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Autore: nikita82roma    28/07/2017    3 recensioni
Castle è negli Hamptons. Un momento per riflettere su alcuni aspetti della sua vita.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gina Cowell, Rick Castle
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda stagione
- Questa storia fa parte della serie 'Partner in Crime. Partner in Life'
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Rick amava la sua villa negli Hamptons. Era il posto dove gli piaceva rifugiarsi quando doveva scappare da qualcosa: donne, madre, Paula, scadenze, vita vera. Era il suo momento di evasione totale. Quella villa per lui voleva dire tante cose e pochi lo avevano capito, perché vedevano in quell’enorme edificio solo la realizzazione della sua megalomania: se qualcuno gli avesse chiesto quanto era grande o quante camere da letto avesse, probabilmente non avrebbe saputo rispondere, al massimo poteva dire che aveva due piscine, perché aggiungerne un’altra, in un’area più appartata e lontana da sguardi indiscreti, era stata una sua specifica richiesta quando aveva cominciato i lavori dopo averla acquistata, così come quella di ampliare quel portico dove adesso stava guardando il sole che di lì a poco sarebbe tramontato. Quello era il posto che gli piaceva di più, perché da lì poteva vedere l’oceano ed era abbastanza vicino che quando c’era silenzio, la notte, ne poteva sentire il rumore delle onde infrangersi sulla costa, ma abbastanza lontano da sentirsi al sicuro, quelle ricerche sugli tsunami fatte per un romanzo poi mai pubblicato gli avevano fatto venire una specie di fobia per le case troppo vicino al mare. Da lì, invece, dall’alto di quella collinetta dove sorgeva la sua villa si sentiva al sicuro e non rinunciava al paesaggio, non poteva volere nulla di più quando nelle sere d’estate si fermava a sorseggiare un bicchiere di qualche ottimo whiskey ricercato e la brezza accompagnava i suoi pensieri.

Sua madre vedeva in quel posto un ottimo luogo dove andare a rilassarsi e negli ultimi anni avevano trascorso lì tutte le estati insieme ad Alexis che fino a poi tempo prima adorava quel luogo, ma adesso che stava diventando grande, cominciava ad andarle stretto: anche se in una splendida villa che tutti sognano, fare le vacanze con la nonna ed il padre non era il massimo per lei che preferiva stare con i suoi amici e divertirsi, anche in uno squallido campeggio. La sua bambina stava crescendo e per Rick era difficile farsene una ragione, perché per lui era sempre quel frugoletto dai capelli rossi che gli avevano messo in braccio appena nata e nella sua mente lei aveva sempre bisogno delle sue attenzioni e delle sue cure, esattamente come allora, anche se stava diventando una donna.

Per Gina, la sua ex moglie, quella casa negli anni in cui erano stati sposati, invece, voleva dire solo una cosa: party. Adorava in estate quando la zona era popolata da tutto il jet set della città organizzare delle feste che diventavano dei veri e propri eventi mondani. Lei indubbiamente ci sapeva fare e le sue conoscenze tra i giornalisti l’aiutavano ad avere ancora maggior risalto ed attenzione, tanto che l’ultimo anno prima che si separassero, ricevere un invito per la festa di fine estate alla villa di Castle era diventato motivo di vanto. Gina ne era entusiasta e gli ripeteva sempre che tutto quello era solo pubblicità gratis per lui ed i suoi libri, perché loro non dovevano vendere solo i suoi romanzi, ma tutto il pacchetto Richard Castle.

I suoi amici scrittori, invece, lo prendevano spesso in giro, perché dicevano che erano entrate più donne in quella villa che in quella di Hugh Hefner e non poteva negare che ce ne aveva portate molte per dei weekend molto piccanti poche ragazze dicono di no una volta arrivate lì, anche se lui da galantuomo, dopo aver fatto fare loro il giro della casa, le portava al piano superiore, chiedendogli in quale camera preferissero dormire, mostrando loro una tra le tante libere, ma la risposta era sempre la stessa, nella sua e lui non aspettava altro per accontentarle. Si godeva la vita con tutti i suoi piaceri e le donne erano sicuramente uno dei più grandi, soprattutto quando aveva deciso che non voleva più implicazioni sentimentali, storie serie e cose del genere. Due matrimoni finiti alle spalle prima di fare quarant’anni erano un bottino decisamente poco invidiabile e lui li considerava i suoi più grandi fallimenti, anche più di quel primo romanzo stroncato da tutta la critica e le case editrici. Aveva deciso quindi che l’unica donna della sua vita sarebbe stata sua figlia, Alexis e ne era stato convinto, almeno fino a qualche tempo prima, fino a quando l’idea di qualcuna di diverso dalle donne che aveva sempre frequentato non era entrata nella sua mente, di qualcuna con cui sarebbe veramente potuto essere tutto diverso, perché lui sentiva così. Ne era certo, ma le sue certezze si erano più volte scontrate con una realtà che diceva altro ed allora aveva quasi finito per arrendersi all’evidenza dei fatti che le sue, forse, erano solo fantasie che poteva al massimo mettere nero su bianco sui suoi libri. Così si era detto di non pensarci più, di andare avanti con i suoi propositi, o quasi.

Ora era lì, nella sua grande bella villa ad inizio estate, quando ancora la maggior parte dei vip non popolavano quelle zone e tutto era decisamente fin troppo tranquillo, ma non lo sarebbe stato per molto. Nessuno gli aveva mai chiesto cosa rappresentasse quel posto per lui, forse tutti lo davano per scontato, comprese sua madre e sua figlia, o forse a nessuno interessava. Si chiese anche se mai avrebbe detto la verità se qualcuno glielo avesse domandato e la risposta era che probabilmente no, non lo avrebbe fatto, perché essere sincero voleva dire spogliarsi della sua immagine e mostrare se stesso. Non era pronto a farlo, nemmeno con le persone più vicine a lui, perché avrebbe dovuto ammettere troppe cose di sé che aveva sempre tenuto dentro.

Quella villa era stato il suo modo di dire al mondo che ce l’aveva fatta. Che lui Richard Alexander Rogers, ancora prima di Richard Edgar Castle, ce l’aveva fatta, era arrivato lì, dove arrivano quelli che raggiungono i massimo. Era diventato uno scrittore di successo, di Best Sellers, i suoi libri vendevano centinaia di migliaia di copie e se contava tutti quelli che aveva venduto erano svariati milioni, tradotti in tutto il mondo. Ci era riuscito ed aveva bisogno di qualcosa di tangibile per dimostrarlo. Il loft a New York era stata la prima cosa che aveva comprato quando aveva incassato i primi assegni a sei zeri dalla sua casa editrice, perché anche uno che viveva sempre nel suo mondo come lui come prima cosa aveva pensato alla stabilità, una casa, una bella casa, in un bel posto, per lui e per sua figlia e poi si era aggiunta anche sua madre, ma quello era un dettaglio secondario. Poi si era cominciato a togliere qualche sfizio ed il primo era stato il sogno di ogni ragazzo: comprarsi una Ferrari e lo aveva fatto, una fiammante auto sportiva rossa di quelle che quando era adolescente e ne vedeva ferma una, si fermava estasiato a guardarla chiedendosi se mai ne avrebbe guidata una. Non solo l’aveva guidata, ma in quel momento era parcheggiata proprio davanti l’entrata della villa. Già, quella villa.

Quando aveva firmato il contratto gli tremavano le mani come quando aveva firmato il primo per la sua casa editrice perché in quel mondo dove contava sempre di più apparire, avere una casa lì negli Hamptons era dire al mondo “Ehy voi, guardatemi. Sono Richard Castle e sono uno di voi!”. Si era ritrovato come vicini di casa persone che vedeva solo alla tv fino a poco prima e che ora lo salutavano cercando loro di attaccare bottone con lui, con quel ragazzo che nonostante nessuno credesse in lui, nemmeno sé stesso a volte, era arrivato al top.

Se qualcuno glielo avesse detto a quell’adolescente un po’ scapestrato gli avrebbe riso in faccia. Invece lui nonostante tutto ce l’aveva fatta. Nonostante i “non ce la farai mai” di qualche professore che lo aveva mortificato, nonostante quel padre che non aveva mai conosciuto e nemmeno sapeva chi fosse, nonostante si fosse ritrovato solo poco più che ragazzo con una figlia da crescere ed una moglie che lo aveva tradito e lasciato per fare carriera, nonostante sua madre che aveva sempre fatto il possibile per dargli tutto quello di cui aveva bisogno, ma che a volte si dimenticava che magari avrebbe solo avuto bisogno di una madre che non lo lasciasse tutta la notte a dormire in un camerino tra piume e chiffon. Eppure non poteva rimproverare niente a quella donna che non si voleva arrendere al tempo che passava e viveva ancora in quel mondo che invece già da un bel po’ era stato fagocitato dal tempo che macinava tutto e tutti, inesorabile. Lei, attrice di teatro di quelle che ormai non c’erano più, come quel teatro classico che era diventato sempre più di nicchia, vecchio avrebbe detto qualcuno con poco tatto, per amanti del genere, messo in un angolo dai grandi musical che attiravano il pubblico e dagli spettacoli d’avanguardia che venivano elogiati dalla critica. Lei che non si arrendeva al fatto che al cinema, per lei, non ci fosse più spazio, troppo anziana per i ruoli da diva, troppo eccentrica per quelli di una donna della sua età, in quel mondo ormai dominato da 3D, supereroi di ogni genere ed eroi fantasy, lei che non capiva perché le grandi produzioni non facessero più “quei bei film di una volta” e tutte le volte che andava a fare un provino e non veniva presa, tornava a casa incolpando questo e quello, ma con una vena di malinconia negli occhi che lui avrebbe voluto cancellare, pensando amaramente che forse avrebbe barattato un po’ del suo successo per farne avere di nuovo a sua madre. In quella villa c’era tutto quello, il suo senso di rivalsa sul mondo e sul destino. Era stato più forte lui.

Rick sentì il fruscio della porta che dava sulla veranda aprirsi e poi il rumore dei tacchi sul pavimento di legno. Sentì il calore di un corpo che si avvicinava e poi due mani che lo abbracciavano da dietro, posandosi sui suoi pettorali.

- A cosa stavi pensando? - Gli chiese la donna alle sue spalle.

- A questo posto. - Rispose lui.

- Ti è sempre piaciuto eh? Anche a me, se devo essere sincera.

- Sì, lo so. Le tue feste se le ricordano tutti qua intorno. - Rick si voltò verso la donna bionda che lo stava abbracciando e nel sentirlo muovere lasciò la presa. Si alzò in punta di piedi e lo baciò sfiorandogli le labbra.

- Potremmo darne un’altra tra qualche tempo tanto staremo qui tutta l’estate, che ne dici? - Gli chiese Gina che già fremeva per poterlo fare ed era certa che lui non le avrebbe detto di no, non lo faceva mai per queste cose.

- Mi pare una buona idea. - Si mostrò accondiscendente.

- Sarà un ottima occasione anche per annunciare che stai completando il tuo nuovo libro della saga di Heat, perché tu lo completerai in queste settimane, vero? - Chiese minacciosa.

- Ma certo, siamo venuti qui per questo no?

- Speravo fossimo venuti anche per altro… - Gli disse maliziosa la sua ex moglie.

- Naturalmente, anche per altro. - Fu lui a baciarla questa volta lasciandole poi una carezza sul volto.

- Sai che i tuoi occhi hanno lo stesso colore dell’oceano Richard?

- Non ti ricordavo così romantica, Gina! - Esclamò lui abbozzando un sorriso.

- Nemmeno io ricordavo te così malinconico. Che succede?

- Nulla, te l’ho detto stavo solo pensando. - Provò a rassicurarla, con scarsi risultati.

- A qualcuno rimasto a New York? Avresti voluto essere qui con qualcun’altra, eh? - In fondo lo sapeva, ma sperava che non fosse così.

- Nessun altra mi avrebbe imposto di scrivere come farai tu ed io devo finire il libro, no? - Sorrise ancora lui eludendo la sua domanda.

- Cosa pensi che siamo noi adesso Castle? Hai detto che ci vuoi riprovare però…

- Siamo sempre andati male con le definizioni, Gina. Siamo stati insieme più tempo senza dirci cosa eravamo che da marito e moglie. Non mi chiedere di prometterti qualcosa, non siamo riusciti a mantenere nemmeno le promesse del nostro matrimonio. Stiamo bene insieme, ci capiamo, lavoriamo alla grande ed anche in altre occasioni direi che abbiamo un’ottima intesa. Direi che per ora possiamo farcelo bastare no? - Lei lo guardò sorridendo al suo occhiolino malizioso.

- D’accordo Richard, per ora possiamo farcelo bastare.

 

Quella sera uscirono a mangiare in un ristorante poco distante da lì, uno dei più alla moda della zona, frequentato da chiunque ricercasse mondanità ed una copertina sui giornali. La sua Ferrari nel parcheggio si mimetizzava con le altre parcheggiate, cosa che non gli capitava molto spesso. Era uno dei ristoranti preferiti dalla sua ex moglie e da quando si era separato da Gina non c’era più stato, non perché quel posto gli facesse venire alla mente ricordi nostalgici, semplicemente perché secondo lui c’erano molti altri posti dove si poteva mangiare meglio in ambienti decisamente più accoglienti di quello così formale, ma fece buon viso a cattivo gioco, non voleva passare per il guastafeste né lo scorbutico ed evitare che Gina riprendesse il discorso su quanto fosse cambiato ultimamente. Però, durante la cena, mentre il cameriere gli serviva il suo piatto illustrandogli in contenuto con un lunghissimo discorso, molto più di quanto in realtà avrebbe mangiato viste le porzioni decisamente mignon, non poté evitare di pensare a quel ristorantino sul mare dove il cameriere gli diceva cosa avevano pescato quel giorno. Pensava che Gina lo avrebbe odiato e che invece lui sapeva esattamente chi lo avrebbe amato, come lui.

Tornarono a casa, non prima di essersi concessi all’uscita all’unico fotografo presente quella sera lì. Un paio di scatti e già immaginava i titoli dei giornali: Richard Castle e la sua ex moglie di nuovo insieme. Lo aveva messo in preventivo, ma gli sembrava comunque strano e sbagliato.

Chiacchierarono in macchina del più e del meno mentre tornavano alla villa ed alla fine il discorso cadeva quasi sempre sul lavoro. Inevitabile. Appena entrati Rick sospirò un po’ più profondamente e rumorosamente di quanto avrebbe voluto.

- Che c’è Richard? - Gli chiese Gina.

- Nulla. - Rispose evasivo, come sempre. La sua ex moglie, allora, gli si avvicinò cominciando a sbottonargli lentamente la camicia.

- Ho in mente un modo molto interessante di finire la serata, lo vuoi scoprire? - Gli propose languidamente sussurrandogli all’orecchio quelle parole.

- Con molto piacere… - Disse lui lasciandosi trasportare solo dai sensi, provando a spegnere tutto il resto.

- Allora andiamo di sopra, c’è tanto da esplorare… - Lo prese per mano conducendolo verso le scale, ma quando mise il piede sul primo scalino Castle si fermò all’improvviso.

- Tu ti sei mai chiesta perché io amo così tanto questo posto? - Le chiese prendendola in contropiede.

- Perché in quale altro posto meglio che qui puoi dare sfogo alla tua megalomania?

- Giusto, in quale altro posto? - Aveva risposto come tutti, nonostante fosse una delle poche persone a sapere la sua storia, conoscere le sue paure. - Mi è venuta un’idea per il libro! - Esclamò lasciando la sua mano e le sue voglie. Gina lo guardò incredula.

- Vuoi scrivere ora? - Gli chiese perplessa.

- Sono qui per questo. E poi lo sai, quando mi viene un’idea fino a quando non la scrivo, non posso pensare ad altro!

Era già andato in sala e si era buttato sul divano con il computer portatile sulle gambe. Aveva aperto il programma di posta elettronica, cominciando a scrivere senza fermarsi.

 

Ciao Beckett,

Come vanno le cose in città? Io sono nella mia villa negli Hamptons. Sai, è una villa enorme ed è forse uno dei posti che amo di più al mondo, per questo avrei voluto che tu venissi con me, volevo mostrartela, ma capisco che non sta bene visto che tu ora stai con Demming.

Sai perché questo posto mi piace così tanto? Perché è un posto importante, è un simbolo. È il simbolo che io ce l’ho fatta, che sono arrivato dove nessuno credeva che potessi arrivare, ma se senti chiunque ti dirà che mi piace solo perché sono un megalomane. Forse lo penseresti anche tu o forse no…

 

- Allora Richard, ti va di farmi leggere questo capitolo che non vedevi l’ora di scrivere? - Era mattina già da un po’ quando Gina era scesa. Rick si era già svegliato, non appena le luci del giorni avevano invaso la sala. Si era addormentato lì sul divano dopo aver finito di scrivere una lunga mail a Beckett che non aveva mai inviato, anzi appena finito di scriverla l’aveva immediatamente cancellata e poi era rimasto lì a pensare fino a quando non era crollato.

- Oh, mi sono accorto che poi non era così buono e l’ho cancellato. - Disse lui alzando le spalle.

- Cosa? Hai scritto per una notte intera e poi cancellato tutto? - Esclamò lei contrariata

- Capita! - Disse lui senza farne un dramma, alzandosi a prendere una tazza di caffè dal bollitore.

- Cosa vuoi fare oggi? - Gli chiese Gina già impaziente.

- Proverò a scrivere un capitolo migliore, sperando che così ti calmerai - Disse lui sorridendo, ma Gina scosse la testa contrariata.

- Io andrò a farmi un bagno in piscina e tu vedi di non cancellarlo prima di farmelo leggere questa volta! - Lo redarguì e lui la prese in giro mettendosi sull’attenti.

Rimasto solo aprì il portatile questa volta su una pagina bianca fissando per un po’ il cursore che lampeggiava. Non sarebbe stato giusto dire quelle cose a Kate in quel momento, non lo sarebbe stato né per lui né tantomeno per lei. Gli dava l’impressione che fosse come un metterle pressione e non voleva farlo. Si erano dati appuntamento per l’autunno, si sarebbero rivisti e chissà se le cose sarebbero state uguali o diverse, se quello che sentiva dentro per lei si sarebbe affievolito o quei mesi senza vederla avrebbero aumentato solo la voglia di lei. Chissà se Demming ci sarebbe sempre stato, se sarebbe diventato qualcosa di più serio e quel pensiero gli diede naturalmente fastidio.

No, non era giusto scriverle nulla di quel posto. Magari un giorno sarebbe riuscito a portarcela, a farle fare il giro della villa e sarebbe stato tutto diverso, come con nessun altra, perché era certo che lei avrebbe notato quello che nessuno aveva mai visto fino ad allora. Ed allora lì, seduti sul portico davanti all’oceano, lui le avrebbe detto perché quella casa era così importante per lui ed era certo che lei lo avrebbe capito.

   
 
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