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Autore: Lola1991    26/07/2017    4 recensioni
-    SEQUEL DI “From the beginning”
Thorin e Laswynn sono diventati re e regina di Erebor; gli anni del loro regno trascorrono pacifici sotto la montagna e i loro figli sono oramai grandi e pronti ad assecondare la volontà della stirpe di Durin.
La prima figlia femmina, Eriu, viene promessa in sposa al figlio di Dáin, Thorin, sui Colli Ferrosi. Dopo aver accettato questa difficile decisione, alla giovane Eriu non resta altro che iniziare una nuova vita lontana da Erebor e imparare ad essere una buona compagna e una buona moglie.
Ma accanto alla comunità dei Colli Ferrosi sorgono le terre selvagge e i villaggi di Rhûn, abitate dagli Esterling e da uomini creduti malvagi e corrotti. 
Vran, giovane cacciatore, incontrerà per caso Eriu, salvandola da una morte certa. La guerra per l’anello incombe, e il male si diffonde sulla Terra di Mezzo e sui suoi abitanti.
Ma Vran e Eriu non hanno nessuna intenzione di seguire un destino imposto da altri…
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dain II Piediferro, Nuovo personaggio, Thorin III Elminpietra, Thorin Scudodiquercia
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo XIV
 


Quando finalmente ritrovai il sentiero e fui in grado di tornare a casa, scoprii che tutta la mia famiglia si trovava lì, e mi attendevano; raccontai a Raghnaid e Bronnen di essermi persa tra la folla e di averli cercati per la fiera senza successo. Le bambine corsero ad abbracciarmi e mi ci volle molto per tranquillizzarle: avevano avuto molta paura.
Ero stordita dalla situazione; il fatto di aver giaciuto con un altro uomo mi diede molto a cui pensare, e mi aggiravo per casa angosciata, come se mi aspettassi da un momento all’altro che qualcuno venisse a conoscenza del mio segreto e mi accusasse apertamente di tradimento nei confronti di mio marito e della mia razza.
 
Avevo ritrovato Vran, e l’avevo perso una seconda volta. Mi sembrava assurdo che il mondo continuasse a girare come se nulla fosse successo. Tutto era successo, tutto era cambiato.
Ma non potevo continuare a pensare a un uomo che forse non avrei mai più rivisto, per quanto io lo amassi. Le mie figlie avevano bisogno di me soprattutto ora che il loro padre era lontano, a combattere un male che sembrava insormontabile.
I giorni si succedevano, e il consueto equilibrio cominciò a ristabilirsi nella mia vita. Per qualche tempo le mie ansie si placarono, ma mano a mano che l’estate procedeva verso l’autunno, capii che qualcosa era davvero cambiato in me. All’inizio non ci diedi peso perché non avevo mai avuto cicli regolari, ma quando il secondo mese arrivò e passò, capii perfettamente cosa stava accadendo. Dopotutto mi era già successo, e conoscevo molto bene il mio corpo e i suoi ritmi.
La sensazione di felicità istintiva per essere di nuovo incinta lasciò immediatamente il posto al terrore puro. Chiaramente il bambino che portavo in grembo non era di Thorin. Che cosa avrebbe detto se l’avesse saputo? Mi avrebbero cacciata, o peggio… uccisa? E cosa ne sarebbe stato del bambino? Avrebbe avuto il mio aspetto, o quello degli uomini?
I dubbi mi tormentavano e non mi facevano dormire la notte.
Pensavo e speravo con tutta me stessa che nessuno si accorgesse della gravidanza, e passavo le giornate chiusa nelle mie stanze, con le bambine, senza farmi vedere dagli altri membri della casa.

L’autunno era ormai alle porte; non avevamo ancora ricevuto notizie di Dáin e Thorin, né – almeno da parte mia – di Vran. Mentre il mio ventre si ingrossava diventava sempre più complicato nascondere la gravidanza. Di tanto in tanto mi sembrava che Bronnen mi fissasse, ma fu solo un mattino di settembre che me la ritrovai davanti, dopo aver vomitato – per l’ennesima volta – la colazione che mi ero appena sforzata di ingerire.
I suoi occhi indugiarono sulle mie guance scavate e sui miei seni colmi.
« Da quanto stai così? », chiese, tendendomi le braccia. Non risposi, ma mi strinsi immediatamente a lei singhiozzando. Sapevo che non avrei potuto mentirle. Non questa volta.
« Dalla festa di inizio estate… », balbettai, affondando il mio volto nella sua spalla.
Lei mi fissò con tenerezza. « Allora immagino che sia stato quel giovane… Vran. E’ vivo, dunque? ».
Annuii, asciugandomi le lacrime con la manica dell’abito.
« Bronnen, non puoi dirlo a nessuno, giuramelo! », le urlai disperata, retrocedendo di qualche passo.
« Non lo farò, bambina. Ma se l’avessi saputo subito, avrei potuto aiutarti e fare qualcosa. Ora sei già al quarto mese, e sarebbe troppo rischioso ».
D’istinto posai entrambe le mani sul mio ventre, come a proteggerlo da quelle inverosimili parole di minaccia.
Bronnen mi guardò confusa. « Tu vuoi questo bambino? ».
Annuii, senza parlare. Quello era il figlio mio e di Vran, e per quanto la situazione fosse indubbiamente difficile, già lo amavo con tutta la mia anima.
« Allora dobbiamo pensare a qualcosa », concluse Bronnen, stringendomi la mano con fare affettuoso.
 
*
 
Senza Bronnen al mio fianco probabilmente non ce l’avrei mai fatta: fu lei a cucirmi vesti più larghe per camuffare la gravidanza, e disse a tutti che avevo bisogno di molto riposo poiché avevo avuto un tracollo emotivo a causa della lontananza di Thorin. Nel villaggio si diffuse la voce che ero gravemente malata, e che non potevo uscire di casa.
Dalla partenza di suo marito e di suo figlio, d’altronde, Raghnaid sembrava distante e spenta, e questo fu un gran sollievo sia per me che per me Bronnen. Non potevamo però rischiare che Thorin ci sorprendesse tornando all’improvviso e che mi trovasse in quello stato, né che partorissi il figlio di un altro in casa di Dáin. Per settimane pensammo a una possibile soluzione, e mi venne in mente di recarmi dall’unica persona che – sapevo – mi avrebbe aiutata senza fare domande o sollevare questioni: mia sorella Morud.
 
Decisi di recarmi sugli Ered Mithrin all’inizio dell’ottavo mese: la gravidanza era oramai quasi giunta al termine e non potevo rischiare un parto prematuro. Quando comunicai a Raghnaid l’intenzione di allontanarmi dai Colli Ferrosi per qualche tempo – seguita, ovviamente, dalla fedele Bronnen – lei non si scompose: non ci eravamo mai sopportate, e la convivenza, specialmente ora che eravamo sole, metteva a disagio lei quanto me. Le dissi che la decisione di partire era dovuta a motivi di salute, e che l’aria della montagna avrebbe sicuramente giovato al mio spirito malato.
Mi permise di partire, a condizione che fossimo scortate da tre guardie e che non ci allontanassimo mai dalla dimora di mia sorella. Sapevo che in verità non temeva per la mia incolumità, quanto piuttosto per la reazione del figlio se mai mi fosse successo qualcosa.
 
Salutai le bambine con tristezza, perché sapevo che mi sarebbero mancate moltissimo, e io a loro. Eara e Lair erano ancora troppo piccole per capire veramente cosa stesse succedendo, ma lo sguardo duro di Aimil mi colpì nel profondo; quel suo volto così serio e simile a quello del padre mi mise in soggezione.
« Sii coraggiosa, Aimil. Tornerò prima che tu te ne renda conto ».
Lei mi cinse il collo senza piangere, e io affondai il volto nei suoi capelli ramati, beandomi di quel momento e del suo profumo. Mi venne difficile staccarmi da lei, ma sapevo che non avevo scelta.
Montai sulla carrozza coperta dal pesante mantello, tenendo la mano di Bronnen, e feci cenno al cocchiere di avanzare. Accostammo la foresta, e mi sporsi oltre la piccola apertura del mezzo per osservare da vicino gli alberi: lì tutto era iniziato, e tutto era cambiato.
Come allertato dalla mia agitazione, il bimbo prese a scalciare assiduamente e dovetti respirare a fondo per calmarlo.
 
*
 
Il viaggio fu più lungo di quanto inizialmente mi ero aspettata, e decisamente scomodo: i continui sballottamenti della carrozza mi obbligavano a stendermi a occhi chiusi, per evitare la spiacevole sensazione di nausea che quel movimento mi provocava. Fummo però molto fortunati, perché non incontrammo nessun ostacolo o pericolo, e non ci allontanammo mai dal sentiero principale che ci avrebbe condotto – in un giorno o due – nella casa di mia sorella.
Durante il viaggio mi chiesi più e più volte come avrebbe reagito Morud alla mia situazione: avevo deciso di comunicarle il mio arrivo qualche settimana prima, passandolo come una visita di piacere. Anche il marito di Morud era partito per la guerra e lei era rimasta sola con i due figlioletti. A volte sognavo i suoi occhi colmi di collera e disprezzo alla mia vista, e mi ci volevano diversi minuti per calmarmi e far passare quella sensazione di angoscia.
Ma dopotutto, nonostante tutto il tempo in cui eravamo state separate, lei era ancora mia sorella, sangue del mio sangue, e nel profondo sapevo che non mi avrebbe mai tradita.

 
Fortunatamente avevamo pesanti mantelli e scialli con cui coprirci, poiché l’inverno sulle Montagne Grigie arrivava prima ed era molto più pungente di quanto io fossi abituata. Sentivo la carrozza scricchiolare sul sentiero ghiacciato e vedevo il fumo uscire dai comignoli delle case che ci circondavano.
Mia sorella ci venne incontro sorridente, tenendo per il mano il figlio più grande: era la prima volta che vedevo mio nipote.
« Eriu! », esclamò Morud entusiasta, salutandoci  dalla soglia dell’abitazione.
L’abbracciai velocemente: nonostante i vari strati di abiti che mi proteggevano, il mio ventre ingrossato poteva essere facilmente notato da un occhio attento. Mentre le guardie facevano riposare i cavalli, Morud ci invitò ad entrare nella sua casa, che era decisamente più piccola rispetto alla mia sui Colli Ferrosi, ma non per questo meno graziosa. Ci venne offerto un decotto fumante davanti a un bel fuoco caldo, e sia io che Bronnen sospirammo di sollievo dopo il lungo viaggio che avevamo sopportato.
Bowed, il figlio maggiore di mia sorella, era poco più piccolo di Aimil, ma decisamente più biondo; giocava con i suoi soldatini intagliati in legno ai nostri piedi, sul tappeto davanti al fuoco, mentre Bedwyr, il secondogenito – nato appena quattro mesi prima – ora stava riposando in un’altra stanza.
Guardavo Morud impartire ordini e dirigere la casa e mi stupivo di quanto fosse cambiata: ora entrambe eravamo madri, e avevamo dovuto crescere per il bene dei nostri figli.
Per giorni mi ero tormentata al pensiero che Morud mi cacciasse per la terribile vergogna che nascondevo sotto le vesti larghe… così decisi di non indugiare oltre.
 
« Morud, c’è una cosa che devo dirti », le comunicai senza giri di parole, mentre Bronnen, seduta accanto a me, si faceva improvvisamente attenta e silenziosa, mettendosi più dritta sulla poltrona.
Mia sorella mi fissò incuriosita; lanciai uno sguardo eloquente alla giovane serva che stava sistemando i giochi del bambino in un angolo della stanza, e Morud seguì il mio sguardo, intuendo immediatamente la mia tacita richiesta.
« Sianna, porteresti Bowed a fare un bagno caldo? ». La giovane annuì, tendendo la mano verso il bambino, che la seguì obbediente chiudendo la porta dietro di sé.
Morud appoggiò la tazza sul tavolo, congiungendo le mani in grembo e osservandomi impaziente. Presi un bel respiro.
« Bronnen, potresti aiutarmi a…? ». Ma lei era già pronta al mio fianco, e con delicatezza mi aveva aiutato ad alzarmi, sfilandomi lo scialle e allentando il corpetto dell’abito che indossavo.
Morud, ancora seduta, ci osservava confusa; finalmente rimasi in sottoveste, e mi premetti le mani sul ventre, facendolo aderire bene alla stoffa per renderlo più visibile.
 
« Aspetti un figlio, Eriu? Perché non me l’hai detto subito? E’ un’ottima notizia! ».
Mia sorella si era alzata per sfiorarmi il pacione, e sorrideva estasiata al contatto con quella nuova vita. La sua gioia mi fece vergognare e cercai con gli occhi Bronnen, che mi fece un segno di incoraggiamento.
« Morud, non posso avere questo bambino sui Colli Ferrosi. Per questo sono venuta da te. Deve nascere qui, lontano e protetto ».
Morud aggrottò il volto, osservandomi con occhi carichi di dubbi.
« Perché mai? Thorin non sa che sei incinta? », mi chiese a bassa voce.
Mi morsi il labbro inferiore, cercando di trattenere le lacrime. Lei parve capire, perché improvvisamente abbandonò le braccia lungo i fianchi e sbiancò il volto.
« Il bambino non è suo? », domandò con un filo di voce appena, portandosi una mano alla bocca.
Scossi la testa, senza parlare. Vidi mia sorella retrocedere, cercando a tentoni la sedia sulla quale si era seduta, prima di trovarla e di accasciarsi sopra, una mano al petto come per calmare il cuore impazzito.
 
Lasciai che Bronnen mi rivestisse, senza muovermi; i miei occhi erano ancora fissi su mia sorella, in attesa di una reazione – qualsiasi reazione – da parte sua.
Ora eravamo sedute tutte e tre, e l’unico rumore presente nella stanza era lo scoppiettare dei bracieri nel fuoco e il respiro lento e profondo di Bronnen.
Dopo quella che mi parve un’eternità, Morud alzò lo sguardo su di me, e parlò di nuovo.
« Di chi è il bambino? ».
Abbassai gli occhi, colma di vergogna. « Di un uomo ».
« Lo stesso di cui mi parlasti la notte prima del tuo matrimonio? ».
Annuii senza rispondere.
« E lui lo sai che porti in grembo suo figlio? ».
« No… Non posso rivederlo, è troppo pericoloso. E’ un fuggitivo ». Iniziai a piangere silenziosamente, incapace di trattenermi oltre. La mancanza di Vran era accentuata da ogni movimento del bambino nel mio ventre, e mi disperavo per la sua assenza, anche solo parlandone.
Morud si alzò improvvisamente, avvicinandosi e inginocchiandosi di fronte a me, stringendomi le mani con forza.
« Ti aiuterò ad avere questo bambino. Qui sei al sicuro ».
Mi lasciai andare a un pianto disperato, abbracciando Morud come forse non avevo mai fatto nella mia vita, nemmeno quando eravamo piccole. Mi diedi della stupida per aver dubitato di mia sorella: sapevo fin dall’inizio che non mi avrebbe mai abbandonata.   



Eccomi, con un giorno di ritardo dalla pubblicazione. Eh bhé, diciamo che le cose si mettono malaccio per Eriu! 
Nel prossimo capitolo conosceremo (forse?) il bambino/a di Vran, chissà cosa succederà...
Spero che il capitolo vi piaccia!

** Come sempre, riporto l'attenzione alle ispirazioni che mi hanno aiutata in questo capitolo, e in particolare la rivelazione della gravidanza a Bronnen ("Le querce di Albion", di Marion Zimmer Bradley)

Al prossimo aggiornamento,
Lola

 
 
   
 
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