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Autore: G RAFFA uwetta    23/07/2017    1 recensioni
Il Destino a volte può sorprenderti ma quando sei il "Bambino che è sopravvissuto" tutto assume un significato diverso.
Dal testo: — Converrai con me nell’affermare che Harry è una accozzaglia di sfortunati eventi, giusto? — Parlò lentamente come se davanti a lei ci fosse un bimbo piccolo e non una persona estremamente intelligente; birichina le fece l’occhiolino. — Però, ciò che lo rende veramente unico è l’essere sopravvissuto all’anatema che uccide per antonomasia. — Aspettò un piccolo cenno da parte della riccia e riprese: — bene, è tutto qui il nocciolo della discussione: la fortuna e la sfortuna di Harry ruotano intorno a questo inimitabile particolare. —
Accenni alla Drarry.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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In precario equilibrio

Tutto il Mondo Magico poggia su fondamenta fatte di cristallo, belle a vedersi ma altresì fragili.

Questa era stata l’inconfutabile verità a cui era venuto a capo Harry Potter in una mattinata gelida mentre era intento a guardare il cielo grigio, attraverso la condensa del proprio fiato mozzato, disteso sul marciapiede umido di pioggia, dopo una rovinosa caduta.

Qualche attimo prima, stava discutendo animatamente, mentre passeggiava affiancato a Ginevra Weasley, quando, tutto ciò che lo circondava, aveva cominciato a vorticare. Era stato strano. Da vari giorni gli pareva di avvertire – come in un ripetuto tocco – un leggero sfrigolio alla periferia delle orbite che costringeva l’occhio a ripiegare su di esso, nel vano tentativo di focalizzarlo, destabilizzandolo: non se ne era curato. Ma quel giorno, in quel preciso istante, i giochi di luce erano scoppiati all’improvviso, in un turbinio incessante, quasi fossero stati il guizzo saettante di numerosi birilli investiti da dei bolidi scagliati a folle velocità.

Harry! Harry! — La voce preoccupata e al tempo stesso infastidita di Ginny l’aveva raggiunto negli intervalli concessi dai lampi di luce, così intensi da offuscare i sensi. Quella che, a primo acchito, gli era sembrata una gelida pioggia, l’aveva investo penetrando la carne come fosse fatta di burro, allarmando contemporaneamente tutti i recettori del dolore. “Una Cruciatus avrebbe fatto meno danni.” era arrivato a pensare, in un breve momento di lucidità. Forse stava anche urlando, non ne era del tutto consapevole, ma aveva avvertivo chiaramente un sapore aspro ristagnare sul fondo della gola. Ombre scure si stavano contorcendo tutt’intorno dandogli un senso di soffocamento: gli mancava così tanto l’aria che aveva avvertito distintamente i propri polmoni collassare e l’inconscio sprofondare nella melassa.

Aveva ripreso coscienza pian piano. Come prima cosa aveva avvertito il lieve tremolio di un piede, poi il ginocchio sinistro aveva iniziato fastidiosamente a pulsare, intervallato alla tortura di non poter grattare un punto della scapola, per colpa delle dita ancora intorpidite; nemmeno il lento sfregamento della pelle, a contatto con le lenzuola fresche, aveva portato giovamento. In quei lontani giorni, era stata una lunga agonia riprendere possesso del proprio corpo, mentre se ne stava tutto solo in una stanza isolata a rimuginare sul “perché sempre a me”: senza cibo, senza acqua e, soprattutto, lontano dalla Magia.

Harry si destò di soprassalto, con la stessa sensazione di quando, durante le noiose lezioni di Storia della Magia, Hermione era solita pizzicargli il sedere con un incantesimo per tenerlo sveglio. Spalancò gli occhi verdi e, disorientato, fissò il soffitto candido finché la sensazione familiare di un liquido gelido che scorreva sulla pelle lo riscosse facendogli voltare il capo di lato, in direzione dell’amica di sempre intenta a evocare il proprio Patronus.

Herm, per favore, finiscila. — la pregò; la sua voce stanca raggiunse la ragazza al centro della stanza che, per un istante, smise di muovere pigramente il polso per prestare attenzione all’amico disteso sul letto d’ospedale. — Hai mandato almeno tre messaggi, non verrà, lo sai tu, come lo so io e ora l’ha compreso anche quel passerotto che continui a spaventare. — Il moro sospirò affaticato, non si era ancora ripreso del tutto dall’ultima crisi, guardò la riccia lasciarsi sfuggire una risata nervosa mentre alzava le spalle distrattamente, quasi non le importasse della sua opinione.

Non sono d’accordo, vedrai che appena ti riappisolerai lui farà maldestramente irruzione da quella porta e, come suo solito, avrà da ridire sulla tua poca sensibilità nel dimostrare amicizia. — Hermione lo rimbeccò prontamente, mentre osservava affascinata con quanta lentezza l’amico, adagiato sotto pile di coltri candide, sollevava la mano per andare a grattarsi un punto preciso del sopracciglio di sinistra. — È solo che non è un periodo facile, — ricordò al moro.

Non credi che anche io stia male ad ogni anniversario della morte di Fred? — scattò ferito, interrompendola deciso, — nonostante Ron insista sul piccolo particolare che “quella notte” non ho perso nessuno della mia famiglia, — continuò rabbioso sottolineando, con uno sguardo di fuoco, quelle poche parole, — molte persone a me care sono venute a mancare, io stesso sono morto, — ringhiò, facendo sussultare spaventata la ragazza, — ma per lui, evidentemente, non è abbastanza.

Non è per questo che ce l’ha con te, o meglio, non solo per questo, — dopo un pesante silenzio, Hermione riprese a parlare titubante, quasi cercasse le parole giuste per non offendere Harry, — Ron non ti ha ancora perdonato l’aver lasciato Ginny per… — tentennò, senza trovare il coraggio di pronunciare quel nome che rimase dolorosamente incastrato tra le sue labbra serrate. Mortificata la ragazza voltò le spalle perdendosi l’espressione triste e al contempo furiosa di Harry che chiuse di scatto gli occhi arrossati. Il volto pallido sembrava invecchiato sotto la luce impietosa del sole che entrava con prepotenza dalle tendine scostate riempiendo la stanza, dipinta di un colore neutro, assieme ai profumi della primavera accompagnati dai trilli gioiosi degli uccellini.

Senti, — disse Harry con voce delusa, — Ginny e io ci siamo lasciati molto tempo prima, — freddamente strascicò le parole, come se quel discorso l’avesse affrontato migliaia di volte, — abbiamo provato a stare insieme e semplicemente non ha funzionato.

Non ci hai nemmeno provato, — lo accusò la ragazza, giratasi di scatto e puntando il dito in direzione dell’amico; tremava un po’ ma sembrava che a nessuno dei due importasse, visto l’intensità con cui si squadravano in cagnesco. — Lo sai quanti discorsi abbiamo intavolato sul nostro futuro, Ginny e io, sul futuro dei nostri figli che immaginavamo intenti a giocare tutti insieme nel cortile della Tana. — Lacrime amare presero a scorrere sulle guance accaldate di Hermione. — Parlavamo per ore, Ron e io, convinti che questo fosse anche ciò che desideravi tu. È stato un brutto risveglio. Molly, quando pensa di non essere vista, piange sull’abito che avrebbe voluto indossare al matrimonio dell’unica figlia. — Lo guardò seria, certa di colpire nel punto giusto, tanto per farlo sentire un po’ più in colpa. Harry scosse la testa amareggiato, sebbene provasse pena per la donna, egoisticamente non gli importava. Aveva speso molte energie per portare avanti una relazione che si trascinava stanca attraverso i molteplici impegni di entrambi. E quando improvvisamente tutto il suo mondo era crollato, a causa di alcuni strascichi della distruzione dell’Horcrux da parte di Voldemort, Harry si era accorto che Ginny era andata avanti, lasciandolo da solo ad affrontare le conseguenze.

Come vuoi tu, — la liquidò Harry, — ma sappi che non aspetterò Ron, non più. Non ne vale la pena perché ogni volta che ci troviamo insieme si finisce a rinvangare un passato che dovrebbe essere morto e sepolto sotto metri di terra assieme a Voldemort. E io sono stanco di dover giustificare ogni mia scelta, di guardarlo in faccia e dover fingere di provare vergogna perché amo un uomo. — Sbuffò sfinito passando la mano tra i capelli scuri senza più forze per strattonarli, gli occhi verdi, asciutti e fermi, fissi in quelli umidi di lei.

In quel mentre, entrò una donna rotondetta fasciata nell’aderente divisa azzurra delle infermiere, il sorriso gioviale si spense sul viso paffuto quando notò che la ragazza teneva in mano la bacchetta.

L’ora delle visite è finita, — disse dura scrutando impaziente la ragazza, — la pregherei di mettere via la sua bacchetta o mi sentirò costretta a riferire al mio superiore. — Hermione sbuffò ma acconsentì alla richiesta. — Bene, — riprese, mentre il volto tornava sereno. — ho qui l’iniezione… — la frase le morì in gola quando posò gli occhi scuri sul collo appena scoperto del proprio paziente; cacciando un verso acuto allungò il passo per schiacciare un pulsante giallo posto sopra la tastiera in ferro del letto, appoggiando distrattamente la siringa sul primo ripiano disponibile. — Come ha potuto, — sibilò furiosa all’indirizzo della riccia, — le è stato ripetuto più volte di non usare la magia in presenza del signor Potter, — sbottò mentre febbrilmente estraeva dal cassetto del comodino una mascherina bianca e l’attaccava, per mezzo di un tubo trasparente, all’imboccatura dell’erogatore d’ossigeno conficcato nel muro. — Mi sembrava di aver capito che era sua amica, — borbottò all’indirizzo di Harry; senza attendere risposta, con efficienza, gli sistemò la mascherina sul viso e osservò preoccupata il respiro farsi sempre più affaticato, la pelle del corpo ormai diventata bluastra. Uno scalpiccio frenetico e dal corridoio si riversarono dentro la stanza un paio di medici e vari infermieri che si affrettarono intorno al corpo tremante adagiato sul letto; seppur ingabbiato, le urla di dolore di Harry strisciarono fuori lungo i muri facendo accapponare la pelle a tutti i presenti.

Granger, potrei ucciderti per questo, — sibilò una voce fredda alle spalle della ragazza che sussultò, colta alla sprovvista. — Fuori tutti, — tuonò la voce — e portatevi dietro questa sudicia Sanguesporco. — Sputò velenoso indicando Hermione che protestò inutilmente mentre veniva cordialmente messa alla porta. — Potter, quando imparerai a capire che devi circondarti di amici migliori? — Sussurrò preoccupato alla figura pallida che giaceva sul letto, mentre gli scostava gentilmente una ciocca di capelli scuri dalla fronte imperlata di sudore; il ronzio dei macchinari si mischiò ai lamenti del ragazzo saturando l’aria della piccola camera, ora in penombra. Draco chiuse gli occhi stanco, le lunghe dita diafane intente a martoriare un lembo del lenzuolo candido.

Gli sembrò che fosse passato un secolo da quando, distratto per l’imminente esame di ammissione al secondo anno per l’Accademia di Medimagia di Derby nel Derbyshire, sperduta nei boschi delle Midlands Orientali, era letteralmente inciampato nel corpo di Potter. Lo Sfregiato si stava contorcendo sull’acciottolato di un caratteristico borgo magico scozzese, situato in una ridente vallata, in preda a quella che, a primo acchito, gli era sembrata una crisi epilettica; immediatamente si era prodigato a prestare i primi soccorsi. Memore del corso estivo fatto l’anno precedente, aveva allontanato da Potter la piccola folla di curiosi che si stava accalcando tutt’intorno. Aveva spinto bruscamente di lato lapiccolafiammiferaria e, una volta inginocchiato, aveva evocato un morbido cuscino che aveva posto sotto la nuca dalla zazzera scura per attutire i movimenti bruschi della testa. Aveva osservato preoccupato gli occhi dello Sfregiato perdere vitalità: era rimasto immobile, a debita distanza, incurante dei passanti che lo stavano urtando in continuazione, la bacchetta ben salda nella mano sinistra, in attesa che la crisi passasse.

Malferret, allontanati da lui, — gli aveva ringhiato contro ladonnolafemmina, pronta a maledirlo con la propria bacchetta.

Senti, non che ti debba dare spiegazioni, ma studio Medimagia e so come affrontare questo tipo di crisi, — le aveva risposto prontamente, senza neanche guardarla in faccia. — Assicurati che nessuno si avvicini troppo, ha bisogno di aria. — L’aveva liquidata con un gesto brusco della mano; le ginocchia stavano affondando in una pozzanghera scura e i pantaloni, di altissima fattura, erano ormai irrimediabilmente rovinati. Al momento, era sinceramente preoccupato. “Non avverto traccie magiche, eppure questi sintomi sono compatibili con una Cruciatus”, aveva pensato distrattamente mentre apriva a forza la bocca di SanPotter e afferrava saldamente la lingua che si andava attorcigliando sul fondo della gola. — Manda un messaggio al più vicino ospedale, c’è qualcosa di anomalo e ho idea che, se non si calma al più presto, rischia di morire soffocato, — aveva suggerito con urgenza alla ragazza dai capelli rossi; un attimo dopo un Patronus corporeo aveva preso vita dalla bacchetta della Weasley. In quel preciso istante, sulla porzione di pelle dell’addome di Potter, che si era scoperta durante la crisi, era apparsa una macchia bluastra, il corpo si era contorto e l’exGrifone aveva emesso un forte guaito; contemporaneamente il cavallo di Ginny si era dissolto in uno sbuffo di fumo. — Sei proprio inutile, — l’aveva sbeffeggiata Draco; nel frattempo era salito a cavalcioni del corpo di Potter nel disperato tentativo di tenerlo fermo. — Ritenta, — l’aveva incitata sempre più spaventato.

Ci sto provando, — Ginny aveva risposto stizzita al ragazzo biondo, — ma sembra che Lizzy non voglia collaborare. — La rossa aveva sbirciato oltre le ampie spalle di Malfoy e, allarmata dall’aspetto dimesso di Harry, si era prodigata in un ulteriore tentativo. — Expecto Patronum. — Finalmente il cavallo si era palesato in tutto il suo lattiginoso splendore ed era rimasto corporeo quel tanto che era bastato a far intuire all’exSerpeverde la reale situazione.

Porco Godric! — aveva esclamato il biondo, gli occhi fissi sul livido che si andava espandendo sulla guancia di Potty. — Porco Godric! — aveva ripetuto incredulo, mentre si era issato sulla spalla il corpo ormai privo di conoscenza. — Porco Godric! — si era ritrovato a maledire di nuovo. Poi, senza indugiare oltre, aveva iniziato a correre verso la statua che rappresentava Beda il Bardo, posta a confine tra i due Mondi, incurante della Weasley che gli stava urlando dietro di fermarsi. Era stata una corsa contro il tempo e, negli anni a venire, in cuor suo, non era stato in grado di stabilire da dove avesse attinto la forza per reggere il peso di Potty fino al bar Babbano, al centro di una minuscola piazza, dove era miseramente crollato a terra, ansante. Un istante dopo, era sopraggiunta furiosa la Weasley pronta a maledirlo. A fermarla era stata la presenza degli avventori del bar che, preoccupati dall’aspetto del ragazzo moro, avevano chiamato i soccorsi senza smettere un attimo di fare domande.

Cosa ti è saltato in mente, — aveva sibilato la rossa all’indirizzo del biondo, — correre via così. Se succede qualcosa a Harry non esisterà posto abbastanza sicuro in cui nascondere la tua stupida faccia, — gli aveva ringhiato contro.

Stai calma, — Draco aveva risposto con voce controllata, — non ho tempo per spiegarti, — aveva conciliato, mentre guardava lo strano veicolo urlante che si stava avvicinando dal fondo della via acciotolata, — il tuo ragazzo, — aveva storto il naso, — è in piena crisi a causa di una reazione allergica molto grave, credo abbia a che fare con la magia.

Tu sei pazzo! — si era limitata a dire Ginny scuotendo incredula la chioma rossa, gli occhi marroni erano spalancati e tremuli. — Non dire “trollate”, stupido furetto platinato, ma come ti viene…

Draco non la stava più ascoltando, era intendo a seguire scrupolosamente gli uomini, sopraggiunti con il loro squillante mezzo giallo, mentre stavano assicurando Harry a un piccolo letto dotato di ruote. — Vado con loro, tu fa quello che credi. — l’aveva liquidata. Poi, dopo aver aspramente litigato con uno dei Babbani fasciato nella tipica divisa blu, era riuscito a spuntarla ed era saltato sul traballante veicolo verso destinazione ignota; la Weasley già dimenticata. Man mano si stavano allontanando dal borgo magico, il colorito di Potter era migliorato: la respirazione era tornata regolare e i tremiti erano scemati fino a diventare dei lievi sussulti. “Appena ci fermiamo troverò il modo di mandare un messaggio al mio mentore,” aveva pensato Draco mentre si stava mordendo nervoso la guancia interna. “lui saprà di certo cosa fare.”

Ed era stato così.

Il suo mentore, Asa no Kaori no Hana1, e lui si erano conosciuti in Nepal dove si era trasferito – o meglio – dove era scappato dopo il processo che, grazie all’intervento di Potter, lo aveva visto prosciolto da ogni accusa. Era successo tutto per caso: Draco, sepolto sotto una pesante cappa di visone bianco, era bloccato sul ciglio di una mulattiera intento a osservare l’alba. In quegli istanti, si era sentito leggero e affascinato dinnanzi alla sconvolgente bellezza della natura che si andava pian piano risvegliando, svuotato da ogni pensiero; eppure una parte di sé, seppur irrisoria, si era sentita persa, un puntino oscuro in un mare di pece. Nonostante ciò, l’uomo che gli si era accostato, forse intuendo il suo disagio, gli aveva detto che la sua anima era pura e limpida come il primo raggio di sole che aveva accarezzato quelle alte cime. Erano stati fermi, loro due, a discorrere per ore, come se il tempo che fuggiva via, insieme alle nuvole bianche, non avesse avuto nessuna rilevanza. Si era confidato, Draco, estrapolando da se stesso tutto quello che la propria anima aveva custodito gelosamente. Alla fine, quando ormai il sole era calato a baciare le fronde sull’altro versante del canalone, la gola arida che raspava ad ogni parola, l’uomo si era congedato.

Dopo tanto dolore non rimane che ricucire. La tua anima non aspetta altro, — gli aveva detto con quella sua voce un po’ ruvida e concisa, — In fondo alla vallata Maho no otoko2 ha bisogno di te. — Gli aveva sorriso enigmatico; gli occhi socchiusi, in una linea retta che luccicava, facevano un curioso contrasto con l’espressione seria del volto. Draco era rimasto a guardarlo finché non si era inoltrato in un fresco boschetto, perdendolo subito di vista; aveva deglutito saliva pesante come sabbia e aveva immerso le dita gelate nei capelli chiari. Poi, all’improvviso, come se un nugolo di Doxy avesse deciso che le sue mutande erano un buon nascondiglio, si era riscosso e si era precipitato dietro l’uomo. Da allora, aveva accuratamente seguito ogni suo consiglio diventando il più giovane Medimago in cure non tradizionali a capo di uno staff in una clinica appena fuori Londra, che lui stesso aveva fondato.

Draco strinse forte gli occhi nel tentativo maldestro di trattenere le lacrime. Con stizza si passò il dorso della mano sulle guance umide mentre con l’altra accarezzava piano i capelli indomiti del suo uomo. “Per Morgana,” pensò, “il solo saperti mio ripaga di tutti gli anni in cui non ci sei mai stato, per me.” Sospirò, tirando su con il naso in una posa tutt’altro che signorile. — Non ce la faccio più a vederti ridotto a uno straccio in tutte le occasioni in cui vi incontrate, te e i tuoi cosiddetti amici, a correre sempre in tuo soccorso, rischiando di perderti ogni dannatissima volta, perché loro non vogliono comprendere e accettare il tuo nuovo “Io”. — Lo guardò triste e un po’ arrabbiato, trattenendo la voglia di depositare un bacio a fior di labbra sulla fronte aggrottata. — Hai affrontato e ospitato dentro di te Coluichenondeveesserenominato senza cedere mai, assecondando il desiderio di tutti di salvare il nostro Mondo, a discapito della tua stessa vita. Ed ora che ti si sono aperti nuovi orizzonti si rifiutano di accogliere la tua “Verità”! Stupidi ipocriti. — Digrignò i denti frustato mentre, con sollievo, osservava Harry riprendere colore sul viso e il suo respiro farsi più regolare; gli tolse la mascherina dell’ossigeno. — Gli hai fatto “vedere” che la Magia è fragile come il gambo di un calice di cristallo e hanno avuto paura, questo lo comprendo, ma ora hanno passato il limite. — Parlava a voce alta, come se volesse farsi sentire dal ragazzo svenuto disteso in quel letto che, ultimamente, lo vedeva ospite troppo spesso. — Anch’io temo per questa tua precaria condizione: sei così fragile, Harry! La tua esistenza si barcamena tra “la spada di Damocle” e “l’incudine e il martello” che lottano ogni giorno per sopraffarti. Non c’è via di scampo, né per te né per nessuno di noi: basterebbe un tuo gesto avventato e tutto ciò che ci circonda crollerebbe. — Lo baciò sullo zigomo accaldato. — Sono così idioti, vorrei tanto prenderli a pedate, se solo tu ti degnassi di guardare altrove, — Draco si martoriò il labbro, — se solo me lo permettessi, — aggiunse a denti stretti, poi prese a girare per la piccola stanza a passi nervosi, sbatté il pugno contro l’anta metallica di un armadietto, che produsse un rumore sordo. — Da domani si fa a modo mio! — ringhiò all’indirizzo del ragazzo pallido disteso tra colti candide come un manto nevoso. — Ti porterò lontano, vivremo come eremiti sulla vetta più alta del mondo facendoci beffe dell’umanità. Ti bacerò fino a sfiancarti e faremo l’amore sotto le stelle; ti legherò, se lo riterrò necessario! Andremo via da qui, tu e io, solo noi.

Intanto fuori.

Finiscila immediatamente! Expelliarmus! — Gridò una voce femminile ansante. La bacchetta sfuggì alla presa salda di Hermione e finì schiantata contro un quadro raffigurante un paesaggio marino; l’eco dell’ira della nuova arrivata rimbombò per tutto il lindo corridoio, pietrificando sul posto i pochi presenti. — Sei impazzita, come hai potuto essere così superficiale! — le vomitò addosso con gli occhi dardeggianti di furia omicida; in un attimo, Ginny raggiunse Hermione e le assestò un poderoso schiaffo sulla guancia. — Non lo meritate, né te né quel deficiente di mio fratello. — La ragazza, famosa per la sua combattività, era in piedi al centro del corridoio con i pugni chiusi appoggiati ai lati della vita snella, i capelli rossi raccolti in una treccia morbida e gli occhi marroni fissi in quelli sbigottiti dell’amica. — Forza vieni, — l’agguantò per il polso, con cui si accarezzava inconsciamente la guancia arrossata, costringendo a seguirla. — Usciamo da qui prima che uno stuolo di Auror ti arresti per aver quasi ucciso, di nuovo, Harry Potter.

Al suono del nome, la riccia si ridestò dallo stato catatonico in cui era sprofondata e strattonò il braccio, liberandosi immediatamente.

Non posso, — cominciò a blaterare cercando con gli occhi la propria bacchetta, — ha bisogno di me: lo stanno torturando, devo salvarlo. — Ginny sbuffò spazientita, un ciuffo ribelle si sollevò dalla fronte. — Fino a un secondo fa sentivo i suoi lamenti, — continuò avvicinandosi alla porta verde pastello per percuoterla con furia. — Fatemi entrare! — urlò, picchiando sempre più forte i palmi aperti sul legno lucido.

Ora basta, Hermione! Ti stai rendendo ridicola. — Ginny allargò le braccia in un gesto che comprendeva parecchie persone, dai visi perplessi, affacciate sugli usci del corridoio. — Harry è in ottime mani e tu, stai sicura, da adesso in poi, sarai soggetta a una restrizione. — sibilò con rabbia. — Eppure, tra tutti noi, eri quella che vantava di essere la strega più brillante del secolo. — Si avvicinò all’amica scuotendo la testa avvilita, poi l’arpionò nuovamente per il braccio trascinandola lungo il corridoio fin davanti alle scale in marmo bianco, voltò in un altra corsia e oltrepassò l’unico uscio presente lungo le pareti. Una volta entrate, sbatté la porta e, chiedendo scusa a Harry, silenziò e sigillò lo stanzino. Hermione sgranò gli occhi. L’aria puzzava di medicinale e disinfettante, alti scaffali in ferro contenevano ogni sorta di attrezzatura e recipienti, nelle madie chiuse a chiave. Dietro i vetri che luccicavano colpiti dalla fredda luce delle lampade, erano gelosamente custoditi vasetti di varie forme e colori. In un angolo, a lato della minuscola finestra squadrata, vi era una piccola scrivania ingombra di cartelle.

Cosa ti è saltato in mente, Herm, avresti potuto ucciderlo! Non ti senti nemmeno un po’ in colpa? — Chiese scrutando torva dentro gli occhi della riccia; dal canto suo, la ragazza si girò, in due falcate raggiunse la finestra e rimase lì con lo sguardo fisso oltre il vetro lievemente opacizzato. Per l’ennesima volta, Ginny sospirò frustata. — Perché ti ostini a far finta di non capire? Perché non accetti ciò che è, anche se ti sembra così irrazionale e poco logico? Cosa c’è di così spaventosamente sbagliato nei metodi di Malfoy da renderti così irragionevole nei confronti di Harry? Spiegami, perché non riesco a dare una risposta sensata. — La rossa rimase interminabili minuti in attesa di un cenno da parte dell’altra ragazza, visibilmente scossa. Poi, oltremodo stufa e avvilita mise la mano sulla maniglia della porta, sussurrò gli incantesimi per sbloccarla e poi aggiunse con malcelato dolore: — Non farti più vedere, troverò una valida giustificazione da dare a Harry. — Ginny uscì lentamente, le spalle incassate e il passo pesante come se avesse appena disputano l’ultimo round della vita e ne fosse uscita miseramente sconfitta. Non fece in tempo a fare due passi che la voce di Hermione la raggiunse, sebbene le parole fossero bisbigliate, esplosero in un boato lungo tutto il corridoio disadorno.

Mi sento così impotente, — le disse disperata e amareggiata, — ho passato giorni e giorni leggendo libri su libri e non ho trovato nulla, niente che possa aiutare Harry.

Forse perché è l’unico caso esistente nel Mondo Magico? — domandò ironica la rossa arricciando il naso. — Quanti esseri umani conosci che hanno ospitato un Horcrux? Non rispondere è solo retorica, — gesticolò nervosa, interrompendo l’amica sul nascere. Sbuffando rientrò nello stanzino, stavolta senza richiudere la porta. — Converrai con me nell’affermare che Harry è una accozzaglia di sfortunati eventi, giusto? — Parlò lentamente come se davanti a lei ci fosse un bimbo piccolo e non una persona estremamente intelligente; birichina le fece l’occhiolino. — Però, ciò che lo rende veramente unico è l’essere sopravvissuto all’anatema che uccide per antonomasia. — Aspettò un piccolo cenno da parte della riccia e riprese: — bene, è tutto qui il nocciolo della discussione: la fortuna e la sfortuna di Harry ruotano intorno a questo inimitabile particolare. — Si grattò il naso pensierosa, perdendosi nell’osservare un ragno tessere la propria ragnatela, guardando l’ombra muoversi indaffarata sul vetro della finestra. — Non riuscirei mai a riportare tutti i termini tecnici usati da Malfoy, per descrivere il caso clinico di Harry, però so con certezza che il suo corpo reagisce male ad ogni stimolo magico: è come se fosse saturo, pronto a scoppiare da un momento all’altro. Potremmo paragonarlo a una gigantesca spugna che ormai, troppo logora, non è più in grado di trattenere a sé i liquidi; un po’ come quando da bambini non si riesce a trattenere la magia. — Si bloccò un attimo ricordando in quel momento un particolare importante, — Il luminare giapponese, amico del furetto, è convinto che gli sfoghi di Magia involontaria siano uno spiffero attraverso cui la magia “elude” il controllo del mago, per farti capire meglio mi viene in mente lo sbuffo di quella strana pentola arrugginita che tua madre regalò anni fa alla mia. — Rise all’espressione scandalizzata dell’amica. — Senti, lo so che è difficile da concepire, io stessa ho impiegato molto tempo per convincermi che fosse tutto reale. Sai, ero presente al primo manifestarsi dei sintomi ed è stato atroce guardarlo contorcersi nel fango mentre mi sentivo così inutile e impotente. — Sospirò abbattuta. — A malincuore, devo ammettere che, se non ci fosse stato il furetto, di Harry non sarebbe rimasto che un mucchietto di polvere: letteralmente. — Lentamente alzò il braccio e fece una carezza nel punto in cui la guancia dell’altra era ancora lievemente rosata. — Scusa, — le disse, — ma ne avevi bisogno. — Poi l’abbracciò stretta. Chiuse gli occhi e lasciò che i capelli crespi di Hermione le pizzicassero le guance mentre la serrava in una morsa dolce, accarezzandole la schiena scossa dai singhiozzi; la rossa attese pazientemente che il pianto scemasse lasciando che l’amica soffocasse incomprensibili parole sulla sua spalla. — Non c’è rimedio al “male” di Harry, — riprese con voce cruda e lapidaria, — nessuno può fare nulla! Dobbiamo lasciarlo andare, Herm, deve vivere la sua vita lontano dalla Magia, — continuò severa ma con una sfumatura malinconica nella voce. — È una bomba a orologeria pronta ad esplodere, — disse con fare melodrammatico, per stemperare la situazione, invero, critica. — sorrise sardonica all’insistenza della riccia nel voler, a tutti i costi, “trovare una soluzione”. Di nuovo indispettita sciolse l’abbraccio e si appoggiò svogliata contro l’uscio, dietro di lei il candore delle pareti faceva risaltare la chioma ramata.

Non mi arrendo! — dichiarò Hermione con impeto, le labbra serrate in una piega amara, — l’ho tenuto vivo fino allo scontro con Voldemort, — tentennò appena, mentre pronunciava il nome, così lievemente da passare inosservato, — e non permetterò a qualcun altro di prendere il mio posto, — concluse con arroganza; Ginny rise fino alle lacrime, trattenendo l’addome con le braccia snelle fasciate in un golfino leggero color ciliegia.

Ha ragione Malfoy: sei patetica, — le disse, non curandosi affatto di averla offesa, — Basta giocare, Hermione, — riprese tornando subito seria, — qui non si tratta di “ruoli” ma di evitare che Harry perda definitivamente il controllo; è così stanco di lottare, di imporsi una disciplina ferrea di autocontrollo, sta perdendo colpi e, se non lo sapessi già, te lo dico io, — gesticolò nervosa indicando un punto oltre le spalle della ragazza che la guardava con odio. — Il disastro dell’altra settimana al lago Windermere è stato causato da Harry perché non è stato in grado di contenere la magia dopo il suo ultimo “sfogo allergico”: nessuno si è fatto male solo per puro caso. Quel giorno, sei riuscita a convincerlo a manifestare “Ramoso” e lui, per non deludere i ragazzini che presenziavano al tuo convegno “I mille e uno modi per essere un mago consapevole”, l’ha fatto e, Santa Pluffa, so che vi ha lasciato tutti esterrefatti, anche se stesso, — aggiunse, facendo l’occhiolino all’indirizzo dell’amica. — Che invidia, avrei tanto voluto esserci anch’io per assistere a quei giochi di luce, alla danza sensuale con cui i colori si mischiavano tra loro, al ritmo vibrante dei tentacoli della Medusa, questo l’aspetto del suo nuovo protettore, che giocavano coi capelli di Harry: magia pura mi hanno detto. — Sospirò con aria sognante.

Immagina invece il nostro shock nello scoprire che il suo Patronus era cambiato, ci siamo sentiti traditi, Ron e io. — Ginny la guardò sconcertata con un gran punto di domanda che capeggiava squillante sulla testa ramata. — Non credo che troveremo mai la forza per perdonarlo, — sentenziò lapidaria.

Ti sei bevuta il cervello? — soffiò infuriata la rossa, — che colpa ne può avere Harry se il destino, per l’ennesima volta, gli si è ritorto contro? Lui non è più il bambino sparuto che annegava nei vestiti troppo larghi del cugino, e non è nemmeno il ragazzo determinato che ha attraversato la Foresta Proibita per andare incontro alla morte. Come potete giudicarlo, lui che non ha mai tentennato nel dimostrare la propria amicizia, che ha perdonato e dimenticato molto più di quello che ha ricevuto. Come potete essere così spietati!? — Gesticolò arrabbiata, gli occhi incendiati dall’ira.

Sei tu che non capisci, è stato “lui”, è il furetto che l’ha cambiato, — le urlò contro. — La medusa rappresenta il male e viene associata ai serpenti e alcune specie sono velenose, esattamente come loro, — l’istruì con fare saccente.

Non fare la maestrina con me, — sibilò indignata, — è vero quello che dici ma trascuri un importante fattore: la medusa è ambivalente! È il giusto connubio tra Luce e Oscurità: è eterea, sinuosa, trasparente, regale e imperturbabile; si abbandona e con fiducia lascia che la sua essenza venga trascinata dalla corrente, ovunque questa la voglia portare. — Prese fiato. — Ho parlato con Dean proprio ieri e mi ha detto che anche tra i Babbani c’è questa credenza nella sua duplicità, un mito, come dicono loro, che vede questa creatura bellissima nascondere un atroce segreto in grado di pietrificare chiunque la sfiori con lo sguardo. Si narra ancora che quando morì dal suo sangue nacquero l’unicorno, simbolo di purezza, e il basilisco, simbolo di malvagità. — Hermione distolse lo sguardo. — Non puoi negare che è perfetta. — Ginny sorrise soddisfatta.

Ciò non toglie che tutta la situazione non mi piace, — le disse piccata.

Anche a me non piace, soprattutto se si considera il potere che ha Harry di “manovrare a suo piacimento” la Magia: è il padrone della Morte, è il signore della Vita, è Magia allo stato puro. Lui la vede, la sente, la respira, la manipola ed è in grado di assoggettarla a sé.

Non dire scempiaggini, sembra di leggere un articolo sul Cavillo! — esclamò esasperata, le braccia tese lungo il corpo e i pugni serrati.

Dovresti imparare da Luna come aprire la mente, Hermione, — suggerì seria, — ti aiuterebbe ad accettare Harry e il suo compagno senza vedere complotti e inganni dietro a ogni angolo.

Immagino tu abbia ragione, — la riccia sospirò abbattuta, piegando il capo verso il petto, — la verità è che non voglio che dimentichi ciò che siamo stati, — confessò mogia, — quello che abbiamo fatto noi tre insieme è stato grandioso e ora, vederlo accanto all’exMangiamorte, è come se ne venga sminuita la memoria.

Non è così, l’assicurò l’amica, niente scalfirà le leggende del Triodeimiracoli, sorrise incoraggiante, sono incise in ogni cicatrice che portate addosso. Ora, Harry ha solo bisogno che tu comprenda che, sebbene sia cambiato, ciò che lui sente per voi è immutato. Tra loro calò un silenzio pacifico; si guardarono di sottecchi e poi scoppiarono a ridere. Ginny offrì il braccio a Hermione e poi inforcarono insieme il corridoio; prima di scendere le scale l’exGrifona lanciò una occhiata malinconica verso la porta dietro la quale il suo migliore amico lottava per ottenere un posto tutto suo nel mondo. “Sono stata una vera sciocca”, pensò, “spero un giorno tu possa perdonarmi, Harry”.

Come puoi, — Hermione, improvvisamente svuotata, appoggiò la testa sulla spalla dell’amica. — Come puoi sopportare “lui”.

Io non lo sopporto, l’ho accettato e basta. Ho imparato dai miei errori e sono contenta per Harry, — rispose semplicemente, mentre uscivano insieme sotto il tiepido sole di maggio.

1Fiore profumato del mattino in giapponese

2Uomo magico in giapponese

   
 
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