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Autore: nikita82roma    29/07/2017    3 recensioni
Ambientata prima dell'ultimo episodio della prima stagione. Castle e Beckett sono sulla scena del crimine di un duplice omicidio, una coppia di coniugi con una bambina in affido: Joy entrerà prepotentemente nella vita di castle e ancora di più in quella di Beckett. Il passato si scontrerà con il futuro, scelte, errori e decisioni vecchie e nuove porteranno i nostri dentro un percorso dal quale uscirne non sarà facile, dove giusto e sbagliato non sono così netti e dove verranno prese decisioni sofferte.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
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- Ciao Kate entra!

- Ciao Alexis! - Il sorriso spontaneo della figlia di Castle faceva da contraltare a quello tirato di Kate. Aveva fatto una lunga doccia, aveva provato a rilassarsi ma era stato tutto abbastanza inutile. Si era aspettata che lui fosse lì e appena dentro casa si guardò intorno, ma non c’era. 

- Tuo padre è con Joy? - Chiese quindi alla ragazza.

- No, veramente… è stato fuori tutta la notte e poi questa mattina è uscito di nuovo di corsa, poco fa. Ha detto che aveva una cosa urgente da fare, ma era un po’ strano. - Disse Alexis che sembrava un po’ preoccupata.

- Tuo padre è sempre un po’ strano, dovresti esserci abituata! - Cercò di sdrammatizzare Beckett, facendola sorridere.

 

Joy era sdraiata sul suo letto dando le spalle alla porta. Aveva le cuffie e non sentì Kate entrare fino a quando non si sedette vicino a lei e le accarezzò i capelli.

- Mamma! - Esclamò girandosi strappando via gli auricolari.

- Ciao amore mio. 

Joy in uno slancio come mai aveva avuto la abbracciò portandole le braccia intorno al collo e dandole un bacio sulla guancia. Kate la strinse, capendo che per lei, per il bene di sua figlia, doveva e poteva rinunciare a tutto anche a chi aveva preso la parte restante del suo cuore con due stupide parole.

- Mamma… ti fai crescere di nuovo i capelli? - Le chiese accarezzandole le punte.

- Vuoi che mi faccio crescere i capelli? 

- Sì, come nelle foto, così ci assomigliamo di più.

Kate ingoiò a vuoto. Non le chiese nulla, sapeva di quali foto stava parlando ma non si aspettava che gliene parlasse.

- Tu sei molto meglio di me, Joy. 

- Mamma, io ti volevo dire una cosa… però non so come dirtela… - Confessò imbarazzata.

- Dillo come vuoi, sarà sicuramente il modo giusto. - La incoraggiò.

- Ecco… Quest’anno ti ho conosciuto poco prima del mio compleanno e… anche se fino a qualche tempo fa pensavo di no, ecco… Anche per me sapere che ci sei è un bel regalo di compleanno. - Kate sorrise a sua figlia, capì che quello era il suo modo per dirle che aveva letto i suoi diari e molto di più.

- Joy… tu sei stata il migliore di sempre. - Le fece una carezza e la bambina si appoggiò alla sua mano, tenendola con le sue ferma sul suo viso, mentre era lei che si muoveva, strusciandosi quasi impercettibilmente con gli occhi chiusi. Kate la lasciò fare guardandola senza capire.

- Che c’è Joy? - Le chiese infine. Aveva molte remore a chiedere a sua figlia quello che pensasse o provasse temendo sempre di sentire qualcosa che non voleva, ma si sforzò di farlo perché sapeva che era necessario per conoscerla.

- Mi sono sempre chiesta cosa si prova quando ti accarezza la mamma. - Kate ingoiò a vuoto, quella bambina aveva la capacità di frantumare la sua anima con poche parole che arrivavano in punti del suo essere così profondi che non sapeva nemmeno di avere, toccando corde emotive mai scosse prima.

- Ora lo sai? - Glielo chiese timorosa, avrebbe voluto dirle di più ma non ne fu capace.

- Sì. È bello. - Sorrise a sua madre.

- Potrai avere tutte le carezze che vorrai da ora in poi, tutto quello che vuoi amore mio, anche se so che non basteranno mai a recuperare quelle che non hai avuto.

- Mamma però non piangere… - Le asciugò lei le lacrime con le sue mani, ottenendo però il risultato contrario, Kate piangeva ancora di più.

- Questo non so te posso promettertelo Joy… - le disse provando a sorridere.

- Sei più bella quando ridi. - Le diede un altro bacio sulla guancia, non capendo che erano proprio quei gesti suoi che le rendevano difficile trattenere le lacrime.

 

Era stato Castle ad insistere perché Joy avesse in camera quella poltrona, lilla, come tutte le rifiniture dell’arredamento. Lei non ne era convinta, era una tipa pratica e non ne capiva l’utilità e non si era lasciata convincere nemmeno quando lui le aveva detto che diventava letto e quando avrebbe invitato le sue amiche a casa per fare un pigiama party le sarebbe stata molto utile. Lei non capiva ancora: non aveva amiche da invitare a dormire a casa e non sapeva cosa fosse un pigiama party. Castle, però, come al solito, aveva fatto di testa sua e l’aveva fatta consegnare con il resto dei mobili dicendole che quella era per lui e che solo temporaneamente la metteva in camera sua e lei lo aveva guardato con quello sguardo che anche Rick glielo aveva detto, come quello di Beckett quando si arrabbia. Quella mattina, però, Joy capiva a cosa servisse, mentre stava lì, rannicchiata tra le braccia di Kate, appoggiata con la testa sulla sua spalla ed avrebbe voluto essere ancora più piccola per godere di più di quell’abbraccio.

Joy aveva sognato tante cose nella sua vita e tante le aveva solo immaginate, senza permettersi di desiderarle. Aveva capito presto che certe cose lei non le avrebbe avute e non c’era un perché, era così, e basta, erano desideri rimasti chiusi in sé, così nel profondo che non voleva nemmeno ammetterli a se stessa. Perché era inutile volere l’impossibile, si diceva e tra le cose impossibili per lei c’era anche quella, essere coccolata da sua madre.

La prima volta che era stata riportata nell’istituto non la ricordava e non aveva ricordi nemmeno di quella famiglia che per prima l’aveva presa e poi lasciata, li aveva visti solo nelle foto, che poi aveva strappato. Poi, però, non era stato così. Poi si era illusa e le aveva fatto male. Quando era stata presa dai Witcher credeva veramente che anche per lei fosse arrivato il momento di avere una famiglia e con loro si era lasciata andare e si fidava. Tornare in istituto era stato un trauma, era convinta che era stata brava, che aveva fatto tutto quello che doveva, non aveva chiesto nulla, si era mostrata gentile eppure non era servito. Per questo poi, nonostante fossero passati degli anni, quando l’avevano presa gli Austin era rimasta sulle sue, sempre con il terrore che da un momento all’altro la lasciassero anche loro. Voleva bene a Lauren e Ethan, non le avevano mai fatto mancare nulla, ma lei aveva vissuto sempre con l’idea di essere un’ospite da loro. Anche con Rick aveva avuto nei primi giorni la stessa sensazione che tutto fosse temporaneo, ma poi era sparita quasi subito, riuscendo a sentirsi più a casa con lui che in qualsiasi altro posto fosse mai stata, fino a quel momento, perché Joy quella mattina si era permessa di tornare a sognare e volere quello che non aveva mai sognato ed avuto, tra le braccia di sua madre aveva trovato la sua vera casa.

Kate e Joy non si erano spiegate molto di più, non si erano dette quasi nulla di quello che stava accadendo. Kate sapeva e Joy aveva lasciato che sua madre la capisse ed era stata contenta che non le avesse chiesto nulla, così si godeva solo quelle coccole silenziose, il calore del suo abbraccio mentre anche lei la stringeva e la accarezzava. Kate passava la mano tra i capelli di sua figlia con movimenti lenti e ripetuti, non aveva fretta si prendeva tutto il tempo necessario per ogni tocco. 

- È bello stare così. - Le disse Joy spostandosi da una spalla all’altra, senza lasciarla.

- Sì, lo è anche per me… Ho pensato tante volte a come sarebbe stato abbracciarti, cosa avrei provato. Eri così piccola quando sei nata, ma eri perfetta. Non mi ero mai resa conto di quanto fossero piccoli i bambini appena nati fino a quando non ti ho visto, è stato solo un attimo, non mi hanno permesso di più, però non ho mai dimenticato il tuo viso ed i tuoi occhi vispi in quel momento. Non mi perdonerò mai per tutto quello che ho perso e soprattutto per tutto quello che ti ho fatto perdere. Ti voglio bene Joy, te ne ho sempre voluto, da prima che ru nascessi. 

Joy si staccò da lei e si sposò un po’. In braccio a Kate, ora era alla sua altezza e si guardavano negli occhi. La serietà di sua figlia a volte la spaventava, perché ancora non riusciva a decifrare le sue reazioni, a capire cosa stesse pensando e questo la metteva a disagio.

- Mamma - Le disse seria, quasi fosse lei a riprenderla - non parliamo più di prima.

- No? - Chiese stupita pensando che avesse bisogno di sapere e di risposte.

- No. Adesso no. Io sono felice che ora ci sei.

- Ci sarò sempre da ora in poi, Joy. Non ti lascio più, te lo prometto. - Le diede una serie di baci molto rumorosi sul viso e sul collo facendola ridere. Era così bello per lei sentire la sua risata, vederla felice. - Cosa vuoi fare adesso? Playstation? Cartoni animati? Puzzle?

- Possiamo rimanere ancora un po’ così? - Chiese appoggiandosi di nuovo sulla sua spalla.

- Tutto il tempo che vuoi.

 

Rick era uscito dal loft prima che arrivasse Kate. Perché era ancora tutto troppo fresco, sentiva il sapore di lei sulle labbra, il profumo della sua pelle e se chiudeva gli occhi gli sembrava di sentire che lo stesse accarezzando, ancora. Non avrebbe potuto resistere a vederla arrivare lì e fare finta di nulla. Aveva bisogno di tempo, di mettere un po’ di distanza, qualche ora per pensare. Era finito sotto al distretto, guardò in alto con un po’ di nostalgia, quella parentesi della sua vita si era conclusa ed era stata bella, eccitante, divertente. Aveva imparato tante cose, più di quante pensasse e soprattutto aveva trovato loro. Kate e Joy. Entrò nella caffetteria e quando lo videro gli chiesero subito se voleva il solito. Il solito erano i due caffè, uno per sé ed uno per Kate che prendeva sempre. Disse di sì ed uscì con le due tazze in mano, passando davanti all’entrata. L’agente Browne, all’ingresso, gli ricordò che Beckett non c’era, era ancora in malattia per qualche giorno, l’avrebbe trovata a casa. Già, a casa… Lui l’aveva trovata a casa quella notte, l’aveva trovata e persa di nuovo nel tempo di un “ti amo” che era servito solo a farli stare peggio entrambi. Perché sapere che anche lei provava lo stesso per lui non era una consolazione se era del tutto inutile, perché non pensava che sentirsi dire “ti amo” dalla donna che ami potesse fare così male come faceva a lui il pensiero di lei sulla porta mentre lui se ne stava andando. Non poteva nemmeno dire di non capirla, però, perché la capiva benissimo, lui avrebbe fatto lo stesso per Alexis, ma faceva comunque male.

Il parco non era poi tanto lontano da lì. Le scuole erano riaperte da qualche giorno ormai ed era tranquillo, c’erano pochi bambini e tutti piccoli la maggior parte con tate che chiacchieravano tra loro guardandoli ogni tanto superficialmente, poche mamme, nessun papà. Non era una novità, si era abituato negli anni ad essere l’unico papà con la bambina al parco, centro delle attenzioni di mamme insoddisfatte e tate in cerca di una migliore sistemazione ma lui un po’ ci giocava, qualche volta aveva anche conquistato qualche donna, ma niente di serio, non più di qualche uscita, però i suoi occhi erano sempre tutti solo per Alexis. Gli mancavano un po’ quei giorni, nonostante tutto e gli sarebbe anche piaciuto riviverli, con una nuova maturità, anche se le donne di casa sua avrebbero avuto da ridire su questo, una nuova consapevolezza. Forse anche per questo aveva deciso di occuparsi di Joy, perché pensava che se c’era una cosa che amava veramente fare e nonostante tutto gli veniva molto bene era il padre e sarebbe stato un buon padre, anche per Joy. Lo aveva pensato fino a pochi giorni prima. Adesso non lo sapeva più.

Guardò la tazza di caffè che aveva appoggiato sulla panchina vicino a lui e si sentì incredibilmente solo.

 

Rientrò a casa prima di quanto pensasse. Salì piano le scale, la porta di camera di Joy era aperta e stranamente silenziosa, niente musica, niente tv, niente chiacchiere: si affacciò e le vide abbracciate sulla poltrona. Si immaginò la scena se fosse un suo libro: sarebbe entrato, avrebbe fatto una carezza a Joy e le avrebbe dato un bacio. Poi avrebbe preso per mano Kate e l’avrebbe fatta alzare, l’avrebbe stretta a se e le avrebbe dato un bacio, mentre lei le avrebbe sussurrato che le era mancato, anche se era stato fuori solo qualche ora, perché sicuramente qualche ora era un tempo sufficientemente lungo per sentire la mancanza reciproca, visto che a lui Kate già mancava. L’avrebbe baciata ancora e poi Joy avrebbe fatto una faccia schifata dicendo che la dovevano finire di fare le coppie come nei film che si baciano sempre e lui le avrebbe risposto che loro sono meglio dei film, perché sono veri.

Invece erano solo fantasia. Erano frutto della sua fantasia di scrittore che se continuava così poteva cambiare genere e buttarsi sui romanzi rosa facendo concorrenza a Nora Roberts. Quasi ci si vedeva con lei, Rachel Gibson e Kristan Higgins a discorrere di grandi amori e grandi sofferenze durante un tè il pomeriggio, invece delle serate di poker e whisky a parlare di donne e omicidi con Patterson, Cannell, Connelly e gli altri. Seguendo i suoi pensieri non si era accorto che Kate lo stava guardando, in silenzio, doveva avere proprio un’espressione stupida per convincerla a non fare qualche battuta o forse anche lei era persa nei suoi pensieri. Si avvicinò, accarezzò i capelli di Kate e la vide trattenere il respiro, si ritrasse, quindi, facendo lo stesso con Joy che accortasi di lui lo salutò con un sorriso.

- Mi pare che voi due ve la cavate bene anche senza di me. - Le disse con un sorriso amaro e non sapeva perché aveva detto proprio quella frase, ma dentro di lui stava crescendo la consapevolezza che avrebbe perso Joy e nonostante tutto, credeva che fosse giusto così.

- A me un po’ sei mancato - Gli disse Joy e Rick la guardò sorridendo.

- Ehy da quando in qua dici le bugie tu? - Joy rise mentre Kate li osservava con un’espressione indecifrabile.

- Mamma a te è mancato Rick? - Quella domanda ironica ed innocente di sua figlia la prese alla sprovvista. Lo guardò, sperando che lei non capisse quello sguardo.

- Sì, è mancato un po’ anche a me. - Poi la strinse cerando in lei un appiglio ed un rifugio in quel momento, per assicurarsi che stesse facendo la cosa giusta.

- Vi lascio sole, ci vediamo dopo. Kate… Beckett - si corresse - Tu rimani a pranzo con noi?

- Sì, lei rimane a pranzo con noi! - La anticipò Joy

- Perfetto allora. Ci vediamo giù. 

Kate aveva percepito tutta la malinconia di Castle, aveva un atteggiamento così diverso dal solito, però fu immediatamente interrotta dai suoi pensieri da Joy che le chiedeva se l’aiutava a scegliere cosa mettersi quel giorno. 

- Posso mettere questa? - Disse mostrandole una delle magliette che le aveva regalato Alexis.

- Certo, perché? - Le sembrava così strano che le chiedesse il permesso per fare le cose, anche una cosa così semplice come scegliere qualcosa da indossare.

- Rick dice che è troppo da grandi ed io sono piccola.

- Sono sicura che Rick scherzava e poi al massimo ti vediamo io e lui e noi lo sappiamo che sei piccola, anche con quella maglietta lì.

Era stato Castle ad insistere perché, anche se stava in casa, ogni giorno si preparasse come se dovesse uscire, soprattutto da quando aveva potuto abbandonare la sua stanza. Ed in effetti aveva notato come in quel semplice rituale Joy mettesse molta attenzione. Rick aveva detto a Kate che glielo aveva consigliato uno psicologo dell’ospedale, serviva per fare in modo che si spezzasse la continuità dello stare chiusi nello stesso posto, un modo per ingannare la mente. Aveva apprezzato quelle sue accortezze, quell’andare a cercare anche il dettaglio che potesse aiutarla, Castle con Joy si era dimostrata una figura estremamente attenta, molto più di quanto potesse immaginare ed anche di più di quanto era sicura non sarebbe stata lei.

 

Lo trovarono intento a cucinare e lui le invitò ad avvicinarsi. Aveva preparato per loro due succhi di frutta speciali. Mise i colorati bicchieri davanti a loro sedute al bancone della cucina e poi ritornò ai fornelli.

- Ah Castle, tua figlia mi ha detto di ricordarti che oggi non ci sarà, dopo la scuola andrà dalla sua amica 

- Allison - La precedette Castle 

- Sì, e tornerà per cena e che Martha è con le sue amiche per sua…

- Giornata Relax - Concluse lui.

- Già, sì, qualcosa del genere… - Era strano, quel concludersi le frasi a vicenda. Lo avevano fatto quasi da subito, in una connessione che a volte l’aveva spaventata, ma ora qualsiasi cosa era strana se c’era lui, anche guardarlo cucinare, anche stare nella stessa stanza. Joy percepì che qualcosa di diverso c’era tra loro. Li guardò entrambi dopo aver bevuto il suo succo che Kate invece non aveva nemmeno toccato, continuando a giochicchiare con il bicchiere tra le mani.

- Avete litigato di nuovo? - Chiese loro severa, con quegli occhi indagatori che spostava velocemente da uno all’altra.

- No! - Risposero all’unisono, ma lei non sembrò soddisfatta della risposta.

- Perché pensi che abbiamo litigato? - Le chiese Kate.

- Uhm… non lo so… siete strani e vi punzecchiate meno del solito, come quando eravate arrabbiati.

- Tranquilla Joy, non abbiamo litigato, vedi? - Rick si sporse e diede un bacio sulla guancia a Kate che spalancò gli occhi come se fosse rimasta folgorata dal contatto, prolungato, delle labbra sulla sua guancia. Era stato un colpo basso da parte sua e sperò che non si rendesse conto di quanto le facesse male.

- Castle, non ti prendere troppe confidenze però eh! Sono sicura che a Joy basta la tua parola che non abbiamo litigato. - Provò a difendersi dalle sensazioni di quel bacio punzecchiandolo così come Joy avrebbe voluto.

- Ok, ci credo adesso.

- Bene. - Le risposero ancora una volta insieme per poi guardarsi quasi rassegnati dall’essere così.

 

Rick aveva era rimasto sul divano dopo che Kate e Joy erano tornate al piano superiore. Aveva preso il suo computer portatile ed aveva ricominciato a scrivere, o meglio, avrebbe voluto farlo, in realtà fissava lo schermo bianco ed il cursore che lampeggiava. Era andata bene, tutto sommato, era sempre vivo, malconcio, ma vivo. Avevano pranzato insieme riuscendo quasi a sembrare una famiglia normale e questo era stato il colpo di grazia per la sua mente che non era capace di stare ferma sui binare che lui voleva imporle, si erano sfiorati un paio di volte le mani passandosi i piatti e sapeva che per lei era stato difficile quanto per lui.

- Castle noi dobbiamo parlare. - La voce di Kate lo fece sussultare. Chiuse il computer di getto appoggiandolo sul tavolino e si mise seduto composto per ascoltarla. 

- Sì, lo credo anche io. - Lei sorrise per il suo comportamento. Forse era la prima volta che faceva quello che le diceva.

- Perché prima ha voluto fare quella scena con Joy? Che senso aveva quel bacio Rick?

- Beh… ecco… avrei voluto baciarti, Kate. Veramente intendo… ma…

- Non lo fare più, perché fa male… - ammise lei senza riuscire a guardarlo.

- Ha fatto male anche a me…

- Non voglio che tu stia male, Rick. - Si guardarono e lui non sapeva se parlava del bacio o del resto.

- Kate, da questa storia qualcuno ne uscirà male in ogni caso, lo sai. L’importante è che non sia Joy e penso che su questo siamo d’accordo, no?

- Certo, quella è l’unica cosa che conta.

- Se ti dicessi che per me conti anche tu, sarebbe inopportuno adesso? - Chiese lui che represse l’istinto di sporgersi in avanti e prenderle le mani che si sfregava nervosamente.

- Sì, sarebbe inopportuno.

- Ok, allora non te lo dico. Però lo penso. - La fece sorridere, era già una conquista.

- Joy mi ha detto che la prossima settimana ha una visita di controllo… ecco… volevo chiederti se…

- Mi farebbe piacere se venissi anche tu. - Le disse prima che potesse chiederglielo.

- Grazie. - Rimase un attimo in silenzio - Pensi che sia un problema se poi un giorno facessi venire qui mio padre? Lui vorrebbe conoscere Joy e mi piacerebbe che anche lei potesse conoscere lui.

- Certo, nessun problema…

Beckett cominciò a preferire l’altro Castle, quello che non stava zitto un attimo fino a diventare fastidioso, perché quei momenti di silenzio tra loro cominciava ad odiarli. Perché si osservavano quando pensavano che l’altro non li vedesse, scrutavano le loro sofferenze, le loro rughe per i muscoli del viso contratti e facevano una gran fatica ad evitarsi.

- Io torno su da Joy. Aspetto che si risvegli, poi vado a casa.

- Puoi rimanere quanto vuoi. - Si affrettò a ricordarle mentre stava già salendo le scale. Lei annuì e tornò da sua figlia. In quelle settimane aveva scoperto la bellezza di guardarla dormire, era tutto quello che all’inizio le era concesso ed anche adesso sarebbe rimasta lì a vegliare sul suo sonno per sempre.

 

- Mi ha detto la mamma che la settimana prossima deve tornare a lavoro. - Disse Joy quella sera a Rick quando, dopo che Kate se ne era andata, era rimasto un po’ di tempo con lei.

- Sì, però mi ha detto anche che farà il possibile per venire ogni volta che sarà libera.

- Lo ha detto anche a me. - Commentò mentre stringeva il bordo della maglietta tra le mani.

- Ma? - Le chiese Rick e Joy lo guardò non capendo. - Quegli occhi e quella voce sono da un “ma” che c’è dopo. 

- Mi stavo abituando a passare del tempo con lei. Era bello, soprattutto ora che non vado a scuola.

- Ti prometto che appena ti daranno l’ok per uscire, ogni tanto quando non è impegnata con qualche super cattivo, andremo noi da lei e la convinceremo a venire a pranzo con noi, va bene?

- Pensi che possiamo? - Chiese speranzosa.

- Certo, il capitano Montgomery non ci dirà di no, ne sono sicuro. 

- Rick, ma pensi che dopo prima di andare a dormire posso chiamare la mamma per salutarla? - Gli domandò la bambina ancora incerta su quale fosse il modo di comportarsi.

- Secondo me le faresti solo molto piacere. Sarebbe felicissima.

- Ma la mamma è sola? Non c’è nessuno che le fa compagnia?

La domanda di Joy era innocente, ma Castle in quel momento sentì lo stomaco andargli sottosopra quando per un momento immaginò una risposta diversa a quella domanda, che Kate non fosse sola e che ci fosse qualcuno, qualcun altro, a farle compagnia.

- Credo di no, non c’è nessuno che le fa compagnia.

- Ah… - Joy non disse altro, ma si lasciò trasportare per un po’ in uno di quei racconti di Rick su fatti improbabili che la facevano sempre divertire con le sue esagerazioni. Poi rimasta sola, pensò a Kate. Lei sapeva cosa volesse dire rimanere sola la sera: non aveva mai provato a vedere le cose dal suo punto di vista e si rattristò. Poi arrivò Alexis e passarono insieme il resto della serata a guardare la tv mentre la giovane Castle le spiegava alcuni retroscena di quella nuova serie tv musicale che avevano cominciato a guardare insieme. Alla fine della puntata chiacchierarono ancora un po’, scambiandosi opinioni soprattutto su quale dei protagonisti piacesse loro di più: Alexis preferiva il ragazzo moro dall’aspetto più tenebroso e gli occhi misteriosi, Joy il biondino dagli occhi azzurri perché era più dolce, così aveva detto facendo sorridere teneramente Alexis che dopo averle augurato la buonanotte le disse che doveva lasciarla per andare a ripassare per il giorno dopo: Joy rimasta sola prese il suo cellulare per augurare anche lei la buonanotte alla sua mamma.

   
 
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