Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: HimeHime    26/07/2017    3 recensioni
Questa storia era partita come una one shot sulla relazione tra Sansa e Jon Snow, che mi sta piacendo tantissimo e che mi sono divertita ad immaginare qualche giorno (o mese) più avanti, rispetto a dove siamo rimasti con la serie tv, e cioè al fatidico momento dello scontro con i White walkers.
Era una One Shot principalmente perchè era da tempo che non scrivevo e che non mi facevo viva su questo sito e non ero sicura di non ritrovarmi troppo arrugginita, per impegnarmi di più.
Poi la storia è andata alla grande, ho avuto riscontri positivi e non me la sono più sentita di abbandonare questi personaggi che amo sempre di più di settimana in settimana. lì dove li avevo mollati.
Quindi spero continuerete a seguirmi e recensire! vuol dire davvero molto per me!!!
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Ciao popolo di EFP!!!
Mi fa moooolto piacere tornare dopo molto tempo dall'ultima pubblicazione! 
Per la prima volta scrivo su questa che è una delle mie serie preferite. Il motivo è che non posso aspettare di vedere Jon e Sansa canon e sento di dover controbilanciare un po' tutte queste fanfic che vedo su Jonerys.
Ammetto che non ho mai amato particolarmente Jon, ma dalla sesta stagione è tutta un'altra cosa. E anche la mia piccola Sansa è cresciuta tantissimo *_* sono sempre più orgogliosa di lei. 


COOOMUNQUE: fatemi sapere che ne pensate, se la storia sarà apprezzata o se ci sono come me altri sostenitori della Jonsa potrei pensare di continuarla o di scriverne delle altre. 
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“Verrò anch’io”
Jon non riusciva mai a dormire bene, prima di una battaglia; a maggior ragione dopo l’ultimo battibecco che aveva avuto con sua sorella. Cugina.
“Non ti lascerò avvicinare di nuovo ad una battaglia, Sansa”
“Starò nelle retrovie, non ti intralcerò, ma devi lasciarmi venire”
“Non se ne parla”
A quel punto Sansa gli aveva preso la mano, come usava fare sempre più spesso ormai. L’aveva guardato con quei suoi occhi di ghiaccio, che pure sapevano essere così caldi: “Jon, sai che ho ragione… deve esserci almeno uno Stark in battaglia, per dare fiducia ai soldati, sai che è così.”
Era vero. Da quando la vera identità di Jon era stata rivelata, la situazione si era fatta più complicata. Anche se i lord delle casate avevano cercato di sostenere colui che voleva ancora essere chiamato Snow, le voci tra gli uomini giravano. Qualcuno si chiedeva perché avrebbero dovuto, altri si domandavano come si potesse lasciare il Nord nelle mani di un Targaryen, altri si aspettavano il momento in cui lui li avrebbe traditi.
“è troppo pericoloso, per Bran, venire in battaglia, e Arya è ancora una bambina, non lascerò che combatta. Loro sono tutto ciò che ci è rimasto, Jon. Devo andare per loro”.
Jon ricordava di averla guardata, in quel momento, e di aver pensato quanto diversa fosse, quella donna che si trovava di fronte, dalla ragazzina che aveva visto partire con suo padre per Approdo del Re qualche anno prima. La Sansa di una volta non gli rivolgeva la parola, quasi non lo chiamava per nome, pensava solo a rendere orgogliosa sua madre e a comportarsi da vera Lady. Poi, gli eventi avevano trasformato quella ragazzina in una donna del tutto diversa, quasi irriconoscibile. Lei che non aveva mai amato il Nord, che aveva sempre sognato di sposare un principe del sud, era diventata una vera lupa ora. Era sveglia, scaltra, e proteggeva la sua famiglia con una ferocia che Jon, prima di allora, aveva visto solamente in altre due donne: Cersei Lannister e Catelyn tully, la madre di Sansa.
Ed era coraggiosa, Sansa, quando si trattava di difendere il Nord, e la sua casa.
Jon era orgoglioso di lei e forse, si diceva, non sarebbe stato lostesso, se lei non ci fosse stata; non soltanto perché gli aveva portato l’esercito della valle, che lo aveva aiutato nella battaglia contro Ramsay, ma perché da quel momento era sempre stata al suo fianco. Aveva presenziato ad ogni discussione con i signori delle casate del Nord; ogni volta che Jon aveva voltato lo sguardo, l’aveva trovata al suo fianco; all’inizio avevano anche avuto modo di scontrarsi, è vero, ma Sansa non aveva mai perso occasione per dirgli quanto credesse in lui.
Se Jon fosse morto, in quella battaglia, avrebbe voluto che il Nord passasse nelle mani di Sansa. Lei sarebbe stata capace di governarlo, Jon lo sapeva. E poi sentiva che non avrebbe potuto concentrarsi sulla bataglia, sapendola nelle retrovie.
“Questa è la mia decisione, non verrai, questa volta.”
“Smettila, Jon!” Sansa aveva alzato la voce, ma subito dopo si era ritirata, come se pensasse di aver esagerato:  “non ti aspetterai che una Stark dia ascolto a un Targaryen”
Il tono che aveva usato era stato dolce, in parte scherzoso. Solo Sansa poteva sapere come tirare fuori quell’argomento tanto difficile in una maniera quasi…delicata.
“Non abbiamo ancora avuto tempo di parlare di questo…”  Jon si era fatto pensieroso.
“Di cosa dovremmo parlare?”
“Non sono uno Stark. Se sopravviveremo alla battaglia dovremmo affrontare la discussione difronte a tutti i lord”
“Lo faremo”
“Una volta finita la battaglia, non mi lasceranno più essere il Re del Nord. Credo tu debba prendere il mio posto.”
“Jon. Ne parleremo una volta conclusa.” Sansa gli stringeva una mano.
“Dovresti andare a dormire”
“Non riesco a farlo”
“Neanche io”
“Potresti insegnarmi ad usare la spada. Nel caso avessi bisogno di difendermi..”
Lo sguardo di Jon si era fatto allarmato “Ti ho dato il permesso di accompagnarmi in battaglia, non di combattere. Non appena la cosa si farà pericolosa, devi promettermi che seguirai Brienne e ti lascerai scortare nelle cripte”
“Stavo solo scherzando; non sono come Arya”
“Non lascerei combattere neanche lei”
“Ne sono sicura” 
Ora Jon sentiva il bisogno di parlare di qualcos’altro.
“Grazie…per avermi sostenuto”
Sansa aveva capito il significato implicito della sua frase. Jon stava pensando al passato: fin quando erano bambini, Sansa non lo aveva mai degnato di uno sguardo, era stata fredda e distante nei suoi confronti, proprio come sua madre Cat: “Mi dispiace, non ti ho mai trattato come un fratello”
“A quanto pare non avevi ragione di farlo” l’ombra di un sorriso era apparsa sulla bocca di Jon. Ne aveva curvato solo gli angoli , ma questa cosa aveva stupito sansa.
“Ero una ragazzina stupida…”
“Non devi scusarti” Jon l’aveva interrotta.
“Invece sì. Non abbiamo mai avuto modo di parlarne. Non ho potuto salutare mia madre e Robb, prima che morissero, non ho potuto chiedere scusa a mio padre, prima che fosse troppo tardi, non perderò anche questa occasione. Mi dispiace, Jon. E sono contenta, di averti ritrovato. Credo che tu sia un uomo buono, e confido in te per vincere questa guerra. Farai sempre parte della mia famiglia.”
“Vieni qui” jon l’aveva attirata a se e l’aveva abbracciata. Sansa aveva nascosto il viso tra il collo e i capelli di lui, e aveva respirato a fondo quell’odore che ultimamente era tanto familiare. Era tanto che non provava quella sensazione: la sensazione di sentirsi al sicuro, protetta, la sicurezza di potersi fidare dell’uomo che la teneva tra le braccia. L’ultima volta che le era successo era stato suo padre.  Poi c’erano stati Joffrey, Ramsay e Petyr. Il mastino l’aveva messa in salvo due volte, ma una parte di lei non poteva che sentirsi spaventata, e Tyrion era un uomo buono ma era pur sempre un Lannister.
L’abbraccio di Jon era l’unico che assomigliava in tutto e per tutto a quello del padre. Era una stretta salda, forte, di un uomo greve, taciturno eppure dolce. Era un abbraccio dato senza volere niente in cambio: ne il suo nome, la sua sottomissione o il suo affetto. Quando Jon l’abbracciava, Sansa sentiva che una piccola parte di lei, almeno per qualche secondo, poteva tornare ad essere la ragazzina spensierata che era stata. Sentiva di poter abbassare la guardia, fare sonni sereni, perché c’era qualcun altro che si sarebbe preso cura di lei.
Jon non avrebbe lasciato che le facessero del male.
“Vorrei che tu dormissi, almeno un po’” Jon lo aveva detto quando ancora la stava abbracciando, e lei si era limitata a fare di sì con la testa.
Poi aveva aggiunto “Posso rimanere qui con te?”
La stanza in cui Jon dormiva era quella che Ned aveva diviso con Catelyn. C’era un tavolo, a ridosso del muro, sotto la finestra, un camino e un letto al cento della stanza. Tutto era stato lasciato come prima.
“Devo ancora finire di scrivere qualche messaggio, puoi usare il mio letto. Scriverò a mastro Tarn di procurarti un’armatura per domani”
Sansa si era distesa sul letto, slacciandosi il mantello e disponendolo a mò di coperta. Prima di coricarsi aveva baciato delle bambole di paglia che pendevano da chiodi disposti sulla parete. Doveva averle fatte sua madre; Jon ricordava che Cat era sempre solita farne per chiedere agli dei protezione per i propri figli.
“Vuoi vedere una cosa?”
Sansa aveva fatto cenno di sì con la testa.
“Apri la cassapanca, lì, vicino alla porta”
Sansa era scesa dal letto, ed aveva fatto come le aveva suggerito. In prima fila, sopra una serie di abiti e coperte ripiegate, aveva trovato un piccolo involucro, costituito da un fazzoletto che recava le iniziali del padre. L’aveva portato sul letto, sciogliendo il laccio che lo teneva insieme. Dentro c’erano una serie di statuette intagliate nel legno. Di alcune si capiva che cosa volessero rappresentare (il più delle volte un lupo, o un soldato) altre erano solamente una massa informe e marrone. Erano i tentativi di Robb di diventare un bravo intagliatore, quelli che aveva fatto non appena aveva ottenuto il suo primo coltello e portato orgogliosamente al padre. Ned li aveva tenuti tutti.
“Jon, puoi smettere di scrivere?”
Il viso di Sansa era rigato dalle lacrime, ma lei era rimasta seduta sul letto, cercando di tenere un’espressione contenuta e non cedere al pianto.
Jon aveva arrotolato ciò che stava scrivendo, era uscito un secondo in corridoio, per consegnarlo alla guardia, poi era rientrato nella stanza. Si era seduto al suo fianco slacciandosi a sua volta il mantello, dopodiché aveva preso tra le mani uno dei peggiori soldatini fatti dal fratello.
“Jon è sempre stato un pessimo intagliatore”
Sansa aveva riso, prima di tornare a piangere più forte di prima.
“Andiamo” Jon le aveva portato un braccio attorno alle spalle “credevo che non ti avrei più rivista piangere”
La ragazza, allora si era asciugata le lacrime, abbozzando un sorriso. Poi era tornata a nascondere di nuovo il viso contro il collo dell’altro.
Le piaceva quella sensazione. Tanti anni prima non lo avrebbe mai detto, eppure ciò di cui aveva più paura, ora, era di perdere Jon.
“Promettimi che vincerai la guerra. Che saremo per sempre una famiglia”
“Ci proverò”      
  
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