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Autore: _Joanna_    28/07/2017    2 recensioni
Fan fiction ambientata durante la II guerra magica.
Una nuova minaccia si allunga su tutto il mondo magico, ancora più terribile di quella rappresentata da Lord Voldemort, che al momento regna quasi indisturbato, con l'unico intento di porre fine una volta per tutte alla vita del Ragazzo-che-è-Sopravvissuto.
Ma le cose stanno per cambiare: un nuovo personaggio entrerà in scena nella lotta per il potere e per la libertà.
Sarà forse uno dei nuovi servi del potente mago oscuro a rivoltarsi contro il suo padrone? E a cosa sarà disposto a rinunciare Voldemort pur di salvarsi?
*
Avvertimento: è tutto "lievemente" OOC
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Nuovo personaggio, Tom Riddle/Voldermort, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo, Da Epilogo alternativo
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1.1
Prologo


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Misurava la stanza a grandi passi. Il pavimento di dura pietra echeggiava in modo sinistro mentre Octavio lo calpestava, più violentemente di quanto avrebbe voluto. Di lì a poco avrebbe incontrato il famoso Signore Oscuro, Lord Voldemort. Aveva lavorato sodo per ottenere quel privilegio e intendeva sfruttare a pieno quella possibilità che avrebbe potuto essere l’unica. Non doveva fallire.

     Era giunto in Inghilterra solo qualche mese prima. Il potente Lord Voldemort aveva fatto ritorno e presto avrebbe recuperato il tempo perduto, avrebbe distrutto i suoi nemici e avrebbe preso il controllo assoluto sul mondo magico. Octavio non aveva resistito al richiamo di una forza così potente.
In verità, era partito con un doppio intento. Non era stato solo il desiderio di unirsi al grande mago oscuro a destare la sua attenzione. Le voci su Voldemort e sul piccolo Potter che era scampato alla sua maledizione avevano fatto il giro del mondo, anche se lui all’epoca non era altro che un bambino, ignaro del suo potere, della sua vera natura.

     Aveva passato i primi undici anni della sua vita in un anonimo e patetico paesino tra le montagne andaluse. Ogni giornata si svolgeva sempre allo stesso modo, ogni gesto, ogni parola, sempre uguali a sé stessi.
Poi, un mattino d’estate, Octavio aveva percepito qualcosa di diverso nell’aria, anche se non aveva davvero capito che cosa fosse, o a che cosa fosse dovuto.
Come ogni giorno si era alzato di buon ora. Si era lavato, si era vestito ed era uscito fuori, nel cortile che circondava il vecchio edificio rurale.
Nella piccola stalla adiacente, Maya, la vecchia mucca di famiglia, aveva girato il muso stanco nella sua direzione, avendolo sentito arrivare. Aveva un aspetto ancora più macilento del solito, evidentemente la sua ora sarebbe giunta molto presto.
Aveva sbrigato le sue faccende in fretta, ma il sole era già completamente sorto quando finalmente si era chiuso il recinto dell’aia alle spalle.
Era rientrato nella piccola cucina dell’abitazione, un locale umido e mal concepito. Sul tavolo rozzamente intagliato lo attendeva la sua misera colazione. Sua madre doveva già essere uscita per andare in paese.
Tuttavia, qualcosa aveva catturato la sua attenzione.
C’era un colombo bianco appollaiato sul davanzale della piccola finestra.
Octavio si era avvicinato per scacciarlo via, ma quello era rimasto immobile a fissarlo, minimante impensierito dall’umano che agitava le braccia minaccioso.
Ben presto Octavio aveva notato una busta. L’animale la tratteneva saldamente tra le sue zampette rosa e sembrava volesse invitarlo a prenderla.
Era di un bell’azzurro pastello e l’indirizzo era scritto in un elegante calligrafia dorata. Il colombo aveva quasi ammiccato prima di spiccare il volo. Octavio lo aveva seguito con lo sguardo, quindi aveva spostato la sua attenzione alla lettera.
Era indirizzata inequivocabilmente a lui, un fatto decisamente strano.
L’aveva aperta con le dita leggermente tremanti.
Proveniva da un’accademia, un istituto di cui Octavio non aveva mai sentito il nome.
Annunciava che era stato ammesso a quella che veniva descritta come “La Prestigiosissima Accademia di Magia di Beauxbatons”.
Octavio aveva strizzato gli occhi confuso, credendo di aver letto male, ma quando era tornato a osservare il testo, quello recitava ancora le stesse parole.
C’era anche un secondo foglio, scritto nella medesima calligrafia dorata. Era un lungo elenco di libri, oggetti e altre cose dai nomi sconosciuti. C’erano parole come “Incantesimi” , “Magia” e “Stregoneria”.
Octavio si era chiesto se non fosse per caso impazzito di colpo.
In fondo alla pagina, c’era una nota, scritta con un inchiostro di un viola acceso. Diceva “Tutti gli studenti che non possiedono una buona conoscenza della lingua francese sono obbligati a frequentare un corso della durata di due settimane che si terrà a Parigi. La data di inizio del corso verrà comunicata tramite piccione nei prossimi giorni”.
Insieme ai due fogli c’era anche un biglietto ferroviario dall’aria ufficiale.
Octavio era tornato a leggere sul primo foglio cercando una spiegazione, che infatti c’era. Il testo proseguiva: “Lo studente è pregato di recarsi alla stazione di Sevilla – Santa Justa, munito di tutto il materiale scolastico, il giorno 1 del mese di settembre. La partenza avrà luogo al binario 13 X”.
Che diavolo aveva appena letto?
Aveva deciso di attendere il ritorno dei suoi genitori. Si era seduto sulla staccionata che delimitava il piccolo podere, lo stomaco ormai completamente chiuso.
Circa un’ora dopo sua madre era tornata. Suo padre non era con lei, un fatto insolito perché la riaccompagnava sempre a casa con il suo piccolo furgoncino. Poi aveva capito il perché.
Sua madre non aveva fatto acquisti in paese, in compenso stringeva tra le mani una busta, la carta del medesimo colore azzurro della lettera che aveva ricevuto lui.
A quanto pareva, chi dirigeva l’istituto di Magia (davvero esisteva una cosa simile?) si era premurato di informare i suoi genitori che il loro unico figlio era un mago e che quindi era loro dovere permettergli di ricevere un’istruzione appropriata.

     Dopo lo shock iniziale, per Octavio era stato semplice adattarsi alla nuova realtà. In fondo lui lo aveva sempre saputo di essere diverso, migliore dei suoi coetanei Moldus.
Era questa la parola, Moldu, quella che i maghi usavano per definire una persona senza poteri magici, come i genitori di Octavio.
E così, una settimana dopo la prima lettera, ne era giunta un’altra. Il dieci di agosto sarebbe dovuto andare a Parigi per il “Corso di Francese Accelerato per Giovani Maghi Stranieri”, poi sarebbe ritornato a casa, avrebbe fatto i bagagli e sarebbe partito per Beauxbatons.

     Il corso si era tenuto in vecchio edificio nel cuore della capitale, in un palazzo lussuoso, dall’aria imponente, che però agli occhi dei Moldus appariva completamente abbandonato e in rovina.

      Anche il treno che lo avrebbe condotto all’Accademia era celato alla vista dei non maghi. Il binario non era segnato su nessuna mappa ferroviaria, ma a Parigi aveva ricevuto istruzioni precise su come raggiungerlo.
Era entrato in uno dei bagni della stazione, il più lontano dai binari, con un grosso cartello con scritto “Guasto” attaccato alla porta. Era talmente fetente che nessuno se ne sarebbe mai servito di sua spontanea volontà.
Oltre la porta dell’ultimo cubicolo, infine, si apriva finalmente la banchina del treno, gremita di maghi e streghe, giovani e non.
La grande locomotiva a vapore era azzurra, con vagoni di un bianco perlaceo. Gli scompartimenti erano riccamente decorati e a pranzo a tutti erano state servite delicate zuppe Vichyssoise, seguite da un vasto assortimento di formaggi francesi e, per ultima, un’abbondante porzione di Tarte Tatin.

     L’Accademia poi, era stupenda.
Era un bel palazzo dalle mura bianche, solide eppure leggere, quasi fosse stato semplicemente posato sulla soffice erba del vasto prato, pronto per sollevarsi in aria, fluttuando dolcemente tra le nuvole.
Appena scesi dal treno, gli studenti più grandi si erano diretti verso alcune carrozze, ciascuna trainata da splenditi cavalli alati dal manto palomino.
Octavio si era unito agli altri studenti del primo anno e, insieme, guidati da una strega in uniforme azzurra, avevano preso a salire il dolce rilievo che portava alla scuola.
Era stata una lunga scampagnata, ma il luogo era così pregno di magia che nessuno ci aveva fatto caso.
Una grande fontana si trovava nel centro esatto del parco e le sue acque zampillanti erano cristalline e sembravano brillare di luce propria.
Una volta varcato l’imponente portone dorato, erano stati introdotti in una grande Sala candida. Quelle che Octavio scoprì più tardi essere Ninfee dei Boschi, si erano messe a cantare al loro ingresso.
A quel punto era stato chiesto loro di disporsi in fila di fronte al resto della scuola.
Gli altri studenti erano ritti in piedi davanti ai lunghi tavoli di cristallo e avevano preso posto sulle lisce panche azzurre solo dopo che una gigantesca donna si era accomodata al centro del tavolo che si trovava in posizione rialzata e che sembrava abbracciare l’intero locale.
A quel punto la stessa strega che li aveva scortati fin lì aveva fatto cenno ad alcuni uomini di farsi avanti.
Erano in quattro, abbigliati in una perfetta uniforme azzurra, con il blasone della scuola ricamato sul petto e sul cappello da mago che portavano sotto il braccio.
Erano avanzati dal fondo della Sala, in formazione, due per lato, le bacchette puntate in avanti a sorreggere con fili invisibili un strano oggetto brillante.
Era un collare d’oro, tempestato di pietre preziose. Era rimasto a fluttuare davanti ai primini, finché la donna che dirigeva le presentazioni non aveva estratto un lungo rotolo di pergamena dorata, stendendolo poi delicatamente.
«Ora chiamerò i vostri nomi» aveva esordito «E una volta chiamati indosserete il Collare della Sapientiae, che vi assegnerà alle vostre Case» aveva detto. Tra i ragazzi più grandi era corso un mormorio eccitato.  
«Le Case della Nobile Accademia di Beauxbatons sono quattro e prendono il nome dai fondatori della nostra amata scuola. Il collare è stato incantato secoli fa perché potesse esaminare la magia degli studenti e tentare così di determinare le vostre qualità e attitudini» aveva proseguito.
«I nomi delle quattro Casate sono: Faucony, Renardge, Chien-Loupie e Cougarden {*}. Esse prediligono rispettivamente l’Acume, l’Ingegno, la Fedeltà e la Forza» aveva concluso.
Era stato chiamato il primo nome e uno dei ragazzini del primo anno si era fatto avanti, un po’ titubante. Aveva indossato il collare e dopo pochi istanti una lunga scia dorata si era snodata fino al tavolo più lontano e lettere brillanti aveva composto il nome della Casa Chien-Lupie.
Il ragazzino, ora felice, si era affrettato a seguire la scia luminosa che, nell’istante in cui aveva preso posto, era svanita.
Erano andati avanti allo stesso modo per quelle che a Octavio erano parse ore, finché la strega non aveva pronunciato il suo nome: «García Torres Octavio».
Lui si era fatto avanti e aveva imitato gli altri. Il contatto con il metallo gelido del Collare lo aveva fatto rabbrividire. Poi si era sentito investire da una strana sensazione, calda e umida, come se un lungo sorso di cioccolata bollente si fosse insinuato dentro di lui, nel suo stomaco, nelle sue viscere, invadendolo completamente. Era stato strano, ma anche piacevole. Per un attimo era stato come se una cappa fosse stata posta sopra di lui e attraverso di essa poteva vedere il resto della scolaresca osservarlo, i loro contorni non perfettamente a fuoco. Aveva visto una sorta di campo energetico avvolgerlo completamente, mentre la frastagliata immagine di uomo alto e imponente si componeva davanti ai suoi occhi, invisibile agli altri. Era strano, ma gli sembrava di conoscerlo.
E in attimo la scia dorata era corsa in mezzo alla sala, disegnando un nome nell’aria e, di colpo, così come si era formata, l’immagine e la cappa che lo avvolgeva erano svanite. Octavio aveva seguito la striscia luminosa fino al tavolo che ospitava i suoi nuovi compagni della Casa Cougarden.

     Si era adattato subito al nuovo ambiente, alle nuove persone e alle nuove cose che ogni giorno imparava. Nel giro di pochi mesi aveva fatto enormi passi avanti e in breve la differenza linguistica e di status (la maggior parte dei suoi compagni aveva almeno un parente magico) si era colmata, tanto che prima della fine dell’anno era diventato uno degli studenti più brillanti.

     Ma già dopo il terzo anno Octavio aveva cominciato a stufarsi di quel luogo così frivolo e molle. Aveva fatto amicizia con pochi ragazzi, gli unici che sembravano avere un qualche reale talento, mentre la maggior parte si limitava a scuotere le bacchette e a intontirsi con lo stucchevole cibo e le altre meraviglie fatate che popolavano il palazzo e che, per Octavio, avevano perso ogni attrattiva già da parecchio tempo.
I suoi sogni erano popolati dai mitici eroi che si trovavano sui libri di Storia della Magia, maghi e streghe potenti, che di certo non avevano perso il loro tempo e i loro anni migliori a fare incantesimi inutili.
E poi c’erano le storie su Harry Potter, un ragazzo che aveva sconfitto ad appena un anno di età il più grande mago oscuro del secolo. Octavio aveva immaginato più volte la vita meravigliosa che quel ragazzo stava ora vivendo. Doveva essere un mago estremamente potente e spesso Octavio si ritrovava a invidiarlo.
Poi, poco dopo la fine del suo quarto anno, la Professoressa Dubois, la sua Capo-Casa, era venuta a chiamarlo durante una noiosa lezione di Pozioni. Aveva l’aria contrita, un fatto molto insolito. Lo aveva condotto nel suo ufficio, senza dire una parola.
Lì ad aspettarli c’era l’enorme Preside, Madame Maxime, che con voce cupa lo aveva informato di un fatto terribile: i suoi genitori erano morti, la loro vecchia casa distrutta da un’esplosione. La bombola del gas era scoppiata durante la notte, riducendo in macerie la mal tenuta abitazione, seppellendo i suoi genitori tra le macerie.

     Quello era stato il segnale che Octavio aveva sempre aspettato senza saperlo. Terminato l’anno scolastico, aveva preso con sé solo le cose necessarie e aveva lasciato Beauxbatons per sempre.
Non vi avrebbe mai più fatto ritorno.
L’Accademia gli aveva ormai fornito tutto quello che poteva e Octavio era pronto per proseguire i suoi studi da solo, per perfezionarsi, per diventare a sua volta grande e potente.

     E così, quando le voci su Voldemort avevano ripreso a circolare, Octavio non aveva avuto alcuna esitazione. Voleva unirsi a lui, conoscerlo se ci riusciva, diventare suo allievo e apprendista.
Giravano molte storie sul suo conto e su quello di Harry Potter.
Erano molto discordanti tra loro, tanto che l’unica cosa che avevano in comune era il fatto che il potente mago si faceva chiamare Lord Voldemort (e questo non poteva di certo dirsi una novità) e che il Ragazzo Sopravvissuto, beh, non era altro che un ragazzo appunto.

     Gli ci era voluto qualche tempo per organizzare il viaggio.
Aveva avuto parecchi problemi a celare la propria vera natura, non solo agli occhi dei Moldus, ma anche a quelli delle autorità magiche: temevano che stesse compiendo incantesimi oscuri e proibiti. Octavio trovava divertente pensare quanto quegli sciocchi ci fossero andati vicini, senza però mai trovare prove per incastrarlo.
I burocrati, che esseri patetici.
Lord Voldemort li aveva spazzati via tutti una volta tornato al potere. Incredibile pensare che quegli incapaci del Ministero inglese fossero stati tanto ciechi da ignorare i segnali per un intero anno. Avevano lasciato via libera all’Oscuro Signore, che così ne aveva potuto approfittare per rafforzarsi e per raccogliere seguaci.

     Ad ogni modo, finalmente, in un caldo mattino di luglio, Octavio era sbarcato sulle coste inglesi.
Aveva cercato un posto tranquillo e fuori vista, quindi si era Smaterializzato ed era ricomparso a Londra. Non gli ci era voluto molto per trovare l’ingresso nel mondo magico, aveva estorto molte informazioni utili prima di avventurarsi fin lì.
La strada principale, che un tempo doveva essere stata colorata e piena di negozi stravaganti, ora era cupa e desolata.
Manifesti di ricercati erano appesi a ogni angolo, sovrapposti l’uno sull’altro, alcuni stracciati a metà.
Aveva visto tra tutti spiccare quello che ritraeva Harry Potter, il nome scritto a chiare lettere nere. Era un ragazzo dall’aspetto anonimo in effetti, poco più giovane di lui, con magnetici occhi chiari, forse verdi o azzurri, era difficile indovinarlo dall’immagine in bianco e nero.
Octavio sapeva che le apparenze spesso ingannavano e non si sarebbe fatto un’idea precisa sul ragazzo senza prima aver avuto modo di incontrarlo. Forse era stato sottovalutato, come spesso era accaduto a lui stesso.
Aveva gironzolato un po’ tra le vetrine distrutte. Il panorama tetro e grigio era spezzato solo dalla presenza di un edificio bianco come la neve, che stonava parecchio con i negozi bui che lo circondavano.
Tuttavia, non gli ci era voluto molto per trovare chi stava cercando.
Alcuni Ghermidori, attirati dall’improvvisa presenza estranea, lo avevano accerchiato e condotto immediatamente al Ministero.
Octavio non aveva opposto resistenza.
Una volta arrivato nell’edificio istituzionale, gli era stato chiesto di chiarire la sua posizione e le sue intenzioni.
Octavio sapeva già cosa rispondere e con calma accettò dare le informazioni che gli venivano chieste.
«Mi chiamo Killian Murphy e sono figlio di un Mago e di una Babbana» aveva detto, mentre quelli si affrettavano a verificare la autenticità delle sue affermazioni.
Lo erano.
Aveva ucciso un mago qualche settimana prima e ne aveva rubato le generalità.
Il suo inglese, poi, era perfetto: aveva avuto modo di affinarlo durante i suoi numerosi viaggi e infatti, nessuno sollevò dubbi.
«Sono qui perché ho sentito delle grandi azioni dell’Oscuro Signore e della sua grande potenza e voglio unirmi al suo esercito» aveva dichiarato senza mezzi termini. Odiava dover perdere tempo con inutili giri di parole, gli ricordavano i tempi passati a Beauxbatons, dove gli insegnanti sprecavano ore per dire in realtà molto poco.
A queste parole molti visi avevano annuito soddisfatti: c’era sempre bisogno di una bacchetta in più.
Gli avevano fatto altre domande, ma era una perdita di tempo necessaria, si era detto.
Infine aveva dovuto dare prova delle proprie abilità, che Octavio aveva volutamente tenuto a freno. Non voleva rivelare troppo. Non subito almeno.
Ad ogni modo, il tutto era stato pienamente soddisfacente.
Nella stessa giornata del suo arrivo, Octavio aveva ottenuto ciò che voleva: era stato assegnato a una squadra di Ghermidori, composta da una mezza dozzina di maghi dall’aspetto cattivo.
E ben presto avrebbe trovato il modo di distinguersi.
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Note

I nomi della Case sono un po’ bruttarelli, lo ammetto, così come quello del Collare (sigh!) ma non sono particolarmente brava a inventare questo genere di cose XD
Zia Row non ci ha detto praticamente nulla (o almeno io non so nulla) sull’organizzazione di Beauxbatons, perciò l’ho immaginata prendendo spunto da Hogwarts e da Ilvermorny.

Ad ogni modo tutti nomi delle Case prendono spunto dagli animali che io ho associato alle caratteristiche della Case, tradotti poi in francese (con qualche aggiunta per farli sembrare dei cognomi):

-    Faucony: (faucon) è la traduzione francese di Falco, animale nobile e divino che quindi simboleggia il “vedere oltre”. Indica la caratteristica principale dei membri della Casa, che sono molto sensibili agli aspetti nascosti della realtà e che dedicano molto tempo allo studio della Divinazione, oltre che di altre discipline, tutte però viste in un’ottica di indagine approfondita (per capirci un Indicibile probabilmente verrebbe smistato in questa Casa). Hanno dei tratti in comune con i Corvonero

-    Renardge: (renard) significa Volpe, animale ovviamente associato alla furbizia. Gli studenti di questa Casa hanno quindi caratteristiche comuni ai Corvonero e, a seconda dell’indole di ciascuno, anche alle altre Case di Hogwarts.

-    Chien-Loupie: (chien-loup) è la traduzione di cane-lupo e ho voluto associare l’aspetto di fedeltà del cane, unito però anche a una certa indipendenza (il lupo è un animale sociale, che trova forza nel branco i cui membri si aiutano a vicenda, ma può anche essere un leader forte che guida e protegge tutti, o può anche essere, raramente, solitario). Le caratteristiche di questa Casa la rendono quindi simile ai Tassorosso, ma anche ai Grifondoro.

-    Cougarden: (cougar) significa Puma. Simboleggia la forza appunto, ma è un animale ambiguo. I membri di questa Casa hanno un grande potenziale, anche se spesso tendono ad avere troppa fiducia in sé stessi e quindi il confine tra il Bene e il Male diventa molto sottile. Hanno perciò molti tratti in comune sia con i Serpeverde che con i Grifondoro.



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Angolo Autrice

Salve a tutti!
Ecco un’altra fan fiction partorita della mia mente un po’ bacata.
Spero davvero che il prologo vi abbia incuriositi e a breve pubblicherò il primo capitolo!

_Jo

  
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