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Autore: Tenue    24/07/2017    0 recensioni
"E' un mese e poco più di caduta nella più totale disperazione.
Non appena l'ultimo giorno dell'anno giungerà al termine, qualcosa si schianterà al suolo fatto di vetro e ghiaccio... "Sarà forse la tua vita?""
Genere: Sentimentale, Song-fic, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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f a l l    b e t w e e n    t h e    p i e c e s    o f    g l a s s    a n d   i c e
7^ capitolo - Psycho
 
Maggio – 6 anni prima
 
-Cosa significa che lo psichiatra non è disponibile adesso? Lo chiami e gli dica di venire subito qui!-
-Signore… il dottor Stevens è con un altro paziente al momento, la pregerei di sedersi con suo figlio in sala d’attesa.-
-Come? Mio figlio deve avere la priorità, è un caso importante!-
-Con tutto il dovuto rispetto, anche l’altro paziente è urgente. Inoltre suo figlio è stabile al momento, dunque non…-
-Non si permetta_-
L’uomo sbraitava contro l’infermiera da quasi dieci minuti. Suo figlio si dondolava accanto a lui avanti e in dietro, con lo sguardo fisso nel vuoto, aspettando che il suo papà riuscisse a far arrivare il suo dottore.
Aveva quasi quattordici anni e aveva cominciato a prendere appuntamenti regolari in quella clinica da tre mesi, da quando il suo comportamento era diventato spaventosamente anomalo a causa di un disturbo che i medici non erano ancora riusciti a diagnosticare.
 
L’infermiera, spazientita, disse che sarebbe andata a chiamare il dottor Stevens e aveva ripetuto che lui avrebbe dovuto aspettarlo in sala d’attesa. Lui dunque si sedette, e guardò con aria stanca il figlio.
-Ma come diavolo faccio…- mormorò, passandosi una mano tra i capelli ormai grigi.
“…senza tua madre” pensò “…Come si possono aspettare che io cresca un figlio da solo… e per di più con questo dannato disturbo mentale che non riescono a diagnosticare…”
Si piegò in avanti e si prese la testa fra le mani “Ellis, se solo tuy fossi ancora qui… Ma prometto che mi prenderò cura di nostro figlio… gli darò tutto ciò che vorrà, sarà felice. Io posso dargli tutto ciò che vuole… Ellis cara se solo fossi viva vorrei che tu potessi vedere… con quanta energia mi sto prendendo cura del nostro Emmanuel…-
 
Il ragazzo vide uno stetoscopio sul bancone delle infermiere, al momento vuoto, Probabilmente era stato dimenticato lì da un medico.
-Papà.- disse, con tono quasi capriccioso, indicando lo strumento –voglio quello.-
Il padre alzò lo sguardo, vide lo stetoscopio e senza dire niente si alzò e lo prese. Lo porse al figlio dicendogli però di nasconderlo.
Il ragazzo, dopo essersi infilato l’oggetto sotto la giacca, cominciò a guardarsi intorno. Non parlava, guardava e basta.
Poi la vide.
Una ragazzina minuta che si teneva il braccio, pareva le facesse molto male, preceduta da un ragazzo più alto che parlava con le infermiere.
-Questo è un ospedale?- Origliò la conversazione.
-No tesoro, questa è una clinica, l’ospedale della città si trova a nord rispetto a qui. La tua amica si è fatta male?-
Vide il ragazzo annuire.
-Aspettate qui, vado a chiamare qualcuno che vi accompagni.-
-Ah! Grazie, signora!-
-Grazie…- mormorò anche la ragazzina.
-Papà- Emmanuel lo chiamò di nuovo.
Il padre si girò di nuovo verso il figlio e cercò di capire dove stesse indicando. Vide la bambina girarsi, la vide mentre con viso contratto in una smorfia cercava di trattenersi dal piangere. Era bella, aveva lunghi capelli scuri e due occhi turchesi dolcissimi.
-Voglio quella.- sentì dire il figlio.
 
 
06 dicembre
 
Da qualche tempo ormai, Kelly era convinta che sarebbe diventata pazza. Solo, credeva che se ne sarebbe accorta quando fosse successo.
Avrebbe urlato cose senza senso, si sarebbe aspettata allucinazioni e deliri, invece si era ritrovata più lucida di quanto avrebbe potuto sperare. Era calma, così tanto che nemmeno si era accorta di aver superato irrimediabilmente il confine tra sanità e infermità mentale.
Stava conversando. Tranquillamente e con lucidità.
Solo lo stava facendo con se stessa, o meglio con le diverse fazioni che lei credeva esistessero nel suo cervello.
La trovava una cosa praticamente normale, parlare con le varie parti di se stessa.
C’era la parte depressa, che spesso cominciava ad urlare cose terrificanti e Kelly la metteva a tacere bruscamente; un’altra parte di sé invece era molto sarcastica e commentava con ironia quanto Emmanuel fosse sgarbato; un’altra si arrabbiava e ripeteva parolacce di continuo, a volte esprimendo la sua furiosa voglia di uccidere, e ce ne erano molte altre. Poi c’era la pazzia.
Poteva sembrare assurdo, ma Kelly allora non si credeva ancora pazza, diceva che fosse solo una piccola parte di sé, che prima o poi avrebbe preso il controllo di lei, ma che non c’era ancora riuscita.
E ci conversava spesso, con lei.
 
Love, it will get you nowhere 
You are on your own 
Lost in the wild 
So come to me now 



A volte la sentiva cantare.
 
Amore, non lo otterrete da nessuna parte 
Siete da soli 
Persi nel nulla 
Allora vieni da me ora 

 
-Mmh… Psycho, eh?- mormorò Kelly, apparentemente al vuoto.
Non ti piace? Chiese la voce.
-Certo che si, amo i Muse. Canta pure.-
 
Your mind is just a program 
And I'm the virus 
I'm changing the station 
I'll improve your thresholds 
I'll turn you into a super drone 
And you will kill on my command 
And I won't be responsible

 
La tua mente è solo un programma 
E io sono il virus 
Sto cambiando la stazione 
Io aumenterò i tuoi limiti 
Ti trasformerò in un super-drone 
E ucciderai al mio comando 
E io non ne sarò responsabile

 
-Quanto ti si addice questa canzone- commentò Kelly, stendendosi a terra e chiudendo gli occhi.
Nulla è casuale, sai?
 
I'm gonna make you 
I'm gonna break you 
I'm gonna make you 
A fucking psycho 

-Cosa?-
Il suo corpo ebbe uno spasmo. Inspirò forte e i suoi occhi sparirono sotto le palpebre. Non capiva più dove fosse.
Era davvero in uno scantinato?
Perché improvvisamente sentì la musica, la sentiva. Come se avesse le cuffie nelle orecchie, come se fosse a casa sua, nel suo letto, e stesse veramente ascoltando i Muse.
Era così forte quella musica. Non vedeva più niente, o almeno non niente che fosse reale. Era nella sua testa, vedeva quello, guardava il suo interno.
Era lì, la pazzia. La guardava, la guardava cantare.
 
Ti farò diventare
 
Era una figura scura, non la vedeva bene in viso.
 
Ti spezzerò
 
Ma sorrideva.
 
Ti farò diventare
Un fottuto psicopatico.
 
Era meraviglioso.
 
La musica era così ipnotizzante, sensuale in un certo senso. Kelly capì perché.
L’aveva sentita cantare a Dylan un sacco di volte, sapeva che a lei piaceva da morire. Aveva un ritmo così dannatamente bello e la sua voce… la poteva sentire così bene.  Si era persa, il suo corpo si stava muovendo, assecondandone il ritmo, in quelli che probabilmente erano spasmi.
 
Are you a psycho killer, say "I'm a psycho killer!" 


-I am a psycho killer…-

Scream it! 
 
-I am a psycho killer…-
Cominciò a mormorare le parole, seguendone il testo.
C’erano quei momenti, nella canzone, in cui la voce smetteva di cantare e gridando, chiedeva quelle cose.
 
“Sono un killer psicopatico?”
 
Tra la confusione, sentì qualcosa irrompere dentro al suo delirio. Qualcosa che sembrava molto più reale di tutto il resto. Emmanuel era sceso, Kelly ricordò vagamente dove si trovasse e lo vide entrare nel suo campo visivo.
Kelly con uno scatto improvviso, gli tirò un pugno in piena faccia. Nonostante la sua vista fosse sfocata, vide comunque Emmanuel pulirsi il naso che aveva cominciato a sanguinare.
 
-Puttana…-
 
Emmanuel fece per afferrarla, ma senza preavviso, Kelly aveva afferrato qualcosa di appuntito e buttandosi in avanti con tutta la forza che aveva, gli lacerò il braccio.
Emmanuel imprecò, tenendosi la parte lesa. Prese Kelly per i capelli e la sbattè contro il muro, ma ciò che vide lo inquietò.
 
Gli occhi di Kelly, spalancati, erano fissi nei suoi. Non accennava a nessuna emozione, non una lacrima scendeva sul suo viso. Immobile lo fissava. Poi sorrise.
 
-La prossima volta ti ammazzerò.-  Disse Kelly, immobile.
 
Sono un killer psicopatico”
 
Emmanuel si allontanò. Per quanto gli potesse sembrare assurdo, non era mai stato così spaventato. Voleva solo allontanarsi.
 
-No… no… tu sei debole e… sei sotto il mio controllo…- disse sconnessamente.
Poi corse su per le scale, lasciandola di nuovo sola e al buio.
 
Kelly sorrise, ancora. Alzò le mani, come in segno di resa.
-Hai vinto.-
 
La figura, che Kelly non aveva mai smesso di vedere, stava seduta accanto a lei e continuava a cantare.
 
Your ass belongs to me now 
 
Si girò a guardarla, e Kelly guardò lei. La pazzia aveva vinto, ormai la sua mente era sotto il suo controllo.
 
 
 
06 dicembre
Erano le appena le sette del mattino. Nessuno aveva dormito granché quella notte e alla fine si erano presto ritrovati tutti in piedi del atrio della casa di Zack, impazienti di partire.
Il moro si avvicinò a Dylan e gli cedette una delle sue pistole.
-Fa attenzione, Dylan. Non lasciarti prendere dalla foga e cerca di agire con prudenza.-
Lui alzò lo sguardo e prese l’arma. –Non preoccuparti, ragiono piuttosto bene quando sono sotto pressione.-
Zack sorrise –Non farti ammazzare.-
 
Il sole non era ancora sorto e la strada era ancora immersa nel buio. La macchina di Nell, parcheggiata appena fuori di casa, era enorme e Dylan si chiese se una ragazzina minuta come lei riuscisse davvero a guidare quell’ affare gigantesco.
 
Vince si avvicinò a lui mettendogli una mano sulla spalla –Andiamo Dylan, vediamo di far fuori quel bastardo e salvare la tua ragazza.-
Dylan sorrise leggermente e salì sull’auto –Si.-
 
 
Nel si sporse in avanti, dal sedile del passeggero. –Prendi la seconda uscita, Zack.- Disse indicandogli la strada. Zack annuì e svoltò in una via deserta; dopo aver superato un paio di case rimasero solo immense distese di campi ed alberi.
Nel si girò, guardando i tre ragazzi seduti dietro. –Tra poco entriamo in autostrada.- informò –da lì saranno circa venti minuti per arrivare, non è molto lontano.
Dylan annuì, tornando poi a guardare fuori dal finestrino. Nel buio, riusciva a scorgere solo le rade luci dei lampioni e le gocce di pioggia che si attaccavano al finestrino. Stava cominciando a diluviare.
 
 
 
 
-Dov’è Emmanuel?- chiese Kelly rigida.
Jackson Foster si girò a guardarla. -E’ uscito, non so dove sia andato, sembrava molto agitato però- Rispose. Anche lui sembrava parecchio nervoso.
-Dannazione!- Urlò improvvisamente colpendo con un pugno il ripiano delle cucina. Kelly sussultò, mentre lui imprecava a bassa voce. –Perché non mi ha detto dove diavolo andava, quell’idiota di Emmanuel? Adesso devo stare qui e pregare che non faccia cazzate e che torni a casa sano e salvo…-
Kelly sbuffò. Infondo ci sperava che morisse.
-Vedi di non fare casini neanche tu mentre lui non c’è.- Disse avvicinandosi a Kelly –Evidentemente si fida abbastanza di te per farti uscire dallo scantinato e farti stare di sopra, ma se provi a scappare sappi che non esiterò a placcarti a terra senza tanti complimenti.-
Per nulla intimidita, Kelly sbuffò una risata –Dev’essere veramente idiota allora. Se rapisci una ragazza come minimo dovresti aspettarti che tenti di scappare, non è mica un normale rapporto questo. Lui mi ha rapito.- Disse sottolineando bene l’ultima parola.
-Bhe allora diciamo che si fida di me e del fatto che non ti lascerò andare.- Si fermò un attimo -Però… forse questo è quello che vuole, un rapporto normale. Credo ti abbia fatto salire per far tornare le cose come erano prima.-
Kelly questa volta non si trattenne e scoppiò in una fragorosa risata. –Un rapporto normale? Ma che cazzo stai dicendo?- Urlò tra le risate, tenendosi la pancia –Io amo un’altra persona, quel maniaco mi ha rinchiusa in uno scantinato e mi ha seriamente fatta uscire di testa. Ora, l’unico motivo per cui mi ha fatta salire credo che sia perché a nessuno piace sentire il proprio giocattolo sessuale puzzare di urina, no?-
Il violento schiaffo che le arrivò sul viso le fece quasi perdere l’equilibrio e per poco non cadde a terra. –Ma quanto siamo impertinenti oggi.- commentò Foster.
Kelly ghignò leggermente. –E tu sei anche più delicato rispetto al solito. Forse perché se mi facessi del male il tuo figlio bastardo avrebbe da ridire no? Sai è davvero divertente vedere come funzioni tra voi due… Dimmi, cos’è successo a lui… o a te, da farvi impazzire così? Perché i ruoli sembrano essersi scambiati, tuo figlio è un cazzo di maniaco sessuale che ti da ordini su_-
Questa volta però, il pugno che Foster le mollò in faccia la fece cadere, e Kelly toccandosi le labbra, sentì del sangue.
-Sarà meglio che tu di dia una calmata. Comportati da brava ragazza, sta’ zitta e reprimi i tuoi stupidi scatti d’ira. Trema in un angolo, implora pietà… non è da te essere così spavalda.-
Kelly lo guardò negli occhi, il suo era uno sguardo impassibile, non avrebbe ceduto più a niente.
-Io non sono come mia madre.-
-Oh, no di certo. Ma vedi, questa non sei tu. Ora stai solo delirando. Stai attenta a come ti comporti, se dai fastidio farti fuori non è niente, sai?-
Kelly si alzò da terra e lo guardò sorridendo –Fanculo, Foster.-
 
Fine VII capitolo
 
Canzone: Psycho dei Muse
  
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