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Autore: Ciulla    24/07/2017    7 recensioni
Perfectworldshipping
“Il problema”, sbottò Augustine, “È che tu, carissimo Elisio, hai messo i fiori nel bidet!”
Elisio aggrottò la fronte. “Nel bidet? E che cos'è un bidet? Io pensavo fosse un vaso da fiori molto pratico e rifornibile di acqua...”
Improvvisamente si bloccò e sorrise trionfante, ricordandosi di qualcosa che aveva letto in un libro sulle usanze di Kalos. “Ah! Un bidet! È quello strumento che usate per pulirvi il…” Elisio si fermò, arrossendo leggermente e portandosi pensosamente una mano al mento. “Comincio a pensare di aver commesso un piccolo errore…”

[Vincitrice del Premio XY nel contest 'Situazioni XY' indetto da Harriet e Biancarno sul forum di EFP]
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Elisio, N, Nuovo personaggio, Professor Platan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga
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​PER UN MAZZO DI ROSE


Elisio non era esattamente un bambino con cui i compagni di classe sognassero di fare amicizia. Burbero, scontroso, sempre pronto a rimproverare chiunque per qualunque atteggiamento vagamente scorretto, non contribuiva di certo a migliorare la propria immagine sedendosi sempre in prima fila e svolgendo sempre ed immancabilmente tutti i compiti con una precisione quasi maniacale. Da sempre il primo della classe, veniva regolarmente guardato male ogni volta che la maestra gli regalava una carezza affettuosa sull’ordinatissima chioma rosso fuoco, riempendolo di complimenti per la sua precisione, la sua puntualità e la sua calligrafia estremamente elegante e sinuosa.
Quando i compagni avevano cercato di fargli abbassare la cresta rubandogli il quaderno e strappandogli tutti i compiti attesi per le lezioni del pomeriggio, il piccolo Elisio non si era perso d’animo: senza arrabbiarsi né protestare, aveva rinunciato alla propria pausa pranzo e a tempo di record aveva riscritto tutto. Non piangeva mai né accusava i torti che gli venivano fatti; si limitava a ricordare e serbare silenziosamente rancore, rancore che però non sfogava con infantili vendette ma che metteva invece a tacere coltivando dentro di sé il sogno utopico di un mondo perfetto in cui tutti gli esseri umani si rispettavano l’un l’altro.
Elisio era un bambino molto solo e, nonostante cercasse di nasconderlo, ne soffriva molto. Quando strinse amicizia con un piccolo Litleo selvatico la situazione inizialmente migliorò, ma ben presto si rese conto che nemmeno lo scodinzolare allegro e gli uggiolii felici del piccolo pokemon bastavano per colmare il senso di vuoto ed inadeguatezza che sentiva crescere sempre di più dentro di sé.
Fu allora che decise di cercare un amico di penna.
 
Augustine Platan era un bambino vivace, allegro e popolare. Tutti i suoi compagni di classe lo adoravano e tutti volevano sedersi accanto a lui, pranzare con lui, svolgere insieme a lui le attività di gruppo. Augustine era sempre sorridente ed era felice dell’affetto da cui era circondato, anche se a volte avrebbe preferito avere un po’ di tempo per stare da solo e godersi in silenzio qualche libro interessante.
Augustine adorava leggere. Leggeva romanzi d’avventura, racconti di mondi fantastici in cui principi salvavano principesse da malvagi pokemon drago; leggeva libri di filastrocche e poesie e le imparava a memoria, per poi decantarle ad alta voce e divertire i suoi amici; leggeva libri sui pokemon, sulle loro evoluzioni, sulle loro mosse più forti, su come prendersi cura di loro al meglio, e sognava di diventare uno stimato professore pokemon e avere un enorme laboratorio con tantissimi pokemon da nutrire, allenare e coccolare.
Augustine adorava anche la scuola ed era entusiasta di qualunque attività la maestra proponesse loro.
Non poté dunque fare a meno di essere emozionato anche il pomeriggio in cui la maestra comunicò loro di aver deciso di far partecipare la classe ad un progetto di scrittura; aveva contattato un’agenzia a cui si rivolgevano i bambini in cerca di amici di penna e aveva portato in classe venticinque lettere – una per ciascuno studente – affinché ne scegliessero una e rispondessero al mittente.
Augustine si precipitò alla cattedra insieme a tutti i suoi compagni, ansioso di prendere in mano la lettera di quello che sarebbe stato il suo nuovo amico. I bambini cominciarono a passarsi le lettere di mano in mano per trovare qualcuno con i loro stessi interessi; Augustine stava giusto leggendo quella di un tipetto apparentemente molto simpatico di nome Kukui quando improvvisamente la sua attenzione fu catturata da alcune risatine alla sua destra.
“Questo bambino sembra proprio noioso”, stava dicendo un suo compagno, Adrien, a bassa voce. “Dice che non ha amici e che adora la scuola e imparare cose nuove! È proprio un cocco della maestra!”
Augustine aggrottò la fronte. Non capiva cosa ci fosse di male nell’adorare la scuola o che collegamento ci fosse con l’essere il cocco della maestra, ma non gli piaceva il modo in cui Adrien stava parlando di quel bambino. Lasciò perciò cadere la lettera che stava leggendo e si precipitò verso Adrien, strappandogli il foglio di mano. “Anche io adoro imparare cose nuove!” Esclamò con sicurezza. “Questa la prendo io”.
Si voltò verso la maestra, incontrò il suo sguardo d’approvazione e se ne tornò al posto con la sua conquista fra le mani.
Quella sera, quando finalmente lesse la lettera, Augustine imparò molte cose riguardo al suo nuovo amico. Scoprì che si chiamava Elisio, che aveva due anni in più di lui e che era nato a Kalos, ma non si ricordava nulla della regione perché si era trasferito a Hoenn all’età di un anno, sette mesi e quattro giorni – Augustine sorrise divertito di fronte alla bizzarra precisione del bambino, ma gli piacque molto. Così era più facile capirsi!
Scoprì che i suoi genitori gli avevano insegnato il francese, perciò aveva deciso di cercare un amico nella sua regione d’origine, perché per ora i bambini di Hoenn non gli sembravano molto promettenti.
Scoprì che aveva un modo di pensare molto particolare e che gli altri bambini lo trattavano male proprio per questo.
“Non apprezzano il fatto che io sia più intelligente di loro”, erano le sue esatte parole. “Ma io non mi sento più intelligente di quanto non sia ragionevole essere, quindi forse è meglio dire che non apprezzano il fatto che loro siano più stupidi di me”.
Augustine ridacchiò. Certo, questo bambino scriveva in modo un po’ strano e pomposo, ma era divertente e sveglio! Forse aveva finalmente trovato qualcuno con cui parlare delle sue letture, qualcuno che capisse e con cui poter condividere qualunque cosa!
Prese la penna e, con un sorriso speranzoso sul volto, cominciò a scrivere.
 
Gli anni passarono e l’amicizia tra Elisio e Augustine crebbe sempre di più. Si mandavano una lettera alla settimana e una volta ogni sei mesi completavano la lettera con una propria foto per mostrare l’uno all’altro com’erano cresciuti. Elisio metteva ogni foto dell’amico in una cornice che poi appendeva con cura e precisione al muro; Augustine invece non riusciva ad emulare l’ordine maniacale di Elisio e infilava le foto ovunque: sotto il materasso, nella federa del cuscino, nella custodia del computer. L’ultima foto, in cui Elisio sfoggiava con fierezza un accenno di barba rossa sotto il mento, era attualmente in uso come segnalibro nel manuale di biologia pokemon.
A quindici anni, finalmente, Augustine stava per realizzare il proprio sogno ed iniziare gli studi per diventare un ricercatore. L’attuale professore di Kalos, Antoine Cerise, l’aveva preso sotto la sua ala e gli aveva promesso di lasciargli il suo posto a capo del laboratorio se si fosse diplomato col massimo dei voti. Augustine non aveva alcun dubbio di riuscirci; era il migliore della sua classe pur avendo saltato tre anni e inoltre aveva ottimi contatti: Elisio l’aveva caldamente raccomandato al professor Birch, della regione di Hoenn, e questi aveva accettato di prendere il Kalosiano per un anno come tirocinante e supervisionare nel frattempo i suoi studi. Sarebbe partito l’anno successivo: aveva sperato di poter finalmente incontrare Elisio, ma anche l’amico era avanti nei suoi studi e si trovava già da un anno a Unima per completare il suo diploma internazionale.
Elisio, col tempo, ed anche grazie all’aiuto di Augustine, aveva addolcito i propri modi ed era riuscito a farsi degli amici – anche se Augustine rimaneva il suo migliore amico in assoluto. Negli anni si era inoltre fatto una reputazione nel campo della ricerca tecnologica grazie ad importanti scoperte che, nonostante la giovanissima età, lo avevano portato a costruire un prototipo di uno strumento rivoluzionario per la comunicazione a distanza; grazie ad esso era entrato nelle grazie del professor Birch, cosa di cui aveva immediatamente approfittato per aiutare Augustine ad accumulare esperienza sul campo.
Elisio studiava scienze e tecnologie del mondo pokemon e non vedeva l’ora di raggiungere l’ambito diploma: Augustine ancora non lo sapeva, ma suo padre aveva fondato a Kalos degli importanti laboratori di ricerca, i laboratori Fleur-de-Lise, e lui gli sarebbe succeduto alla guida. Non vedeva l’ora di trasferirsi a Luminopoli e poter finalmente trascorrere più tempo possibile con la persona che ormai considerava la più importante della sua vita.
Non avrebbe saputo dire in che momento i suoi sentimenti per quel bizzarro ragazzino a cui scriveva da anni si fossero evoluti in qualcosa di più. Forse quando avevano litigato per la prima volta, un anno prima, dopo che Augustine si era dimenticato di presentarsi a quello che sarebbe dovuto essere il loro primo incontro. Quel giorno, la bolla di perfezione e idealità che circondava il loro rapporto si era infranta, lasciando spazio a tanto dolore, ma anche alla consapevolezza che Augustine non era più un’illusione, un sogno ancora troppo utopico per crederci fino in fondo, ma era una persona normale, una persona certamente adorabile e amabile, ma non avulsa da difetti – fra i quali una pessima, pessima memoria.
Forse invece era successo quando aveva letto in fondo ad una lettera di Augustine, aggiunto velocemente in una scrittura disordinata, un piccolo “Je t’aime”. Sapeva che il suo amico era una persona molto espansiva e che il suo amore era da intendersi in senso fraterno e non romantico, ma non aveva potuto fare a meno di arrossire e sorridere inebetito di fronte alla frase, chiedendosi perplesso come mai il suo cuore avesse preso a fare le capriole e come mai improvvisamente si stesse rendendo conto di quanto adorasse le foto di Augustine appese alla parete – specialmente le ultime, nelle quali era diventato un giovane uomo affascinante, con un volto dolce e meraviglioso e un corpo che sembrava implorare di venire stretto fra le sue braccia.
Elisio, fin da piccolo, non aveva mai provato sentimenti particolarmente forti e, in generale, aveva sempre fatto fatica ad esternarli. Ogni emozione che provava andava ad alimentare il suo sogno di un mondo perfetto, aggiungeva nuovi dettagli all’utopia, ma rimaneva nella sua testa, non ne usciva mai. Questa volta, però, voleva che le cose andassero diversamente. Non gli importava di quanto tempo avrebbe dovuto aspettare per incontrare Augustine, prima o poi lo avrebbe visto e gli avrebbe dichiarato il suo amore. Non sapeva come sarebbe finita, ma doveva tentare – voleva tentare – voleva essere finalmente felice.
 
Passarono tre anni prima che Elisio si diplomasse e riuscisse finalmente ad andare a Kalos. Non disse niente ad Augustine, ansioso di fargli una sorpresa, e con suo grande stupore non dovette nemmeno penare più di tanto per scoprire dove l’altro abitasse: il suo giovane amico stava diventando una personalità di rilievo a Luminopoli e non fu difficile ottenere indicazioni per rintracciare la dimora del brillante studente Augustine Platan.
La casa in cui viveva era veramente minuscola e da fuori aveva un aspetto piuttosto triste. Pezzi di intonaco si staccavano dai muri esterni, il vetro delle finestre era stato chiaramente riparato più volte in modo piuttosto grossolano e il piccolo giardino che circondava quel posto fatiscente era incolto e maltenuto, con erbacce lasciate liberamente crescere in ogni angolo e con pochi fiori appassiti in una piccola aiuola recintata.
Elisio registrò tutte queste informazioni mentalmente, preparandosi all’ondata di sdegno che sentiva sempre quando qualcuno non curava l’ambiente che lo circondava. Questa volta, però, non accadde: non riusciva mai a provare un qualunque sentimento negativo nei confronti del suo Augustine. Del resto, il suo giovane amico era sempre molto impegnato e non aveva sicuramente tempo di curare questi dettagli che in fondo – ora che ci pensava attentamente – non erano nemmeno così importanti. Sperava solo che, all’occorrenza, Augustine possedesse un minimo di attenzione per i fiori, o il mazzo di rose che gli aveva portato e che stringeva nervosamente nella mano sinistra avrebbe fatto certamente una triste fine.
Sorridendo, suonò il campanello, che a seguito della pressione del suo dito squillò forte e chiaro, per poi staccarsi dal muro e crollare a terra con un suono agghiacciante. Se i campanelli avessero potuto piangere dal dolore, Elisio ne era sicuro, il suono sarebbe stato quello.
Da dentro la casa si udì un gemito. “Oh, no, non di nuovo!”
La porta si spalancò e un trafelato Augustine Platan si presentò sulla soglia, spettinato e dall’espressione mortificata. “Professor Cerise, la prego, mi scusi, non so che cosa succeda a questo campanello, io…” Si bloccò improvvisamente, guardando Elisio negli occhi e inclinando la testa verso destra. “Oh!” Esclamò, sollevato. “Grazie al cielo! Tu non sei il professor Cerise”.
Senza sapere cosa rispondere, Elisio scosse la testa. L’aveva riconosciuto? Di sicuro non aveva avuto una qualunque delle reazioni che aveva preventivato. Non si era bloccato per lo stupore, non l’aveva abbracciato, non si era portato le mani alla bocca in una posa melodrammatica, niente di niente. Forse pensava che fosse un venditore di rose porta a porta?
“Entra, entra, Elisio”.
No, decisamente l’aveva riconosciuto.
Con passo esitante si introdusse nell’appartamento di Augustine.
L’interno era decisamente migliore dell’esterno e c’era indubbiamente stata una considerevole attenzione nel curarlo. Tutto era perfettamente in ordine: libri negli scaffali, posate nei cassetti, niente lasciava intuire il disordine che Augustine si rimproverava spesso nelle sue lettere. I pavimenti erano lucidi e le pareti monocrome, cosa che, trattandosi del giovane Kalosiano, Elisio non si era sentito di dare per scontata.
“Perdonami l’agitazione, mon cher ami, ma sto aspettando il professor Cerise. Abbiamo un incontro importantissimo oggi”.
Questo indubbiamente spiegava perché Augustine sembrasse così nervoso e perché non avesse avuto alcuna reazione nel vederlo. Indubbiamente l’ansia che provava non gli permetteva di lasciare spazio a qualunque altra emozione, o perlomeno questa era la più plausibile spiegazione che Elisio fosse in grado di darsi.
Quasi saltellando, Augustine si precipitò verso di lui. “Elisio, oggi è il giorno più importante della mia vita. Oggi io e il professor Cerise avremo un colloquio di lavoro e lui deciderà se assumermi come assistente e successore alla guida del suo laboratorio. Tutto dovrà essere perfetto, la mia intera vita dipende da questo”. Nell’emozione del momento fece per prendere le mani di Elisio, e solo allora si accorse che non erano esattamente libere. “Oh, dei fiori! Cerca un vaso mentre io sistemo le ultime cose”.
Sempre troppo sconvolto per aprire bocca, Elisio obbedì.
Stava accadendo tutto così velocemente e in modo così… Strano. Di sicuro il primo incontro non stava andando come se l’era immaginato, come lo aveva sognato, desiderato per anni. Si aspettava un’accoglienza diversa, innanzitutto, e si aspettava minuti interi passati a squadrarsi per riconoscersi e apprezzarsi dal vivo. Invece non aveva ancora avuto la possibilità di contemplare Augustine a dovere, di formulare un qualunque pensiero che non fosse ‘Che cosa sta succedendo esattamente?’
Inebetito, Elisio continuava ad aprire una porta dietro l’altra cercando un vaso con lo sguardo. Arrivato all’ultima porta fu tentato di non guardarci nemmeno dentro, considerando che per esclusione doveva essere il bagno, ma alla fine diede comunque una sbirciatina.
Fu allora che lo vide. Vicino al water c’era un basso ed elegante vaso di marmo, con un rubinetto incorporato per favorire un rapido rifornimento d’acqua.
Decorare il bagno con dei fiori! Elisio la trovava un’idea magnifica ed era veramente colpito dal fatto che Augustine tenesse un oggetto così magnifico nella sua casa pur non possedendo chiaramente il pollice verde né una vaga capacità di curare una pianta senza farla morire tra atroci sofferenze – l’aspetto triste dei fiori nel giardino non riusciva ad abbandonare la sua mente. Poco male, comunque: adesso che era a Kalos, si sarebbe occupato lui di tenere quel vaso sempre ben rifornito.
Con rapidità ed attenzione, sistemò i fiori nel vaso, abbassò il tappo e lo riempì d’acqua. Le rose avevano il gambo piuttosto lungo, ma inclinandole accuratamente – e spezzando in punti strategici solo un gambo o due – riuscì ad ottenere l’effetto sperato: dal vaso spuntavano solo le corolle generando una magnifica nuvola rossa. Era certo che Augustine ne sarebbe stato contento.
Soddisfatto tornò in soggiorno, dove Augustine si stava tormentando e stropicciando le mani seduto sul divano. Stava per annunciargli la sua magnifica opera, quando entrambi udirono un bussare deciso alla porta. Augustine scattò in piedi. “Perché bussa?” Si domandò confuso.
Elisio tossicchiò imbarazzato e per la prima volta fece udire la sua voce, che risuonò squillante fra le pareti. “Forse perché il campanello è caduto a terra?”
“Maledizione, hai ragione!” Esclamò Augustine dandosi una manata sulla testa. “Senti, puoi fingere di essere il tecnico venuto per ripararlo? Così penserà che sono attento e non lascio mai problemi irrisolti!”
Prima che Elisio potesse rispondere, si udì provenire da fuori una voce roca e divertita. “Che ottimo piano! Se ti sbrighi ad aprire la porta prometto che fingerò di crederci. Si muore di freddo qui fuori”.
Arrossendo furiosamente, Augustine corse ad accogliere il professore in casa. “Mi scuso, professor Cerise, ma ho avuto qualche contrattempo con l’assistenza dei campanelli e…”
“Non è importante”, commentò il professor Cerise entrando in soggiorno. Si tolse con un rapido gesto il capello che portava, rivelando una cascata di capelli color rosa acceso che caddero in soffici boccoli sul suo camice bianco.
Sembrava indubbiamente un tipo originale.
Si sedette immediatamente sul divano e Augustine si affrettò ad avvicinare una sedia e accomodarsi di fronte a lui. Entrambi sembravano essersi dimenticati della presenza di Elisio e questi si sedette il più silenziosamente possibile al tavolo, cercando di mimetizzarsi con il legno. Da quella posizione riusciva a vedere benissimo Augustine: era così nervoso che pareva costantemente sul punto di piangere e continuava a mordersi il labbro inferiore in un gesto innocentemente provocante.
Notò che portava la stessa camicia blu che indossava nell’ultima foto che gli aveva spedito, ma se allora era lasciata libera e gli ricadeva a casaccio sui fianchi snelli, adesso era invece rigorosamente infilata nei pantaloni, conferendogli una studiata impressione di ordine e professionalità. I pantaloni, scuri e aderenti, fasciavano perfettamente le sue gambe; peccato che fossero leggermente troppo corti e lasciassero quindi intravedere un inconfondibile simbolo di disordine e disattenzione: Augustine portava due calzini di colore diverso.
Un altro di quei particolari che normalmente avrebbero mandato Elisio, sempre impeccabile ed organizzato, su tutte le furie, ma che adesso lo facevano solo sorridere affettuosamente.
Il professor Cerise, le mani infilate nelle tasche del camice bianco, prese parola, facendo sussultare il povero studente di fronte a lui. “Platan, devo dire che sono rimasto molto colpito dal tuo lavoro e dalla tesi che mi hai mandato ieri mattina. Inoltre la relazione che mi ha spedito il professor Birch riguardo al tuo tirocinio è esageratamente entusiasta e ricca di complimenti. Stai per diplomarti con il massimo dei voti, quindi non ho alcun apparente motivo per non assumerti. Permettimi però prima di farti qualche domanda”.
Senza riuscire a parlare, Augustine annuì.
“Ottimo. Non è che potrei usare il bagno?”
Augustine aggrottò la fronte, poi cominciò a sudare. Era solo alla prima domanda e già era in difficoltà! Era così nervoso. Sapeva la risposta, perché non riusciva a parlare? Dopo qualche istante di estrema agitazione, Elisio intervenne in suo aiuto, mosso da compassione.
“È in fondo a destra”.
Il professor Cerise ringraziò con un inchino svolazzante, poi si dileguò.
Augustine si voltò verso Elisio. “Grazie!” Mormorò. “Non so cosa mi sia preso, non riuscivo a dire nulla”.
Elisio scrollò le spalle e solo allora Augustine sembrò accorgersi di quello che l’amico indossava. “Elisio, ti ho davvero accolto in modo pessimo! Non ti ho nemmeno chiesto di togliere il cappotto…”
Sfiorando la sua giacca – rossa, di vera pelle e contornata da un soffice colletto bianco – Elisio sbuffò divertito. “Hai ben altro per la testa, Augustine”.
Il Kalosiano non fece in tempo a replicare, perché in quel momento si udì una grassa risata provenire dal bagno ed immediatamente dopo il professor Cerise ne uscì, senza riuscire a frenare il suo divertimento ed asciugandosi qualche lacrima che faceva capolino.
“Platan, non finisci mai di sorprendermi!” Ululò in mezzo alle risate. “Basta, non ce la faccio a continuare il colloquio. Sei così bizzarro!”
In mezzo al silenzio attonito dei presenti il professore uscì di casa, mentre la sua risata continuava a risuonare tra le pareti.
Perplesso, Augustine andò a controllare cosa ci fosse di così divertente nel bagno e quando ne uscì, rosso in volto, puntò un dito contro Elisio e lo scrutò senza riuscire a parlare, indignato.
“Qual è il problema?” Chiese innocentemente il rosso. Che aveva fatto di male?
“Il problema”, sbottò Augustine, “È che tu, carissimo Elisio, hai messo i fiori nel bidet!”
Elisio aggrottò la fronte. “Nel bidet? E che cos'è un bidet? Io pensavo fosse un vaso da fiori molto pratico e rifornibile di acqua...”
Improvvisamente si bloccò e sorrise trionfante, ricordandosi di qualcosa che aveva letto in un libro sulle usanze di Kalos. “Ah! Un bidet! È quello strumento che usate per pulirvi il…” Elisio si fermò, arrossendo leggermente e portandosi pensosamente una mano al mento. “Comincio a pensare di aver commesso un piccolo errore…”
“Piccolo errore?” Urlò il Kalosiano fuori di sé. “Quello ti sembra un piccolo errore? Hai fatto saltare il colloquio più importante della mia vita! Ora il professore non mi assumerà mai!”
Elisio scosse la testa, cercando di far ragionare il suo amico. “Insomma, Augustine, riflettici un attimo: ti sembra possibile che un professore che da sempre ti ammira e stima si rifiuti di assumerti solo perché hai un amico straniero che ha messo i fiori nel bidet?”
Il giovane di fronte a lui lo guardò fisso negli occhi azzurri, l’espressione sempre più sconvolta. “Certo! È strano! Tu sei strano! Le persone strane si circondano di amici strani! Penserà che sono strano anch’io!”
Elisio tentò di aprire bocca e ribattere, ma Augustine gli impedì di dire alcunché precedendolo rabbiosamente. “E smettila di cercare scusanti! Ammetti che hai sbagliato e basta!”
Il ragazzo dai capelli rossi si alzò dalla sedia su cui si era accomodato e si diresse nervoso verso l’amico. “D’accordo, ho sbagliato. Ma considera da quanto tempo il professor Cerise ti conosce e trai le dovute conclusioni. Se non ti prende a lavorare per lui, non dipende da questo fatto e di certo non è colpa mia”.
Augustine spalancò la bocca, oltraggiato. “E di chi sarebbe la colpa? Mia? Dopo anni passati a leccargli il culo ed entrare nelle sue grazie la colpa sarebbe mia?”
“No, no!” Negò immediatamente Elisio, scuotendo la testa ed ignorando faticosamente il linguaggio scurrile che tanto stonava su quelle labbra dolci ed aggraziate. “La colpa non sarebbe tua, sarebbe solo ed unicamente sua. Il professor Cerise sarebbe uno sciocco a cacciare via dal suo laboratorio una perla rara come te per una qualunque motivazione, figuriamoci per una motivazione così insulsa! Se non si rende conto di che gioiello saresti per il suo lavoro, è solo lui da biasimare. Se non capisce…” Elisio alzò lo sguardo, incontrando quello di Augustine. Le guance del più giovane erano pervase da un leggero rossore e ad Elisio mancò il fiato per un istante, ma non si diede per vinto e concluse il suo discorso perdendosi in quei meravigliosi occhi grigi che vedeva veramente per la prima volta in vita sua. “Se non capisce che tu sei la cosa che più si avvicina alla perfezione in questo mondo imperfetto, allora è soltanto un problema suo”.
Augustine stette a fissarlo per qualche istante con le labbra socchiuse, poi sorrise timidamente. I suoi occhi si spalancarono leggermente, come vedendo l’amico per la prima volta. “Lo pensi davvero?”
Abbassando lo sguardo, Elisio annuì. “Sì, Augustine. Se la perfezione esiste davvero, allora devi per forza essere tu”.
“Elisio…” Mormorò il Kalosiano leggermente inebetito. “Sei… Sei venuto a trovarmi”.
 Il rosso si grattò la guancia coperta dalla barba, sollevato e felice che se ne fosse finalmente accorto. “Così pare”.
Mon dieu, sono un vero ingrato. E mi hai portato… Mi hai anche portato un mazzo di rose”.
“Sì, te le ho lasciate nel bidet”.
Augustine soffocò una risata, continuando a fissare Elisio negli occhi. Il rosso fece un respiro profondo, poi prese coraggio.
“C’è anche un’altra cosa che devo dirti, Augustine. Ho aspettato tanto tempo, e finalmente posso…”
“Tranquillo, Elisio. Lo so già”.
Guardandolo speranzoso negli occhi, Elisio sorrise. “Davvero?”
“Certo!” Esclamò Augustine. “Vuoi che ti spieghi tutte le usanze di Kalos, così non fai altre figuracce! Mi sembra il minimo, dopo che sei venuto fin qui a trovarmi!”
Elisio arrossì. “No, beh, io, veramente, volevo dire…” Cominciò a balbettare, ma fu interrotto dalla risata cristallina di Augustine e da un paio di soffici labbra pressate improvvisamente sulle sue. Stupito ricambiò il bacio, ed era così sopraffatto dalla situazione che quasi si perse le parole che Augustine sussurrò quando si staccarono per qualche breve istante.
Je t’aime aussi”.
   
 
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