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Autore: darkglasses    25/07/2017    0 recensioni
Buongiorno a tutti! questa storia è il seguito dell'altra mia one shot "Non andare via" si può tranquillamente leggere a parte e tratta il punto di vista del personaggio maschile, che durante la battaglia non riesce a smettere di pensare a lei, che soprattutto in punto di morte, rappresenta la sua forza e la sua seconda occasione di avere una vita vera, degna del suo nome.
"rivedo la prima volta che ci siamo visti, quando fosti gettata nella mia tenda in catene, un dono per l’ennesima vittoria: una giovane donna con la veste strappata, sporca di terra e sangue, con i capelli aggrovigliati in una massa informe e gli occhi di una dea vendicatrice, pieni di lacrime di umiliazione e rabbia, ti trovai bellissima"
Genere: Fluff, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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SONO GIÀ LÌ CON TE

Le sbarre si alzano lentamente, la luce mi acceca, sento le grida euforiche della folla aumentare ad ogni mio passo.

Mi inneggiano, urlano il mio nome e mi venerano come se fossi il loro dio.

Ed io non riesco ad impedirmi di ricordare quando eri tu a gridare il mio nome, quando i nostri corpi erano fusi in uno,

-Siamo lo scudo e la spada tu ed io-

-Allora io sono senz’altro la spada-

Ridendo mi schiaffeggi

-sei un lurido porco!-

Sogghignando ti lascio sfogare i tuoi deboli pugni sul mio torace, prima di rovesciare le nostre posizioni e sovrastarti con la mia mole, tu smetti di ridere ed i tuoi occhi indugiano sulla mia bocca, cedo ancora una volta a quella meravigliosa tentazione che è baciarti

-sei tu la spada, hai il potere di uccidermi in ogni momento perché possiedi il mio cuore-

I tuoi occhi si sgranano e si fanno lucidi, e i tuoi baci più ardenti

Scuoto la testa, riportando l’attenzione al presente,

è per questo che sono qui oggi: darò loro il più grande spettacolo che abbiano mai visto, come resistere al fascino oscuro ed esaltante della morte?

Siamo in mezzo al campo di battaglia, nel cuore pulsante dell’anfiteatro Flavio, le cui maestose mura si ergono intorno a noi come una corona di pietra.

-Ciò che facciamo in vita riecheggia per l’eternità-

-un eternità è tanto tempo-

-troppo se non sei con me-

La terra ha il colore del sangue, non so quanti nemici ho ucciso, ma non scorderò mai i loro volti sfigurati dal terrore, le loro urla straziate prima di essere trafitti dalla mia spada. È così che sarò ricordato?

È un bene che tu non sia qui, saresti una distrazione troppo grande e  mi saresti fatale, inoltre non voglio che tu mi veda così, non sopporterei di vedere la paura o l’orrore nei tuoi bellissimi occhi.

Per quel che vale, io non avrei mai voluto nemmeno impugnare un gladio, uccido per non essere ucciso a mia volta, è questa la legge del più forte, e che muove ogni cosa.

Ora immagino che ti chiederai se siamo bestie o uomini: è così sottile la differenza, amor mio!

Com’è esile il filo della nostra vita tra le mani delle perfide Parche;

se il fato vorrà punirmi per gli atti terribili che ho commesso, destinandomi all’oscurità dell’Ade, prego qualunque dio esista per godere ancora una volta della luce del tuo sorriso e per poterti stringere tra le mie braccia un’ultima notte.

È solo il ricordo dei momenti vissuti con te che mi spinge ad andare avanti, a non arrendermi e a non soccombere alla paura e alla stanchezza.

Non voglio morire ora che mi hai dato una ragione per vivere.

Le ferite bruciano e il sole scotta sopra le nostre teste, non riesco a distinguere il mio sangue da quello dei miei avversari.

L’ultimo uomo cade tra la polvere.

La folla esulta,

mi accascio lentamente a terra, solo la spada mi sorregge, sotto di me si mischiano terra, sudore e sangue,

sono solo in mezzo all’arena, la corona di pietra è troppo pesante per le mie membra stanche, cerco di rialzarmi, le gambe cedono.

L’oblio mi coglie e il buio mi circonda.

Non sento più il dolore, la stanchezza o la sete.

Il vento mi accarezza il viso, le spighe di grano mi solleticano le dita, tutto è in fiore, l’alba si confonde col tramonto, c’è una spiaggia laggiù e uno stallone nero che corre libero sul filo dell’acqua,

ma tu non ci sei;

sono questi i campi Elisi?

È questa la morte?

La vita mi scorre davanti agli occhi:

rivedo la prima volta che ci siamo visti, quando fosti gettata nella mia tenda in catene, un dono per l’ennesima vittoria: una giovane donna con la veste strappata, sporca di terra e sangue, con i capelli aggrovigliati in una massa informe e gli occhi di una dea vendicatrice, pieni di lacrime di umiliazione e rabbia, ti trovai bellissima;

i primi tempi pensavo che tu mi avresti ucciso e non ho mai avuto dubbi che sarebbe stata una morte atroce, poi notai che con il passare del tempo ti affezionasti a me, complice il fatto che non ti costrinsi mai a nulla, né ti maltrattai in nessuna occasione, e tu sapevi bene che avevo il potere di farlo; iniziammo a comunicare, tu diffidente e ringhiante come una randagia, io limitato dal mio maledetto orgoglio che mi ha impedito così tante volte di dirti ciò che realmente provavo per te;

prima che noi abbattessimo le nostre mura di paure e iniziassimo davvero a fidarci l’uno dell’altra passarono due lunghi anni, lo stesso tempo che mi bastò per perdere definitivamente la testa per te;

la prima volta che ci baciammo fu per gelosia, perché ero stato appena comprato da una ricca matrona e tu, proprio quando stavo per oltrepassare la soglia della nostra tenda, mi torcesti il braccio e con una foga che mai avrei sospettato mi gettasti le braccia al collo e posasti la tua bocca sulla mia, quella notte non andai dalla matrona, rimasi con te e attraverso di te riscoprii me stesso, tu fosti la mia seconda occasione.

E se poi dovetti subire l’ira del padrone, non aveva importanza, tutte quelle frustate sarebbero state solo altre cicatrici che tu avresti poi vezzeggiato con la morbidezza delle tue labbra e con la tua timida tenerezza.

Ed è al pensiero di tutte le cose che non ti ho mai detto che apro gli occhi e mi rialzo faticosamente con l’aiuto della mia arma. Non posso lasciarti.

Il fragore degli applausi cresce d’intensità, come una tempesta.

Tra le urla del pubblico e i petali dei fiori distinguo il verdetto finale, l’imperatore ha deciso:

pollice retto.

Sorrido e il petto si scalda di anticipazione. Sono già lì con te.

Un giorno moriremo tu ed io, ma non oggi, non ancora.

 

 

  
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