il volto contorto in una maschera d’ira.
   Zoppicava leggermente a sinistra e piccoli rivoli di sangue continuavano a scorrergli giù dalle ferite, sporcandogli i vestiti, ma a parte questo sembrava stare bene, quantomeno fisicamente. Sotto il profilo psicologico, però, assomigliava terribilmente a Jean in quella notte al lago, quando tutto il suo controllo era esploso in un raptus di follia distruttiva.
   Mi accorsi che Chrysta non gli staccava gli occhi di dosso, pronta a contenerlo nel caso fosse scoppiato anche lui. Io tenevo stretto il pugnale d’argento, malgrado sapessi che difficilmente l’avrei attaccato con un’arma mortale. Gli avrei volentieri spaccato il naso a pugni se ce ne fosse stato bisogno, ma mai mi sarei azzardata a mettere a rischio la sua vita, soprattutto non quando io stessa ne ero garante.
   Fu quasi necessario trattenerlo per le braccia nel momento in cui diversi licantropi già in forma umana giunsero al Palazzo, ricoperti di terra e sangue, e come da usanza si inginocchiarono davanti a lui mostrandogli la gola in segno di sottomissione. Mattia stava per aprire bocca e cominciare l’ennesima paternale, che stavolta avrebbe presentato toni parecchio più accesi del solito, ma l’entrata di un secondo gruppo di mannari lo stroncò sul nascere.
   Erano molti di più, questi, ed ebbero la sfrontatezza di restare stoicamente in piedi, sfidando l’Alpha, senza nemmeno degnarsi di abbassare la testa. Navigavano nel sangue, proprio e altrui, il cui odore metallico si spandeva nella stanza; tra di loro, anche morti o moribondi, che strisciavano all’altezza delle caviglie di chi riusciva a reggersi sulle gambe con acuti gemiti di dolore.
   Per ultima venne Sabrina, bellissima nella sua pelle di lupa bianca chiazzata di rosso, che stringeva tra le fauci il corpo inerme di quella che sembrava una minuta ragazza, dal fisico quasi bambinesco, il viso spaventosamente familiare.
   Melissa.
   Fu allora che Mattia si sbloccò e si fiondò verso le due donne facendosi largo a spintoni, subito seguito da Chrysta. Entrambi avevano capito che non era Sabrina la causa delle lesioni della giovane e che quello era il modo meno pericoloso per trasportarla fin lì; ora la stavano aiutando a deporre delicatamente Melissa a terra, mentre io mi piazzavo di fronte alla consistente folla per tenere un occhio sulla situazione.
   Intravidi Mattia scambiare qualche parola con Chris per accertarsi che si prendesse cura della sua Beta, poi si raddrizzò e urlò a pieni polmoni: — Codardi!
   Tutti si girarono verso di lui, chi era a terra e chi non lo era, chi si leccava le ferite e chi gonfiava il petto al fine di ostentare indifferenza e sfacciataggine. Il suono della sua voce riempiva l’aria, la rendeva carica di ansia, di frustrazione, di collera, di delusione.
   — Codardi! — gridò di nuovo. — Come osate insorgere contro di me, tramare contro di me, cospirare contro di me!
   Scandagliò con lo sguardo ogni singolo licantropo, uno ad uno, dal pauroso che chiedeva pietà allo spudorato che esibiva con orgoglio il suo trofeo di caccia: la testa di un suo simile.
   — E contro i vostri compagni! — continuò, indicando la decina di corpi che giaceva sul pavimento, di cui solo un ristretto numero riusciva ancora a respirare. Dopo aver stabilizzato Melissa, Chris corse ad occuparsi di loro.
   — Chi ha avuto il fegato e la stupidità di compiere questa strage, si faccia avanti per aver riconosciuti i propri meriti! Avanti, ho detto! — ruggì Mattia, le pupille che mandavano fiamme. — Forza, chi mi seguirà nel girone degli omicidi? Avanti!
   Nessuno proferì parola.
   Adriano mi comparve alle spalle, silenzioso come un gatto se non fosse stato per il respiro costantemente pesante. A quanto pareva, dormiva in tuta: era stranissimo vederlo senza i suoi soliti abiti eleganti. — Wow. — Fischiò. — È incazzato.
   Fissai Mattia aggirarsi con fierezza tra i mannari, provocandoli per indurli a confessare. — Eh sì —  concordai. — Incazzato nero.
   — È un bene — aggiunse Adriano. — Almeno così siamo sicuri che li punirà.
   Mi voltai leggermente verso di lui, senza perdere il contatto visivo con Mattia. — Che punizione suggerisci?
   — Papà uccideva — mi rispose lui, atono. — Come puoi immaginare, è alquanto improbabile che Mattia si spinga fino a quel punto. Oltretutto, se vuoi il mio parere, la morte è pura misericordia nei confronti di questa gente. Io punterei ad umiliarli.
   Mentre noi parlavamo, Mattia stava esaminando il sangue e i graffi sui corpi dei suoi Βeta per capire se fossero vittime o carnefici. Nel frattempo, non perdeva occasione per rimarcare la vigliaccheria di chi aveva attentato alla sua autorità in sua assenza e ora non aveva il coraggio per affrontarlo apertamente. — Mi correggo: che umiliazione suggerisci?
   Adriano mi rivolse un sorrisetto malizioso. — Lasciamo fare a Mattia. È già ingegnoso per conto suo.
   Il suddetto ingegno permise a Mattia di individuare tutti i responsabili della strage: tre di loro glielo avevano praticamente sputato in faccia, vomitando frasi su frasi riguardo l’inadeguatezza del nuovo Alpha e l’eredità di Carmine che doveva essere onorata; i restanti sei, fingendo timore reverenziale, si erano invece nascosti tra la massa.
   Ora Mattia li stava strattonando senza alcun riguardo per metterli in prima fila e poter quindi riversare direttamente su di loro tutta la sua indignazione: — Sareste così gentili da spiegarmi cosa diavolo vi è passato per quella testa bacata? — sbraitò, la voce potente che rimbombava tra le pareti. — Perfetto, noto che qui le parole non servono a niente! Cosa credete, che io non sia capace di alzare le mani? Mi ritenete un debole? Eh? Mi ritenete un debole?!
   L’uomo più sulla destra ghignò. Mi pareva di ricordare che si chiamasse Emanuele. — Esattamente.
   Mattia soffiò dalle narici, sarcastico. — Mi fa piacere che pensiate questo di me. Mi fa davvero molto piacere.
 — Vedi, Mattia, tu sei bravo a minacciare — rincarò Emanuele. A sentirsi dare del tu, Mattia trasalì. Anche se lui non voleva, quasi chiunque gli dava ancora del lei. — Il problema con te si pone quando bisogna agire sul piano fisico.
   Mattia indietreggiò, mentre la consapevolezza del vero motivo di quegli attacchi lo colpiva dritto allo stomaco. 
   — Bastardi — sussurrò, oltraggiato. — Bastardi. Voi sapevate che ci sarebbero state delle serie conseguenze e io sarei stato costretto quantomeno a riempirvi di mazzate. L’avete fatto apposta, l’avete fatto apposta...
   L’altro lupo allargò quel sorriso strafottente. — Quando vuoi, sai essere malizioso.
   — Vaffanculo, Emanuele — sbottò Mattia. Non aveva affatto l’aria di chi sta scherzando: quello era un insulto venuto dal cuore. — Bene, allora, vediamo di mettere in chiaro le cose.
   Astutamente, allargò le gambe e incrociò le braccia sul petto in una posizione di superiorità e dominanza. Ed era ancora convinto di non essere un buon attore.
   — Constato che eravate assurdamente certi di potermi prendere per il culo, con questo vostro ridicolo tentativo di obbligarmi a vendicare una mossa che non poteva restare invendicata e farmi apparire agli occhi di tutti come il fesso di turno che compie azioni violente esclusivamente per cause di forza maggiore. — Sul suo volto si leggeva il disgusto. — Ebbene, grandissimi stronzi, mi avete fregato, complimenti. Adesso, qualsiasi cosa faccia sarà interpretata come un vincolo, un’imposizione, un gesto che faccio contro la mia volontà, soltanto perché è ciò che vi aspettate che io faccia. Per cui, dato che ormai mi avete incastrato, vediamo perlomeno di renderlo memorabile.
   Il perfido sorriso da orecchio a orecchio che sfoggiò Mattia fece ridurre quello di Emanuele a una miserabile, insignificante piega della bocca. 
   — Sabrina — chiamò, e la donna gli fu subito al fianco. — Nei sotterranei.
   Percepii Adriano esultare tra sé e sé. — Ti accompagno, mamma. — Riservò a Mattia un’occhiata soddisfatta. — Non finirà qui, spero.
   — Ovviamente no — ribatté Mattia, con un luccichio pericoloso nelle pupille circondate di giallo. — Ma mi serve del tempo per riflettere e devo recuperare la lucidità. Preferisco prendere questa decisione a sangue freddo, piuttosto che cavalcare l’onda del momento.
   Se non avessi saputo che a posteriori si sarebbe fatto milioni di complessi, quella sera Mattia mi avrebbe quasi fatto paura.
   Sabrina annuì, zelante. — Resteremo lì di guardia — gli assicurò, e Mattia la ringraziò con un cenno imperioso del capo.
   Lei e il figlio scortarono i traditori nelle celle al seminterrato. Non appena l’ultimo licantropo fu sparito dietro l’angolo, Mattia abbandonò la maschera dell’Alpha inflessibile e sfrecciò fino all’altro lato della stanza, dove Chrysta stava ancora curando i molti feriti. Addossati al battiscopa giacevano quattro cadaveri. Per quella sera, la conta dei morti era già a sette.  
  
Mi accertai che il tragitto verso le prigioni stesse andando per il meglio, poi anch’io mi accostai a Mattia e Chris per poter aiutare in qualche modo. Per fortuna, Chris aveva stabilizzato la maggior parte dei mannari e ora si stava dedicando a un tizio sulla trentina con una spalla lussata, mentre Mattia dispensava parole di conforto ai più disperati.
   Mi accovacciai accanto a Melissa, distesa sul pavimento con la giacca arrotolata di Chrysta che le teneva sollevati il collo e il braccio sinistro. Il suo respiro era leggermente affannoso e sangue e terra le imbrattavano il corpo snello, ma nel complesso sembrava non correre rischi.
   — Ehi — la salutai. — Fa male?
   — Sì — mi rispose lei, in un soffio appena udibile. A parlare le si spaccò un labbro e dovette leccarsi via il sangue. — Meno di prima, però.
   — Non sforzarti, Melissa — la rimproverò Chrysta, multitasking come sempre. — Ti ci vorrà parecchio per guarire; non rallentare il processo.
   La lupa respirò a fondo, premurandosi di non riempire troppo i polmoni per evitare di provare altro dolore. — Si dà il caso che io non riesca a guarire — sussurrò, chiaramente tentando di non farsi sentire. Quando si accorse che sia io che Mattia l’avevamo sentita eccome, si produsse in un veloce sospiro di stizza.
   Mattia si congedò dalla donna che stava consolando e venne a sedersi al nostro fianco, appoggiandosi al muro. Scrutò la piccola lupa con attenzione clinica. — Come mai? Fa’ vedere.
   — La Stregona ha già fatto abbastanza — replicò lei, piccata. — E poi non potresti nemmeno toccarmi, Mattia: c’è dell’aconito nella ferita.
   — Aconito? — Mattia ignorò il tono sdegnoso di Melissa e si fece cupo. — Com’è possibile?
   — Vampiri — lo informò Chrysta, a cui evidentemente piaceva ficcare il naso nelle conversazioni altrui. — C’erano i segni dei loro canini su alcuni dei tuoi Βeta; ho ragione di credere che avessero un qualche tipo di estratto della pianta sui denti. Dopotutto, a quanto pare l’aconito è la loro specialità.
   Mattia si nascose la testa fra le mani. — Cazzo — sibilò. — Buon Dio...
   — Sì, come no — proferì Melissa, con un verso dal quale traspariva tutto il suo disprezzo. — Dio è proprio buono.
   Mattia la zittì immediatamente: — Taci. Non sopporto di essere attaccato pure su quest’altro fronte. Se non vuoi avere fede, non averla punto e basta. Sono stufo che mi si ripeta che devo smettere di essere cattolico solo perché ho ucciso un uomo, stufo marcio. Anzi, notizia flash: ne ho uccisi altri tre. Dovrebbe rendermi meno cattolico, questo? Al contrario: penso che ciò debba darmi un motivo in più per pregare il mio Dio, ora che sono un peccatore peggiore. — Strinse la clavicola di Melissa, autoritario. — Fa’ vedere.
   La mannara schioccò la lingua sul palato. — Non so se la tua fede così cieca e assoluta sia sinonimo di valore o di stupidità — rincarò. — Sto bene, Mattia. E oltretutto non puoi toccarmi.
   Chrysta si voltò per un attimo verso di lei, la bocca ridotta a una linea dura e perentoria. — Ti ho ripulita dall’aconito, Melissa. Lascialo fare. Il tuo Alpha ha conoscenze mediche, e potrebbe vincere dove io ho perso.
   — Ma...
   — Forse non hai afferrato il senso delle mie parole, Melissa. — Mattia rafforzò la stretta, quasi costringendo la ragazza a sollevare il busto per poterla controllare. — Non è una richiesta, è un ordine. Fa’ vedere.
   Tra gemiti, sbuffi e imprecazioni sottovoce, Melissa si tirò su a sedere e si piegò in avanti poggiandosi sulle ginocchia. Era ancora nuda, e mi resi conto che quell’atteggiamento scontroso proveniva dal suo imbarazzante disagio nello stare al cospetto del giovane e attraente Alpha. Non che, comunque, a lui ciò importasse; tutto il suo interesse in quel momento era rivolto alla grossa lacerazione sulla schiena di Melissa: partiva dal bicipite sinistro, attraversava la scapola e terminava sulla colonna all’altezza delle ultime vertebre. Chrysta l’aveva disinfettata e cauterizzata ma, un po’ per la fretta e un po’ per la stanchezza, non aveva potuto richiuderla.
   Mattia, dopo essere rimasto ad osservarla imbambolato per cinque secondi esatti, si rianimò e prese ad impartire ordini: — Qualcuno mi porti ago, filo da sutura e un antidolorifico di quelli potenti. Se non c’è l’ago curvo ne andrà bene uno lungo e sottile, eventualmente provvederò a curvarlo io; se non c’è il filo... pace, mi arrangio, tanto serve solo ad agevolare la cicatrizzazione. Chiaro?
   Un uomo balzò in piedi. — Cristallino. — Rivolse un cenno di assenso a Mattia. — Abbiamo una cassetta di pronto soccorso al primo piano, l’ago e il filo dovrebbero esserci, ma l’antidolorifico...
   — Morfina, Alberto — proclamò Mattia. — Su, non dirmi che tra tutta quella roba che spacciamo non c’è una benedetta fiala di morfina.
   — Ovvio che c’è, ma non so dove la teniamo.
   Scattai su come una molla. — Lo so io.
   Intimai ad Alberto di proseguire per la sua strada, quindi sfrecciai verso lo studio segreto, sbloccai il passaggio per lo stanzino nascosto dietro la libreria e una volta lì mi trattenni un paio di minuti per cercare la morfina tra i vari altri analgesici. La individuai dietro ad un’ingente partita di eroina, e se su entrambe le confezioni non ci fosse stato scritto il nome – con un pennarello cancellabile, naturalmente, per impedire l’identificazione – avrei potuto scambiarle con facilità. Be’, l’eroina avrebbe ugualmente fatto effetto, ma mi sarei beccata una bella predica da Mattia.
   Tornai nell’atrio con una boccetta in una mano e una siringa impacchettata nell’altra. Mattia, con Alberto che supervisionava le sue mosse, stava infilando un filo dall’aspetto inquietante nella cruna di un ago a mezzaluna. Melissa tremava.
   — Okay, signorina. — Mattia mormorò un ringraziamento nella mia direzione e si dedicò a riempire la siringa con perizia. — Ti spaventerò ulteriormente, però devo dirtelo: so come si fa, ma solo in teoria.
   Melissa roteò gli occhi al cielo. Ciononostante, la sua ansia era palpabile. — Oh, Mattia, fammi il piacere, quella morfina è la migliore in circolazione.
   Mattia ridacchiò malvolentieri. — Qua siete tutti drogati in un modo o nell’altro, eh?
   — La tentazione è grande.
   — Quindi non devo dirti che la morfina è tremenda, giusto? — Mattia calcolò attentamente l’angolo di iniezione e riuscì a non far neppure sussultare Melissa. Perlomeno, Melissa non sussultò per la puntura. — ... Ops. Forse dovevo dirtelo, sì.
   La ragazza trattenne il fiato e contrasse ogni singolo muscolo, diventando più rigida di una statua di marmo. — Vaffanculo, Mattia!
   — Non è colpa mia — ribatté lui serafico. — Dai, ora passa tutto.
   Nel giro di poco più di un minuto, Melissa si rilassò visibilmente. — Lori, per favore, mantienila — mi avvertì Mattia. — Non vorrei che perdesse il controllo sul corpo.
   — Ce la faccio — provò a protestare lei, ma le era difficile anche solo articolare le sillabe. — No, non ce la faccio.
  Mi inginocchiai e la tenni dritta per le braccia, mentre Mattia – dopo essersi fatto un rapido segno della croce per scaramanzia – iniziava a ricucire la pelle, la lingua tra i denti per la concentrazione.
   — Dove hai imparato? — gli chiesi, notando che non sbagliava un colpo. — Non sei un po’ troppo piccolo per essere già capace di certe cose?
   Lui distolse brevemente lo sguardo dal suo lavoro e mi sorrise. — Il mio rapporto con l’illegalità risale a ben prima di questa storia — raccontò, un luccichio divertito nelle pupille. — A parte il fatto che sono volontario in pronto soccorso da ormai un anno, ho scroccato alcuni corsi alla facoltà di infermieristica su all’ospedale – sì, c’è una sede distaccata della Sapienza da decenni, qui a Gaeta. Nonna è un’ex infermiera professionista e mi ha permesso di imbucarmi a molte lezioni; ho pure ricevuto tre o quattro attestati che avrebbero fatto salire esponenzialmente il numero dei miei crediti se fossi andato all’università. Purtroppo, questa prospettiva mi pare un po’ improbabile, alla luce dei... recenti avvenimenti.
   — Purtroppo, sì. — Mi morsi il labbro. — Ascolta, Mattia, la Basiliade offre la possibilità di seguire un percorso formativo anche in loco, in aggiunta alle varie filiali in tutto il mondo. Potresti fare domanda per studiare lì, e per la formazione che hai ti consentirebbero persino di cominciare ad esercitare...
   Il suo sorriso si allargò, e a quel gesto una bolla di gioia scoppiò nel mio petto. — Ho fatto domanda lunedì, Lori. Non appena saprò il voto finale della maturità dovrò notificarlo alla commissione per l’istruzione, ma hanno già comunicato che sono il benvenuto.
   — Non mente — confermò Alberto, che stava man mano svolgendo il filo di sutura per Mattia. — Io stesso gli ho consegnato la loro lettera di risposta. Vedremo se sarà così felice quando capirà con quale ambiente avrà a che fare.
   — È una sfida? — Mattia gli indirizzò un ghigno furbo.
   Alberto fece spallucce, ridendo. — Se vuoi intenderla come tale...
   — La intendo come tale. — Mattia annodò il filo, lo spezzò e si alzò scrollandosi la polvere dai pantaloni. — Alberto, fammi la cortesia di accompagnare Melissa in camera — declamò in tono categorico. — Voialtri, salite nelle vostre stanze e riposatevi. Per il resto del plenilunio, se riesco a procurarmi la pozione, rimarremo tutti umani.
   Ciò detto, si ritirò nello studio e si concesse di crollare.

 

 

Ci fu una mezz’ora orribile durante la quale Mattia si comportò come una donna in piena fase mestruale, tra sbalzi d’umore e ira incontrollabile, poi l’arrivo di Adriano mise fine al teatrino e riportò il lupo al suo ruolo di Alpha spietato.
   — Giù sta succedendo un casino della miseria, porco mio padre! — concluse l’hacker, nervoso. — Devi sbrigarti, Mattia, oppure romperanno le sbarre e la serata finirà in un bagno di sangue.
   Mattia si premette le dita sulla fronte. Era stanco, stanchissimo. Non c’era verso che tornasse a casa sua: una volta che quell’incubo fosse terminato, avrei avvertito i suoi e me lo sarei trascinato a Villa Orlando senza farmi raddolcire dalle sue proteste. Doveva dormire, profondamente e a lungo, e doveva recuperare le forze per l’esame orale. Aveva un bisogno disperato di assoluta tranquillità.
   — Io non li uccido, su questo non si discute — stabilì, e fu sorpreso nel constatare che eravamo tutti e tre d’accordo con lui, Adriano in particolare. — Adesso il problema è decidere cosa fare di loro.
   — Ti hanno propinato un bel servizietto, bloccandoti così, con le spalle al muro — commentò Chris, palesemente esausta anche lei.
   — Se volete la mia opinione, non credo l’abbiano fatto di proposito — si inserì Adriano, una mano sotto al mento in una posa riflessiva. — Sono semplicemente una massa di animali ignoranti, a scanso di pochi soggetti. Li avranno aizzati Emanuele e Pietro, e forse Stella — spiegò. — Gli altri non hanno le abilità e l’intelligenza necessarie per tali sottigliezze.
   — Qualunque sia il caso — lo interruppe Mattia, — devo emanare un verdetto definitivo e ne devo uscire degnamente e col culo parato. È inaccettabile che una cosa del genere accada di nuovo, inaccettabile. A questo punto, suppongo sia vero che è meglio essere temuti che amati.
   Mi accigliai. — Meglio essere temuti che amati... è Machiavelli?
   — No, la Regina Rossa di Alice in Wonderland — mi punzecchiò Adriano. — Certo che è Machiavelli.
   Mattia gli allungò una pacca sulla spalla. — Sono piuttosto sicuro che lo dica anche la Regina Rossa.
   — Ma è sempre una citazione di Machiavelli.
   — Ragazzi — li redarguì Chrysta. — Non c’è tempo per le sciocchezze.
   — Sì, non c’è... tempo. — Il volto di Mattia si illuminò all’improvviso. — Chrysta...
   — Sì?
   — Non è che sarebbe possibile una... inversione di tempi?
   Chris si appollaiò sulla scrivania, interessata. — Chiarisci il concetto.
   Mattia inalò una violenta boccata di ossigeno. — Un attimo, riordino le idee. — Si grattò il naso, meditativo. — Lupi di giorno e umani di notte, invece del contrario? È peggio.
   — Mmh. — Chrysta fece una smorfia dubbiosa. — È peggio, ma anche più pericoloso.
   Mi affrettai a rincuorare Mattia con una leggera carezza sulla guancia, accorgendomi che si stava demoralizzando. — Su, non perdere le speranze, la tua proposta non era poi così male.
   Adriano concordò: — Non era affatto male.
   — Dovresti estremizzarla, Mattia — suggerì Chrysta. Avrei scommesso oro che avesse già elaborato una soluzione al problema, ma voleva che ci arrivasse anche lui. — Ingigantiscila.
   Mattia ragionò per diversi minuti, massaggiandosi le tempie. In religioso silenzio mi unii a lui, e come me pure Adriano, ponderando ogni plausibile espediente.
    Malgrado la spossatezza, Mattia ci arrivò prima di noi. — Okay, questa è stronza — fece infine. — Davvero, davvero stronza.
   Adriano sogghignò. — Habla.
   Chrysta lo osservò compiaciuta mentre lui ci rendeva partecipi del suo piano: — Ripropongo la mia tesi precedente, ma in versione riveduta e corretta — esordì, leccandosi le labbra con aria soddisfatta. — Inversione di tempi 2.0. Umani per tre giorni, lupi per i rimanenti.
   Adriano batté le mani esultando a gran voce. Io mi limitai a un: — Oh wow. Oh wow.
   — Screanzato — lo schernì Adriano, ridendo. — Grandissimo screanzato.
   Ebbene sì, screanzato lo era eccome. Ma non sapevo se accogliere questa rivelazione con gioia o preoccupazione. Però, dopotutto, guardare la situazione dall’uno o dall’altro lato non aveva poi molto significato, in quanto stava comunque a indicare una e una sola cosa: Mattia aveva finalmente tirato fuori le palle.
   — Si può, Chrysta? — Lo domandai con un pizzico di esitazione, rendendomi conto soltanto in quel momento che quella trovata non mi piaceva fino in fondo.
   Quanto era giusto lasciarlo fare, non protestare contro una simile scelta? A una Shadowhunter sarebbe dovuto stare a cuore il bene del Mondo Invisibile, non la creazione di un nuovo mostro sul modello del precedente. Non era una delle priorità di un Nephilim porre dei limiti a determinati tipi di pensiero, evitare che il fiume strabordasse dagli argini, far sì che i Nascosti seguissero una strada precisa?
   Avrei contravvenuto al mio dovere se avessi acconsentito a un’opera di tale portata?
   C’era ben poco da fare, comunque, se l’ostinazione di Mattia era ai soliti livelli. E, sfortunatamente per me, lo era.
    Chrysta sostenne che si poteva, manifestando nel contempo tutto il suo assenso, ma negò di essere in grado di farlo subito: la serata era stata sfiancante anche e soprattutto per lei, e doveva riacquistare i pieni poteri.
   Mattia sembrò voler affrettare le cose. — Chris, la velocità è fondamentale.
   — Sì, ma la pazienza è tra le tue virtù — obiettai. — Così facendo instillerai ancora più paura nei tuoi Βeta, e avrai una stretta molto più salda sul metaforico manico del coltello. Ti conviene, Mattia.
   Lui scosse il capo. — No, non mi conviene — contestò. — Loro penserebbero che non farò nulla, e questo è proprio ciò che vogliono.
   — Sull’altra faccia della medaglia — valutò Adriano, — in questo modo li fregheresti alla grande, Mattia. Riflettici: non si aspetterebbero certo una ritorsione, ma solamente perché sarebbero portati a credere di essere riusciti ad avvelenare i pozzi. Quando scopriranno che bella sorpresina hai in serbo per loro...
   — Chiunque pagherebbe oro per essere al posto mio — comprese Mattia, che ormai aveva acconsentito a rimandare l’impresa all’indomani. Si riavviò i capelli sbadigliando. — Va bene, ragazzi, infiliamoci sotto le coperte e dormiamoci su. Vi voglio qui prima di mezzogiorno.

   Su quella nota ci congedò, caldo come il ghiaccio, e tutti, quella notte, andammo a dormire con un enorme macigno sul petto.   


E io che pensavo che la fine di StF sarebbe stata una palla. Vabbe’.

Innanzitutto ringrazio The Originals e la “abilità di mettere insieme i puntini” (cit.) di Francesca Paduano per la geniale punizione di quei cattivoni dei Beta di Mattia. Non ringrazio, invece, il caro OneDrive, che mi ha fatto PERDERE MEZZO CAPITOLO perché evidentemente pensa che la Federica del computer e la Federica del telefono siano due utenti diversi e dice che è “impossibile salvare le modifiche gne gne gne”. A causa sua ho pure smarrito nell’etere un bel po’ di parole su Trish e Adriano. E che cazzo.

A parte questo, starò per una settimana circa in giro per la Toscana –  ovviamente mi deve venire il ciclo – e ciò significa una settimana in meno per scrivere, anche se non è detta l’ultima parola dato che ho più o meno imparato a utilizzare Word da telefono. Comunque ci vorrà un po’ più di tempo del canone di quindici giorni con cui ho pubblicato ultimamente.

E niente, mi fermo qui.

Alla prossima,

Federica

  
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