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Autore: Gryfferinpuff    28/07/2017    2 recensioni
Amanda Waller si comporta in modo strano durante le sue visite a Belle Reve, ormai sempre più frequenti.
L'arrivo di un nuovo misterioso ragazzo sembra scatenare una serie di eventi, apparentemente casuali, che creano scompiglio all'interno della prigione. Il caos giunge l'apice quando il sistema di allarme viene disattivato e molti criminali riescono a fuggire dalle celle.
Ma c'è di più: ormai da tempo circolano voci di misteriosi disordini in città.
Che l'evasione di massa sia il tassello di un intricato piano di Amanda Waller? Oppure i carcerati sono stati liberati da qualcuno legato agli strani avvenimenti cittadini?
Tra dubbi e grosse sorprese, la Squadra Suicida viene nuovamente riunita e, affiancata da nuovi membri, si ritroverà a combattere contro un nemico inaspettato.
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Harley Quinn, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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SUICIDE SQUAD 2 - NECROPOLIS






- Capitolo 2. "Ghiaccio, piante e terrore" -




- Fammi capire bene: questa catapecchia sarebbe il nostro alloggio?
Floyd osservò il vecchio motel abbandonato con aria disgustata: - Mai preteso una reggia o un hotel a Cinque Stelle, però…
- Era l’unico luogo disponibile per ospitare un gruppo di criminali – rispose placido Flag, rivolgendo un saluto militare alla donna soldato che li attendeva all’ingresso. – Il proprietario ha assicurato che gli impianti funzionano ancora, basterà solo attivare acqua corrente ed energia elettrica. Comunque, bando alle lamentele e salutate il Sergente Krane, a cui dovete essere grati per aver tenuto sotto controllo questa zona in previsione del vostro arrivo.
- Vi lascio i documenti, le indicazioni del proprietario e i numeri delle stanze. Le chiavi si trovano sul bancone, accanto alla cassa. – disse la donna, porgendo un fascicolo azzurrino al Colonnello.
Sembrava piuttosto giovane, portava i capelli castani legati in una coda e una catenina con un ciondolo a forma di cuore appesa al collo sottile.
- Carina! – esordì Capitan Boomerang, provando a correggersi non appena il Sergente gli rivolse un’occhiata glaciale. – Ehm, la collana, intendevo la collana…
- Sì, naturalmente, la collana – replicò fredda lei, facendo scattare un piccolo meccanismo. Il ciondolo si aprì, rivelando una minuscola foto dove la soldatessa sorrideva insieme a un bambino di pochi mesi e ad un giovane uomo dall’aria famigliare.
- Aspetta… - mormorò confuso Deadshot. – Ma quello non è…
- Ebbene sì, il Sergente Krane è la vedova del Tenente Edwards, avete una ragione in più per portarle assoluto rispetto – spiegò Flag, stringendo la mano della castana e assumendo un’espressione addolcita. – Grazie davvero per quello che stai facendo.
- Faccio solo il mio dovere, Colonnello – rispose lei, tirando fuori dalla tasca una piccola mappa del motel. – Prima di andare vi spiego quali sistemazioni vi ha assegnato Waller: tre di voi alloggeranno in una stanza singola, ossia Katana, Killer Croc e la dottoressa Hughes, la cui camera sarà tuttavia comunicante con quella del suo assistito. La stanza tripla sarà occupata da Hydra, Shifter e Scarf. Per finire, abbiamo quattro matrimoniali: una per Capitan Boomerang ed Evergreen, una per Diablo e Mnemos, una per Bionic Boy e Snakebones e, per finire, una per il Colonnello e Deadshot.
Gli ultimi due nominati si lasciarono sfuggire un sonoro: - COOOSA?
Krane alzò gli occhi al cielo, tagliando corto: - Waller ha usato un criterio logico per formare questi abbinamenti, e onestamente non capisco dove sia il problema.
- Il problema è che io non voglio dormire nello stesso letto con questo stronzo! – protestò con forza Floyd.
- Criterio logico un cazzo! – fece eco Flag. – Scommetto che Waller si sta vendicando per qualcosa che non so di aver fatto!
- In effetti, sono anch’io un po’ perplesso – disse Toby, grattandosi il mento con la mano metallica. – Voglio dire… dovrei dormire insieme a una ragazza?
- Non preoccuparti, non ti ucciderò nel sonno – gli strizzò l’occhio Amy, allungandogli un pizzicotto sul braccio umano.
Evergreen lanciò un’occhiata scettica al proprio compagno di stanza, poi domandò dubbiosa: - E quale criterio avrebbe usato Vossignoria per smistarci, di grazia?
Il sergente incrociò le braccia con aria impassibile: - Katana può dormire da sola in quanto membro della squadra più affidabile, Killer Croc per questioni di spazio, alla dottoressa Hughes, invece, serve un posto dove sistemare le proprie apparecchiature; le coppie ed il trio sono stati formati valutando le possibili influenze che potrebbero avere i membri più… “tranquilli” nei confronti dei più problematici. E nel caso ve lo steste chiedendo: no, non potete fare i furbi e cambiare stanza. Waller si accorgerà di qualsiasi spostamento. Ora devo salutarvi, ma sappiate che io e il Colonnello resteremo costantemente in contatto: qualsiasi cosa vi serva, non esitate a chiamarmi, vi raggiungerò il prima possibile.
Dopo aver salutato e ringraziato il sergente, Flag rivolse un’occhiata severa alla squadra: - Bene, vi invito a sistemare in fretta le vostre cose, dobbiamo iniziare a lavorare il prima possibile. Chiunque oserà lamentarsi di questa situazione di merda riceverà una punizione esemplare.
 


- Ne sei proprio sicuro?
Toby digitò qualcosa sul piccolo monitor incastonato nel braccio bionico: - Affermativo, signore. Sto registrando un’attività magnetica insolita: vede questo puntino rosso?
Flag si morse il labbro con fare nervoso: - Appare e scompare con un ritmo particolare… sembrano quasi…
- Pulsazioni cardiache – annuì il ragazzino. – Direi che ci siamo.
Il colonnello sospirò, osservando preoccupato l’edificio di fronte a cui l’intera squadra stava sostando: si trattava dell’ospedale di Gotham City. In quel momento, l’improbabile team si era appostato nel grande parcheggio, al riparo da occhi indiscreti.
- Che voi sappiate, questo casermone ha dei sotterranei? – domandò dubbioso Capitan Boomerang. – Non mi attira l’idea di passare in mezzo a gente malata…
- Sì, l’edificio è provvisto di un piano sotterraneo – rispose Toby, prima che qualcuno potesse insultare l’australiano. – E per tua fortuna, Capitano, il centro dell’attività magnetica si trova proprio lì, circa cinquecento metri sotto il terreno.
- Tanto meglio, non ci toccherà fare irruzioni brusche importunando pazienti e personale – osservò Rick Flag, cercando di celare a fatica la propria apprensione.
Deadshot gli toccò una spalla, assumendo un tono di voce quasi empatico: - E’ qui che sono ricoverati June e tuo figlio, giusto?
Il leader annuì: sua moglie, l’archeologa June Moone, aveva dato alla luce un bambino pochi giorni prima, dopo appena sette mesi di una gravidanza difficile e piena di complicazioni. Il momento del parto si era rivelato ancora più insidioso: June era stata operata d’urgenza e, a distanza di quasi una settimana, ancora non dava segni di ripresa. Il piccolo, fortunatamente, sembrava cavarsela meglio: l’ultima volta che il padre l’aveva visto riposava tranquillo nell’incubatrice neonatale.     
- Direi… direi di raggiungere il centro del campo magnetico – proseguì il soldato, scuotendosi dai propri pensieri. - Poi ci divideremo in tre squadre: una indagherà su questi strani fenomeni, una pattuglierà il piano sotterraneo e l’ultima controllerà (con la massima discrezione) l’intero edificio.  Ora, vediamo di…
Un rumore sospetto proveniente da dietro un’auto parcheggiata portò l’intera squadra a voltarsi di scatto. Katana sguainò tempestivamente la propria arma, preparandosi ad attaccare, ma Killer Croc, dopo aver annusato l’aria, bloccò la donna guerriera afferrandola per un braccio.
- Aspetta – disse. – Conosco questo profumo…
- E io conosco il suo – replicò una voce famigliare in tono scherzoso. Si udì il rumore di tacchi sull’asfalto, poi, una figura femminile, di media altezza e dal fisico atletico, uscì allo scoperto. I suoi capelli biondi, le cui estremità erano tinte di nero e rosso, erano raccolti in due vaporosi codini.
Sorrise, mettendo in mostra una bella fila di denti bianchi, che creavano un singolare contrasto con il rossetto scuro: - Se non ricordo male, si chiama Tanfo di Morte, giusto?
La rinata Suicide Squad fu colta da un senso di stupore collettivo. Fu Deadshot a prendere parola per primo, facendo un passo verso l’intrusa: - Harley?
La Regina di Gotham gonfiò le guance pallide, per poi scoppiare in una folle risata. Si lanciò tra le braccia dello stupito cecchino e, nel giro di pochi istanti,  si unirono all’abbraccio Capitan Boomerang e Killer Croc, mentre Katana sorrideva in disparte e Flag scuoteva la testa, piacevolmente sorpreso.  
- Non vi posso lasciare da soli un secondo, vero? – punzecchiò la biondina, sciogliendo lentamente l’abbraccio con i ritrovati compagni. – La vecchia megera vi ha mandati nuovamente a rischiare la pellaccia mentre lei se ne sta con il culone su una poltrona di velluto?
- Più o meno – rispose il Colonnello, indicando poi i muovi membri. – Ha inoltre aggiunto altra carne da macello alla vecchia Suicide Squad.
- Noto con piacere che c’è una forte componente femminile, ora – osservò Harley soddisfatta. – Piacere, Harley Quinn. Probabilmente mi conoscete già, io imparerò i vostri nomi strada facendo.
- Cioè… hai intenzione di unirti a noi? – domandò sorpreso George Harkness.
- Beh, siamo amici, no? E poi mi stavo annoiando un sacco ultimamente…
- Ah, Harley – la interruppe Deadshot, con un mezzo sorriso. – Mi pare evidente che tu non te ne sia ancora accorta… beh, è naturale, visto che lui se ne sta sempre nascosto e in disparte… vedi, c’è una cosa che ti farà molto piacere sapere…
Prima che il cecchino potesse aggiungere altro, il gruppetto aprì una specie di varco, quasi sotto tacito accordo. I bei lineamenti della Regina di Gotham si tinsero di un’espressione sorpresa e incredula.
Al centro del varco, Chato Santana ricambiò in silenzio lo sguardo della bionda, visibilmente incerto sul da farsi. Non gli fu necessario però prendere alcuna decisione: Harley avanzò verso di lui, prima lentamente, poi man mano sempre più veloce, fino a raggiungerlo gettandogli le braccia al collo.
Dopo un istante di esitazione, El Diablo ricambiò l’abbraccio, affondando col volto tra i capelli della giovane criminale.
- Non ci posso credere… - sussurrò l’ex psicologa con voce leggermente incrinata. – Pensavo non ti avrei più rivisto…
- Lo pensavo anch’io – replicò il metaumano, mentre lei si scostava asciugandosi una lacrima e stampandogli un sonoro bacio sulla guancia. – Sono riusciti a riportarmi in vita, anche se non ho ancora ben capito come e…
- Mi piacerebbe poter continuare con i festeggiamenti, ma vi ricordo che abbiamo una missione – s’intromise Rick Flag, con aria più benevola del solito. – Harley, sei la benvenuta, o meglio, la bentornata. Sono sicuro che Waller non abbia nulla in contrario nel ricevere il tuo aiuto, altrimenti, di sicuro, ti avrebbe già fermata.
- La megera sa tutto – sbuffò la ventiseienne, senza nascondere però un sorrisetto di soddisfazione.
Il colonnello puntò le mani sui fianchi, assumendo nuovamente un’espressione autoritaria: - Bene, ecco come ci divideremo: la prima squadra indagherà sul centro del campo magnetico, sotto il comando della dottoressa Hughes, e sarà composta da Bionic Boy, Hydra, Scarf e Snakebones. Katana guiderà la seconda squadra nella ricognizione al piano sotterraneo; l’accompagneranno Killer Croc, Capitan Boomerang, Evegreen e Shifter. I componenti restanti, ossia Deadshot, Harley, Diablo e Mnemos, controlleranno con me il resto dell’edificio. Io, Katana e Bionic Boy resteremo in contatto tramite ricetrasmittente. Ora, se non avete domande, direi di mettersi all’opera: ci ritroveremo qui entro cinque ore.    



- Insomma, la cara vecchia Suicide Squad non ha fatto in tempo a riunirsi che subito devi rovinare la festa, vero Colonnello? - borbottò Harley agli ordini comunicati da Flag, strappando un ghigno divertito a Deadshot, Croc e Boomerang. Katana si limitò a sorridere appena, per poi annuire e congedarsi, trascinando con sé l'australiano, il mezzo coccodrillo e le due nuove reclute. Maysie imitò la guerriera giapponese, seguendo la Squadra 2 nei sotterranei insieme alla propria ciurma, dei quali solo Toby e Amy rivolsero un saluto entusiasta al team del colonnello.
Il cecchino dalla pelle scura si guardò intorno, accennando una risata: - Beh, sembra che siamo rimasti solo noi. Allora, sentiamo un po': cosa ci tocca, mammina?
Rick Flag, lo degnò appena di un'occhiataccia prima di ringhiare di seguirlo.
- Noioso come sempre, vero? - sbuffó la Regina di Gotham. Floyd fece un cenno di assenso, ridacchiando ancora. Ritrovare quella che considerava una dei suoi più cari amici l’aveva messo piuttosto di buonumore.
- La tua bambina come sta? - continuò la ragazza, mentre il gruppo cominciava a perlustrare l'edificio, attento ad ogni minima anomalia e lasciando che Flag rassicurasse i medici e gli infermieri che incrociavano di tanto in tanto lungo i corridoi. - Le stai insegnando a sparare? E qualcuno ha finalmente spappolato la testa di quella troia della tua ex? - chiese, con lo stesso tono tranquillo di qualcuno che si informa sul meteo del giorno successivo.
Deadshot scoppiò a ridere, divertito all'idea di quella prospettiva che gli sembrava più rosea di quanto avrebbe dovuto essere. Mnemos, che fino a quel momento era stata in disparte, seguendo gli altri in silenzio, spalancò gli occhi in un'espressione sorpresa.
- Lascia stare, Harley è sempre un po'... esagerata. Nessuno spappola il cervello di nessuno. - spiegò Chato, non riuscendo a trattenere una lieve risata. - Anche se ammetto che una persona come l'ex moglie di Deadshot non merita che ci preoccupiamo troppo per lei.
 Raisa, che aveva accennato appena un sorriso, lo guardò perplessa.
- In che senso? - chiese, prendendo la parola per la prima volta. El Diablo non fece in tempo a spiegare, che Harley si girò, sorpresa dall'intervento del nuovo acquisto della squadra.
- Nel senso che è una stronza, tesoro. - rispose serena, squadrandola da capo a piedi e soffermandosi sul suo abbigliamento. La ragazza con i capelli rossi indossava un top fucsia, semicoperto da un giacchetto verde scuro dai risvolti nello stesso colore della canotta, ed entrambi le lasciavano la pancia scoperta. Una paio di pantaloncini neri, calze a rete e stivaletti scuri completavano il suo abbigliamento.
- Bello stile! - si complimentò l'ex psicologa, con un sorriso. Il modo di vestire della nuova amica le ricordava il suo vecchio completo, abbandonato in favore di quell'abbigliamento sui toni del rosso e del nero, ma sempre apprezzato, e la induceva a prenderla in simpatia.
Sì, i nuovi acquisti della Suicide Squad le andavano a genio.
Nel mentre, Rick Flag, infilatosi in un grande sgabuzzino, stava trafficando con degli armadietti e, dopo essersi lasciato sfuggire un paio di imprecazioni, fece un cenno a Deadshot, chiedendogli di raggiungerlo. Il cecchino si avvicinò, attraversando un corridoio reso squallido e sinistro dalle luci al neon che lo illuminavano lateralmente, riflettendosi sulle pareti grigie e leggermente incrostate.
- Wow, bell'ambiente! - commentò sarcastico, mentre aiutava il colonnello ad aprire le serrature bloccate. - Certo che Waller potrebbe fare qualcosa per questo edificio, nel tempo libero che non impiega per creare carne da macello come noi.
Flag fece un cenno di assenso, brusco.
- Ancora più loquace del solito, Colonnello, mi sorprende. - scherzò il carcerato.
- Che cazzo dovrei dire, Deadshot? - sbottò allora il soldato. - Sono in missione in un ospedale che contiene chissà quale diavoleria, e guarda caso è lo stesso edificio in cui ci sono mio figlio e mia moglie, che tra l'altro è sospesa tra la vita e…
- Non è detto, Flag. - lo interruppe Floyd, sollevandolo dal dover esporre quella possibilità. - Ci libereremo di quella diavoleria, e se Gotham ancora non cade definitivamente a pezzi i medici riusciranno a curare la dottoressa Moone. - continuò, dimostrando ancora una volta di capire fin troppo bene le preoccupazioni familiari degli altri.
Flag annuì brusco, seppur grato, e lanciò agli altri gli oggetti di cui si erano finalmente appropriati: camici e guanti, in un travestimento semplice ma funzionale al loro compito. La squadra li indossò in silenzio, cercando di apparire meno stravagante di quanto fosse.
Mnemos, che aveva coperto i suoi vestiti appariscenti con un camice che era quantomeno migliore della divisa di Belle Reve, osservò silenziosamente il resto della squadra, soffermandosi prima su Harley, che guardava il suo nuovo abbigliamento pensierosa, quasi immersa in un ricordo lontano, e poi su Chato, che conciato in quel modo sembrava decisamente a disagio, se non addirittura buffo. Le scappò un sorriso e il messicano, accorgendosi del suo sguardo, ricambiò con un’occhiata perplessa, per poi scuotere la testa.
La ricerca continuò per alcune ore, senza apparenti risultati. L'edificio era tanto squallido quanto privo di apparenti segni di stranezza e le stanze apparivano prive di pericoli, a dispetto del comportamento del team, costantemente in guardia e con le armi puntate. Qualsiasi cosa avesse generato quel campo magnetico forse lo avevano già trovato le altre squadre, il che per loro avrebbe significato fare un buco nell'acqua. Fantastico. Il senso di competizione di Deadshot stava bruciando al massimo.
Beh, in ogni caso sarebbe stata colpa di Flag, concluse alla fine tra sé. La cosa lo tirò decisamente su di morale.
- Ehi? Qui c'è...ho visto qualcosa!
La voce di Mnemos li bloccò tutti, riaccendendo un minimo di speranza nel gruppo. La squadra si voltò verso la ragazza, che stava passando una mano su un mobile di ferro, poggiato contro una parete.
- C'è dell'acqua...no aspettate, è ghiaccio! - esclamò la ventottenne, staccando una piccola stalattite gelata dalla maniglia di un cassetto. A quella parola, Chato Santana, che si trovava poco distante da lei, si bloccò, come pietrificato, osservando le piccole zone lucide sulle superfici della stanza. Era vero: lievi tracce di ghiaccio ricoprivano mobili e pareti, persino le finestre ne erano ricoperte; una piccola patina argentata che creava decorazioni fantasiose sul vetro.
Rimase lì, a fissare sconvolto l'aspetto insolito del luogo, mentre il resto del gruppo esaminava la stanza, rendendosi conto dell'anomalia non senza un filo di sorpresa.
- No es posible... – mormorò il metaumano nella sua lingua natale. Harley gli si avvicinò, perplessa e leggermente preoccupata per l'amico appena tornato dal mondo dei morti.
- Chato? - chiamò, domandando implicitamente una traduzione di quello che aveva appena detto, mentre Flag e Deadshot continuavano a esplorare la stanza insieme alla russa, cercando altri indizi e borbottando qualcosa nelle ricetrasmittenti.
Harley sollevò un sopracciglio, sventolando una mano davanti al viso di El Diablo. Il messicano parve riscuotersi solo in quel momento.
- Cosa...sì, scusatemi. È che... non è possibile. Pensavo fosse...
Sotto lo sguardo confuso della bionda, uscì dalla stanza, alla ricerca quasi ossessiva di una qualsiasi traccia che gli fornisse una pista da seguire.
- Corbin… che cosa stai facendo?



Non fu difficile per le squadre 2 e 3  raggiungere il famigerato piano sotterraneo: Evergreen si era assicurata che tutto andasse per il verso giusto con l’aiuto della sua moneta magica.
Il travestimento della donna irlandese richiamava in qualche modo lo stile tipico dei leprecani: camicia bianca con scollo a rombo e farfallino nero, pantaloni verdi, una giacca lunga dello stesso colore, stivali neri, guanti abbinati, occhialetti dalle lenti verdognole ed un bel cappello a cilindro del colore dei trifogli.
Roma, invece, indossava una lunga veste rossa, caratterizzata da un ampio spacco laterale e abbinata a due lunghi scialli dorati: uno copriva parzialmente la testa della gitana, l’altro le avvolgeva la vita a mo di cintura. Coltelli di diverse misure erano legati in più punti del suo corpo, spesso celati da gioielli o pieghe dell’abito.    
Lo stile di Hydra e Snakebones era molto meno appariscente: la prima si era abbigliata con un semplice giubbetto in pelle nero, senza maniche e coperto di borchie, una canotta bianca, pantaloncini verdemare, scarpe da ginnastica e mezziguanti scuri, ciascuno provvisto di una coppia di grossi aghi di siringa utili ad iniettare il veleno dell’idra nel corpo di eventuali nemici; la seconda, dal canto suo, aveva mantenuto nel proprio stile i colori della terra natale e indossava una felpa rossa con cappuccio, semplici stivaletti e un paio di jeans bianchi, uno a gamba lunga, l’altro tagliato poco sotto l’attaccatura della coscia. Una lunga calza verde  celava fin sopra il ginocchio la gamba lasciata altrimenti scoperta.
Scarf aveva optato per uno stile singolare: una fascia nera e rigida le avvolgeva il seno e, sopra di essa, una maglia smanicata e a collo alto, formata da una fitta rete scura, creava un curioso effetto vedo-non vedo. A completare l’opera, giubbetto in pelle,  jeans acquamarina, lunghi guanti senza dita del medesimo colore e, avvolta attorno al collo, la sua inseparabile sciarpa multicolor.
Per finire, Maysie vestiva con un corpetto rosso, jeans blu scuro e un lungo camice da laboratorio, mentre Toby aveva scelto un comodo abbigliamento composto da pantaloni sportivi bianchi e neri abbinati a una felpa grigia senza maniche, che gli permetteva di avere a portata di mano qualsiasi componente del suo braccio bionico.
I membri della nuova Suicide Squad si guardarono attorno per qualche istante: quello che una volta doveva essere stato il deposito dell’ospedale, ora era ridotto ad uno spoglio e trascurato groviglio di stanzette e corridoi, utilizzato per lo più come ripostiglio per barelle di riserva, telai di letti singoli e armadietti per vecchissimi archivi, ormai mezzi vuoti. Le uniche fonti di illuminazione provenivano da deboli neon appesi alle pareti.
Mentre il team di Maysie raggiungeva il centro del sotterraneo, Katana volse lo sguardo verso i compagni e parlò con fare autoritario: - Bene, possiamo dare inizio all’ispezione. La zona da controllare è vasta, perciò avrò bisogno della vostra massima collaborazione. Capitan Boomerang…
- Presente! – rispose l’australiano con entusiasmo. – Hai deciso di accettare il mio invito a uscire?
- No – rispose la ragazza in tono secco. – Ho bisogno che mandi in avanscoperta i tuoi boomerang-spia, potrebbero alleggerirci il compito in modo significativo. Shifter, vorrei che tu camminassi con me in testa al gruppo, so che ti intendi di trappole e sistemi di sicurezza.
- D’accordo, capo- rispose la gitana, per poi rivolgersi ad un confuso Digger Harkness. – Prima di essere sbattuta a Belle Reve lavoravo come tecnico per un’attività che produceva sistemi d’allarme.
- Killer Croc – continuò Katana. – I tuoi sensi sono i più sviluppati, perciò conto su di te per localizzare eventuali nemici. E per finire, Evergreen, tu hai studiato per anni il modus operandi di diversi criminali, perciò ti chiedo di sfruttare al massimo le tue conoscenze, oltre ad assicurarci un po’ di fortuna, che non guasta mai. Bene, squadra, cominciamo.
Harkness liberò cinque boomerang droni, che cominciarono a muoversi da soli sparpagliandosi per l’intero perimetro. Attivò quindi un bracciale speciale, regalatogli da Toby quella mattina stessa, che formò un piccolo schermo-ologramma che trasmetteva in contemporanea tutte le immagini riprese dalle spie.
- Per ora tutto tranquillo – annunciava di tanto in tanto l’australiano, senza staccare gli occhi dallo schermo.
Evergreen, che camminava accanto a lui, aveva un’aria cupa, come se non riuscisse ad allontanare uno sgradevole pensiero dalla testa. Fu Waylon Jones a notare per primo il suo strano atteggiamento.
- Qualcosa non va? – domandò, con la sua voce profonda e gutturale.
La donna sembrò risvegliarsi da un sogno (o forse un incubo) ad occhi aperti: - Ecco… sì, certo… pensavo che magari potessimo inviare uno di quei quattro droni a controllare la Squadra 3, giusto per stare più tranquilli…
- Mi sembra una buona idea – rispose la leader del gruppo. - Capitan Boomerang, provvedi.
- Ricevuto.
Katana si voltò per osservare le espressioni dell’irlandese: da quando avevano raggiunto l’ospedale era rimasta in silenzio e pensierosa, tormentata da chissà quali fantasmi della mente.
- Evergreen, sei sicura che vada tutto bene?
- Ah… sì, sì, certo – tagliò corto l’ex commissaria. – E’ tutto a posto, davvero.
Roma le lanciò uno sguardo preoccupato, mentre la guerriera giapponese assunse un’espressione comprensiva e severa allo stesso tempo: - Ad ogni modo, qualsiasi pensiero tu abbia dovrà essere messo da parte. Ora ho bisogno della tua più completa collaborazione.
- Sì… lo so – borbottò l’altra, giocherellando distrattamente con la propria moneta.
- Ehi – le interruppe Harkness, fissando stranito lo stanzino ripreso da uno dei boomerang spie. - Cos’è quel coso? Telecamera 2, c’è una specie di sfera sul pavimento…
- Riesci a zoomare? – domandò la leader del team, aguzzando la vista.
L’australiano eseguì: l’oggetto rilevato non sembrava nulla più che una semplicissima sfera di colore scuro.
- La stanza in questione è vicina – osservò Killer Croc. – Potremmo andare a controllare.
- Non vedo alternativa – replicò pensierosa Tatsu. – Potrebbe essere una trappola, ma anche un indizio importante. Mi raccomando, massima allerta.
Raggiunsero lo stanzino a passo svelto, indugiando per qualche istante non appena si trovarono sulla soglia: la porta era spalancata e, fatta eccezione per la piccola sfera misteriosa, il pavimento era completamente sgombro.   
- Vado avanti io – propose Waylon Jones, muovendosi con cautela. Gli altri, circospetti, lo seguirono, pronti a tirar fuori le armi.
Fu in quel momento che una voce maschile, trasmessa attraverso un microfono nascosto della sfera, cominciò a parlare con tono irrisorio.
- Benvenuti nel vostro incubo, visitatori incauti! Abbandonatevi tra le braccia di Phobos, lasciate che Deimos sussurri parole di terrore e disperazione alle vostre orecchie! Permettete alla paura di penetrare nelle vostre membra, congelandovi ogni singolo angolino dell’anima!
Prima che i cinque membri della Suicide Squad avessero il tempo di reagire, la sfera cominciò a ruotare su sé stessa, rilasciando una scia di gas verdognolo che riempì presto l’intera stanza. Una fortissima sensazione di terrore e disperazione pervase l’intero gruppo, portando i componenti ad accasciarsi a terra o contorcersi in preda agli spasmi.
La voce continuò ad infierire sadicamente.
- George Harkness, o forse dovrei dire Capitan Boomerang… ricordi la tua infanzia? Guarda, guarda pure dinnanzi a te: non riconosci l’uomo che ha torturato per anni te e la tua povera madre? E’ qui, ora, solo per te! Ed è molto arrabbiato perché sei stato un bambino cattivo!
- No! – gridò l’australiano, cercando di strisciare lontano dalla visione del patrigno tornato dalla tomba, che avanzava verso di lui con una cinghia stretta tra le mani scarne e decomposte. – No! Vattene! Vattene via, maledetto!
- Waylon Jones – continuò la voce. – Ascolta le parole della folla che ti circonda! Senti come ti definiscono? Mostro! Sei solo un mostro! Ti odieranno, ti daranno la caccia, non sarai mai al sicuro! Anche i tuoi compagni di squadra ti disprezzano! E tu, dolce Tastu, moglie fedele, credi davvero di riuscire a sopportare il fardello dell’eredità del tuo povero marito? Ascolta il suo spirito che ti parla dalla spada che porti sempre appresso: lui ti odia, non sei riuscita a salvarlo e non potrai mai ottenere la vendetta che cerchi! Osserva il volto del tuo amato Maseo, decomposto, furente, deluso!
Katana cominciò a urlare, stringendosi la testa tra le mani, mentre Killer Croc grugniva rabbioso, menando pugni alla cieca.
Evergreen cercò di lanciare in aria la propria moneta, ma le sue mani tremavano troppo. La voce raggiunse anche lei.
- Ashlynn, cara Ashlynn. Forse tu hai già capito chi sono, vero?
- Non… non ascoltatelo… - biascicò la donna, ma dalla sua bocca uscì soltanto un flebile sussurro.
- Oh, Ashlynn, devi sempre cercare di mostrarti forte, sempre nascosta dentro un’armatura di ghiaccio. Ma il ghiaccio si può sciogliere o distruggere, lo sai? Perché non racconti ai tuoi compagni della tua sorellina che è ricoverata in questo stesso ospedale? Sarebbe davvero brutto se le pareti della struttura collassassero all’improvviso, non trovi? Oh, cielo, ma quelle sul muro sono delle crepe? Questo posto si sta sgretolando! Cosa ne sarà della povera Sibèal? Oh, ma lei è già condannata!
L’irlandese cadde sulle proprie ginocchia, cercando in tutti i modi di tapparsi le orecchie. Era tutto così assurdamente terrificante, tutto così… reale.
- E per ultima tu, Roma Petrescu. O forse dovrei dire Roman? Credi davvero di essere riuscita ad ottenere ciò che volevi? La gente continuerà a disprezzarti, la tua famiglia ti considera un fallimento, sei soltanto un oggetto rotto, sei sbagliata. Ricordi le parole dei tuoi genitori? Sei una delusione per loro. Sei sbagliata. Sbagliata.
Le lacrime cominciarono a scorrere copiose sulle guance della gitana, mentre attorno a sé vedeva radunati i membri della propria famiglia, pronti ad insultarla e cacciarla via. Ma, all’improvviso, un piccolo spiraglio di luce si fece strada in quel tunnel di paura e dolore: in mezzo ai famigliari infuriati aveva scorto il volto di suo fratello, i cui lineamenti erano forzatamente distorti.
No, quello non era sicuramente suo fratello: Dragan era sempre stato l’unico ad amarla per quella che era, l’unico ad incoraggiarla e restarle accanto anche nei momenti più difficili.
Dragan non l’avrebbe mai discriminata e tradita. E finché al mondo fosse esistita anche solo una persona pronta a rimanere al suo fianco, lei non si sarebbe mai permessa di sentirsi un fallimento.
Con uno sforzo immane coprì naso e bocca con lo scialle e, concentrandosi al massimo, cominciò a mutare il proprio corpo: guadagnò centimetri in altezza, il seno si appiattì, i lineamenti assunsero una connotazione maschile e l’intero fisico diventò più massiccio e robusto.
Subito, gli effetti della tossina inalata svanirono, dando modo alla gitana, o meglio, al gitano, di avanzare verso la sfera e distruggerla con un colpo di pugnale. La voce si zittì di colpo.
- Trattenete il respiro! – ordinò Roman ai propri compagni, afferrando Katana ed aiutandola ad uscire dalla stanza. Tornò indietro, ripetendo l’operazione con Evergreen e, seppur con parecchia fatica, con Digger Harkness. Tuttavia, nonostante la maggiore forza fisica acquisita grazie alla muscolatura maschile, non aveva idea di come avrebbe fatto a trasportare Killer Croc lontano da lì.
Fortunatamente, seppur ancora scossa, Evergreen aveva recuperato sufficiente lucidità da recuperare la propria moneta dalla tasca e lanciarla in aria.
Killer Croc, ancora preda delle allucinazioni, cominciò a correre qua e là, andando infine a sbattere contro un interruttore attaccato al muro: come per magia, le ventole di aerazione, ferme da anni, si riattivarono, risucchiando le sostanze tossiche presenti nella stanza.
Tossendo e ansimando, Katana avanzò verso Roma, che era appena tornata nella propria forma femminile.
- Ti ringrazio, sei stata provvidenziale. Come hai fatto a guarire così in fretta dagli effetti del gas?
- Beh – spiegò la gitana. – Quando cambio genere il mio corpo si “resetta” completamente, così, quando sono diventata uomo, è stato come se non avessi mai respirato quella tossina. E’ stata un’idea del pazzo che mi ha trasformata in Shifter, naturalmente.
- Quel tipo sarà pazzo ma in un certo senso ci ha salvati – borbottò Killer Croc, massaggiandosi la testa. – Siamo caduti come idioti in una trappola. E abbiamo perso tempo.
- Io non credo – mormorò Evergreen, schiarendosi la voce non appena avvertì l’attenzione dei compagni su di sé. – E’ vero, abbiamo corso un grosso rischio. Ma abbiamo anche ottenuto un’informazione in più riguardo lo schieramento nemico.
- Spiegati – la esortò Katana, mentre Capitan Boomerang si alzava a fatica in piedi, controllando a stento le gambe traballanti.
L’ex commissaria sospirò: - Ho già affrontato questo criminale, una volta. E’ un ex psicologo che agisce direttamente sulle paure della gente, riuscendo talvolta a manipolare le menti e spingere ad atti estremi come l’omicidio o il suicidio. Il suo nome è Scarecrow.



- Sei riuscito a scoprire qualcosa di nuovo?
Era passate circa due ore da quando la Squadra 3 aveva cominciato ad indagare sul misterioso campo magnetico: Maysie picchiettava insistentemente sulla tastiera del suo piccolo portatile, analizzando i dati raccolti e inviati da Toby.
Si trovavano in una piccola stanzetta polverosa, con una decina di vecchi armadietti abbandonati poggiati contro le pareti.
Hydra, Snakebones e Scarf montavano la guardia e, di tanto in tanto, uscivano dalla stanza per controllare che nei paraggi fosse tutto tranquillo.
- Al momento nessuna novità – rispose il ragazzo spagnolo. – Che sia un campo magnetico e non elettrico ormai è appurato… continuano a sconcertarmi queste emissioni di energia pulsante…
- Stando ai calcoli, pare che il campo sia generato da un singolo magnete…
- Potremmo ottenere maggiori informazioni inviando una mini-sonda… - Toby si morse un’unghia, dubbioso.- Però è anche vero che fare un buco sul pavimento e magari aprire un passaggio diretto alle forze vettoriali generate dal magnete potrebbe rivelarsi rischioso… ah, come procede la scansione?
Maysie storse le labbra in una smorfia: - Non bene, non sono ancora riuscita a raggiungere il centro… non appena provo ad avvicinarmi qualcosa mi respinge… ma penso di potercela fare procedendo per tentativi, ho notato che, nonostante l’impedimento, ogni volta che avvio la scansione mi avvicino sempre qualche metro in più…
- Con una sonda otterremo immagini più precise, ma in effetti questo penso sia il metodo più sicuro…
Mentre le due menti scientifiche si scervellavano, le loro compagne di squadra sedevano con la schiena poggiata alla parete, lanciando di tanto intanto delle occhiate annoiate allo schermo del pc.
- Ancora tre ore di snervante attesa – brontolò Scarf, alzando lo sguardo verso il piccolo boomerang drone che si muoveva lentamente attorno al perimetro della stanza. Si alzò in piedi, facendo le boccacce alla telecamera ed alzando il dito medio con entrambe le mani.
- Almeno l’australiano avrà qualcosa da guardare – si giustificò poi, risedendosi. – Anche se ho il sospetto che gradirebbe di più un nostro spogliarello.
- Ah, questo è sicuro – replicò divertita Amelia, per poi rivolgere l’ennesimo sorriso non ricambiato alla coetanea dai capelli neri.
Hydra non aveva ancora aperto bocca quel giorno, se non per rispondere a qualche domanda con monosillabi, grugniti o cenni della testa. Di tanto in tanto si alzava, faceva un giro e poi tornava a sedere, tenendo costantemente d’occhio i tatuaggi impressi sulla pelle.  
- Tu non ti stai annoiando, Clary? – domandò l’italiana, posando una mano su quella della taciturna compagna. – Non ti dispiace se ti chiamo Clary, vero? Non che Hydra sia un brutto nome, ma Clary secondo me è più carino, ti addolcisce. Preferisco dare dei soprannomi alle persone, me le fa sentire più vicine. Però se vuoi che ti chiami Hydra basta dirlo, non c’è problema, sai…
- Chiamami come vuoi – borbottò l’altra, cercando di interrompere quel fiume di parole con la massima discrezione. – Non mi cambia nulla.
- Abbiamo trovato una che è più scontrosa di me – osservò Scarf con un ghigno. – Non lo credevo possibile. Adesso che ho perso il titolo di Antipatica del Gruppo dovrò cercarmi una nuova funzione… forse potrei essere la Stronza del Gruppo, oppure “Quella Che Ti Fotte”…
- Secondo me Clary non è antipatica – replicò Snakebones, sistemandosi senza preavviso a cavalcioni sulle gambe dell’irlandese. – E’ solo un po’ musona e asociale, non è vero? Ma sono sicura che sotto quell’aria da dura si nasconda una persona adorabile!
Questa volta l’impassibilità di Hydra fu scalfita con successo: la ragazza spalancò gli occhi chiari, osservando sconcertata l’italiana accomodata sulle sue gambe
 - Snakebones…
- Chiamami Amy.
- Come ti pare… si può sapere perché vuoi a tutti i costi avere a che fare con me?
- Ah, ma allora sei capace di mettere insieme una frase intera! – sogghignò Scarf con fare ironico.
Amy si voltò verso la bionda, facendole la linguaccia, poi concentrò nuovamente l’attenzione sulla tatuata, scorrendo il dito indice sui misteriosi marchi che la ricoprivano.
- Sembra che questi tatuaggi siano per te motivo di preoccupazione… - osservò con tono improvvisamente meno infantile. – Ma né tu né Waller ci avete detto il perché. Che cosa significano?  
Clarice si morse la lingua, quasi desiderando sparire dentro il muro su cui poggiava la schiena: non era abituata al contatto fisico e in quel momento Amelia (o Amy) era davvero troppo vicina. Abbassando appena lo sguardo poteva vedere senza problemi l’interno della scollatura della sua felpa…
Rivolse gli occhi verso l’alto, arrossendo, ma, prima di riuscire a farfugliare una qualsiasi risposta, venne distratta da uno strano movimento adiacente al soffitto. Aguzzò meglio la vista, un po’ ostacolata dalla flebile luce dei vecchi neon: sì, c’era qualcosa sul soffitto, qualcosa che entrava dalla porta aperta alla loro sinistra e strisciava in un moto lento e appena percettibile.
- Rampicanti? – disse ad alta voce, portando le due compagne ad alzare lo sguardo.
Scarf balzò subito in piedi, facendo schioccare le dita delle mani: - Pare ci sia un intruso! Bene, abbiamo qualcosa da fare!
- Toby, May, noi andiamo a dare la caccia all’intruso – annunciò Amy. – Voi non fateci caso, sistemeremo la faccenda in poco tempo. Tu vieni, Clary?
- Ovvio che sì – bofonchiò l’altra, spazzando via la polvere dai pantaloncini.
Migliorando la visuale con l’aiuto di una torcia, le tre ragazze seguirono la scia di rampicanti, tendendo al massimo sensi e muscoli. Svoltarono un paio di corridoi, fino a ritrovarsi sulla soglia di una saletta semispoglia: si affacciarono con cautela. Nell’angolo opposto della stanza, c’era un grande archivio di ferro ormai arrugginito, provvisto di una decina di cassettoni scricchiolanti.
Una figura alta e femminile era intenta a frugare all’interno di uno di essi, dando le spalle alla porta: la luce era ancora più flebile in quel punto, visto che un solo neon era ancora funzionante, pertanto, nessuna delle tre giovani riuscì a identificare in qualche modo l’intrusa. Una bella massa di folti capelli rossi le scendevano lungo la schiena, fino a lambirle i fianchi sinuosi. Le piante attaccate al muro e al soffitto scendevano sul pavimento, fino a convergere sotto i suoi piedi.   
Facendo attenzione a non emettere alcun rumore, Scarf allungò la mano in direzione della donna misteriosa, concentrandosi per entrare in contatto con le fibre tessili che componevano il body succinto che ella indossava. Tuttavia, dopo diversi tentativi, abbassò il braccio, sconcertata: non riusciva ad avvertire nulla.
- Non capisco… - sussurrò rivolta alle altre due. – Se la vista non mi inganna non mi pare sia nuda… perché non riesco a…
Prima che la bionda riuscisse a terminare la frase, i rampicanti che ricoprivano il soffitto si animarono all’improvviso, scattando come fruste verso le ragazze della Suicide Squad.
- Attente! – gridò Hydra, scansandosi giusto in tempo per evitare di venir colpita al volto. L’intrusa ebbe un sussulto e, più rapida del vento, fuggì in direzione della seconda porta che dava sulla saletta. I rampicanti sbarrarono entrambi gli accessi.
- Inseguiamola per di qua! – esortò Scarf, cominciando a correre lungo il corridoio. Per diversi metri, la scia di rampicanti sul soffitto diede alle giovani donne una pista da seguire, poi, però, si interruppe bruscamente in prossimità di uno sgabuzzino dalla porta sigillata.
- Maledizione! – ringhiò Clary, cercando invano tracce di qualsiasi tipo.
La sconosciuta era scomparsa nel nulla.
Intanto, nello stanzino degli armadietti abbandonati, Maysie lanciò un’imprecazione, facendo sussultare il compagno.
- Cosa c’è? Hai visto qualcosa?
- Quasi…
La scienziata si sfilò gli occhiali, pulendo le lenti su un lembo del camice bianco: - Ero quasi riuscita a raggiungere il centro, stavolta, poi quella strana forza mi ha nuovamente respinta. Ma, se abbiamo avuto fortuna, forse sono riuscita a catturare un’immagine…
- Parli di fortuna… ci servirebbe tanto Evergreen in questo momento…
- Se fosse sicuro usare il mio potere, forse riuscirei…
Maysie si interruppe bruscamente, mordendosi la lingua. Senza terminare il discorso, fece partire la registrazione dell’ultima scansione dell’entroterra: man mano che i fotogrammi digitali si susseguivano, un piccolo punto al centro dello schermo cominciò a prendere forma. Toby collegò il mini-computer inserito nel braccio al portatile di Maysie, convertendo i dati in immagini: quello che apparve sul monitor della ragazza lasciò entrambi a bocca aperta.
- Sembra… sembra anche a te…
- Mi sa proprio di sì…
Gli occhi celesti della ventiseienne incontrarono quelli scuri del ragazzino spagnolo. Le loro voci parlarono all’unisono.
- Un cuore!



Era ormai sera quando la Suicide Squad, dopo essersi riunita nel parcheggio dell’ospedale e riportato gli eventi accaduti durante il primo giorno di lavoro, fece ritorno al motel.
Maysie si barricò in camera, cercando di approfondire ed elaborare meglio i dati registrati, Killer Croc si piazzò davanti al televisore e Flag, dopo aver fatto rapporto a Waller, uscì in cortile con una scusa, dedicando una buona mezz’ora ad una misteriosa telefonata.
Ashlynn, dal canto suo, dopo aver preparato del caffè per sé stessa e gli altri membri che si erano accomodati in cucina, varcò sospirando la soglia della propria stanza, si tolse il cilindro verde e, scompigliandosi i capelli castani, lo sistemò su uno dei ganci appesi al muro.
Tornare in quell’ospedale dopo mesi le aveva lasciato addosso una sensazione che non riusciva a decifrare: era sgradevole? Era triste? Entrambe le cose miste ad un più che logico senso di colpa?
Fece per sfilarsi la giacca, quando, gettando un’occhiata più attenta all’ambiente che la circondava, realizzò di trovarsi in mezzo ad un nauseante trionfo di disordine: sul pavimento erano stati abbandonati in ordine sparso una giacca in pelle blu scuro, una canotta sudicia e diversi accessori tra cui armi, catene e anelli. Un paio di jeans stropicciati pendeva da un angolo del letto matrimoniale, mentre, adagiato delicatamente sul cuscino di sinistra, un piccolo unicorno rosa di peluche la fissava con i grandi occhioni finti.
La porta del bagno si aprì e, tronfio più che mai, con le nudità avvolte da un semplice asciugamano bianco, il suo arrogante compagno di stanza uscì fischiettando, lasciando a terra le impronte bagnate dei piedi. Con quell’espressione idiota stampata sulla faccia, il corpo pompato di muscoli e buona parte delle membra ricoperta di peluria bionda, la faceva pensare al frutto di un incrocio genetico tra un armadio, uno scimmione troglodita e il dio greco Ares.  
L’irlandese osservò in silenzio per alcuni istanti il colosso scemo che, come nulla fosse, le rivolgeva un sorriso irrisorio, pescando un paio di mutande da sotto il letto, poi, il suo autocontrollo di ex poliziotta andò a far compagnia alle prostitute che avevano visto per strada tornando al motel.
- Si può sapere che ti salta in mente? Nel giro di qualche minuto hai trasformato questa camera in un campo di battaglia!
- Ehi, perché ti scaldi tanto? – replicò calmo l’australiano. – Non sarai una di quei maniaci dell’ordine che…
- Io e te dovremo convivere all’interno di queste quattro mura chissà per quanto – lo interruppe furibonda la donna, raccogliendo gli indumenti da terra e gettandoli sul letto. – Ed io non ho intenzione di dormire in un porcile! Quindi prendi questi vestiti e mettili in ordine, subito!
- Va bene, mammina, non ti scaldare.
Capitan Boomerang piegò approssimativamente le proprie vesti e le pose su una sedia, voltandosi poi con fare irriverente verso la compagna di squadra: - Sei così rompipalle anche con i tuoi figli?
- Io non ho figli – replicò Ashlynn, sistemando la propria giacca su un appendino. Harkness sembrò stranito dalla risposta.
- Ah no? Ero convinto di sì, visto il modo in cui ti comporti. Ma, toglimi un’altra curiosità, sei sposata?
- Hai intenzione di farmi il Terzo Grado? – sbuffò l’altra, piantando le mani sui fianchi. – Comunque, se proprio ti interessa tanto, no, non mi sono mai sposata e attualmente non mi trovo coinvolta in nessun tipo di relazione sentimentale. Adesso dormirai tranquillo?
Il criminale parve soppesare le parole dell’ex commissaria per diversi secondi, poi, le sue labbra si piegarono in un sorrisetto furbo: - Senti… Ashlynn, giusto? Ho come l’impressione che ad entrambi serva svagarsi un po’, dopo questa giornata pesante… e visto che dovremmo condividere il letto per chissà quanto tempo, potremmo anche approfittarne qualche volta… sai, giusto per divertirci un po’, tutto qui.
Evergreen alzò un sopracciglio, lasciandosi poi sfuggire una risatina irrisoria: - Non ci posso credere… mi stai veramente chiedendo di scopare con te? Sei fuori di testa, Harkness.
- Perché no? Non abbiamo nessun tipo di legame, siamo due single attraenti che si ritrovano a passare la notte assieme. Fossi in te non ci troverei niente di male.
- Ti conosco da meno di ventiquattr’ore – replicò con forza la donna. – Sei un cialtrone, un maniaco sessuale e un ladro, ti pare che una persona rispettabile come me possa accettare una proposta simile? E poi sono troppo vecchia per te…
- Per me l’età non è così importante – sogghignò Harkness. – E poi scusa, quanti anni hai?
Ashlynn alzò gli occhi al cielo: - Trentanove. Ora se non ti dispiace…
- Beh, io ne compio trentuno tra qualche mese, non abbiamo poi così tanta differenza! Senza contare poi - la voce del biondo assunse un tono leggermente sadico – che tu eri una persona rispettabile. Adesso sei una carcerata in missione per conto di una psicopatica che è più criminale di tutti noi messi assieme. Non sei più così tanto diversa da me, bambolina. Dai, andiamo… sono sicuro che non ti diverti da un sacco di tempo. Da quanto non fai qualcosa di “socialmente” sbagliato, anche solo per il gusto di infrangere delle stupide regole bigotte? Quand’è stata l’ultima volta che hai fatto sesso con qualcuno?
- Non sono affari tuoi. E se mi chiami “bambolina” un’altra volta ti spacco i denti. Comunque…
Capitan Boomerang spalancò incredulo gli occhi azzurri alla vista della compagna di stanza che, con tutta tranquillità, si sfilava la camicia ed i pantaloni, lasciandoli cadere a terra. Come biancheria intima indossava un corsetto nero e semplici slip abbinati.  
- Va bene.
Ma sì, in fondo cosa c’era di male? Per tutta la vita Ashlynn aveva cercato di essere sempre impeccabile, inflessibile, perfetta. La magnifica Commissaria McKinley, la donna senza macchia. Non si era mai concessa degli sgarri, aveva sempre seguito le regole con assoluta dedizione. E dov’è che tutta quell’ossessione per il controllo e l’ordine l’aveva portata? Dentro una cella schifosa, nello stesso carcere in cui lei stessa aveva talvolta sbattuto la peggior feccia dell’umanità.
Non aveva mai pensato a sé stessa, aveva sempre agito per un bene comune, aveva sempre cercato di fare “la cosa giusta”. Si era persa un sacco di cose, aveva sacrificato quasi quarant’anni per il nulla.
Pur odiando doverlo ammettere, quel criminale dalle discutibili qualità intellettive non aveva tutti i torti: da quanto tempo non si concedeva un po’ di sano e irresponsabile divertimento? Da quanto non provava il brivido della trasgressione, il piacere di dare un calcio alle regole? Quand’era stata l’ultima volta che aveva avuto un rapporto intimo con qualcuno? A momenti nemmeno lo ricordava…
- Va bene? – ripeté il giovane stupito. – Che significa “va bene”?
- Significa d’accordo – rispose lei, impassibile. - Questa sera ci divertiremo. Scoperò con te. Hai già cambiato idea?
- Oh… no, assolutamente, certo che no!
Felice della vittoria ottenuta, Digger Harkness armeggiò rapidamente con il nodo che chiudeva l’asciugamano avvolto attorno al proprio bacino, sobbalzando quando Evergreen gli si avvicinò, stampandogli un rapido bacio sulle labbra.
- Che fai? – domandò stranito. La mora alzò un sopracciglio con aria ironica.
- Come sei abituato? Prendi una ragazza con la forza, la lanci sul letto senza preliminari e poi ti getti su di lei urlando come un cavernicolo?
L’australiano aprì la bocca per rispondere, poi scoppiò a ridere. Serrò le braccia attorno la vita della donna, la attirò a sé e la baciò a sua volta, con foga. Non gli dispiacque rendersi conto che lei stava senza problemi al gioco.
La sollevò quindi per le gambe e si stese con lei sul materasso cigolante, permettendole con piacere di passare le mani affusolate tra i propri capelli biondi e scarmigliati.
Staccarono le labbra per un istante, guardandosi negli occhi. Digger Harkness si lasciò sfuggire un ghigno.
- Benvenuta nel Mondo dei Cattivi, tesoro.

***


Era riuscito in qualche modo a non farsi scoprire: si era introdotto nel piccolo e trascurato cortile del motel, con il cappuccio della cappa scura calato sul volto, si era arrampicato sul vecchio sempreverde i cui rami arrivavano a graffiare le finestre del piano superiore e, silenzioso come un’ombra, aveva tirato fuori un paio di misteriosi occhialetti dalle lenti viola.
“Mi fai dare un’occhiata, Corbin?”
“Ehi, perché dovresti guardare tu?”
“Sono stato io a inventare e costruire quegli occhiali, quindi ho la precedenza!”
“Idioti, io sono la più forte qui, quindi spetta a me guardare per prima!”
- Ragazzi, fate silenzio – mormorò il giovane, indossando le lenti speciali. – Per il momento guarderò solo io. Accontentatevi delle immagini che vi passa il mio cervello.
Ignorando il brusio stizzito degli altri, Corbin batté le palpebre un paio di volte, abituandosi quasi subito alla tonalità violetta assunta dall’ambiente circostante, e cominciò ad osservare ciò che avveniva all’interno dell’edificio.
Grazie alla straordinaria invenzione dello Scienziato, ogni barriera, anche la più spessa e solida, veniva oltrepassata con facilità dal suo sguardo vigile, mostrandogli soltanto ciò che gli interessava vedere.
Gli unici clienti del vecchio motel erano volti piuttosto noti, Corbin aveva letto spesso di loro sulle prime pagine dei giornali di Gotham City; tirò fuori un taccuino e cominciò a stilare una lista. Ricordava la maggior parte dei nomi di quei criminali.
- Harley Quinn… Deadshot… Killer Croc… Capitan Boomerang… questi sono i componenti della squadra che mesi fa ha fermato l’Incantatrice… ah, quella è Scarf… e c’è pure… ehi, Queenie, come si chiama la poliziotta che è stata sbattuta a Belle Reve?
“Evergreen. Ora, se mi lasci guardare…”
- La ragazza con i tatuaggi è Hydra, so solo il suo nome ma non ricordo quali abilità possieda… ci sono un paio di persone che non ho mai visto, non credo siano carcerati, probabilmente sono volontari come Katana… oh, c’è la gitana, quella che cambia sesso a comando…
“Shifter.”
- Sì, ecco, Shifter. La redhead, invece, è la russa che manipola i ricordi… Mnemos, mi pare. Oh, qualcuno è entrato nella sua stanza, si tratta di…
Per un attimo, le sue dita si intorpidirono, rischiando di perdere la presa sulla penna. Corbin si sporse appena in avanti, incapace di credere ai propri occhi.
- Non è possibile…
Le voci nella sua testa ripresero a tormentarlo.
“Chi è?”
“Corbin, cos’hai visto?”
“Vuoi farmi guardare o no? Che sta succedendo?”
“Corbin? Cosa… oh, cielo…”
La spia ripose il taccuino nella tasca, appoggiò la schiena contro il tronco ed emise un paio di lunghi sospiri.
- Non pensavo ti avrei più rivisto…
“Non può essere davvero lui!”
“Ma come ha fatto?”
L’espressione stoica sul volto dello scozzese si addolcì, mentre le sue labbra si piegavano appena in un impercettibile sorriso.
- Allora sei vivo… Chato… amico mio…




***
Angolo degli Autori: Eccoci qua con un nuovo capitolo!
Vi abbiamo fatti aspettare parecchio, ma speriamo ne sia valsa la pena. Dunque, abbiamo incominciato a vedere questa nuova squadra in azione, anche se, per il momento, non è stato necessario farli muovere tutti assieme. Ma non temete, le scene di combattimento e azione collettive ci saranno!
Speriamo inoltre che la lunghezza del capitolo non sia risultata eccessiva, avendo tanto personaggi certe cose sono inevitabili.
E finalmente hanno cominciato ad entrare in scena anche altri personaggi dell’universo DC,  che interagiranno sempre più spesso con la nostra squadra (sicuramente nessuno avrà capito chi è la donna dei rampicanti, nooo… XD) Inoltre sì, Harley si è riunita alla squadra e, come qualcuno avrà indovinato, lo stile che abbiamo scelto per lei è quello di Arkham City.
E, sempre muovendosi nell’ombra, il personaggio di nome Corbin acquisisce importanza all’interno della trama. Vi riserverà senza dubbio delle belle sorprese.
Ah, cogliamo inoltre l’occasione di fare un piccolo annuncio: vorremmo fare, più avanti, un regalino ai nostri lettori, perciò, se avete personaggi OC, potete mandarci in privato la scheda di uno/a di loro. No, non appariranno in questa storia, ma abbiamo in mente una piccola simpatica sorpresa.
Nel prossimo capitolo, inoltre, abbiamo intenzione di pubblicare le “tessere” dei nostri OC (tipo carte d’identità) tanto per farvi avere un’idea di come li immaginiamo, con pv e tutto.
Grazie a tutti per aver letto, alla prossima!
Gryfferinpuff

   
 
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