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Autore: Roscoe24    23/07/2017    2 recensioni
"Non vuole vivere escludendo il suo mestiere dalla propria vita, ma non vuole nemmeno vivere senza avere Jax al suo fianco. È un dilemma esistenziale senza fine, lanciato da un destino crudele, divertito dai suoi tormenti, gli stessi che la tengono sveglia la notte. Gli stessi che le fanno venire gli incubi le volte che si addormenta."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jax Teller, Tara Knowles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È  arrabbiata.
Anzi, è furiosa.
Sa che dovrebbe essere spaventata, terrorizzata, ma non riesce ad esserlo. Riesce solo a sentire la rabbia che le monta dentro come un’esplosione vulcanica e le fa ribollire il sangue nelle vene. Forse perché è stanca di avere paura. È stanca di aprire gli occhi ogni mattina, guardare l’uomo che dorme al suo fianco e temere per la sua vita. È stanca di avere paura che qualcuno possa fare del male ai suoi bambini. Il ricordo del rapimento di Abel è ancora troppo vivo nella sua mente perché lei possa dimenticarlo. Così come lo è il ricordo del proprio rapimento. Il primo, che ha rivissuto non appena, solo poche ore prima, delle mani estranee l’hanno stretta in vita e strappata via dai suoi bambini. La prima volta che era successo, Thomas era solo un embrione.  La seconda, il suo visino paffuto era stata l’ultima cosa che aveva visto prima di essere trascinata contro la sua volontà dentro ad un furgone scuro.
Non può succedere, aveva pensato. Non di nuovo. Non davanti ai miei figli.
Ma stava succedendo.
Stava succedendo anche se avevano deciso di fingere per un giorno che fossero una famiglia normale, lei e Jax e i bambini.
Stava succedendo anche se avevano pranzato al parco, come ogni dannatissima famiglia presente su questo pianeta; anche se avevano cantato insieme le canzoncine in macchina; anche se Jax aveva promesso che dopo l’affare con gli irlandesi sarebbe uscito dal club, anche se aveva acconsentito al trasferimento in un’altra città.
Non si può nascondere Charming e tutto ciò che rappresenta sotto uno scadente tappeto di falsa normalità. Non si può andare in Oregon e fingere che tutto che ciò che sono a Charming non esista: non si può sradicare quella città da Jax, è troppo fossilizzata dentro di lui.
Non si può fingere di appartenere ad un altro mondo diverso da quello dei SAMCRO e basta. Ecco qual è la verità.
E lei si sente una stupida per averlo anche solo pensato, per aver coltivato l’illusione di potersi lasciare quella vita alle spalle.
Tara, sdraiata su quel letto di ospedale con la notizia di aver perso l’uso della mano che le grava sul cuore come una sentenza di morte, si trova a guardare Jax, sdraiato al suo fianco che le accarezza la fronte, e ad odiarlo.
Lo odia per quello che le ha fatto. Lo odia perché se da ragazzino avesse sognato altro che non fosse portare uno stupido giubbotto e cavalcare una schifosissima moto, adesso non sarebbero in quella situazione orrenda. Lei non avrebbe rischiato la morte e non avrebbe buttato all’aria la sua carriera.  Se lui avesse avuto un sogno diverso, lei non avrebbe dovuto rinunciare al suo. Adesso non si sentirebbe solo una comparsa secondaria nella vita dell’uomo che ama, nonostante tutto, ma che non riesce a non odiare, in questo momento. Tara Knowles la dottoressa che prova soddisfazione a salvare vite non esiste più. Esiste solo Tara la donna di Jax Teller, madre dei suoi figli e doverosamente devota al club, che deve essere sempre protetto.
E non è sicura che questo le basti.
Non è sicura di voler accantonare quella parte di sé che esiste al di fuori di Jax, quella che l’ha spinta a lasciare Charming, undici anni fa, per costruirsi un futuro come chirurgo. Non vuole abbandonare quella parte si sé, come non vuole abbandonare la parte di lei che vive in funzione di Jax.
Ma non può vivere con solo una delle due, perché si sentirebbe incompleta.
Non vuole vivere escludendo il suo mestiere dalla propria vita, ma non vuole nemmeno vivere senza avere Jax al suo fianco. È un dilemma esistenziale senza fine, lanciato da un destino crudele, divertito dai suoi tormenti, gli stessi che la tengono sveglia la notte. Gli stessi che le fanno venire gli incubi le volte che si addormenta.
“Esci,” gli dice, mentre Jax continua a parlare di come riusciranno ad uscire da quella situazione, di come tutto si sistemerà e andrà bene. Non può credergli, in quel momento. Vorrebbe, Dio solo sa quanto vorrebbe farlo, ma non ne ha la forza. Non adesso che tutto sembra le sia crollato addosso.
Legge negli occhi di Jax smarrimento e dolore, sa di averlo ferito, ma è tutto troppo grande da gestire, adesso, e lei si sente ridotta in una miriade di pezzi, come un bicchiere lanciato contro ad un muro con forza che esplode in mille schegge di vetro.
“Esci,” ripete, ma lui anzi che allontanarsi l’accarezza. Non vuole le sue carezze, adesso. Non vuole le sue scuse o le sue belle parole. Vuole solo del tempo per se. Da sola.
“Fuori!” urla furiosa, allontanando la mano, scacciandola via come un ferro rovente sulla pelle – perché è esattamente così che percepisce il suo tocco: fuoco che la brucia, le fa male e non si rende conto di quanto la stia ferendo.
“Vattene!!” continua, in preda ad un’isteria a lei estranea, vedendo in lui la causa di una male grosso come non l’aveva mai visto, come se improvvisamente niente potesse davvero essere sistemato, o aggiustato. Un male terminale, una metastasi.
Chiude gli occhi, lacrime salate le bagnano il viso.
Nell’oscurità celata dietro le palpebre chiuse, sente la porta chiudersi con delicatezza, segno che lui non è arrabbiato per quella sua reazione.
Se lo immagina uscire da quella stanza e sedersi sulla prima sedia disponibile, che sia in sala d’attesa o lungo il corridoio. Riesce quasi a vederlo, come se lo stesse effettivamente guardando, mentre si siede, le ginocchia aperte e i gomiti appoggiati su di esse, le mani che passano sopra ai capelli corti e afferrano la testa con forza, come se in questo modo riuscisse a trovare un modo per risolvere tutti i loro problemi.
Riesce a vederla, la sua frustrazione disperata, così come riesce a sentire la propria rabbia che le incendia il corpo. Non si era mai chiesta quanto sarebbe stato alto il prezzo da pagare per riuscire a stare insieme, per vivere il loro amore senza tempo. E, ancora, non si sarebbe mai immaginata che, nonostante tutto, nonostante la rabbia e la paura, lei avrebbe deciso di pagarlo comunque, quel conto salato, pur di continuare a stargli accanto. Perché lo ama.  Smetterebbe di farlo, se potesse. Ma non può.
L’amore, talvolta, può essere la più spietata delle torture.

 





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Ciao a tutti e grazie per aver aperto la storia ed essere arrivati fino alla fine! 
Ho cominciato questa serie da un po' e, sebbene sia conclusa da anni, sono felice di averla trovata perché merita molto, secondo me! E una delle cose che mi ha colpita particolarmente è stata proprio la scena in ospedale, dopo il rapimento di Tara, nella 4x10 - "Hands", dove l'ho vista per la prima volta ferita a causa di Jax. Non voglio essere fraintesa, mi piace il loro rapporto e lui la ama moltissimo, ma il loro amore non impedisce che i pericoli piombino su di loro e li feriscano. Per questo, ho pensato a come potrebbe aver vissuto Tara quella situazione e ho pensato che, almeno per un momento, gli abbia dato la colpa. Un po' anche per il fatto che, in preda all'angoscia della situazione, gli abbia detto una cosa come "Restermo a Charming, con Gemma e io avrò tutto il tempo di fare la mamma, come una grande famiglia felice" e non so, forse nello sconforto che ho percepito nella sua voce, ho pensato che una parte di lei lo stesse incolpando. Poi, con ogni probabilità, questi possono essere solo i miei viaggi mentali e sono io che l'ho vissuta così! 

Il titolo della storia è preso da un'altra puntata, la 4x13 - "To Be", in cui tra Jax e Tara c'è un dialogo dove Tara chiede a Jax di dirle che la ama. 
"Tell me you love me." 
"I love you. Do you love me?"
"If I could stop, I would. I love you, Jackson."


Spero che la storia vi sia piaciuta, a presto! <3 
   
 
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