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Autore: Princess Kurenai    27/07/2017    2 recensioni
Il Regno di Solheim era il gioiello di Eos. L’orgoglio dei Siderei che, da quello che sarebbe poi divenuto il loro Reame, avevano osservato la sua nascita e crescita sin dall'alba dei tempi: da quando il Nulla aveva aperto i suoi cancelli creando quella terra e la sua gente, e scegliendo infine loro Sei come guardiani di quel mondo appena nato.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Gentiana\Shiva, Ifrit, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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Fandom: Final Fantasy XV
Character(s): Shiva, Hyperion (Original Character)
Relationship(s): Shiva/Hyperion (Accennate: Shiva/Ifrit e Bahamut/Leviathan)
Rating: SAFE
Warnings: Siderei in forma umana, Original Characters, Spoiler (alcune cose penso si capiscano meglio conoscendo il gioco)
Conteggio Parole: 2415
Note:
1. Ambientata molto molto molto prima dell’inizio di Final Fantasy XV. Sono state dette poche cose su Solheim e sulla Guerra degli Dei che ha gettato la base per il gioco di FFXV, quindi sto cercando di creare tutta la storia di Eos, dei Siderei e degli antenati dei personaggi principali del gioco.
2. Questa fic è nata mentre vagavo per il kinkmeme quando, leggendo dei prompt, le mie attenzioni sono cadute su uno che parlava, per l'appunto, dell'Antica Civiltà di Solheim. Leggendo questo prompt - che non posso spoilerare per intero per motivi che si comprenderanno dei prossimi “volumi” di questa saga - mi sono detta: «Che cosa è Solheim?», e dopo alcune ricerche, aver letto bene la guida di FFXV e una seconda run di gioco, ho compreso che si trattava del Regno precedente a Niflheim, distrutto dalla Guerra degli Dei.
Da quel punto in poi ho iniziato a elaborare una piccola headcanon che, dopo essere stata esposta a Kuromi, ha iniziato a crescere. È stata proprio lei a dirmi: “Inizio a pregare i Siderei che tu un giorno la scriva questa cosa”, e la notte stessa avevo iniziato a scrivere quella che doveva essere una oneshot. Durante la stesura però mi sono resa conto che andavano scritte molte più cose, momenti che non potevo tralasciare e che avrebbero spiegato - secondo il mio punto di vista - alcuni avvenimenti della storia di Eos non narrati nel gioco.
Si può benissimo dire che le cose mi siano sfuggite di mano e che la storia non sia diventata solo una ‘what if?’ (perché lo è, come chiedeva il prompt originale) ma una vera e propria saga che cercherà di spiegare in modo logico alcune vicende della trama di FFXV ma non solo... ma di questo penso ne parlerò nei prossimi capitoli e "volumi" di questa raccolta di Sei Longfic.
3. Tabata riguardo la Guerra degli Dei e il tradimento di Ifrit: "Sorry, I don't know the details". #citazioni importanti
4. La bellissima fanart di Shiva che fa da sfondo alla cover della fic è stata fatta da Alicyana. Il resto è opera mia *rotola*
5. Alla fine della fic ci saranno spesso chilometri di note e spiegazioni su alcune scelte fatte nella fic... perdonatemi XD ma... mi piace avere le cose sotto controllo e non riesco a controllarmi a volte XD
6. Gli aggiornamenti saranno settimanali.
7. Revisionata da Molang, del forum di EFP. Grazie davvero per il lavoro che stai facendo**

II.

I millenni trascorsi avevano cambiato Ifrit nel profondo, e Shiva aveva iniziato a rendersene consciamente conto solo durante gli ultimi e rari incontri che i Siderei si sentivano in obbligo di tenere nel loro palazzo. Non avevano più bisogno di incontrarsi con una frequenza costante perché i mortali avevano dimostrato di poter crescere e camminare sulle loro sole gambe in quei lunghi secoli di pace, e anche se in alcuni luoghi di Eos i Siderei venivano ancora osannati e idolatrati, in altri la loro figura aveva iniziato a venire soppressa dalla ragione e dalla forza delle scoperte tecnologiche.

«È una crescita normale», sosteneva saggiamente Ramuh, «siamo stati noi a dargli modo di imparare dai loro errori e di migliorarsi».

«Ciò non toglie che avranno sempre bisogno di noi», aggiungeva invece Titan, con la sua solita durezza e sicurezza.
Ifrit, al contrario, non aveva mai mostrato l’intenzione di mostrarsi di larghe vedute quando, durante quegli incontri, l’argomento si spostava immancabilmente sull’evoluzione delle vite dei mortali. Reputava quel loro atteggiamento come una mancanza di rispetto nei loro confronti.

«Li abbiamo protetti e aiutati per cosa? Venire ignorati e dimenticati non appena scoprono come accendere il fuoco da soli?», sbottava infatti, senza nascondere il suo malcontento. Il suo carattere, un tempo impetuoso ma anche maliziosamente giocoso, si era incupito e quelle parole sembravano la prova del suo mutamento. L’unica sua soddisfazione, o più che altro consolazione, sembrava risiedere nel Culto dell'Ardente, che alcuni mortali seguivano quasi con fanatismo. E Shiva, che ancora nutriva dei sentimenti per Ifrit, non poteva negare di sentirsi in colpa nei suoi confronti, né poteva in alcun modo rendere meno opprimente il tradimento verso l'Ardente. Pur parlandosi ormai raramente, lei e il suo compagno erano ancora legati l'uno all'altra, ma era come se la passione di qualche secolo prima si fosse addormentata.

L’avrebbe potuta paragonare ad un vulcano, pronto a esplodere da un momento all’altro e a portare con sé distruzione e dolore con la sua lava ardente.

Sarebbe stato inevitabile, una tragedia quasi annunciata che la Dea sperava di poter evitare. In fondo, per Ifrit l’esistenza di Hyperion sarebbe durata come la neve con l’arrivo della primavera. Probabilmente non si sarebbe mai accorto di niente, o almeno erano quelle le speranze di Shiva quando permetteva ai suoi pensieri di indugiare sul suo antico compagno e sulle conseguenze del suo atteggiamento egoistico.

In fin dei conti però, lei aveva a disposizione una sola vita mortale da passare insieme a Hyperion, un nonnulla in confronto alle infinite lune che lei e Ifrit erano destinati a trascorrere fianco a fianco.

Una carezza la distolse dai suoi pensieri e, inclinando il capo verso il calore emanato dal palmo ruvido di Hyperion, Shiva provò a scacciare via il fantasma di Ifrit. Piegò le labbra in un sorriso che sembrò specchiarsi nello stesso viso dell’uomo, steso sul prato accanto a lei.

Il cielo azzurro, macchiato di candide nuvole, si perdeva fin oltre l’orizzonte delimitato dalle montagne di Solheim che creavano una culla quasi naturale, attorno al placido laghetto che avevano scelto come meta per la giornata.

La quiete che regnava sovrana in quel luogo sembrò tuttavia venire rovinata da un ulteriore peso che andò ad aggiungersi nell’animo della Dea: quello del fantasma del tempo, che la perseguitava con crudeltà.

Erano già trascorsi tre mesi dalla Festa d’Inverno che aveva visto nascere il loro amore e si trovavano ormai alla vigilia dei Riti della Primavera, che avrebbero aperto le porte ad una stagione mite che avrebbe fatto fiorire tutta Eos.

Troppo veloce ”, si diceva sempre, “ il tempo scorre troppo velocemente ”.

Nessuno tra i Siderei aveva l’abilità di ghermire il tempo e di fermarlo a proprio piacimento, e mai come in quei momenti Shiva si sentiva impaurita anche solo dal susseguirsi dei giorni.

«Lo stai facendo ancora», mormorò Hyperion e la Dea, aggrottando un poco le sopracciglia, rivolse all’uomo le sue attenzioni.

«Cosa?», domandò piano, come se un tono di voce troppo alto potesse spezzare quel momento di pace.

«Ti perdi nei tuoi pensieri e… non sai cosa darei per poter sapere a cosa pensi in questi momenti!», le confidò Hyperion, muovendo il pollice in una tenera carezza sulla guancia fredda di Shiva, «Il tuo sguardo si fa distante, come se tu fossi in grado di viaggiare per mondi e mondi con i tuoi pensieri… e talvolta arrivo a temere che un giorno riuscirai ad andare troppo lontana e che io non sarò capace di raggiungerti».

Shiva rimaneva spesso sorpresa dalla sensibilità che l’uomo era solito mostrare più e più volte nei suoi confronti. Era totalmente all’oscuro della sua natura divina, eppure il suo inconscio sembrava percepire in lei quel potere, anche se non riusciva a dargli un nome. Forse erano solo semplici ma dolci chiacchiere, frasi mormorate con il solo intento di essere piccole tenerezze tra due amanti, ma era comunque sorprendente come Hyperion riuscisse ad utilizzare quelle parole con un velo di verità.

La Dea posò allora la mano su quella dell’uomo, lasciando che la sua pelle si scaldasse contro quella dell’altro.

«Non andrò da nessun’altra parte», rispose, «starò con te fino alla fine», aggiunse sincera, chiudendo gli occhi per accettare le labbra di Hyperion sulle sue.

«Sono fortunato ad averti incontrata», aggiunse, muovendo ancora la bocca contro quella di Shiva ad ogni parola, facendo scivolare poi la mano dietro la nuca della Dea per poterla avvicinare ulteriormente a sé.

«Anche io, Hyperion», soffiò lei senza esitazioni, abbracciandolo e chiudendo fuori da quella piccola bolla di felicità tutto ciò che rischiava di farla scoppiare.


------

La Notte delle Candele era una delle festività più antiche di tutta Eos. Persone da ogni Regno, da quello grande e ricco di Solheim a quelli che stavano lentamente crescendo sotto l’ombra del lucente gioiello di Eos, raggiungevano mari, laghi e fiumi per poter trasformare ogni singolo specchio d’acqua nell’incarnazione del cielo, con migliaia di candele a raffigurare le stelle.

Shiva aveva assistito a quel cerimoniale sin dall’alba dei tempi, quando un intero villaggio aveva riempito il mare di lumi per mostrare la via di casa a una barca di pescatori che, durante una tempesta, sembrava aver perso la rotta. Ogni candela raffigurava una preghiera per Leviathan che, alla fine, mossa dalle loro incessanti richieste e dallo sforzo di quei mortali, aveva fatto in modo che le correnti spingessero l’imbarcazione dispersa fino a casa - «Non lo faccio per aiutarli, ma perché così la smettono di assillarmi», aveva detto quella volta la Dea con un tono irritato e forse anche un pizzico imbarazzato, che aveva fatto sorridere tutti i suoi compagni.

Da quella notte, ogni anno, le persone avevano continuato ad omaggiare l’Abissale in quello stesso modo, e anche se la storia di quel villaggio di pescatori era andata persa nel tempo, quel gesto di rispetto era rimasto immutato … se non un poco romanzato con un tocco di poesia che Shiva, da quando aveva conosciuto Hyperion, non disdegnava.

Trascorrere la Notte delle Candele insieme a quell’uomo era un’esperienza che la Dea avrebbe voluto ripetere all’infinito, perché Hyperion esplodeva di vitalità alla vigilia di quella notte. Si entusiasmava alla sola idea di poter fabbricare per sé e per Shiva le candele - come tradizione voleva, anche se ormai molta gente preferiva acquistarle -, e il suo sguardo brillava quando finalmente poteva accenderle con la sua compagna e lasciarle navigare nel mare.

«È una notte magica, Daya!», aveva dichiarato solo qualche minuto prima mentre, tenendola per mano, la conduceva verso la spiaggia e Shiva, con un sorriso naturale sulle labbra, pensava che ancora una volta Hyperion avesse ragione ma non per i motivi che pensava lui. Perché per la Dea, la magia di quei momenti non riguardava i lumi galleggianti come stelle nel mare della notte, ma semplicemente sola e gioiosa presenza del suo compagno.

Trovarono uno spiazzo nell’ampia spiaggia a nord di Solheim, le cui calme acque iniziavano già a brillare con le migliaia di candele che la popolazione affidava alla corrente.

Si concessero entrambi un attimo per osservare quello spettacolo, e prendendo le rispettive candele le accesero in uno dei numerosi falò che, sparsi lungo tutto il litorale, illuminavano l’intera spiaggia. Si avvicinarono alla riva l’uno accanto all’altra, ma prima che Shiva potesse mettere la sua candela in mare nella sua barchetta in legno, Hyperion la fermò.

«Sai… è in notti come queste che... vorrei chiederti di sposarmi».

Una terza candela, ancora spenta, era stretta nella mano libera di Hyperion. La voce dell’uomo tremava incerta, come se volesse parlare con un tono scherzoso per proteggersi dal rifiuto, eppure la Dea sentì al tempo stesso una nota decisa, come durante la Festa d’Inverno di pochi mesi prima. Totalmente impreparata a quell’innocente proposta, Shiva si sentì investita da delle sensazioni contraddittorie l’una con l’altra. Non poteva unirsi con un mortale, c’erano già tante cose che non avrebbe potuto fare con Hyperion, eppure erano lì insieme.

«Io…», esitò per la prima volta da quando aveva accettato quella relazione con tutte le sue conseguenze.

«Non devi per forza dire sì! Anzi: non devi proprio! È solo una follia! Mi sono lasciato trasportare dalla situazione! Lascia perdere, Daya! Ignorami! Sì: ignorami!», iniziò a blaterare rapidamente l’uomo e Shiva, davanti a quell’eruzione di parole, trovò impossibile non ridere. Era l’unico in grado di farla sentire in quel modo, era capace di dissipare in un solo momento ogni suo dubbio e a confermare quei forti sentimenti che facevano sentire Shiva viva.

Un battito d'ali, la vita di una farfalla ”, era quella la durata dell'esistenza di Hyperion… lei sentiva di volerla vivere fino in fondo.  Con l’animo più leggero e un sorriso sulle labbra, la Dea prese la terza candela dalla sua mano.

«Se me lo chiedessi, accetterei».

La voce di Hyperion si spense lentamente mentre sul suo viso appariva un’espressione felice e sorpresa, del tutto impreparata alla risposta appena ricevuta.

«Davvero?»

«Davvero, Hyperion. Desidero sposarti. Ora».

«Ma… non abbiamo nessun testimone e…»

Shiva rise ancora. Lei era un essere immortale che aveva visto quelle terre venire create dal Nulla, aveva visto innumerevoli lune susseguirsi l’una dopo l’altra, aveva visto guerre e lunghi periodi di pace. Aveva provato amore e passione per Ifrit, affetto per gli altri suoi compagni e compassione per i mortali, ma solo con Hyperion si sentiva una donna e poteva sentire emozioni che fino a quel momento le erano state precluse dalla sua divinità.

«Mi hai chiesto di sposarti tramite la Cerimonia della Luce e non hai organizzato niente?»

«Credevo rifiutassi, Daya!», si difese lui, divertito a sua volta dalla situazione nella quale si era cacciato, «O che, nella migliore delle ipotesi, mi avresti detto: non stanotte!»

«Per me, ogni momento è quello giusto con te», rispose la Dea sorridendo.

«E i testimoni?»

«Gli Dei saranno i nostri testimoni allora», concluse Shiva in una mezza verità che, anche se avrebbe voluto ignorarla, la rendeva inquieta. Solo lei avrebbe fatto da testimone a quell’unione e sperava con tutto il cuore che nessun’altro dei suoi compagni avesse intenzione di assistere a quel momento, perché non era pronta ad affrontare le conseguenze del suo gesto.

Hyperion parve pensarci un poco prima di annuire.

«Suona bene», ammise sorridendo, senza però riuscire a nascondere l’emozione.

La Cerimonia della Luce era uno dei tanti rituali che i mortali utilizzavano per unirsi agli occhi dei Siderei, un modo per legare le loro anime in un modo romantico e spirituale.

Vicini alla riva del mare, illuminati dal falò e dalle candele che stringevano tra le dita, tennero nella stessa mano la terza candela ancora spenta. Le loro mani, incrociate sulla cera candida del lume ancora senza vita, trasmettevano emozione e nervosismo.

« Daya, questa candela rappresenta il mio amore per te, ed è ad essa che affido il mio cuore e la mia anima », esordì Hyperion dopo un momento di solenne silenzio, volto a evitare che la sua voce tremasse troppo. Tuttavia la voce, a causa dell’emozione, sembrò mancargli e fu costretto a prendere un profondo respiro prima di proseguire.

« Prego i Sei affinché la sua fiamma bruci come il fuoco dell'Ardente e che sia forte e indomabile come l'Immane ».

Shiva ascoltò le sue parole, cercando di ignorare il disagio nel sentire nominare Ifrit. Allontanò quel pensiero con decisione, determinata a non rovinare quel momento con i suoi sensi di colpa e le paure che, per quanto fondate, non erano ciò che desiderava provare in quell’istante. Egoista, bugiarda e traditrice, erano quelle le parole con le quali Shiva era solita descriversi in quegli ultimi anni. Eppure, era anche felice.

Strinse le labbra permettendo alle parole del rito di scivolare fuori dalle sue labbra dopo qualche momento di esitazione.

« Hyperion, questa candela rappresenta il mio amore per te, ed è ad essa che affido il mio cuore e la mia anima. Prego i Sei affinché la sua fiamma venga protetta dalla compassione della Glaciale e che cresca guidata dalla stessa saggezza del Tonante », esalò, incatenando lo sguardo con quello dell’uomo. Iniziarono poi a parlare insieme, portando le mani con le candele accese verso lo stoppino ancora spento dell’altra.

« Affidiamo questa candela all'Abissale e alle sue acque, e come la luce dell’Illuminato, in grado di dissipare anche l’oscurità, chiediamo ai Sei di illuminare il nostro cammino e di condurci sempre a casa », pronunciarono con calma il loro giuramento, osservando la fiammella della candela prendere vita. Si chinarono entrambi posando con delicatezza il lume sulla piccola barchetta di legno che l’avrebbe sostenuta nel suo viaggio per le correnti.

« Con questo gesto, io ti sposo Daya. La mia vita ti appartiene, ora e per sempre ».

« Con… questo gesto, io ti sposo Hyperion. La mia vita ti appartiene, ora e per sempre », rispose anche Shiva, spingendo la candela verso il mare.

La osservarono, quasi con il fiato sospeso, superare le piccole onde che si creavano in riva e una volta oltrepassato quel primo ostacolo, la Dea si voltò verso Hyperion. Lesse nei suoi occhi non solo il sollievo, ma anche una felicità infinita: un’emozione talmente genuina e forte da non trovare una descrizione. Quei sentimenti si riversarono subito anche nell’animo della Glaciale, rendendolo leggero come una piuma.

«Posso baciare la mia sposa?», domandò l’uomo a quel punto.

«Permesso concesso», rispose con un sorriso la Dea, chiudendo gli occhi e accettando le labbra di Hyperion. Neanche un’ora prima quelle stesse labbra avevano definito quella notte come magica e Shiva, ancora una volta, si sentiva pronta a dargli ragione.

Quella notte, la Notte delle Candele, era davvero magica e lei, in quell'attimo rubato alla sua vita immortale, sentiva che l'avrebbe per sempre ricordata in quel modo.

 




Note Finali:

- Riti della Primavera -> Riti che si svolgono nei sette giorni precedenti all’Equinozio di Primavera (13-20 Marzo).
- Notte delle Candele e la Cerimonia della Luce -> Festività che cade il primo di Maggio. Durante questa notte le persone devono costruire (o comprare) delle candele che, dopo l’accensione, vanno lasciate in mare o nei fiumi o in un qualsiasi specchio d’acqua. Durante questa notte le coppie di innamorati possono unirsi in matrimonio attraverso la Cerimonia della Luce, tramite questo rituale la coppia si giura amore eterno mentre insieme accendono la stessa candela. In questo modo si possono definire sposati agli occhi degli Dei. Questo cerimoniale di matrimonio è ispirato al Rito della Luce/Rito delle Candele che è un matrimonio spirituale. Le parole del rito sono opera mia!
   
 
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