Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Snow_Elk    28/07/2017    1 recensioni
L'amore. Un sentimento profondo, capriccioso, instabile. Un'emozione oscura, qualcosa che tutti cerchiamo. Anche Alan, uno studente universitario, lo sa bene. Pensava di averlo finalmente trovato, ma si sbagliava, tutto ciò a cui teneva è svanito, l'ennesima relazione "andata a puttane" come direbbe Phil, il suo coinquilino. Eppure, mesi dopo, Alan è ancora tormentato da strane visioni, da ricordi vividi e da lei, da quella stessa ragazza a cui aveva dato il proprio cuore. Perché l'amore può trasformarsi in odio, l'odio in consapevolezza e quest'ultima ci aiuta a crescere, a capire. Perché anche se un cuore è andato in frantumi può ancora battere, riecheggiando nel silenzio.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Fragments of a Silent Heart



Frammento V - Era solo un venerdì




- Dobbiamo parlare –  
- Di cosa? – mi chiede e rimango un attimo in silenzio.
- Di noi –
- Non c’è più un “Noi” Al – mi risponde e quella frase riecheggia nella mia testa più e più volte.
- Lo so – mi affretto a dire – Lo so… voglio solo chiarire alcune cose, tutto qui –
- Non possiamo farlo ora? – guardo fuori dalla finestra, ha smesso di piovere, per ora.
- No, preferisco parlare di persona, faccia a faccia –
- Ne sei sicuro? Avevamo detto che…-
- So cosa avevamo detto e sì, sono sicuro. Un solo incontro, non ci vorrà molto – mi stupisco della freddezza con cui sto affrontando la conversazione, meglio così.
- D’accordo, come vuoi – c’è freddezza anche da parte sua, è ironico pensare a cosa eravamo prima, a come parlavamo. Di colpo siamo tornati ad essere due estranei.
- Quando sei libera? –
- Venerdì, dovrei esserci venerdì pomeriggio. Va bene? –
- Sì, vada per venerdì pomeriggio. Ci vediamo al solito posto, alle tre –
- Okay – cos’è quella sensazione che sento nella sua voce? Non riesco a definirla, a capirla.
- Ciao Christie – chiudo la chiamata prima che lei possa rispondere, prima che io possa aggiungere altro. Mi abbandono sul divano, lasciando scivolare il cellulare in mezzo ai cuscini. Avrei potuto dirle tante cose, tirando fuori il male che mi porto dentro, eppure non l’ho fatto e probabilmente è stato un bene.
Venerdì pomeriggio, alle tre, nel piccolo parco dove tutto è iniziato e dove spero di far finire quelle dannate visioni. Ironico che mi ritroverò davanti quella reale dopo tutti questi giorni.
Cerco il pacchetto delle sigarette in tasca, ne sfilo una e me l’accendo, fissando il soffitto della stanza faccio un tiro: ho ottenuto ciò che volevo, un incontro faccia a faccia, ma alla fine so cosa dovrò dire? Da una parte penso di sì, dall’altra mi sento come uno studente che sta tentando di dare un esame senza aver mai aperto il libro.
Non posso certo parlarle delle visioni, mi prenderebbe per pazzo, direbbe che è stata solo una scusa per rivederci o qualcosa del genere.
No, meglio di no.
Chiarire, le ho chiesto di poter parlare per poter chiarire cosa è successo tre mesi fa, dopotutto Phil dice che le visioni sono causate dal fatto che non riesco ad accettare che sia finita, senza che abbia potuto fare nulla per cambiare le cose.
Faccio un altro tiro e mi alzo a malincuore dal divano: non posso perdere l’intera giornata dietro a questa storia, ho molte altre cose da fare, ma prima ho bisogno di una boccata d’aria.
Poso la sigaretta ancora accesa nel posacenere e mi infilo la felpa: fuori avrà anche smesso di piovere, ma non si sa mai.
Recupero la sigaretta e aspiro:
- Ehi Phil! Io sto uscendo a fare due passi, vuoi venire? –
La porta della camera si apre e sento un secco – Arrivo! – seguito dal suono di libri chiusi e penne che volano a terra.
 
                                                        […]
 
Venerdì, è già venerdì. Gli ultimi due giorni sono volati via e non me ne sono nemmeno accorto. La serata al bowling, i corsi pomeridiani, la cena a casa col gruppo in cui Phil ha dato spettacolo delle sue “doti da chef mancato”.
Sembra che tutto ciò sia successo un mese fa e invece è stato soltanto ieri.  Sarà che devo vedermi con lei, ma non riesco a capire come mi sento, cioè, voglio solo che anche questa giornata passi per poter riprendere la mia vita di sempre, con un peso in meno.
- Dev’essere davvero interessante – Mark sghignazza.
- Cosa? – chiedo, senza voltarmi.
- Quello che stai fissando fuori dalla finestra da circa un quarto d’ora – il resto del gruppo scoppia a ridere cercando di trattenersi per non farsi notare dal professore che sta spiegando l’ennesima slide.
- Già, è la tua laurea che se ne vola via, visto che non riuscirai mai a prenderne una – mi volto verso di lui con un sorriso a trentadue denti.
- Ti ha fregato – esordisce Jane posando una mano sulla spalla di Mark che mi fissa beffardo.
- Ti ricordo che ti ho pagato da bere l’altra sera, ti sembra il modo? – sfoggia la classica espressione da nobildonna offesa e torna a scarabocchiare sul quaderno mentre gli altri riprendono a seguire la lezione dopo quel piccolo siparietto ironico.
- Mi scusi madame, la prossima volta sarà mia premura allietare la sua sete per ripagare la sua gentilezza – sussurro e Mark scuote la testa ridendo.
- Ora si che ci capiamo, e davvero Al, smettila di fissare il vuoto, rischi di farti beccare da quella sottospecie di sergente –
- Non preoccuparti, torno a seguire – cerco di rassicurarlo.
- E’ per l’incontro di oggi pomeriggio, non è così? – e come al solito eccolo che colpisce sempre nel punto giusto.
- Già, mi ero perso a pensare che cosa dirò – ammetto, senza girarci intorno.
- E’ inutile, qualsiasi discorso è perfetto finché non lo devi mettere in pratica. Ascolta me, lascia perdere e dì quello che ti viene sul momento –
Annuisco, come dargli torto, e per un attimo torno a guardare fuori dalla finestra: il cielo è nuvoloso, ma oggi non pioverà. Non deve piovere.
Non riesco a stare in aula, non riesco a concentrarmi, così mi alzo:
- Dove stai andando? – mi chiede Jane velocemente.
- In bagno – rispondo, facendo cenno agli altri che li avrei aspettati fuori per la pausa.
 
Esco dall’aula e attraverso con calma il lungo corridoio: ci sono poche persone sedute ai tavoli esterni, qualcuno sta disegnando, un altro è circondato da fogli e fogli di appunti, un’altra sta chiacchierando con un’amica,
Passo oltre, entro nel bagno e mi do una rinfrescata: l’acqua è gelida ma almeno mi ha fatto tornare con i piedi a terra.
Decido di fermarmi ad una delle macchinette per prendere un caffè: quello preso a colazione non ha fatto alcun effetto e non ho voglia di aspettare gli altri, quando arriveranno per la pausa prenderò qualcosa da mettere sotto i denti che valga come “pranzo” vista la poca fame che ho.
Scendo le scale per poter andare alla zona “relax” del pianterreno e la vedo ferma davanti ad una delle macchinette. Jeans scuri stretti, t-shirt bianca e sopra una camicia a quadri blu. E’ Lizbeth.
Non mi sarei mai aspettato di ritrovarla qui, tantomeno di rincontrarla.
Questa volta evito di fare di nuovo la figura dell’idiota, mi avvicino finché non mi nota e la saluto con un cenno della mano.
Sorride e sembra muovere le mani per dire qualcosa con il linguaggio dei segni ma si blocca, probabilmente si è ricordata che io non lo conosco, così tira fuori il classico taccuino:
“Ehi Alan!”
A mia volta tiro fuori lo smartphone e apro il blocco note.
“Ciao Liz, come stai?”
Lei mi fa cenno di aspettare un attimo, torna a fissare la macchinetta e qualche secondo dopo seleziona un tè caldo al limone.
“Bene, sono scappata fuori dall’aula perché avevo voglia di qualcosa di caldo. Tu?” è incredibile la velocità con cui riesce a scrivere su quel taccuino.
“Abbastanza bene, anche io non ne potevo più di stare in aula, avevo bisogno di un po' d’aria e di un caffè, non ricordo con quale ordine” ride leggendo l’ultima parte del mio messaggio mentre recupera il bicchiere di plastica fumante, cedendomi il posto davanti alla macchinetta.
Ordino il mio amato caffè macchiato e vedo Liz continuare a scrivere, mi avvicino per poter vedere cosa dice aspettando che la macchinetta faccia la sua parte.
“Dopo mercoledì non pensavo di rivederti, la facoltà è grande e non sapevo neanche come contattarti” quel suo messaggio mi strappa un piccolo sorriso, non me l’aspettavo.
“Neanche io pensavo di rivederti e invece eccoci, davanti alla macchinetta del caffè, entrambi fuggitivi dalle lezioni ahahahah” simulare una risata in un messaggio davanti ad una persona mi fa davvero strano eppure lei sembra aver colto appieno e ride a sua volta.
Non mi sono ancora abituato al non parlare con lei, a non aprire la bocca se non per ridere, gli unici suoni che ci circondano sono quelli che provengono dalle aule e dai corridoi della facoltà, piccole voci della vita universitaria.
Prendo il caffè macchiato e lo poggio sul tavolino dove si è accomodata Liz.
“Vieni spesso qui?”
“Ogni volta che posso, non sarà il posto più accogliente della facoltà, ma è comunque molto tranquillo e riesco a rilassarmi. Tu?” rispondo, girando la piccola palettina nel bicchiere per mescolare bene lo zucchero.
“Non molto, non mi sono ancora abituata completamente a questa facoltà” quella sua risposta mi lascia un po' perplesso, incrocio il suo sguardo, è davvero profondo.
“In che senso?”
“Prima studiavo in un’altra città, ma per alcuni problemi ho dovuto traslocare e sono qui da circa sei mesi” la penna scivola leggera sul taccuino, quasi come se non lo toccasse.
“Questo spiega perché non ti ho mai vista prima” osservo, un’osservazione abbastanza ovvia, non so nemmeno perché l’ho scritto.
“Già, ho perso molto tempo nel trasloco e nell’abituarmi a tutte queste cose nuove. Sono distante un paio d’ore dalla mia vecchia casa, ma mi sembra di essere in un altro mondo” un piccolo sospiro e mi passa il taccuino.
Leggo, ma prima di risponderle mi fermo a fissare gli alberi mossi dal vento nel cortile accanto, quante ore mancano?
“A cosa pensi?” mi scrive, fissandomi con i suoi occhi scuri. Leggo la domanda, la rileggo e poi sospiro sfilando la penna dalle sue dita e scrivendo direttamente sul foglio.
“Devo incontrare una persona, oggi pomeriggio, una persona che era molto importante per me” 


 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Snow_Elk