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Autore: Tralala25    27/07/2017    0 recensioni
Non devo far proprio una bella impressione, rettifico: devo far proprio un' impressione pietosa al ragazzo che è appena entrato nella mia cabina stringendo in mano un biglietto che con tutta probabilità porta scritto il numero 24c [...] Non essendo esperta in materia ma profondamente pentita di non aver mai guardato nessuno di quei pallosissimi documentari che trasmettono a ruota libera su focus, adesso mi chiedo se, qualora lo avessi fatto, ora saprei se tra manzi e cinghiali c'è sintonia. La risposta deve essere no, perché da quando il manzo è entrato, non ha mai sollevato gli occhi su di me, ma fissa ancora accigliato il biglietto.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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TRA TRAUMI INFANTILI E ORGOGLI FERITI

La maestra Rosaria in realtà era  Rosario.
 
 Lo sapevano tutti a scuola, o perlomeno ne erano a conoscenza tutte le mamma che puntualmente, all'indomani dell'incontro scuola-famiglia, si riunivano in cortile a spettegolare invidiose su quel collo esageratamente sottile e diafano che tradiva però un pomo d'Adamo fin troppo pronunciato per passare inosservato.
Alla tenera età di cinque anni e mezzo mi facevo bastare dei capelli lunghi ed un'imbottitura prorompente per classificare come donna un qualsiasi individuo.
 
E Rosario portava i capelli lunghi fin sotto il sedere.
E imbottiva le coppe con così tanto cotone da dare l'effetto che gli strabordassero dal reggiseno.
Ne deducete che, una Lavinia quasi seienne, avrebbe messo tranquillamente la mano sul fuoco sulla femminilità del suo insegnante di italiano.
E ringrazio Dio che non l'abbia fatto, perché le mani sarebbero senza dubbio diventate una torcia vivente e le fiamme avrebbero inghiottito presto il resto del suo piccolo corpo.
 
All'età di 8 anni, tre settimane e tre giorni, contrariamente a ciò che l'aspettativa di vita media prevede, l'innocente Lavinia morì per far posto ad una più dissoluta, complici un muro, Giannandrea e lo specchio che riusciva  ad intravedere oltre la porta del bagno. 
Umiliata dal sorrisino sghembo inflittole dal compagno e troppo impegnata a cercare un punto vuoto  su cui fissare lo sguardo per distoglierlo dal bimbo, si concentrò sullo spicchio di specchio che intravedeva alla sua destra.
Non la sorprese di certo vedere riflessa la maestra Rosaria che si sistemava il trucco vicino al lavabo, lo facevano tutte le femmine, ma quando dal nulla Aldo, il bidello, afferrò la donna per i fianchi e la fece adagiare sulla sua schiena, sì che rimase interdetta.
Mamma si era sempre premurata di raccontarle di cicogne e bambini trovati alla fine di arcobaleni, rigorosamente vicino a pentole d'oro, quindi, quando vide Aldo accarezzare da sopra i pantaloni la maestra non ne capì proprio la necessità nè fu capace di ricollegare il gesto ai racconti della genitrice.
Nel momento in cui osservò, però, che l'uomo slacciava famelico la cintura all'insegnante, il dubbio di essere all'oscuro di qualcosa le attraversò il cervello. Fu solo quando vide l'indumento cadere giù che trattenne il respiro e...
E ringraziò mentalmente Giannandrea, che, resosi conto della situazione, con gli zaffiri fuori dalle orbite le era corso incontro per tapparle il più forte possibile gli occhi. Ma non bastò. 
 
Bada bene vignetta, non tutto è come sembra. Ed era vero.
 
La notte che era scesa sui suoi occhi non avrebbe potuto minimamente cancellare la prima cocente consapevolezza della sua vita. Nè la presa di coscienza delle menzogne che le erano state raccontate.
 

Non tutte le donne hanno le ostriche, alcune possiedono solo la proboscide.
 
 
 





 
"E chi ti ricorderei, di grazia?" dico da sdraiata, con la testa sul cuscino e gli occhi fissi sulla brandina sopra di me. Un po' col cuore in gola ad essere sincera. Sono certa che se si ricordasse non potrei più guardarlo in faccia per tutta la durata del viaggio, perché sì, a farsela addosso era stato lui, ma aveva quell'assurda capacità, non chiedetemi come, di ribaltare la situazione facendo risultare in deficit sempre e solo me.
 
"È per caso ansia quella che sento?" Afferma gongolante, sdraiato anche lui. E penso che a quanto pare ha ragione nonna Angela quando dice che tutte le volte che mi sento colta con le mani nel sacco, mi trema la voce.
 
"Assolutamente no" Urlo troppo velocemente per sembrare sincera. Me ne rendo conto e copro sconfortata la testa con il cuscino. Impulsività del cazzo.
 
Quando Giannandrea dà di nuovo voce ai suoi pensieri, però, ogni nota divertita scompare. E fa quasi paura. Senza il quasi: "E quindi hai degli scheletri nell'armadio, piccolo Dalmata"
 
Che non è una domanda lo capisco dal tono fermo e sicuro. Che vuole intimorirmi lo intuisco dal timbro basso e dal modo lento che usa per rivolgersi a me.
 
Sto cazzo che gli reggo il gioco.
 
"Chi non ne ha, sono certa che se scaviamo a fondo, troveremo qualcosa di interessante anche su di te" Ribatto melliflua. 
 
Non ti hanno mai detto di non fare agli altri quello che non vuoi fatto a te, cretino?
 
"Del tipo?" Dice con una serenità fittizia. Ad avere paura ora è lui però. E lo capisco dalla forza che ha impresso sulla prima D.
 
"Che so, qualche trauma infantile..." Azzardo cattiva, dondolando la gamba su e giù fuori dal letto.
 
A quel punto lui affaccia la testa dalla brandina di sopra e mi rivolge uno
di quei sorrisi maligni che da bambina mi ha dedicato così tante volte  da non riuscire a quantificarne il  numero: "Nah, da piccolo ero io a far venire i traumi agli altri" Afferma fastidiosamente sicuro.
 
Lo so bene bastardo, avrei voluto dirgli.
Tutto ciò che esce dalla mia bocca invece è: "Chi è che ti ricordo, Giannadrea?"
Perché la paura che mi abbia davvero riconosciuto adesso è tangibile più che mai.
 
Dal tonfo che avverto deve essersi ributtato a peso morto sul materasso: 
"Una tipa che veniva a scuola con me" dice col sorriso nella voce.
 
Mi sento in gabbia, come il canarino anoressico della signora Castellani, la quale, a giudicare dalle dimensioni, il cibo che dovrebbe dare al povero uccello, lo ingurgita lei.
 
"Ah si?" Sussurro con solo il cuore, lo stomaco, l'intestino tenue ed il colon in gola.
 
"Già, una bambina paffutella, piccoletta..." Dice concitato.
 
Presente! Eccomi...
 
"Con dei terribili capelli a caschetto..." Continua
 
Eccomi ancora...
 
"Occhialuta ed eccessivamente brufolosa..." Prosegue imperterrito
 
Eccom... Occhialuta che? 
 
"Alt! Alt! Mi duole interromperti ma non ho mai portato gli occhiali, e se c'è una cosa di cui vado fiera é di non aver mai avuto alcuna forma di Acne, salvo qualche punto bianco che spunta all'indomani di qualche cena abbondante, ma questa é un'altra storia" Dico affannosamente, e deve accorgersene perché sorride divertito.
 
"Peccato! Le somigliavi tanto sai? Era una tipetta molto talentuosa... suonava il piano ed il violino ma se non sbaglio era col flauto che se la filava di più!" Mi dice ancora, quasi in tono cospirativo.
 
Talentuosa?! Ma se non ero brava nemmeno a disegnare un uovo col bicchiere... E l'illuminazione mi colse. Mi aveva forse scambiata per Carmen, la sfigata di seconda B? Quella con l'apparecchio e la fissa per il flauto?  Quella che suonava lo strumento insalivando tutto il beccuccio e sputacchiando qua e là ?
 
"No, credo proprio di non essere io. Anzi ne sono certa"
Se esistesse un termometro che misuri la stizza, in questo esatto momento sarebbe andato in tilt causa valori troppo elevati.
 
Sto per strozzarlo finché non arriva il momento che aspetto segretamente in cuor mio da quando è ritornato in cabina: "Ma scusa, com'è che ti chiami tu?"
 
Raccogliendo quel briciolo di dignità che mi ha lasciato rispondo fiera: "Lavinia, mi chiamo Lavinia"
 
Posso perdonare tutto: la collera ingiustificata, la stizza malcelata, gli insulti gridati al mondo intero, finanche la mancanza di rispetto.
 
Ti ho perdonato tutto Giannandrea. 
Perciò scusami tanto, scusami davvero se questa proprio non te la posso lasciare passare.
 

Si affaccia nuovamente in direzione del mio letto, mi guarda fisso ed io spero in una sua reazione. Fin quando non mi liquida con un'alzata di spalle: "No, non conosco nessuna Lavinia" dice tranquillo.
 
Giannandrea, tu lo sapevi, te lo avevo detto... Se vuoi giocare con me, puoi gettarmi addosso di tutto, puoi scaricarmi addosso di tutto, meno la tua indifferenza.
 
   
 
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