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Autore: _armida    23/07/2017    3 recensioni
La sua lunga gonna di tulle frusciava sul pavimento d'oro del palazzo di Asgard, mentre il ticchettio dei suo sandali produceva un suono cadenzato e regolare.
In lontananza, si udivano ancora i rumori della festa che stava volgendo al termine: i musici stavano rilasciando nell'aria le ultime dolci note e le dame e i cavalieri ballavano le loro ultime danze.
Sorrise nel vedere alla fine del corridoio che stava percorrendo una massiccia porta, anch'essa d'oro, con la superficie interamente coperta da complicati intagli e bassorilievi.
Bussò.
Dopo pochi secondi i pesanti cardini si mossero ed essa si aprì di alcune spanne; due profondi occhi di un verde brillante si scontrarono con i suoi, colore del mare.
Si sorrisero a vicenda.
"Ce ne hai messo di tempo", disse il dio.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Thor, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo VIII: Io e te 

Come Thor fosse riuscito a convincerla ad andare a parlare con Loki rimaneva un mistero. Eppure, in quel momento, Cassandra stava silenziosamente camminando verso la cella progettata diversi anni prima per ospitare Hulk, ma che di fatto era la prima volta che veniva utilizzata. E non di certo per il grande mostro verde. 
Tony era riuscito ad intrufolarsi nei sistemi informatici dello S.H.I.E.L.D. facendo in modo che lei non trovasse assolutamente nessun agente in giro: Fury non sarebbe stato di certo contento di sapere di quella chiacchierata non autorizzata. Non era il caso di farsi scoprire. 
Cassandra dovette ammettere di essere stata sorpresa quando il famoso miliardario si era volontariamente offerto di aiutarla. Non se lo sarebbe mai aspettata. 
Arrivò davanti alle pesanti porte d’acciaio che conducevano alla stanza dove era contenuta la cella in un tempo che considerò fin troppo breve. Prese un lungo respiro, poi inserì il codice numerico per permettere l’apertura: era a dieci cifre e Tony ci aveva messo meno di un secondo a scovarlo. Se lo era scritto a penna su una mano. Non una grande idea, ma non ce l’avrebbe mai fatta a tenerlo a mente. Non in quel momento, almeno. 
La sua mano tremava vistosamente mentre passava da un numero all’altro. L’agitazione si faceva sentire. 
Un sonoro beep confermò la correttezza del codice; un istante più tardi le due porte cominciarono a scorrere in versi opposti, scomparendo tra le pareti.  
Cassandra si accorse solo quando sentì i polmoni in fiamme che aveva trattenuto il fiato per tutto il tempo. Prese un altro lungo respiro prima di fare un passo nella stanza. 
Nonostante la tuta che le avevano dato fosse fatta di un materiale che riusciva a mantenere costante la temperatura corporea, la donna non potè fare a meno di rabbrividire e stringersi le braccia sotto al seno.  
Si guardò in giro: non appariva proprio come una stanza, più che altro sembrava un ambiente di mezzo, un collegamento tra l’interno dell’Helicarrier e l’esterno; aveva una forma circolare, con un camminatoio fatto di acciaio forato, simile a quello delle scale antincendio, che correva lungo tutto il perimetro. Vi era solo una passerella fatta dello stesso materiale a collegare il corpo principale alla cella; anche quest’ultima era di forma tonda, interamente trasparente. 
Fece un paio di passi verso la passerella. Dal basso proveniva una forte corrente d’aria che le scompigliava i capelli. Bruce le aveva parlato di come il pavimento sottostante poteva aprirsi se qualcuno avesse provato a forzare la cella. Essa sarebbe stata poi sganciata e lasciata cadere nel vuoto. Una misura estrema. 
“Ciao, Cassandra” 
La voce di Loki le giunse alle orecchie inaspettata, paralizzandola completamente. Il dio le dava le spalle e lei era stata molto silenziosa. Non si sarebbe mai aspettata di essere quella colta di sorpresa. 
“Ciao, Loki”; salutò di rimando. Sulle sue labbra aveva fatto la propria comparsa un sorriso nervoso. 
“Cosa ci fai qui?”. Il suono che uscì dalla bocca del dio era freddo, tagliente come la lama di un coltello appena affilato. 
“Credo...”, balbettò Cassandra, enormemente a disagio, “...credo che delle spiegazioni siano d’obbligo” 
“Non c’è niente da spiegare” 
La giovane donna prese l’ennesimo lungo respiro, poi fece ancora dei passi in avanti, fermandosi ad un soffio dallo spesso strato di vetro della cella. Poggiò la fronte contro ad esso e chiuse gli occhi, cercando di dare un ordine logico a tutti i pensieri che in quel momento le affollavano la mente. La piacevole sensazione di fresco della superficie parve esserle d’aiuto.  
“Da dove vuoi iniziare?”, chiese, sedendosi a terra a gambe incrociate di lato alla cella, in modo da poter poggiare il fianco contro di essa. 
Loki la osservò con aria severa, studiandola in silenzio. Giudicandola, forse. 
Lei distolse lo sguardo, osservando il freddo metallo del pavimento. Aprì e chiuse più volte la bocca, indecisa se parlare o meno.   
“Perché?” 
Quella domanda giunse alle sue orecchie inattesa, con un tono di voce gelido, di quelli che, Cassandra lo doveva ammettere, le facevano male. 
Ma forse se lo meritava.  
Alzò appena i suoi grandi occhi azzurri verso la figura del dio, in piedi di fronte a lei. A dividerli c’era solo uno strato di vetro.  
“Perché dopo tutto questo tempo, Cassandra?”. Non c’era la minima traccia di un’emozione o di un sentimento quando pronunciò il suo nome. “Perché proprio ora?”. Sbattè il pugno chiuso contro il vetro con una tale intensità da far vibrare l’intera struttura. 
Cassandra, istintivamente, scivolò più indietro, spaventata da quel comportamento. Prese diversi lunghi respiri per calmarsi, ma senza mai distogliere lo sguardo dalla fonte del pericolo.  
“Thor mi aveva detto che avevi bisogno di aiuto, pensavo che un chiarimento ti avrebbe fatto bene”, mormorò, lasciandosi andare ad un lungo sospiro. 
“Thor…”, ripetè Loki, piegando le labbra in un sorriso sarcastico. Un gesto di scherno, niente di più. “Un pentapalmo sarebbe più perspicace di lui” 
“Tuo fratello è cambiato molto”, disse Cassandra, tornando a mettersi in un posizione più rilassata, ma pur sempre restando in allerta. “Un tempo eri bravo a leggere nelle persone. Se solo ti soffermassi un istante su di lui lo capiresti da te”  
“Ti sembra adatto al trono?” 
Otto anni prima avrebbe scosso la testa, affermando poi che era lui quello più adatto a sedersi su di un trono, ma ora… Thor era cresciuto; non era più il giovane tutto battaglie e bagordi con gli amici. Aveva visto una persona responsabile, saggia. Profonda. Le difficoltà della vita lo avevano cambiato in meglio.  
Mentre in Loki vedeva null’altro che odio e invidia. Una serie di sentimenti negativi che lo stavano consumando, che lo stavano portando a fare gesti sconsiderati. Proprio come quello. 
No, il trono non era adatto a lui. Non più, almeno. 
“Penso sarebbe un buon re” 
“Io sarei un buon re, non lui!”, sbraitò il dio. I suoi occhi, fissi sulla figura della donna, in quel momento esprimevano solo odio, come se si trattasse di un tradimento. Forse di tradimento si trattava davvero, almeno, secondo la sua visione distorta. 
La donna si mise di scatto in piedi. 
“Ma ti senti quando parli? Solo un folle parlerebbe in quel modo. E sai che cosa è un folle con un potere illimitato? Un dittatore. Vuole essere questo il padre delle mie figlie? Un dittatore?” 
A quelle parole Loki si paralizzò, mentre Cassandra, ancora con il fiato corto per via del proprio tono di voce sostenuto, si portò entrambe le mani alla bocca, mortificata. Non era così che voleva dirglielo. Nella sua testa l’idea sarebbe stata quella di arrivare alla verità poco alla volta, non di getto come aveva appena fatto. 
Osservò il dio della menzogna con l’intento di intuire cosa gli passasse per la testa, ma la sua espressione era indecifrabile. Poco più tardi essa si indurì. 
“Due bastarde”, sussurrò. 
Cassandra abbassò il capo e scosse la testa: sapeva che ad Asgard era così che le figlie illegittime venivano chiamate, ma, nonostante ciò, le faceva male comunque. 
“Avrei risolto il problema immediatamente”, proseguì lui.  
La giovane donna sospirò, prima di piegare le labbra in un sorriso amaro: anche nelle sue iniziali intenzioni il “problema” si sarebbe dovuto risolvere presto… 


Otto anni prima…  


La porta dello studio medico si aprì il tanto da lasciare uscire nel corridoio una donna di mezza età con indosso gli abiti da infermiera e una cartella clinica aperta tra le mani. Non le servì chiamare la paziente per nome dal momento che conosceva già il suo volto. Era su tutti i giornali, ormai. 
La osservò per un istante con un’espressione di disappunto, poi distolse immediatamente lo sguardo.  
“Può entrare, è tutto pronto”, disse in tono piatto. 
Cassandra chiuse gli occhi e prese un lungo respiro. Lasciò la mano di Zita prima di alzarsi e seguire l’infermiera nello studio.  
La dottoressa era seduta alla propria scrivania ed alzò lo sguardo su di lei solo quando sentì lo scatto della porta che si chiudeva. Accennò un sorriso di incoraggiamento alla ragazzina in piedi poco lontano, che si guardava in giro per la stanza con aria impaurita.  
“Vuoi che ti ripeta la procedura?”, le chiese, gentilmente.  
La giovane osservò la propria pancia, leggermente accennata, prima di rialzare il viso su di lei. “No, non serve”, mormorò. 
La donna annuì, poi si alzò, dirigendosi verso un lettino con accanto tutta la strumentazione necessaria. “Devo farti un’ultima ecografia, prima di iniziare” 
Questa volta fu Cassandra a fare un cenno affermativo con il capo. Si tolse i pantaloni e si distese sul lettino, alzando poi la maglietta e scoprendo la pancia.  
Sussultò quando la dottoressa le cosparse il ventre con il gel per le ecografie e voltò lo sguardo altrove quando cominciò a muovere lo strumento avanti e indietro: non se la sentiva di guardare lo schermo… di vederli.  
“Ci sono altre opzioni, lo sai, vero?”, le chiese la donna. 
“Sì, ne sono consapevole”. Voltò il viso per osservarla negli occhi mentre parlava -un’abitudine di buone maniere che aveva appreso in quella che poteva considerare la sua vita passata-, senza considerare il fatto che lo schermo si trovasse proprio alle spalle della dottoressa.  
Restò immobile ad osservarlo: c’era qualcosa di molto piccolo che si muoveva a ritmo regolare. 
La sua interlocutrice seguì il suo sguardo e sorrise. “Quello è il cuore”. Spostò l’apparecchio sulla pancia di alcuni centimetri, inquadrando anche il secondo. “E qui c’è l’altro”, aggiunse.  
Poggiò lo strumento su di un tavolino e lo schermo divenne nero. “Possiamo proseguire, ora” 
Lo sguardo di Cassandra però non si spostò di un millimetro. Forse nemmeno l’aveva sentita parlare. Restò ferma, in silenzio, per un tempo che parve interminabile.  
“Aspetti”, mormorò alla fine. Si mise seduta, poggiando una mano sul ventre. “Io…”, chiuse gli occhi e prese un altro lungo respiro. “Non sono più sicura di volerlo fare” 


 “Stavo per abortire, ma all’ultimo mi sono tirata indietro. Non ce l’ho fatta”, disse Cassandra. Prese un lungo respiro. “E non mi pento della mia scelta” 
Loki la guardò in silenzio, con un’espressione che la donna aveva visto dipinta sul suo volto in più di un’occasione in passato, quando si trovava in disappunto su qualcosa ma preferiva tacere. Successivamente mutò, facendosi improvvisamente seria.  
“Ti avrei sposato, Cassandra. Avrei parlato con Madre e Odino della tua condizione e poi avrei chiesto la tua mano a tuo padre, non avrebbe mai potuto negarla ad un principe”. Distolse lo sguardo da quello di lei. “Saresti potuta diventare la mia regina”, aggiunse in un sussurro.  
“Lo so che prima o poi l’avresti fatto, incinta o meno”, disse lei, piegando le labbra in un sorriso dolce, di quelli che mostravano le fossette agli angoli della bocca. Un sorriso contagioso. 
Il Dio degli Inganni apparve per un istante combattuto, ma rimase immobile nel punto dove si trovava, il volto tremendamente serio. “Avrebbero potuto ricevere un’istruzione degna del loro rango, sarebbero state chiamate principesse” 
Cassandra scosse la testa. “E rinchiuderle così in una gabbia dorata? No, non lo avrei mai permesso” 
“Ed è per questo che te ne sei andata, perché TU disprezzavi la vita di corte?” 
Che cosa credeva Loki? Che fosse fuggita da Asgard con la coda tra le gambe perché incinta? Che lo avesse fatto perché impaurita da ciò che sarebbe successo una volta che la sua condizione fosse stata scoperta? No, non era assolutamente per quello. Certo, la notizia che un’ancella della regina aspettasse un figlio da uno dei principi di Asgard avrebbe fatto senz’altro scandalo, sarebbero piovute critiche e maldicenze da ogni dove, ma Cassandra non avrebbe dato loro troppo peso. 
La scelta di andarsene da Asgard era stata pensata a lungo, ben prima che le bambine venissero concepite. Non era stata una scelta avventata. 
La ragazzina impulsiva di un tempo probabilmente avrebbe risposto alle insinuazioni di Loki in modo velenoso, con il tono di voce decisamente troppo alto. Ma ora era una donna. E la sua pazienza con gli anni era decisamente aumentata. 
Prese un lungo respiro.  
“Ho scoperto di aspettare le bambine quando mi trovavo già sulla Terra”, disse con un tono che cercava di apparire calmo. 
“Quindi meglio farle vivere in mezzo ad esseri inferiori che in un Palazzo reale” 
Ancora altre conclusioni affrettate e sbagliate. 
Lo fulminò con uno sguardo. La calma e la pazienza in via di esaurimento. “Ci consideri esseri inferiori?”, domandò in tono ostico.  
Loki la osservò come se la sua interlocutrice avesse un qualche disturbo nell’apprendimento. O si trattasse di Thor. L’espressione quando si trattava di dover spiegare qualcosa al fratello era la stessa di quel momento: esseri dall’intelligenza limitata, per cui si doveva provare compassione. “Considero gli umani esseri inferiori. Tu sei un’asgardiana, nelle tue vene scorre il sangue di grandi guerrieri. Non comprendo questo tuo ostinato attaccamento per Midgard”, rispose con tono ovvio.  
Cassandra lo studiò in silenzio, indecisa sulle parole da usare, su quello che doveva fare: Loro sapevano la verità, possibile che nemmeno dopo la sua scomparsa non avessero detto come stavano veramente le cose? Scosse la testa: ancora una volta era stato il gioco delle apparenze a trionfare. “No, non è così”, ribattè dando un tono deciso alla propria voce. “Tyr e Fylla non sono i miei genitori biologici, loro mi hanno semplicemente trovata e allevata. I miei veri genitori erano umani” 
Ci furono diversi secondi di silenzio: seppur avesse cercato di trattenersi, la giovane donna aveva visto un bagliore di sorpresa passare velocemente nelle iridi dell’Ingannatore. Lui, per celarlo, aveva distolto lo sguardo, mettendosi a camminare avanti e indietro lungo il perimetro della cella.  
Un tempo quel comportamento avrebbe significato che qualcosa lo turbava e che, seguendo il filo di un qualche pensiero, cercasse un modo per venirne a capo.  
Si bloccò improvvisamente: era giunto ad una conclusione. 
O forse ad una scelta, Cassandra non poteva saperlo con certezza.  
Si voltò verso di lei.   
“E così le nostre…”. Il dio dovette fare una pausa, evidentemente in difficoltà sul termine sul termine che voleva utilizzare.  “…figlie…”, disse incerto. “…non hanno un briciolo di sangue asgardiano” 
Molto probabilmente si aspettava di vedere della confusione negli occhi azzurri della donna. O almeno un briciolo di perplessità. Fu disorientato dai gesti di lei. 
“No, non lo hanno”, gli fece eco Cassandra, scuotendo la testa.  
La studiò a lungo, nuovamente in silenzio. 
Lei doveva già conoscere il suo spinoso ormai-non-più-segreto.  
“Te lo ha detto Thor?”, le chiese con estrema serietà. 
La donna scosse la testa. “Tua madre, diversi anni fa”. Aveva mantenuto la promessa fatta alla Regina per tutti quegli anni, ora non aveva più senso continuare.  
Loki la osservò confuso.  
Cassandra decise che era il caso di spiegarsi meglio, di partire dal principio. “Ricordi quando stavamo ancora cercando di capire cosa fossi in grado di fare con i miei poteri e tu ebbi la grande idea di provare a teletrasportarci dalla biblioteca ai giardini del palazzo?”. Quello doveva essere un momento di serietà, eppure al ricordo di quell’avventura la sua voce assunse una piega ironica e le sue labbra si piegarono in un sorriso trattenuto a stento. 
“Finimmo a Jotunheim, se ricordo bene”, disse il dio, sforzandosi di non lasciarsi influenzare dal suo luminoso sorriso. Avrebbe tanto voluto farlo, però, perché a quel sorriso aveva sempre faticato a resistere.  
Cassandra annuì. “I Giganti di Ghiaccio ci accerchiarono ed uno ti colpì alla testa e tu perdesti i sensi” 
Quell’attimo di distrazione fatale era stato un duro colpo per l’ego dell’Ingannatore. Un colpo che, conoscendo il suo narcisismo, bruciava anche il quel momento.  
Il viso di Loki assunse un’espressione imbronciata.  
Sì, bruciava ancora. 
“Un Gigante di Ghiaccio toccò anche te”, le fece notare, piegando le labbra in un sorrisetto di scherno.  
“Sulla coscia”, ribattè all’istante Cassandra con le guance in fiamme. 
“Mi pareva che la bruciatura fosse più in alto”.  
Loki le lanciò un’occhiata maliziosa, a cui lei tentò di rispondere con uno sguardo di rimprovero, ma che sfociò ben presto in una risata. Sapeva quali grandi rischi avevano corso quel giorno, se ne rendeva perfettamente conto, eppure al pensiero della forma di mano di un Gigante di Ghiaccio stampata su di un gluteo, Cassandra non riusciva proprio a fare altro che ridere: era pur sempre una ferita di guerra di cui andare fieri! E, in quanto tale, andava festeggiata: i festeggiamenti nelle peggiori osterie di Asgard insieme a Thor e alla sua allegra combriccola erano durati giorni.  
Festeggiamenti che Loki aveva disapprovato.  
“Lo era, ma non è questo il punto”, confermò, prima che la sua espressione spensierata tornasse a farsi seria. “Ti vidi diventare blu”  
Osservò il dio degli inganni impallidire e, per la prima volta da quando lo aveva incontrato nuovamente, perdere la propria sicurezza.  
“Lo comunicai a Frigga e lei mi disse tutto” 
 

Molti anni prima… 


Cassandra osservò con aria incerta la bacinella contenente dei cubetti di ghiaccio poggiata su di un carrello, in mezzo a diverse garze ed altri medicamenti.  
Il suo sguardo passò poi al bel dio disteso sul letto a poca distanza. Si sedette sul bordo, portando una mano al suo viso e carezzandogli lentamente una guancia: Loki le appariva più pallido del solito con quel vistoso livido blu sulla tempia, dove il manico della mazza di quel Gigante di Ghiaccio lo aveva colpito. Probabilmente se ci avessero messo del ghiaccio, come i cerusici avevano consigliato, il punto non si sarebbe gonfiato, ma la regina si era fermamente opposta.  
Ora capiva il perché. 
Si alzò e zoppicò fino alla soglia della camera, dove tese l’orecchio per assicurarsi che non ci fosse nessun altro negli appartamenti del dio. 
Non le giunse nessun rumore. 
Chiuse con lentezza i battenti delle grandi porte dorate e tornò verso il letto, ma prima di avvicinarsi prese un paio di cubetti di ghiaccio.  
Osservò per qualche istante il suo petto alzarsi ed abbassarsi a ritmo regolare; con il potente sonnifero che i cerusici gli avevano somministrato, Loki non si sarebbe svegliato nemmeno se Thor avesse organizzato un festino nella sua camera da letto.  
Non avrebbe dovuto temere che il dio si svegliasse nel mezzo del suo esperimento, eppure  
Cassandra tentennava circa l’agire. 
Alla fine si decise e con gesti lenti alzò fin sopra al gomito la camicia color verde petrolio di Loki, scoprendo la pelle diafana sotto di essa; era piacevolmente fresca, come sempre. 
Ci poggiò sopra i cubetti di ghiaccio e, proprio come poche ore prima, quando il Gigante di Ghiaccio lo aveva toccato, il suo colorito divenne blu.  
La giovane fece istintivamente un passo indietro, spaventata. 
Fu proprio in quel momento che la porta della camera si aprì. 
“Cassandra cara, dovresti andare a riposare. Posso restare io con…”. La regina si bloccò dopo appena un paio di passi nella camera, lasciando la frase a metà. Il suo sguardo passò dal braccio blu del proprio figlio alla ragazza poco distante che la osservava a sua volta ad occhi sgranati. “Che cosa sta succedendo qui?", chiese, l’espressione di colpo incupita, così inconsueta sul suo viso solitamente solare.  
“Io…”, balbettò Cassandra. “Quelli… quei cosi… devono averlo maledetto. Deve essere così, mia regina”. Si affrettò a sbarazzarsi dei cubetti di ghiaccio e, non appena essi non furono più a contatto con il braccio di Loki, esso tornò al suo consueto colore.  
Frigga tentò di sorriderle, ma quel sorriso apparve troppo nervoso. 
“Quando… quando lo ha toccato è diventato blu”, mormorò di nuovo la giovane.  
“Lo hai detto a qualcuno?”, chiese la regina con estrema serietà. 
“No, vostra grazia. Volevo essere certa di ciò che avevo visto prima di creare falsi allarmismi”, disse a capo chino, troppo timorosa per alzare lo sguardo sulla dea.  
Frigga parve tentennare sulle parole da dire. Si poteva vedere l’indecisione trasparire dalle sue iridi chiare. Osservò a lungo la giovane al suo fianco. “Lo sai mantenere un segreto, Cassandra? Quello che sto per rivelarti non deve uscire da questa stanza”. Il suo sguardo andò al proprio figlio. “Loki non deve saperlo” 
La ragazza tentennò per alcuni istanti, poi annuì timidamente con il capo. 
La regina si sedette al fianco del dio degli inganni, prendendo una sua mano tra le proprie. Chiuse gli occhi e prese un lungo respiro prima di parlare. 
“Al termine della battaglia su Jotunheim Odino andò nel tempio: era troppo minuto per essere il figlio di un gigante, solo, lasciato morire…di fame… Era soltanto un bambino innocente” 
Cassandra la osservò perplessa. “U-un bambino?”, domandò confusa. 
“Il figlio di Laufey” 
Sgranò nuovamente gli occhi ed osservò la regina con aria smarrita. “L-lo… il principe n-non è…” 
“È nostro figlio, lo è comunque”, la interruppe Frigga. Attese che la sorpresa svanisse dal viso della sua protetta, ma lei aveva lo sguardo fisso sul volto del dio addormentato. Con la mano libera prese quella della giovane, che sussultò a quel contatto inaspettato. 
“Cassandra, io mi fido di te e anche Loki si fida di te. Promettimi che non gli rivelerai niente di tutto questo” 


“Le promisi che non ti avrei detto nulla. Credevo che lo avrebbero fatto lei e Padre-Tutto quando saresti stato pronto, mi dispiace che tu lo abbia scoperto da solo”. Cassandra osservò Loki mortificata: lei per prima poteva sapere quanto i segreti potessero fare male. Specialmente se scoperti da soli. 
Il dio la guardò a sua volta: finalmente dopo molto tempo sentiva che ci fosse qualcuno di simile a lui, che aveva provato sulla propria pelle le stesse cose che aveva sentito lui. Forse, non era più solo. “E tu come hai scoperto le tue vere origini?”, le chiese con genuina curiosità. 
Cassandra parve tentennare per alcuni momenti: non aveva una vera e propria risposta da dargli. “Hai mai avuto la sensazione di sentirti fuori luogo?”, domandò lei a sua volta, ben consapevole di quale sarebbe stata la risposta del dio. Infatti non gli lasciò il tempo di rispondere, proseguendo con le proprie parole. “Io ho sempre provato ad ignorarla, a convincermi che non era così. Ad illudermi. Eppure dentro di me l’ho sempre saputo di essere diversa. La prima volta che ho messo piede sulla Terra l’ho capito, l’ho associata subito alla parola ‘casa’”. Gli sorrise. “E poi, con un po’ di fortuna, sono riuscita a trovare la mia vera famiglia” 
Avrebbe voluto continuare, parlargli fin nei minimi dettagli di come aveva esattamente fatto, di quello che era successo in quegli otto anni, chiedergli di lui, ma invece di tutto quello si limitò a guardare l’orologio che portava al polso: si sarebbe dovuta trattare di una breve chiacchierata, invece essa era durata fin troppo tempo.  
Osservò Loki dispiaciuta. 
“I dettagli mi vedo costretta a raccontarteli la prossima volta, ora devo andare” 
Anche il dio appariva dispiaciuto mentre lei gli rivolgeva un saluto con la mano. La vide dargli le spalle e dirigersi verso la porta.  
“Cassandra”, la chiamò, scandendo bene il suo nome. 
La donna si bloccò e si voltò verso di lui. 
“Le nostre… figlie… quando potrò incontrarle?” 
Cassandra distolse il proprio sguardo dal suo. “Non lo so”, mormorò.  
Si sarebbe aspettato una risposta differente, ma cercò di non dare troppo a vedere la propria delusione. “Il mio esercito sta arrivando, dovete mettervi al sicuro” 
La giovane scosse la testa. “Loki, sei ancora in tempo per fermarli. Ti prego”, lo supplicò. 
“Quando sarò re, voi sarete al mio fianco” 
Ancora con quegli assurdi vaneggiamenti. Come poteva, lei, permettergli di incontrare le loro figlie? No, lui non era nelle condizioni di vedere le bambine. Le labbra della donna si piegarono in un sorriso amaro. Osservò il dio con compassione. “Non ti permetterò di vederle, non fino a quando non metterai da parte i tuoi folli piano di conquista. Per il momento è meglio che non sappiano nemmeno che tu sei il loro padre”. Detto questo gli diede di nuovo le spalle, dirigendosi a lunghi passi fino all'uscita. Sapeva che quelle parole gli avrebbero fatto del male.  
E sapeva che se si fosse voltata e avesse visto l’espressione sofferente del suo volto, si sarebbe fatta del male anche lei. 


Nda
Ehilà! Dopo tutto questo tempo? Sempre.
Lo so (malfidenti!) che ormai non ci speravate più in questo aggiornamento visto che è un anno che ci sentiamo, ma rieccomi di nuovo qui. 
L'idea era quella di scrivere un capitolo breve, ma diciamo che mi è sfugguto a tal punto di mano che mi sono vista costretta a cambiare un po' la trama che avevo in testa e a spezzarlo in due capitoli distinti. Vabbè, per l'azione mi sbizzarrirò nel prossimo visto il ritmo molto lento di questo. Lento ma con qualche rivelazione in più. 
Spero di sentire presto le vostre opinioni e alla prossima (magari prima di un anno ahahah)
 

   
 
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