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Autore: Ginevra1988    29/07/2017    7 recensioni
All'alba del tre maggio Harry, Ginny e gli altri reduci della Seconda Guerra Magica si ritrovano a fare i conti con... il ritorno alla normalità. Le ferite sono fresche, gli incubi li perseguiteranno ancora per anni e poco sembra essere come prima, ma la voglia di ricominciare è tanta. A passi lenti e incerti dovranno trovare la loro strada verso un futuro nel quale non potevano nemmeno sperare fino a qualche giorno prima.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Weasley, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Essere ciò che siamo,
diventare ciò che siamo capaci di diventare,
questo è il solo fine della vita.
 
Robert Louis Stevenson
 
 
 
 
15 giugno 1998 – Ministero della Magia
 
 
   Clunk.
   La targhetta dorata cadde nell’incavo per le monetine dell’angusta cabina del telefono. Ron la prese con un sospiro.
 
Ronald Weasley – aspirante Auror
 
   Il ragazzo fissò sconfortato la scritta per qualche secondo mentre la cabina scendeva al piano inferiore, poi la assicurò sulla maglietta e la coprì con la giacca leggera che aveva indossato nonostante il caldo della mattina estiva. Quando la cabina si fermò e la voce femminile annunciò l’arrivo nell’Atrium, Ron si calcò il cappellino dei Cannoni di Chudley sulla testa augurandosi con tutto il cuore che fosse sufficiente a proteggerlo dagli sguardi dei dipendenti del Ministero – soprattutto da quello di suo padre.
   Quella mattina era uscito con George, fingendo che il suo periodo di vacanza si fosse concluso, e nessuno della famiglia aveva fatto una piega. Harry lo aveva abbracciato prima di scendere insieme per la colazione, cosa che lo aveva messo in un imbarazzo incredibile ma che gli aveva anche fatto molto piacere. In quel momento si era chiesto per la centesima volta se il suo migliore amico avesse spifferato tutto o fosse riuscito a tenere la bocca chiusa; da quando lo aveva beccato alle sei di mattina sulle scale, Ginny aveva tormentato suo fratello con innumerevoli frecciatine e domande trabocchetto, ma due giorni prima aveva smesso, e Ron dubitava che sua sorella avesse semplicemente rinunciato: se c’era una persona incredibilmente cocciuta e maledettamente risoluta era proprio lei. Hermione, per contro, si era sempre comportata normalmente, ignorando platealmente ogni battutina di Ginny, e proprio questa ostentata, perfetta noncuranza faceva dire a Ron con assoluta certezza che lei avesse qualche sospetto. Ovviamente non gli era passata nemmeno per l’anticamera del cervello di parlarne direttamente con Hermione, non aveva proprio il coraggio di dirle che… beh, a essere onesti non aveva neppure il coraggio di immaginarsi quella scena. Non sapeva nemmeno per che diavolo di motivo aveva detto a Harry di quella stupida selezione. Che non avrebbe passato.
   Attraversò l’Atrium gremito di dipendenti mattinieri a grandi passi, un po’ per la paura di essere riconosciuto un po’ a causa dell’ansia per la prova imminente. Consegnò la bacchetta al mago di turno per farla registrare e mostrò velocemente la targhetta sotto la giacca; l’uomo, ormai molto vicino alla pensione, regalò allo scritta un sorriso sdentato.
   “Che mi venga un colpo!” esclamò con voce tremula. “Un altro piccolo Weasley che si unisce alla famiglia del Ministero!”
   Ron lo fulminò con lo sguardo.
   “Per favore, si sbrighi.”
   L’ometto si voltò contrariato per pesare la bacchetta del ragazzo, che si guardava nervosamente intorno; con un moto di panico, individuò circa a metà dell’Atrium la faccia di suo padre, impegnato in una conversazione con un mago allampanato dall’aria malaticcia. Ron prese con un gesto brusco la bacchetta che l’uomo in divisa gli porgeva e si precipitò verso gli ascensori, ignorando l’acido commento sul fatto che il fratello fosse molto, molto più gentile. Si infilò al volo tra le porte che si stavano chiudendo, finendo praticamente in braccio a una giovane strega. Ron si raddrizzò e borbottò delle scuse, poi alzò lo sguardo e si sentì svenire: la ragazza era Hannah Abbott.
   “Ron!” cinguettò lei stupita; sul suo petto scintillava una targhetta simile a quella di Ron, che imprecò sottovoce.
   “Cosa ci fai qui?” chiese Hannah sbattendo le lunghe ciglia.
   Il ragazzo sospirò e aprì leggermente la giacca in modo che la ragazza potesse vedere la sua placchetta.
   “Non ci credo!” strillò.
   “Non – urlare!” le intimò Ron, guardandosi intorno; per fortuna non conosceva nessuno dei presenti nell’ascensore.
   “Che incantesimi hai ripassato?” chiese a voce più bassa la ragazza, eccitata come se ci fossero gli sconti in Diagon Alley.
   “Un po’ di tutto” mentì il ragazzo; in realtà confidava nell’ultimo, pessimo anno passato a difendersi dai Mangiamorte. Lasciò che Hannah gli elencasse a velocità disumana tutto quello che aveva ripassato in vista della prova d’ammissione; lui più che altro era concentrato sul tenere la colazione al suo posto. Perché diavolo aveva mangiato quel pancake?
   Finalmente raggiunsero il Secondo Livello e si incamminarono insieme verso il Quartier Generale poco distante.
   “E non credo che ci servirà, ma ho perfezionato il mio Patronus. Voglio dire, non ci saranno Dissennatori, no? Però potrebbero chiederci comunque di produrre un Patronus formato, non credi?”
   Ron stava per dire ad Hannah di chiudere quella dannata boccaccia, ma raggiunsero l’open space e la vista che si presentò loro fu sufficiente a strozzare la voce nella gola della ragazza. L’ambiente era grande ma quella mattina sembrava soffocante tanti giovani maghi e streghe vi erano stipati dentro, e il vocio era quasi assordante. File e file di sedie nere erano state disposte in modo da dare le spalle all’entrata e quasi tutte erano occupate. Un gruppo di ragazzi era in piedi in un angolo con le bacchette in mano a ripetere incantesimi; un paio di streghe dall’aria stanca passeggiavano nervosamente lungo i lati della stanza. Solo una ragazza dai boccoli biondi sedeva tranquilla in prima fila, sorridendo come se stesse semplicemente aspettando che fosse servita la cena.
   Ron si sentì sbiancare; quante persone erano ammesse al corso ogni anno? Ricordava che Tonks aveva parlato di circa una decina di compagni. Facendo una stima a occhio quella mattina sarebbe passato forse uno su dieci. Si lasciò cadere su una sedia in fondo alla sala, mentre Hannah rimase in piedi mangiandosi nervosamente le unghie della mano destra.
   Cosa diavolo gli era venuto in mente? Cosa credeva di fare? Voleva dimostrare di essere cosa? E a chi? Ron si teneva la testa tra le mani, lo stomaco che si contorceva come se a colazione avesse inghiottito un Avvincino.
   D’un tratto il chiacchiericcio nella sala si interruppe; il ragazzo alzò la testa e vide che erano entrati Roy e Lena, entrambi con la divisa blu pavone bordata d’oro. Era bastata la loro presenza per imporre il silenzio, per cui la voce della Shacklebolt risuonò chiara senza che lei facesse il minimo sforzo.
   “Buongiorno a tutti” disse sorridendo. “E grazie per le vostre numerose domande di ammissione. Tra poco comincerà la prova di selezione. Avrete al massimo tre minuti a testa, ci saranno sufficienti per capire se avete attitudini al delicato mestiere dell’Auror.”
   Tre minuti?
   In tre minuti Ron era giusto in grado di capire il colore delle pareti di una stanza.
   “Vi chiameremo uno alla volta in ordine alfabetico e vi preghiamo di entrare nella stanza degli Allenamenti qui accanto” Lena indicò una porta alla sua sinistra. “Al termine della prova utilizzerete un’uscita secondaria.”
   “A meno che non abbiate bisogno di un breve soggiorno al San Mungo” aggiunse con un sorriso malizioso Roy. La Shacklebolt gli rivolse una breve occhiata risentita, poi sorrise nuovamente alla piccola folla.
   “Quando sarete dentro ricordate di stare calmi e di mantenere la concentrazione…”
   “… e di respirare” concluse Leatherman, suscitando qualche risata nervosa.
   “Esatto” confermò Lena con il sorriso lievemente incrinato. “Buona fortuna a tutti!”
   I due Istruttori si voltarono ed entrarono nella stanza degli Allenamenti. Poco dopo un Elfo Domestico dalla schiena dritta comparve da un corridoio laterale; teneva tra le braccia un grosso rotolo di pergamena, che aprì a fatica con le corte braccine. Si schiarì la gola e annunciò con voce squillante il primo nome:
   “Abbott! Hannah Abbott!”
   La ragazza venne scossa da un brivido.
   “Incrocia le dita per me!” sussurrò a Ron, che annuì con un sorriso tirato. Hannah scattò verso l’Elfo e sparì oltre la porta.
 
   Il tempo passava molto lentamente, specialmente per uno che di cognome faceva Weasley e quindi sarebbe stato praticamente l’ultimo ad essere chiamato. A volte tra un cognome e l’altro passava veramente poco tempo, altre volte trascorrevano più di tre minuti, Ron ne era certo. Un paio di ragazzi vennero portati veramente al San Mungo: una tremante strega dal viso rotondo venne accompagnata da Lena in persona avvolta in una coperta, mentre un altro uscì su una barella che fluttuò in autonomia verso gli ascensori, tra lo sgomento generale.
   Una ragazza dai capelli castani e le guance piene di lentiggini, alta e bella come una Veela, aveva riso sonoramente al passaggio del povero infortunato; non faceva altro che criticare ad alta voce il gruppo di maghi che continuava ad esercitarsi negli incantesimi, dando loro consigli non richiesti su come fronteggiare un Vampiro o sulla corretta composizione della Pozione Polisucco. Quando finalmente l’Elfo chiamò “Fletcher! Ella Fletcher” la strega percorse la sala a passi eleganti come se fosse su una passerella e salutò i ragazzi con un “Ci vediamo, perdenti.”
   La ragazza dai riccioli biondi che Ron aveva già notato per l’espressione rilassata leggeva tranquillamente un libro, le gambe incrociate e il piede che dondolava mollemente; rimase sorridente anche quando fu il suo turno e si alzò poco prima che l’Elfo chiamasse “Major, Sybil Kirstine!”
   C’era anche qualche volto noto: Roger Davies aveva avuto abbastanza faccia tosta da presentarsi alle selezioni; Ron non ne era stupito, ricordava bene quanta spocchia aveva dimostrato durante le partite di Quidditch a Hogwarts. Ma la vera sorpresa fu sentir pronunciare il nome di Theodore Nott: molto più magro di quanto non fosse stato al sesto anno, i capelli cortissimi e la pelle pallida, si era affrettato a testa bassa verso la porta della stanza degli Allenamenti, gli occhi rivolti con insistenza sul pavimento per non incrociare nessuno dei numerosi sguardi puntati su di lui. 
   Cosa ci faceva un maledetto Serpeverde alle selezioni per il corso da Auror? Tutti sapevano che suo padre era stato uno dei Mangiamorte più fedeli; Ron si sforzò di ricordare che fine avesse fatto, forse era uno dei morti.
   Il ragazzo si passò una mano sugli occhi: quell’attesa era una vera tortura. Trascorse un’altra lunga, estenuante ora durante la quale lo stomaco di Ron si era definitivamente ribellato: nel water dell’Ufficio Auror era finito non solo il pancake di quella mattina ma probabilmente anche il pranzo del matrimonio di Bill e Fleur. Ormai nell’open space erano rimasti solo tre o quattro ragazzi, che si lanciavano occhiate tese come condannati a morte.
   “Weasley, Ronald Weasley!”
   Il ragazzo scattò in piedi, la mano serrata sulla bacchetta; percorse la distanza che lo separava dalla porta senza quasi accorgersene. Mise la mano libera sul pomello, trasse un grosso respiro ed entrò.
   Fffssst.
   Ron cominciò a tossire, gli occhi chiusi, qualcosa di polveroso gli aveva invaso naso e gola.
   “Ron? Sei tu?”
   La voce di sua madre. Si trovava sulla porta della cucina della Tana, il pentolone bolliva come sempre sul fuoco, ma un odore acre impregnava l’aria.
   “Non sei ancora vestito?” esclamò sua madre, le mani sui fianchi e l’aria di rimprovero. Indossava una veste chiara piena di strass e un cappello in tinta da cui spuntava un ricciolo rosso.
   “Vestito per cosa?” chiese Ron confuso.
   “Ronald, oggi si sposa tua sorella! Perché diavolo sei ancora in mutande?”
   Il ragazzo si guardò: era quasi nudo, ma aveva ancora la bacchetta in mano. Quando si era svestito? Per qualche strano motivo però la cosa non lo preoccupava più di tanto.
   “Ginny e Harry si sposano oggi?” chiese sbalordito. Alzò lo sguardo e sua madre era improvvisamente molto vicina.
   “Harry? Cosa diavolo c’entra Harry?”
   Ron non seppe cosa rispondere, si sentiva molto confuso e l’odore stava diventando pungente. Si strofinò il naso con forza mentre sua madre cominciò a sbraitare.
   “Dopo tutto quello che gli hai fatto hai proprio un bel coraggio a tirare fuori Harry!”
   “Di cosa… di cosa stai parlando? Stamattina mi ha abbracciato in camera…”
   “Non essere sciocco, adesso nella tua camera sai che dorme Aragog.”
   La donna stese il braccio e Ron si voltò: il gigantesco ragno dagli occhi lattiginosi spalancò le fauci e allungò le zampe verso il ragazzo, che urlò a pieni polmoni. D’istinto cercò di afferrare il braccio di sua madre per allontanarla dal mostro, ma la sua mano si chiuse nel vuoto; Molly non era altro che una figura di fumo.
   Non è reale. Non è reale.
   Ron si aggrappò a quel pensiero e chiuse gli occhi per impedire a sé stesso di guardare Aragog o sua madre, cercando di pensare; si concentrò e d’improvviso il vero motivo per cui era in quella stanza tornò chiaro nella mente di Ron. L’odore acre pizzicò di nuovo le narici del ragazzo.
   E’ qualcosa che c’è nell’aria.
   Ricordò di aver sentito un soffio, appena aveva varcato la porta. Aveva bisogno di respirare aria pulita. Puntò la bacchetta verso la propria guancia, sperando che quell’incantesimo provato solo durante le lezioni funzionasse a dovere.
   “Bulla afflato!”
   Capì che c’era riuscito quando il pizzicore al naso svanì; aprì gli occhi e vide la stanza deformata dalla bolla che gli circondava la testa. Non c’era più traccia di sua madre o del gigantesco ragno. Si voltò verso la porta da cui era entrato e vide aggrappato allo stipite di destra un grosso fungo nero, avvolto in una nuvola di spore rossastre, mentre alcune spire scure fluttuavano nell’aria; somigliava ad un fiore marcescente.
   “Reducto!”
   Il fungo esplose e parte della porta saltò, spargendo molte schegge di legno sul pavimento. Un forte colpo di vento investì Ron.
   “Molto bene!”
   Roy comparse da un angolo sulla sinistra del ragazzo, ridendo come un matto e applaudendo. Lena aveva la bacchetta tesa e stava racchiudendo in una grossa sfera arancione le spore del fungo.
   “Non avrei fatto saltare la porta, ma per il resto questo esame è impeccabile” commentò Leatherman aggiustando lo stipite con un colpo di bacchetta.
   “Per fortuna abbiamo una scorta di questo” disse Lena osservando il punto dove c’era stato il fungo. “Altrimenti avremmo chiuso qui le selezioni.”
   “Bulla deafflato” Ron pronunciò il contro incantesimo e la bolla svanì. Non credeva alle proprie orecchie: aveva davvero passato l’esame?
   “Cosa diavolo era quello?” chiese invece.
   “Carino, eh?” gongolò Roy.
   “E’ un fungo peruviano” spiegò con pazienza Lena. “Lo chiamano Mollicciato, le sue spore hanno poteri allucinogeni in grado di dare forma alle tue paure più profonde.”
   “Ed è un vero spasso!” aggiunse Leatherman, guadagnandosi un’occhiataccia della collega.
   “Ottimo, signor Weasley” disse Lena allungando una mano e stringendo con forza quella del ragazzo. “Riceverà a breve un gufo dal San Mungo per la visita medica, poi ci occuperemo dei moduli di ammissione. E per inciso: se lo avesse semplicemente chiesto, lei sarebbe stato ammesso in automatico al corso da Auror.”
   Ron la guardò con gli occhi spalancati e la donna sorrise.
   “Ma visto che aveva fatto domanda ufficiale, Roy ha pensato che sarebbe stato… interessante vedere come lei se la sarebbe cavata.”
   Roy gli indicò una porta dall’altro lato della piccola sala spoglia.
   “C’è qualcuno che ti aspetta. E’ lì da stamattina presto.”
   Ron attraversò la seconda porta, più confuso che mai ma felice come se avesse di nuovo vinto la Coppa di Quidditch. Anche la nuova stanza era di dimensioni ridotte ed era rivestita di un legno scuro che la rendeva ancora più angusta; poche persone erano ancora sedute sulle panche in attesa dei loro figli, amici o fratelli. Hermione si alzò in piedi, un sacchetto colorato tra le braccia, e salutò Ron con la mano.
   “Cosa diavolo…? Harry ha spifferato tutto, vero?”
   Lei gli si avvicinò e scosse la testa.
   “No, è stata Lena. Un paio di giorni fa l’ha detto per sbaglio a tuo padre, ovviamente non sapeva che fosse un segreto. Harry ci ha solo spiegato perché non avevi detto un accidente a nessuno.”
   Ron sentì le orecchie avvampare e abbassò lo sguardo.
   “Allora?” chiese Hermione con un sorriso incerto. “Diventerai un Auror?”
   Lui annuì imbarazzato.
   “Ne ero sicura.”
   Lei gli consegnò il sacchetto colorato. Dentro c’era un orsacchiotto sulla cui pancia era ricamata una scritta rossa: “CONGRATULAZIONI STUPIDO IDIOTA”
   “Ho fatto un buon lavoro” disse Hermione con un ghigno. “Prima c’era scritto Buon San Valentino.”
   I due ragazzi risero insieme.
   “Hermione, io…” cominciò Ron, ma lei lo zittì mettendogli un dito sulle labbra.
   “Discuteremo più tardi. E credimi, discuteremo. Ho un paio di cosette che desidero dirti da un po’ di giorni.”
   Hermione accompagnò l’affermazione con un’occhiata che fece rizzare i peli sulla nuca di Ron.
   “Ma adesso dobbiamo andare nell’ufficio di tuo padre” proseguì lei concedendogli un sorriso. “Ci aspettano.”
   “Ci aspettano? Chi?”
   Hermione scrollò le spalle.
   “I tuoi genitori, i tuoi fratelli, Harry… insomma, un po’ tutti.”
   “Tutti?”
   “Tutti. Sapevamo che saresti andato alla grande.”
   Hermione lo tirò verso di sé e lo baciò a lungo. Ron non capiva se lei era arrabbiata o contenta per lui. Forse tutte e due le cose. E forse lui era davvero uno stupido idiota.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo di Gin
Sì Ron, ti confermo che ti sei comportato da stupido idiota. Non assisteremo alla discussione tra lui e Hermione, ma fidatevi che il “paio di cosette” che lei voleva dirgli da qualche giorno sarebbero sufficienti ad intimorire tre o quattro Mangiamorte.
E’ chiaro come la luce del sole che la mia storia si occupa soprattutto di Harry e Ginny, quindi non aggiungo carne al fuoco e non approfondisco più di tanto gli altri rapporti, ma spero comunque vi sia piaciuto il capitolo dedicato interamente a Ron. La prova di selezione è un’allucinazione assolutamente delirante che riassume più o meno tutte le sue paranoie, mi sono divertita a infierire ;)
Ron, avendo fatto parte del trio che di fatto ha salvato il Mondo Magico, avrebbe avuto diritto al canale preferenziale, né più né meno di Harry; ma la sua autostima a raso terra ha fatto sì che la cosa non gli passasse nemmeno per l’anticamera del cervello.
Come ho già detto, Leatherman è un buon ragazzo, ma a volte sfiora il sadismo: pensate le risate che si è fatto guardando questi poveri ragazzi in preda alle allucinazioni mentre brancolavano per la stanza sbraitando. Non oso immaginare cosa combinerà come Istruttore…
Come sempre grazie a chi ha letto e chi leggerà, e soprattutto a chi segue e commenta! Un grazie speciale a Thalassa_, un ritorno davvero gradito!
Smack
Gin
   
 
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