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Autore: Francy_Kid    28/07/2017    2 recensioni
Chat Noir, la Belva Nera, un ragazzo che ha il potere di distruggere tutto ciò che tocca: una maledizione che lo vede essere temuto da tutti. Solo una ragazza, Marinette, sarà in grado di conoscerlo meglio e capirlo.
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•MariChat•
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INIZIATA: 9 Marzo 2017
CONPLETATA: 20 Marzo 2018
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Maestro Fu, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Cap. 18






Erano passati sei giorni e diciotto ore dall'ultima volta che Chat aveva incontrato Marinette direttamente.

Di giorno la vedeva ridere e scherzare con i suoi amici, felice della sua vita da adolescente; ed era esattamente quello che lui voleva.

Ma la sera passeggiava per le vie di Parigi solo per cercarlo, chiamando il suo nome sottovoce in quei vicoli pericolosi per qualunque passante, ma lui vegliava su di lei e metteva in fuga qualunque malintenzionato si trovava nei paraggi.

Era già il terzo che faceva fuggire, e tutto senza che Marinette se ne accorgesse.

Vedere la ragazza che metteva in pericolo la propria vita solo per poterlo incontrare era uno strazio: non solo le mancava sentire la sua voce, le sue mani tra i capelli ed i suoi confortevoli abbracci, ma sembrava che non le importasse di mettere a repentaglio la propria vita pur di stare con lui.

A quel pensiero gli si scaldò il cuore, ma l'unico modo che aveva di proteggerla era che la smettesse di cercarlo.

I tre segni che aveva sulla guancia erano ricoperti da delle croste arrossate, che teneva coperte durante il giorno per non impressionare troppo i suoi amici e per evitare domande sul fatto che assomigliassero troppo a dei segni di artigli.

Chat si guardò la mano, la stessa mano con cui le procurò quei dannati segni, stringendola a pugno.

In quell'ultima settimana aveva perso il controllo troppe volte, tornando a rovinare la città e avvicinandosi troppo alle persone; sapeva che Marinette era come un sedativo per i suoi poteri distruttivi, anestetizzando la collera e la frustrazione per farlo rimanere in sé, ma da quando non andava più a trovarla la città era di nuovo immersa nel terrore ed i cittadini si rintanavano in casa non appena il sole tramontava.

Quella che prima era considerata la Ville Lumière per le migliaia di luci che illuminavano le strade ed i monumenti sin dal 1800, ora la città dell'amore era rinominata dai suoi abitanti la "città della paura" e le luci servivano solo per individuare qualunque ombra si muovesse nell'oscurità.

Marinette era terrorizzata dal più minimo rumore, ma sopportava di tutto pur di rivedere il suo amico ancora.

Aveva visto dai telegiornali che gli attacchi a cose e persone erano ripresi, anche più frequentemente rispetto a prima, e lei voleva impedire che qualcun altro si facesse del male.

Camminò con gambe tremanti fino ad arrivare alla fine della stradina, raggiungendo un muro che segnalava la fine del percorso.

Con espressione triste –ma anche sollevata– raggiunse di nuovo la strada principale, sbucando a pochi metri da quella che prima era Villa Agreste, la casa del suo stilista preferito.

Spinta dalla curiosità e dal senso di mancanza, raggiunse il cancello scardinato, notando alcune sbarre tagliare e graffiare; entrò facilmente dopo aver superato i nastri della polizia, guardandosi attorno con i sensi all'erta, pronta a fuggire in caso ci fosse qualcuno.

Sapeva benissimo che stava violando una proprietà privata e, visto che era abbandonata da parecchi mesi ormai, poteva essere tappa di qualche malvivente o ladro in cerca degli ultimi oggetti di valore, ma non servì nemmeno quello a fermarla.

Dopo altri passi tremanti raggiunse le enormi porte di legno, entrambe poggiate al muro su cui, prima, vi erano i cardini.

Si avvicinò con cautela, notando sul legno lunghi segni di quelli che sembravano artigli.

«Questi segni li ho già visti...» sussurrò, sfiorandoli con le dita.

Riprese a camminare all'interno della casa, guardandosi attorno e stringendosi le braccia e strofinandosele per combattere la fredda umidità di quelle mura che trasudavano nostalgia da ogni muro.

Procedette fino a raggiungere la rampa di scale; guardò in alto, notando appeso al muro una cornice con quello che sembrava un dipinto rovinato: la rappresentazione delle due persone raffigurate erano strappate dalla testa fino alle ginocchia, come se chi l'avesse strappavo avesse voluto cancellare l'identità dei due.

Marinette accarezzò la tela, starnutendo quando della polvere le andò nel naso, solleticandole le narici, per poi scendere dalle scale e trovarsi nuovamente al centro del salone.

Si voltò verso sinistra, dirigendosi verso una stanza che aveva al centro un tavolo di legno ed un paio di sedie ancora intatte; le pareti erano tutte segnate è l'unica cosa non rovinata era una foto appesa al muro.

Marinette, spinta dalla curiosità, si avvicinò al riquadro, notando che era una raffigurazione dei membri della famiglia Agreste, quella che alloggiava in quella casa prima di venire abbandonata: la donna, che doveva essere la madre, aveva lunghi capelli biondi, un bellissimo sorriso ad ornarle il viso e luminosi occhi verdi, esattamente come quelli del figlio, Adrien, sul quale teneva una mano poggiata sulla spalla destra, mentre lui gliela stringeva con la sua; il padre, Gabriel Agreste, aveva un'espressione seria e, anch'esso, teneva una mano sulla spalla del figlio.

Sembravano tutti e tre felici, la famiglia perfetta, esattamente come veniva ritratta dalle riviste di moda o fai telegiornali locali, almeno fino alla perdita della moglie per colpa di una grave malattia.

Marinette diede un ultimo sguardo alla foto con espressione triste, per poi uscire nuovamente dalla stanza e tornando nel salone principale.

Brividi le percorsero la spina dorsale quando sentì sul collo il fiato caldo di qualcuno.

La paura la fece immobilizzare sul posto, impedendole di muoversi o dire qualunque cosa.

La sua mente la ricollegò alla quasi aggressione avvenuta in quel vicolo buio e delle lacrime si formarono agli angoli degli occhi.

All'improvviso, due braccia le cinsero alla vita e sentì il peso della testa di qualcuno poggiarci sulla sua spalla sinistra.

Marinette sbarrò gli occhi, preparandosi al peggio, ma un basso mugolio la fece quasi sobbalzare.

«Chat?» domandò sussurrando, alzando una mano per toccarle i capelli e trovando un paio di orecchie feline, che si mossero non appena le sfiorò.

Un atro mugolio confermò la sua teoria e sì voltò di scatto, sbarrando gli occhi sorpresa.

«Che ci fai qui?!» domandò quasi urlando. «Tu non dovresti essere qui, è pericoloso!»

Il ragazzo la guardò alzando un sopracciglio e mettendo le braccia sui fianchi, vedendola arrossire non appena capì cosa volesse dire.

«B-Beh... Lo so che è pericoloso anche per me, ma è colpa tua! Se tu non mi avessi abbandonata adesso non sarei qui.» sbraitò, agitando le braccia con fare nervoso.

Chat aprì la bocca e la richiude subito dopo, chinando il capo non appena Marinette gli diede il suo cellulare con le note aperte.

"Me ne sono andato per proteggerti. L'unico modo che ho di farlo è standoti lontana, così non ti farò più del male e tu non dovrai mai più soffrire a causa mia"

«È proprio andandotene che mi hai ferita. Questi graffi sulle guance non sono nulla e andranno via, ma prova a pensare la ferita che potresti lasciarmi se mi avessi abbandonata.» esclamò facendo dei passi avanti, mentre il ragazzo ne fece all'indietro.

"Solo dimenticandomi sarai al sicuro e sarai di nuovo felice"

«Io sono felice solo stando con te, non lo vuoi capire?!»

Chat sbarrò gli occhi, tenendo il cellulare saldamente in mano per evitare di farlo cadere.

«Chat, sono rimasta una settimana senza di te e mi sono sentita come se avessi perso una parte di me.Mi mancavano le tue fusa, i tuoi miagoli di felicità o di rabbia quando ti raccontavo qualcosa... i tuoi abbracci... Mi mancava tutto di te.» disse sull'orlo delle lacrime. «Perdere te e starti lontano solo per uno stupido episodio equivale a perdere Alya, Nino o uno dei miei genitori. Sei importante quanto loro per me e allontanarmi da te mi farebbe sentire peggio.»

Il ragazzo la fissò, incapace di distogliere lo sguardo da quei bellissimi occhi azzurri.

Riusciva a vedere il suo dolore causato da quella separazione e la verità nel dire quelle parole.

"Mi dispiace... Avevo già rischiato una prima volta quando la gelosia mi aveva fatto perdere il controllo, ma l'ultima volta ti ho fatta del male"

«Te l'ho già detto prima: i graffi spariscono. Ed avere una mamma che lavora in ospedale serve in queste cose.» ridacchiò.

La ragazza lo guardò con espressione addolorata, avvicinandosi a lui e mettendogli una mano sulla spalla.

«Chat, non pensarci. E credo proprio che non ti libererai di me tanto facilmente.» sorrise, per poi salire con la mano sulla guancia ed accarezzandogliela. «Ti voglio troppo bene per abbandonarti e manterrò la mia promessa: Troverò una soluzione alla maledizione così tutto tornerà normale, ok?»

Chat annuì e sfiorò con le unghie la guancia sana dell'amica, sorridendole.

I due si sedettero su uno degli unici sofà ancora integri, uno contro la spalla dell'altro mentre parlavano del più e del meno, scambiandosi qualche battuta e raccontando gli avvenimenti dell'ultima settimana ed il perché lui avesse perso il controllo molto spesso.

Era l'una passata e Marinette concordo con Chat che era ora che tornasse a casa –ovviamente accompagnata da lui–

«Chat, posso chiederti una cosa?» domandò, alzando il viso dalla sua spalla. «Come mai sei qui? Certo, ti offre protezione dalle intemperie, ma ho notato anche che hai segnato tutta la casa, soprattutto le foto della famiglia...»

"Immagino tu voglia sapere il perché, giusto?" scrisse, mostrandole il display con la nota.

La ragazza annuì e lui riprese a digitare sul cellulare.

"So che mi posso fidare di te, ma non me la sento di raccontarti tutto. La ferita è ancora aperta e si collega tutto a questa casa ed alla famiglia"

Marinette annuì. «Io sono sempre qua ogni volta che vuoi parlare, lo sai?»

Fu la volta di Chat ad assentire, cingendole la vita per abbracciarla e subito lei rispose alla sua azione, stringendolo a sé.

Gli era mancata la sensazione del suo corpo tra le sue braccia e gli era mancato sfogarsi con l'unica persona che lo capiva e che lo sosteneva.



 

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Marinette sbadigliò, facendo fatica a tenere gli occhi aperti e seguire la lezione di storia di Madame Bustier.

Per fortuna le piaceva come materia e l'avrebbe studiarla a casa non era una tortura, come, invece, lo era per matematica e fisica.

«Ehi amica, hai dormito stanotte?» domandò Alya non appena la professoressa lasciò l'aula in seguito al cambio dell'ora.
«Non molto. Ero presa da un libro dalla trama parecchio interessante e volevo scoprire come andava a finire.» spiegò con un'alzata di spalle.

Dopotutto, in quella settimana non aveva fornito molto poiché aveva passato la notte sveglia nella speranza che Chat si presentasse sul suo attico, invano, ma la sera precedente aveva finalmente chiarito tutto con il suo amico ed aveva concordato che, da quel giorno, dopo che suo padre li aveva scoperti, sarebbe andata lei a trovarlo di pomeriggio due o tre volte a settimana, volendo passare più tempo possibile con lui.

«Sei sempre la solita.» ridacchiò l'amica sospirando. «Comunque, ieri notte, intorno alle due del mattino, c'è stato un altro attacco della Belva Nera.»
Marinette sentì il sangue gelarsi nelle vene. «Davvero?»
«Sì! Ha attaccato un topo di biblioteca mentre tentava di infilarsi in una finestra di una casa.» spiegò, facendo passare le notizie sul cellulare per andare a recuperare la pagina di giornale che aveva salvato.
«Quindi è da considerare un eroe, no?»
«Ma quale eroe?! L'uomo è finito in ospedale. Certo, ha sventato una rapina, ma ha ferito gravemente una persona.» rispose secca, porgendole il cellulare.
«Secondo me ha fatto bene: nessuno deve permettersi di entrare in casa degli altri per rubare. E se poi questo qui avesse ucciso chi ci abitava? Se era una famiglia i bambini potevano rimanere senza genitori, oppure avrebbe ammazzato anche loro e sarebbero morte più persone anziché farne finire all'ospedale solo una.» argomentò Nino, girandosi verso le due per dire alla sua.
«Su questo hai ragione Nino, ma tutte le altre persone che ha attaccato prima?» domandò Alya.

I due continuarono a parlare di Chat, ma Marinette era sicura che se lui aveva attaccato quell'uomo allora c'era un motivo.

Si fidava di lui e non avrebbe dato più ascolto alle voci di chi non sapeva la verità.





 

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Mi dispiaceva tenerli separati, lo ammetto.

Anche se la loro breve separazione non è nulla in confronto a quello che proveranno in futuro MUAHAHAHAHAHAHAH!

Chiedo venia, ma devo andare chissà dove perché la rete prende ^^'

Beh, a venerdì prossimo ^^

Francy_Kid

  
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