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Autore: NWriter    24/07/2017    0 recensioni
La bambina, colta dallo stupore tipico dei fanciulli, puntò il dito verso il rosato orizzonte.
In lontananza, fra le enormi montagne di ghiaccio, una piccola imbarcazione in legno e dalla vela rossa come i gigli orientali attraversava lo stretto canale, diretta verso l'ignoto.
La piccola sorrise, stringendo con ancor più forza la mano del padre.
- Torneranno mai a casa? - gli chiese, mostrando la malinconia per un amico perduto.
Genere: Drammatico, Fantasy, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una leggera melodia iniziò a diffondersi nell'aria.
 
Il freddo Maestrale soffiava fra le piccole fessure che infestavano le larghe gole dei Monti di Ghiaccio; nostalgico annuncio del ritorno a casa.
Non ricordava più le forme del suo villaggio natio, aveva viaggiato a lungo con la Carovana, senza mai poter tornare indietro, e ora che la compagnia si era sciolta, aveva deciso di sentire ancora una volta quella melodia che anni fa l'aveva salutato.
Si era spinto lontano verso sud, al di là del Cimitero dei Colossi e ben oltre La Città Aurea, vedendo le meraviglie di qualsivoglia luogo; ma niente lo affascinava come l'idea di "casa".
Curiosità e paura attanagliavano il suo cuore allo stesso modo; cosa avrebbe trovato e cosa avrebbe scoperto sul passato di quella sua città dimenticata?
Noran gliene aveva parlato a lungo.
Non era il suo padre naturale e non era mai stato niente più di un anziano con una smisurata passione per l'arte, ma l'aveva cresciuto come un figlio, insegnandoli a leggere la bellezza in ogni singolo essere, senza fargli mai dimenticare le storie dei grandi eroi e del suo popolo ormai decaduto.
Prima di intraprendere il suo viaggio fra le lucenti Paludi di Ghiaccio alla ricerca della sua casa natia però, desiderava visitare il luogo dove aveva trascorso i primi anni della sua breve vita.
Onyr non era niente più che un piccolo villaggio dedito alla caccia e alla pesca ma le Lunghe Migrazioni avvenute dopo lo scoppio della Grande Guerra Magica avevano ormai cambiato le cose.
Si vociferava che i popoli dell'Egea avessero iniziato a spingersi più a Nord verso altri continenti; in molti, durante il viaggio avevano trovato rifugio dal freddo respiro delle montagne nelle piccole dimore delle indigene e ospitali popolazioni dei ghiacci, ed erano finiti per stabilirvisi, lontani e nascosti dagli orrori della guerra.
Mentre i suoi corti capelli castani danzavano sul pungente soffio del mare, il suo cuore sussultò al pensiero di rivederla, ma nella sua mente, strisciando, si insinuò un timore ben più oscuro:
" Si ricorderà ancora di me?"
Temeva di essere diventato niente più della mera ombra di un infantile ricordo perso tra sogni e memorie, di colei che per tanti anni aveva agognato di rivedere.
Attendeva con ansia il momento dell'approdo, in lontananza poteva già scorgere il lungo molo di legno costruito in prossimità di una collina ricoperta da splendidi fiori scarlatti.
Una volta raggiunto il piccolo fiordo però, i suoi occhi prestarono udienza a ben più inquietante spettacolo.
Una nera colonna di fumo si distinse alta nella gola oltre le colline, ben più alta del bianco fumo fuoriuscito dal fumaiolo del vecchio battello.
Non ne attese l'approdo, quando fu abbastanza vicino con un balzo felino saltò sul lungo molo e fregandosi degli avvertimenti lanciati dai marinai iniziò a correre.
 
Corse a perdifiato fra le larghe distese di ghiaccio, fin quando non raggiunse l'enorme colonna di fumo.
I suoi occhi si riempirono di tristezza e dolore.
Dove un tempo si ergeva il piccolo villaggio, ora non vi erano altro che fiamme.
 
Fu così che lo vide.
Al centro di quei resti, un uomo, immobile e circondato da cristalli violacei, osservava con soddisfazione quell'inferno come un pittore orgoglioso del suo lavoro.
 
La voce di Silfur, carica di rancore e dolore, sovrastò il crepitare del legno bruciante.
 
Quando l'essere si voltò, il ragazzo sentì un tonfo al cuore, come se i suoi peggiori incubi si fossero avverati; egli aveva le sue stesse sembianze.
 
Pochi secondi dopo, si ritrovarono coinvolti in un furibondo scontro.
La rabbiosa spada bianca di Silfur falciava e spaccava senza sosta le lame color cobalto generate dal mostruoso essere.
 
Con un fendente ben piazzato però, riuscì ferire l'essere al volto, rivelandone ne la vera identità.
Una creatura senza lineamenti ne volto, la sua testa era a forma trapezoidale, sul lato antecedente dove di solito si trovano bocca e naso vi era ciò che poteva essere ricondotto ad un occhio, una sfera con quelle che potrebbero essere definite iridi concentriche.
 
La creatura, aggredita dal dolore, si lanciò in una furia battagliera, menando fendenti a velocità sempre più alte.
Silfur si trovò in difficoltà ad evitarle, fin quando non riuscì a intravedere un'apertura grazie alla quale impalò il mostruoso essere.
 
Gli ci volle qualche secondo per realizzare la vittoria, ma quella sensazione di appagamento dato dalla vendetta, venne ben subito rimpiazzata da tristezza e dolore.
 
Del ricordo del villaggio che tanto amava, non rimanevano che fiamme e macerie.
 
I Suoi occhi si persero in un unico punto, sopraffatti dal dolore.
 
E così la vide.
 
Fra le rimanenze di uno dei grossi teepee bruciati, notò quei bianchi capelli che tanto aveva sognato di toccare con le sue mani.
   
 
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