“Ti rendi conto? Ha
continuato a sentire Josh e ad
aggiornarlo addirittura sui miei spostamenti! Quando ieri me lo sono
ritrovata
in salotto, non credevo ai miei occhi!” stava dicendo
Victoria alla zia,
nell’ufficio della fondazione, facendo nervosamente avanti ed
indietro.
“Sai
com’è tuo padre!” osservò
Charlotte “Con questo, non
sto dicendo che lo giustifico, assolutamente!”
precisò, alzando le mani, come a
voler tranquillizzare la nipote ed anche per evitare di poter essere
fraintesa.
“Josh gli piaceva, finora
è stato l’unico tuo fidanzato che
abbia approvato. Si era affezionato e forse pensava di darti una mano.
Considera almeno le sue intenzioni, che erano senz’altro
buone! Sono sicura che
non interferirà più ora che hai chiarito che sei
sicura della tua decisione”
aggiunse.
“Ci credi
davvero?” rimarcò ironicamente Victoria
“Sai com’è
fatto papà. Continuerà ad intromettersi, come ha
sempre fatto del resto. Lo so
che lo fa perché mi vuole bene, perché non vuole
che soffra, ma sono adulta da
un pezzo zia, è così sbagliato che voglia
prendere le mie decisioni da sola?”
osservò.
Charlotte sospirò, poi
fece cenno di no con la testa. Con
calma si alzò dalla sua postazione e si avvicinò
alla nipote.
“Adesso sei arrabbiata, ed
è comprensibile. Ma vedrai che si
sistemerà tutto. Tuo padre ti adora, non
c’è niente che non farebbe per te,
vuole solo che tu sia felice. E se a volte eccede in queste sue
preoccupazioni,
è solo perché vuole assicurarsi che tu stia
bene” le fece notare.
“Su, per oggi basta lavoro.
Andiamo a cena. E’ da tanto che
non usciamo insieme noi due signorina, e si dà il caso che
abbiano aperto da
poco un ristorante con un menu fantastico!” aggiunse vispa
Charlotte.
Tempo di recuperare le loro giacche e
le borse, che zia e
nipote raggiunsero il ristorante, e cenarono insieme, fra chiacchiere e
risate.
In effetti era davvero da un po' che non riuscivano a passare del tempo
insieme
al di fuori della fondazione. Per Charlotte Victoria non era solo una
nipote,
ma anche la figlia che non aveva mai avuto, dopo due matrimoni falliti
alle
spalle. E per la ragazza, la zia era una figura importantissima ed
imprescindibile, era la figura materna che le mancava, e sapeva di
potersi
confidare con lei, di poterle dire tutto. Con lei si sentiva sempre a
suo agio,
sempre capita e mai giudicata. Era così da sempre, sin da
quando, adolescente,
aveva avuto le prime cotte e delusioni amorose.
Nei giorni successivi, la ragazza
tornò a concentrarsi
esclusivamente sul lavoro, come aveva fatto sin dopo la rottura del
fidanzamento,
cercando di evitare il più possibile il padre, sia a casa
che al lavoro. Ma una
mattina, Andrew la convocò nel suo ufficio, e lei non ebbe
scelta.
“Scusa se ti ho fatta
chiamare con così tanta urgenza, so
che stai sistemando i budget dei prossimi film in produzione, ma come
sai a
giorni inizierà il Comic Con a San Diego, e contrariamente
ai miei piani, io
non potrò presenziare. Devo partire fra un paio di giorni
per andare in Europa.
Mi dovrò fermare prima in Romania e poi in Bulgaria per fare
dei sopralluoghi
per la pre produzione di un film, e poi dovrò fermarmi anche
a Londra per
parlare con un regista, quindi non riuscirò a tornare in
tempo per la Con. E
vorrei comunque che la nostra casa di produzione fosse rappresentata,
visto che
uno dei film che verranno presentati è da noi prodotto.
Vorrei che ci andassi
tu” le disse, spiazzandola.
“So che non ami queste
incombenze, ma penso che te la
caverai alla grande e poi le Con sono sempre eventi interessanti e
divertenti.
Sono sicuro che ti piacerà e poi è giusto che tu
partecipi e ti faccia vedere.
Sei una Avery, e un giorno ci sarai tu seduta a questa
scrivania” aggiunse,
accennando un sorriso.
“Inoltre, devo confessare
che spero sia un buon modo per
scusarmi per il mio comportamento. Forse ho ficcanasato troppo nella
tua vita e
non avrei dovuto. Non avrei dovuto nemmeno chiamare Josh e fartelo
trovare a
casa” disse ancora.
Victoria lo fissò, colpita
da quelle scuse, ed assottigliò
gli occhi con fare pensieroso ed interrogativo.
“Zia Charlotte ti ha
chiamato, vero? E ti ha fatto
ragionare, come sempre!” disse dopo qualche istante.
Andrew non rispose subito, ma alla
fine sorrise.
“Come dite voi giovani? Ah
si, sgamato!” rise.
“A volte mi impiccio
troppo, lo so.” Ammise “Ma sai perché
lo faccio” precisò più serio
“Anche se sei una donna ormai, una giovane donna
in gamba, sveglia e bellissima, per me sarai sempre la mia bambina. E
voglio
solo che tu sia felice. Quindi, se la tua decisione di rompere il
fidanzamento con
Josh ti rende felice, se è quello che vuoi, allora va
benissimo anche a me!”
aggiunse “Vorrei prometterti che non mi impiccerò
più, ma sai che non amo fare
promesse che so di non poter mantenere. Però posso provare a
contenermi!”
puntualizzò, facendo sorridere la figlia.
“E’
già un buon risultato!” osservò la
ragazza “Dispiace
anche a me se sono stata brusca, ma sono convinta della mia decisione,
e sono
felice e serena, davvero! Con Josh non andava, c’erano troppi
problemi, non
siamo mai stati davvero compatibili” continuò.
“Bene! Sai che vederti
felice è l’unica cosa che voglio!”
disse il padre, visibilmente sollevato dal chiarimento con la figlia
“Allora,
siediti, mettiti comoda. Devo aggiornarti sul programma del Comic Con,
così
saprai esattamente cosa ti aspetterà ogni giorno!”
aggiunse.
Victoria partì per San
Diego quel giovedi, e non appena fu
atterrata si rese conto del perché chiunque capisse qualcosa
di cinema parlasse
di questo evento come di qualcosa di inimitabile. L’atmosfera
era davvero
unica, ed era rigenerante essere circondata da fan di questo o quel
film in
uscita, di questo o quel super eroe, vederli aspettare ore e ore per
vedere i
loro attori preferiti e partecipare con così tanto
coinvolgimento e genuina
passione alle varie presentazioni e conferenze stampa. Non aveva mai
visto niente
di simile, e l’entusiasmo del pubblico era davvero contagioso.
Il primo giorno fu tutto dedicato
all’organizzazione di
quello successivo. Victoria ed altri colleghi arrivarono nel tardo
pomeriggio
ed ebbero giusto il tempo di ritirare i loro pass, fare il check in
albergo e
di rinfrescarsi, per poi ritrovarsi prima di cena per una veloce
riunione. La
ragazza cenò poi direttamente in stanza, perché
era stanca e voleva rivedere
alcuni appunti ed il programma dell’indomani. Il giorno dopo
si entrò nel vivo
dell’impegno al Con per lei e per gli altri delegati della
Avery Production.
Sin dalla mattina presto furono impegnati fra incontri coi giornalisti,
con
altri addetti ai lavori, ovvero altri produttori o rappresentanti delle
case
cinematografiche. C’era a malapena il tempo di mangiare un
boccone fra un
impegno e l’altro, ma era impossibile avvertire la
stanchezza. Era tutto così
eccitante, coinvolgente, frenetico ed avvolgente, che Victoria non ebbe
nemmeno
l’impressione di essere davvero lì per lavoro, era
piuttosto un privilegio.
In particolare, per lei fu davvero
un’esperienza unica ed
indimenticabile partecipare per la prima volta in rappresentanza della
casa di
produzione Avery alla presentazione del film da loro prodotto su un
anti-eroe,
che era atteso con ansia dal pubblico presente e non. Il trailer
lanciato
durante la conferenza stampa raccolse un grandioso e positivissimo
riscontro,
tanto che i presenti chiesero addirittura il bis. Non aveva mai visto
niente di
simile da nessun’altra parte, non c’erano festival,
ufficiali o indipendenti,
che reggessero il confronto con questa Comic Con che era nutrita dai
fans, dal
pubblico. Di solito evitava più che volentieri questi
impegni, ma in questo
caso si ritrovò ad essere dispiaciuta alla fine della
presentazione.
Quella sera, lei e gli altri della
Avery Production, dopo
cena, raggiunsero un locale per partecipare ad una festa organizzata
proprio
per celebrare il lancio del film presentato nel pomeriggio. Victoria
aveva
appena finito di parlare con uno degli organizzatori della Con di San
Diego, ne
approfittava giustamente anche per fare un po' di pubbliche relazioni,
come le
suggeriva sempre Skyler, e si era appena spostata al bancone, per
chiedere un
drink, quando una voce alle sue spalle la fece sobbalzare.
“Ciao Avery”
sentì dire e riconobbe subito quella voce. Era
Ryan.
Si voltò sorpresa e gli
sorrise.
“Ryan! Anche tu
qui?” rimarcò.
“Si, sono arrivato oggi.
Domani c’è il pannello della 20th
Century Fox. Mostreranno anche un mini trailer di Deadpool 2. E ci
sarò anche
io ovviamente” rispose.
“Ho sentito che oggi il
vostro pannello è stato un
successone! Godetevela, perché domani parleranno tutti solo
di me e di Wade”
rise, sedendosi ad uno degli sgabelli del bancone.
“Sei molto sicuro di
te!” lo prese in giro la ragazza.
“Ovvio! Sono irresistibile
in tutina rossa!” rispose, per
poi scoppiare a ridere.
“Non pensavo ti avrei
incontrata qui. Di solito non le eviti
queste cose mondane ed ufficiali?” le chiese “Ti
stai dando alla pazza gioia
ora che hai chiuso col broccolo!” aggiunse.
“In genere si! Ma mio padre
è in Europa per lavoro e
qualcuno doveva venire in rappresentanza della casa di produzione,
così eccomi
qui! E devo dire che ne sono felice! Non ho mai visto niente di simile!
Insomma, sapevo cosa fosse anche prima di venirci, ma partecipare
è tutt’altra
cosa! L’entusiasmo che c’è qui non ha
paragoni!” aggiunse vispa, sedendosi a
sua volta.
“Lo so. Ed ogni anno
migliora.” Disse lui “La prima volta
che sono stato qui era per Green Lantern. Il film è stato un
flop totale, ma i
fan erano in delirio. E poi per il primo Deadpool, credevo che non
avrei mai avuto
un’accoglienza così calorosa dai fan, ma poi oggi
sono arrivato e già in
aeroporto ho incontrato dei fans vestiti come Wade. E’ una
cosa incredibile. “
aggiunse. Poi restò in silenzio per qualche istante, e la
osservò con
un’intensità tale che la ragazza si
sentì quasi nuda. Aveva sempre quella
sensazione con lui, ogni volta che la fissava, sembrava che riuscisse a
leggerle dentro e si sentiva disarmata, non infastidita
però.
“Immagino che ripartirai
domani” riprese a dire lui e
sembrava quasi dispiaciuto all’idea che lei sarebbe ripartita
a breve, mentre
per lui la Con era appena iniziata.
“Domani mattina ho un paio
di incontri con dei finanziatori,
dovrei ripartire nel pomeriggio” rispose.
“Ma se qualcuno riuscisse a
farmi imbucare al pannello di
quei dilettanti della 20th, potrei anche restare. Giusto per vedere di
cosa
sono capaci. Sarebbe una specie di attività di
spionaggio!” rise.
“Ehi, attenta alle parole
che usi, ragazzina!” la prese in
giro scherzosamente lui “Ti faccio notare che quei
dilettanti, come li chiami
tu, hanno rischiato ed hanno prodotto un film in cui credevamo solo io
e due
miei amici sceneggiatori. Lo avevamo proposto anche a tuo padre, ma ci
ha
tarpato le ali e rimandato al mittente!” aggiunse.
“No, sul serio? Pessima
mossa! Di solito mio padre ha un
grande intuito!” rispose lei sorridendo.
“Ti faccio avere un pass
domani mattina, ok? Sarà
divertente! Senza nulla togliere al vostro film
sull’antieroe, ma domani faremo
morire d’invidia tutti!” rise lui.
“Vedremo Reynolds,
vedremo!” gli fece eco lei, stando al
gioco.
“Ah, ecco dov’eri
finito!” li interruppe un tizio,
avvicinandosi a Ryan, e dandogli una pacca sulla spalla.
“Dai vieni, ci sono dei
pezzi grossi che ti voglio
presentare!” aggiunse.
“Si, ora arrivo”
rispose Ryan, alzandosi “Rhett, lei è
Victoria Avery. Victoria,
lui è Rhett,
un caro amico nonché uno degli sceneggiatori di Deadpool. A proposito Rhett, cerca
di recuperare un
pass per domani per la signorina Avery. Sai, per farle vedere come
lavora
davvero una casa di produzione seria” aggiunse per provocarla.
“Smettila di
pavoneggiarti!” rispose lei, con tanto di
linguaccia.
Ryan era un uomo di parola, infatti
l’indomani, consegnarono
alla ragazza un pass per il pannello della 20th. I suoi colleghi
stavano per
ripartire e dirigersi in aeroporto per rientrare a Los Angeles, ma lei
con una
scusa rimandò la partenza. Cercò di bardarsi un
po' per mischiarsi fra il
pubblico composto prevalentemente da fans di Deadpool e dei fumetti X
Men e
partecipò alla presentazione.
In effetti, si rese conto che Ryan
non aveva poi esagerato. Bastò
semplicemente pronunciare la parola ‘Deadpool’
perché tutto il pubblico
presente in sala si accendesse, ed iniziasse ad applaudire, ed anche a
chiamare
Ryan, che uscì poco dopo dal backstage, sorprendendo i fans.
Ed anche lui
sembrava diverso, aveva una luce ed un entusiasmo nello sguardo che
Victoria
non aveva mai notato le poche volte che si erano visti. Anche in
quell’occasione, com’era accaduto il giorno prima
alla presentazione del film
prodotto da Avery, i fan chiesero il bis, così il trailer fu
riproposto. Ryan
sembrava davvero eccitato come un bambino la mattina di Natale. E poi,
dettaglio non del tutto secondario, sembrava ancora più
bello, così sorridente,
e soddisfatto del suo lavoro.
Una volta terminata la presentazione,
la ragazza lasciò la
sala, insieme agli ultimi irriducibili fans che ancora commentavano il
trailer.
Non si aspettava di incrociare Ryan, ma ci sperava. Tuttavia, non lo
intravide
nemmeno. Ma era prevedibile! Dopo l’accoglienza calorosa del
trailer, e la fine
del pannello, era sparito nel dietro le quinte, e sicuramente sarebbe
stato
impegnato con interviste e quant’altro fino a sera.
Tornò in camera, e stava
armeggiando all’iPad per trovare un
volo per rientrare a Los Angeles, quando le arrivò un
messaggio.
Spero ti sia
divertita
oggi! Il tuo vecchio ha scartato il film sbagliato. Stasera
c’è una festa della
20th…magari puoi fare un salto per controllare meglio la
concorrenza. Mi trovi
lì, se ti va. R.
Sorrise nel leggere quelle parole, ma
decise comunque di non
rispondere. Per qualche strano motivo, voleva tenerlo un po' sul filo,
ma in
cuor suo aveva già deciso che sarebbe andata alla festa. In
fondo, ormai era
quasi ora di cena, a quel punto non le conveniva prendere un volo e
tornare a
tarda notte a casa, era molto meglio aspettare l’indomani e
partire in
mattinata.
Si fece una doccia, ordinò
la cena in camera, poi si infilò
dei semplici jeans, una t- shirt nera, decolletè pure nere,
lasciò i capelli
sciolti e raggiunse l’albergo in cui la 20tn aveva
organizzato la sua festa.
Entrò da un ingresso secondario, per non dare troppo
nell’occhio, per quanto
non fosse poi così strano che un rappresentante di una
società di produzione
partecipasse ad eventi organizzati da concorrenti. Ma il vero motivo
per cui
aveva deciso di andare era per incontrare Ryan, perché lui
l’aveva invitata, e
quindi in qualche modo voleva evitare pettegolezzi inutili.
Arrivò un po' tardi, a
festa iniziata da un’oretta, si
mischiò agli altri invitati, facendo anche un po' di
pubbliche relazioni, fin
quando il suo sguardo non incrociò quello di Ryan, che stava
parlando con un
tizio con l’aria da nerd. Le sorrise, con
quell’aria paracula che lo
caratterizzava, poi si scusò con l’interlocutore,
e si avvicinò a lei.
“Sei riuscita a
venire” disse.
“Fingiamo di parlare di
convenevoli o vuoi passare subito
alla parte in cui mi proponi i vantaggi della Avery Production per
convincermi
a cambiare e passare a voi?” le domandò.
“Non so di che parli! Sono
qui per divertirmi e spiare il
‘nemico’! Non parlo di lavoro, non
stasera” precisò lei tranquilla.
“Quanto sei contento da 1 a
10?” gli chiese poi, dopo averlo
scrutato attentamente.
“Non saprei. Credo
15!” rispose lui divertito.
“Insomma, so che non
è il film del secolo, non è un film che
quelli dell’Academy potranno mai considerare per una
nomination agli Oscar,
sarà già tanto ottenere qualche nomination ai
Golden Globe, ma è molto più di
questo per me. E’ come un figlio, ovviamente non in senso
stretto, ma io,
Rhett, che hai conosciuto ieri e Paul, siamo gli unici ad aver mai
creduto in
questo film, ed abbiamo implorato e detto e fatto cose che le tue
giovani
orecchie non dovrebbero nemmeno sentire per riuscire a trovare qualcuno
che
credesse nella sceneggiatura e nel progetto quanto noi. Ci sono voluti
10 anni,
ma ce l’abbiamo fatta e davvero non potrei esserne
più fiero ed orgoglioso.”
Concluse soddisfatto.
“Si vede! Ti illumini
quando ne parli. E anche oggi sul
palco, quando hai visto e sentito la reazione del pubblico, sembravi
così
felice” osservò lei e lui sembrò quasi
sorpreso dalle sue parole.
“Allora mi hai guardato con
attenzione” disse solo.
“Bè, ho
osservato tutti! E’ stata una bella presentazione”
precisò lei, forse temendo di essere fraintesa. Le metteva
sempre una strana
soggezione, perché aveva sempre la sensazione che riuscisse
a leggerle dentro,
ad andare oltre le sue parole ed a capire cosa le passasse nella testa.
La
verità era che Victoria iniziava ad essere sempre
più incuriosita ed
interessata da lui. Non era abituata ad avere a che fare con tipi come
lui. Per
anni si era relazionata solo con Josh, molto più giovane di
Ryan, e con un
carattere completamente diverso, come differenti erano le sue
priorità. Ryan,
invece, era un uomo fatto, era spiritoso, ma anche piuttosto
misterioso,
difficile da inquadrare e questo indubbiamente la intrigava.
Però era anche
sposato. Victoria se lo ricordava benissimo e razionalmente sapeva
perfettamente
che sarebbe stato molto più saggio ripartire quel pomeriggio
con gli altri, ma
non era riuscita a vincere la sua curiosità, che la spingeva
sempre più verso
di lui. Non si poteva dire che fossero amici, si erano visti e sentiti
poche
volte, quasi sempre per circostanze fortuite, ma le piaceva parlare con
lui, e
le risultava anche facile raccontargli cose che poche persone sapevano
di lei.
Lui si schiarì la voce e
poi si guardò intorno.
“Rhett l’hai
conosciuto, mi pare giusto presentarti anche
Paul” riprese a dire “Vieni con me” Le
fece segno.
Così lo seguì e
raggiunse una sorta di saletta privata, dove
c’erano i due amici di Ryan, nonché sceneggiatori
di Deadpool, insieme a
rappresentanti e pezzi grossi della 20th, che anche lei conosceva
direttamente
o di fama. Era un’allegra combriccola, si mangiavano
stuzzichini e tartine, si
beveva champagne per festeggiare, si chiacchierava e rideva. Senza
quasi che se
ne rendesse conto, la serata volò via e quando Victoria
distrattamente guardò
l’orologio, si accorse che era quasi l’1 di notte.
“Merda!” le
scappò detto a bassavoce.
“Come?” rise
Ryan, seduto accanto a lei.
“No, è che
è tardi. Domani mattina ho il volo e devo ancora
fare la valigia e… “ stava dicendo.
“Ok, calma, è
tutto a posto! Non perderai il volo! Hai tutto
il tempo di tornare e puoi dormire domani in aereo” le disse
“In che albergo
sei?” le chiese.
“Sono all’Omni.
Sarà meglio che chiami un taxi” disse la
ragazza, trafficando per recuperare il cellulare nella borsa.
“Ti accompagno
io” disse lui, quasi con ovvietà.
“Però
sarà meglio arrivare da un’entrata secondaria. Sai
com’è, giusto per evitare problemi”
precisò.
Lei lo guardò e sapeva che
sarebbe stato meglio ringraziare
e declinare l’offerta. Poteva benissimo chiamare un taxi e
tornare in albergo
da sola, ma la verità era che voleva passare altro tempo con
lui, così alla
fine, senza rifletterci troppo accettò.
Ryan si congedò dagli
altri, li salutò, cosa che fece anche
Victoria, e poi insieme uscirono dal retro del locale, dove trovarono
ad
attenderli un’auto.
“Ma come…come
hai fatto?” domandò sorpresa la ragazza.
Avevano deciso di andare pochi minuti prima e lui era riuscito a
trovare
un’auto.
Lui sorrise.
“Sono all’Hotel
Omni anche io. Avevo già detto all’autista
di farsi trovare pronto!” rispose, strizzandole
l’occhio ed aprendole la
portiera “Di solito nemmeno io sono molto mondano e non
faccio le ore piccole,
ma stasera è stato divertente. Forse perché
c’era la compagnia giusta”
aggiunse.
Durante il tragitto, seppur breve,
che li portò dal locale
della festa, all’hotel, il clima era strano. Si osservavano
con la coda
dell’occhio, avevano anche commentato qualche uscita di Rhett
e Paul e il
pannello di quel pomeriggio, ma sembravano entrambi pensierosi e
stranamente
agitati.
L’auto si fermò
davanti al retro dell’albergo, i due scesero
e rientrarono dall’ingresso secondari, dirigendosi svelti
agli ascensori. A
quell’ora non c’era nessuno nei corridoi, nemmeno
nella hall.
“A che piano?” le
domandò Ryan, distogliendola sai suoi
pensieri.
“Sesto” rispose
lei.
“Anche io”
rimarcò lui.
Quindi premette il pulsante del sesto
piano e piuttosto
velocemente l’ascensore salì e si aprì
sul loro piano.
Ryan, da bravo cavaliere, la fece
uscire per prima.
“Allora, immagino che ci
rivedremo da qualche parte, prima o
poi. Ogni tanto devo volare qui, quindi…magari ci
sentiamo!” riprese a dire
lui, con le mani affondate nelle tasche dei jeans, mentre entrambi in
piedi
sostavano nel corridoio, davanti alle porte dell’ascensore
ormai chiuse.
“Si, sicuramente ci vediamo
in giro! Ti avviso se passo per
New York. Magari ci prendiamo un caffè” rispose
lei, che si sentiva stranamente
in imbarazzo e non vedeva l’ora di tornare in camera. Non
perché non le
piacesse stare con lui, al contrario, le piaceva troppo, e questa
consapevolezza la spaventava perché lui era un uomo sposato
e mai le era
capitato prima di avvertire un trasporto simile per un uomo
già impegnato.
“Sarà meglio che
vada! Sennò chi la sente domani la
sveglia!” aggiunse, abbozzando un sorriso “Ancora
complimenti per Deadpool e
buonanotte” disse, salutandolo e tornando nella sua stanza.
Una volta lì, richiuse la
porta alle sue spalle e ci si
appoggiò, sospirando quasi sollevata, perché era
riuscita a salutarlo, senza
combinare guai, senza fare niente di stupido.
Stava per mettersi a fare la valigia,
quando sentì bussare.
Il cuore quasi le si fermò in gola. A quell’ora,
non poteva essere che una
persona, qualcuno che aveva appena salutato in corridoio. Infatti,
quando aprì
la porta, si trovò davanti Ryan, ma non fece in tempo a
chiedergli nulla,
perché appena se la ritrovò davanti, lui si
avvicinò, annullando del tutto la
distanza fra di loro, e la baciò con un trasporto ed
un’intensità tali, che
Victoria si sentì quasi mancare la terra sotto i piedi.
Nessuno l’aveva mai
baciata così, nemmeno Josh, che al confronto le sembrava ora
un pivellino.