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Autore: Hermes    29/07/2017    0 recensioni
Diciassette anni di giorni da spiegare e mettere a fuoco.
Un’autopsia al tempo fra la nebbia di San Francisco e la polvere del deserto, per arrivare nel presente che potrebbe essere solo una possibilità nel futuro.
Il mondo è costruito sulle nostre scelte.
[Questa storia fa parte della serie 'Steps']
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Steps'
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Nota: Questo capitolo ha molti trigger fra i quali droga, comportamenti condannabili, prostituzione, violenza, vandalismo e qualche frase/minaccia poco educata. Io vi ho avvertiti e sapete a cosa andate in contro. Ci rivediamo nelle note in fondo.

Everything is energy and that's all there is to it.
Match the frequency of the reality you want
and you cannot help but get that reality.
It can be no other way.
This is not philosophy.
This is physics.
~ Albert Einstein

La notte nel deserto è cielo trapunto di stelle e silenzio.
Una luna bianca immobile che proietta ombre sulla terra slavata.
Il movimento sinuoso di qualche serpente che si nasconde fra le aloe.
Non di certo un telefono che suonava.
Erano appena le due di notte ed aveva quasi finito di leggere il suo fumetto tutto d’un fiato.
Le luci all’interno del villino si erano spente già da un po’, immaginava che il vecchio fosse nel mondo dei sogni a quel punto.
Il tono polifonico l’aveva fatto saltare sulla sdraio, prendendolo di sorpresa.
Non aveva fatto in tempo ad scostare la porta a vetri che il vecchio – in boxer – aveva risposto con tono perfettamente sveglio e presente nonostante si vedesse che si era appena svegliato.
Linds l’aveva sentito entrare mentre ascoltava l’altro capo del filo ma la sua espressione non tradì emozione.
“Calmati, Gin. Riparti da capo e dimmi cosa sta succedendo.”
Gin…?
Un momento dopo il vecchio si era voltato di scatto verso il corridoio con un’energia nervosa.
“Mi ha mentito quindi.”
Era entrato nella sua stanza accendendo la luce ed afferrando il primo paio di pantaloni disponibili.
“L’avevo avvertita delle controindicazioni con l’eroina, ad ogni modo sarò lì al massimo tra un’ora e mezza.”
Aveva chiuso la comunicazione e fatto partire un’altra telefonata.
“Jimmy vai dal comandante e fatti firmare un’autorizzazione per l’uso del tunnel in direzione North Las Vegas. No, non tra un quarto d’ora, io tra venti minuti ci entro dentro quindi alza le chiappe dal letto della tua fidanzatina ficcati le mutande e vai!”
Quindi aveva finito di vestirsi con gesti secchi, gli occhi cerchiati dalla stanchezza si erano fissati e messi a fuoco su di lui, ostili.
“Cosa c’è?!” aveva abbaiato.
Non so cosa diavolo stia succedendo ma…
“Vengo anch’io.”
Labbra sottili si curvarono in un sorriso quasi diabolico poi il vecchio sembrò cambiare idea e gli dette un ultimatum “Hai tre minuti Kurt, poi ti lascio qui.”
Centosessanta secondi dopo la Jaguar ringhiava ed Kurt si era lanciato di schianto nel sedile passeggero con in braccio il suo zainetto.
Il momento dopo erano in corsa, il momento di accelerazione l’aveva incollato al sedile.
“Che cos’è il ‘tunnel’?”
Linds sorrise nel buio dell’abitacolo “Adesso inizi ad incuriosirti eh? Mi dispiace ma il botteghino delle spiegazioni stasera ha chiuso prima, adesso ho delle telefonate da fare.”
Quindi aveva ricomposto un numero con il vivavoce dell’auto ritrovando Jimmy e dettandogli un paio di cose da caricare sulla Jaguar tra cui un additivo per il carburante ed alcune sostanze.
Sta a vedere che finiamo arrosto sottoterra!
Un quarto d’ora e Kurt riusciva già ad intravedere le luci della Base ma Linds eseguì una deviazione prendendo una nuova strada sterrata che, nel buio, sembrava andare dritta dritta contro il fianco di una montagna.
La Jaguar rallentò fino a fermarsi, nella completa confusione di Kurt.
Una specie di laser blu sembrò flashare l’auto prima che con un cigolio una paratia coperta di sabbia si sollevasse, lasciando intravedere una piattaforma di metallo mentre Linds manovrava per salire e spegnere l’auto.
Il momento che furono fermi iniziarono a scendere di colpo verso il basso a più di dieci metri al secondo, tanto da mettere a Kurt sottosopra lo stomaco.
Il padre nell’attesa si era portato in grembo la borsa di pelle da medico – anche conosciuta come la ‘valigia delle meraviglie’ – ed aveva iniziato a frugare nei scomparti interni tirando fuori un laccio emostatico, un kit per iniezioni completo di garze ed una boccetta dall’aria ospedaliera.
“Papà…?”
“Sono senza caffè Kurt, ho bisogno di un aiutino.” stava arrotolando la manica sinistra della camicia come se fosse un’abitudine assodata.
“Papà!”
“Credimi andare ai duecento l’ora in una galleria di cemento armato larga otto metri non è il massimo, se poi ti tremano le mani prega di non toccare o diventi sugo di carne. Stessa cosa accadrebbe se ti venisse torto un capello e tua madre lo venisse a sapere a conti fatti…”
Intanto il laccio aveva trovato il suo posto sopra l’incavo del gomito e Linds aveva aspirato un paio di millilitri dalla boccetta tenendo il tappo fra le labbra, quindi l’aveva girata al contrario e battuta con gli occhi strizzati per trovare bolle d’aria all’interno.
A quel punto Kurt aveva abbassato le palpebre, incapace di continuare a guardare.
L’unico indizio della malefatta: il respiro di suo padre che si distendeva e rallentava.
La sua risata rauca e rilassata dopo un po’.
“Kurt, smettila di fare quella faccia ed apri gli occhi che non mi sono trasformato in Mister Hyde, da bravo.”
Che avrebbe potuto dirgli?
“Perché ti tremano le mani?”
“Chi l’ha detto che mi tremano le mani?” aveva replicato suo padre, sbattendo le palpebre stupito e guardando le estremità ora perfettamente immobili.
“Papà…” giuro che adesso lo prendo, lo scuoto e-
“È una storia vecchia, Kurt. Non ha importanza e non c’è tempo adesso. Siamo quasi arrivati.”
Non gli sembrava che la piattaforma avesse diminuito la velocità in discesa ma il vecchio aveva ragione perché all’improvviso il ragazzo rimase abbagliato da dei neon riflessi sul cofano bianco dell’auto.
Quando Kurt ritrovò la vista la macchina aveva concluso la sua discesa in una grossa camera sotterranea apparentemente rotonda dal quale si diramavano tre grandi gallerie.
Il colore principale era il grigio del cemento, l’assenza di altre vie di fuga o condotti d’areazione gli stava dando una sensazione di claustrofobia.
Il finestrino dalla parte del guidatore si era abbassato e suo padre aveva fatto un segno di saluto ad tre uomini in attesa davanti delle porte basculanti.
Doc!
“Ciao Jim, bello vero il sole che spacca le pietre qua sotto, eh?”
Cretino!
Ad una prima stima l’aria di quel posto non poteva essere sopra i cinque gradi centigradi, la pelle delle sue braccia era cosparsa di pelle d’oca.
“Dottor Lagden, il comandante mi ha pregato di dirle che questa via di trasporto è ad esclusivo uso militare e mi ha assicurato che la prossima volta che la incontra le farà lo scalpo!”
“Addirittura…come se fosse un punto di aggregazione, andiamo!”
La pompa mobile del carburante vibrava piano pompando dentro il serbatoio dell’auto e bloccando il flusso qualche momento dopo.
We’re off, Jimmy. Ciao!
Kurt sperava solamente di uscire vivo da lì prima o poi.

I know you can buy it in bottles, and
I know you may find it with pills
I know it all so very well

Stuck in this life where nothing changes
I'm born of man, I'm born of ages
Richard Ashcroft ~ Buy it in bottles

Era stato un viaggio senza tempo di cui non si sarebbe ricordato molto.
La galleria si snodava dritta ed uguale come una di quelle figure impossibili che sfruttano le limitazioni dell’occhio umano.
Un’illusione che magari suo padre non percepiva con le tossine che aveva in corpo.
Non voglio saperne niente ma sono curioso…proprio come un soffio del demonio dritto nell’orecchio.
Ma chi sono i demoni se non curiosità? Tarli che ci rodono?

Chissà se la mamma aveva avuto a che fare con suo padre in una situazione simile?
“Kurt che ore sono?”
La domanda un po’ rauca l’aveva preso alla sprovvista ed aveva recuperato il telefono dai jeans.
“Sono quasi le tr-”
“Perfetto, siamo arrivati.” Linds l’aveva interrotto e la Jaguar rallentò fino a raggiungere una stanza alta come quella dalla quale erano partiti.
Non c’era nessuno ad aspettarli ma Kurt venne di nuovo abbagliato da una sorta di flash che attraversò l’auto prima che un motore elettrico si mettesse in moto ed alzasse la piattaforma stavolta verso la superficie.
L’ascesa gli sembrò molto più lunga ma infine rividero le stelle, sbiadite dalle luci artificiali di Las Vegas.
Meno di quaranta minuti d’auto…se lo raccontassi in giro non ci crederebbe nessuno.
Suo padre aveva abbassato il finestrino per firmare una tavoletta con sopra pinzato un foglio dall’aria amministrativa che gli tendeva un ufficiale della base prima di salutarlo e far muovere l’auto verso il cancello d’uscita, ad un chilometro di distanza.
“Non abbiamo tempo di fare un giro sulla Strip, Kurt. Vero che non ti dispiace?”
“Perché siamo venuti qui?”
“Una delle showgirls – come le chiami tu – ha deciso di non ascoltarmi.”
Eh?!
Intanto la Jaguar scivolava abilmente nelle corsie della city come su un binario, con una guida fluida e mai ferma.
Kurt aveva smesso di mandare a mente le svolte già da un pezzo ma si era accorto che man a mano che avanzavano il vecchio stava lasciando la LV turistica e battuta per una città conosciuta solo da chi ci sopravviveva.
Vecchie insegne di neon blu, rosa e rossi che dipingevano figure di donne in pose intermittenti, negozi di liquori con grate alle vetrine, pawn shops, 24-hours Laundromats e palazzi che non riflettevano i soldi dei casinò ma la patina oleosa della ludopatia; lo specchio frantumato di una vincita che non sarebbe mai avvenuta.
Dove si era cacciato?
Perché cavolo aveva avuto la bella idea di lasciare il deserto?!

Quando si erano finalmente fermati il vecchio aveva parcheggiato la Jaguar accanto ad un cassone dell’immondizia stracolmo in una stretta via secondaria fra due edifici.
La zaffata di urina e cibo andato a male che gli colpì il naso per poco gli fece venire i conati.
Suo padre sembrava assente, aveva recuperato la valigia e raggiunto una porta di metallo una decina di metri più in là coperta da graffiti e stickers aprendola con una lieve spinta che fece scattare la serratura difettosa.
“Kurt, fammi il favore di non farti notare da bravo, ok?”
Aveva cercato di ribattere ma Linds aveva scosso la testa e si era avviato silenzioso per il corridoio mal illuminato e sporco.
La qualità dell’aria non era migliorata: sudore, alcool e profumo scadente.
Erano entrati in una stanza piena di rastrelliere di vestiti di scena che lasciavano davvero poco all’immaginazione.
Linds navigò fino in fondo aprendo un’altra porta che dava direttamente in un camerino striminzito dove c’erano cinque donne del quale era difficile stimare l’età a causa del trucco pesante e dagli abiti indecenti.
Doc, te la sei presa comoda, vedo.”
“Allora?”
Una di loro, una donna statuaria dai lunghi capelli neri e pelle bianchissima, mosse di scatto la testa verso la porta “Sta ballando, il suo numero finisce tra cinque minuti.”
“Non potevate sostituirla? La sua pressione sanguigna non mi sarà d’aiuto.”
“No, stasera abbiamo visite.”
“Visite as in?”
Di risposta la bionda del gruppo alzò un sopracciglio pesantemente marcato “Ci sono tutti, e per tutti intendo tutti, Doc.”
Merde.
“Esatto Doc, sono felice che tu abbia compreso la situazione…”
Kurt aveva ascoltato quello scambio quasi sperando nell’incubo da indigestione quando sapeva che invece…
I suoi ricordi prendevano nuova dimensione, non erano solo fantasie ma immagini di un passato reale.
Un pomeriggio estivo dal cielo di un azzurro perfetto e l’odore dell’asfalto appena colato; lui seduto al tavolino di una gelateria anni ’50 azzurra e bianca, il vinile del booth bucherellato e di fronte una ragazza giovane ed abbronzatissima col quale stava dividendo un sundae mal zuccherato artificialmente.
Non aveva mai saputo il suo nome ma se la ricordava come se l’avesse appena salutata: bella e perfetta.
Una bellezza incrinata ed una perfezione triste.

They call me firecracker,
'Cause I sparkle, sparkle.
But they call me sunshine,
In the dark I glow like,
Neon gold, neon gold.
On the dance floor, dance floor,
I'm your midnight answer.
Lana Del Rey ~ Midnight dancer girlfriend

Attesero ancora una manciata di minuti prima che la porta del camerino si aprisse ed entrassero due altre ragazze, una bionda e l’altra rosa shocking con quello che sembrava almeno mezzo chilo di piercings solo sul volto.
La metallara entrò imprecò fra i denti, trascinando la sua compagna su una divanetta demolita accanto alla porta.
Infilò una mano nei capelli quasi color porpora e giocò nervosamente con uno dei piercing che le passava attraverso il labbro inferiore.
Doc, ce ne siamo accorte troppo tardi.”
“Ciò che le avevo dato fa passare l’astinenza. Chi gliel’ha passata la roba, Meg?” il vecchio aveva recuperato una sedia e si era seduto accanto alla ragazza iniziando a controllarle le pupille sotto le palpebre “È completamente fatta, come è stata su fino adesso?”
“Deve averla accettata da qualcuno del pubblico e si è scolata vodka in shot e whiskey mentre non era in scena. Ho provato a non servirla ma dava in escandescenze e con la gente che c’è di là…” la rockettara scosse la testa, lanciando un’occhiata alla porta dal quale era entrata, il gesto non sfuggì a Linds.
“Vai, Meg. Anzi, andate tutte prima che si rendano conto che c’è qualcosa che non và.” suo padre aveva premuto due dita al polso della ragazza bionda con gli occhi sul proprio orologio da polso ed una smorfia ad arricciargli il naso.
“Grazie, Doc.”
Cinque di loro sfilarono via mentre la più anziana rimase a braccia conserte contro uno dei banconi per il trucco, tenendo una sigaretta fra le dita perfettamente curate complete di artigli laccati di rosso corallo.
“È messa male, vero?”
“Molto male.”
“C’è qualche speranza?”
Il vecchio aveva alzato un labbro alla ragazza, passando sulla gengiva il proprio pollice per poi infilarselo in bocca e fissare il muro prima di rispondere.
“Ha preso una dose pesante. Se ho fortuna posso tentare di stabilizzarla con qualche tranquillante, ma ci vuole una lavanda gastrica per l’alcool e delle cure ospedaliere per l’intossicazione.”
La donna rise amaramente “Non ha i soldi per una disintossicazione, Doctor.”
“Se vuoi vederla vivere oltre domani Gin, ci vuole un ambulanza.”
Kurt aveva osservato quella conversazione con stupore, muto come un topolino, mentre il silenzio fra i due si allungava.
Alla fine la donna scosse la testa, spegnendo il mozzicone in un posacenere lì accanto.
“Una stupida ragazzina…non mi accollerò le sue spese mediche.”
“Certo che no.”
“Ti occuperai della clinica per la disintossicazione?”
“A questo punto non ci sono alternative.”
“Chiamo il 911.”
“Dammi dieci minuti e sparisco.”
“Affare fatto.”
Quindi il vecchio era entrato in God Mode, alieno alla realtà che lo circondava.
Aveva ripetuto una operazione simile a quella prima di partire, controllando l’iniezione aiutandosi auscultando il polso della ragazza che sembrava una marionetta a grandezza naturale al quale avevano tolto i fili, una bambola con un pallore mortale.

You got that medicine I need
Dope, shoot it up, straight to the heart please
I don't really wanna know what's good for me
God's dead, I said 'baby that's alright with me'
Lana Del Rey ~ Gods & Monsters

“Perché papà?”
A quel punto, Kurt aveva ritrovato la propria voce, un senso di malessere e inquietudine che gli faceva salire la nausea.
Lo scoprire che la verità si nasconde nell’angolo buio che non hai preso in considerazione mentre, nel frattempo, hai adorato senza sosta un idolo falso.
Quelle due parole erano quasi rimbombate nella stanza vuota se non per loro.
Il vecchio sembrava non averlo sentito, ancora preso a somministrare i suoi intrugli per poi inclinare il capo nella sua direzione.
“Perché no?”
Rispondi, maledizione!
Era pronto per replicare focoso quando la ragazzina dette segni di vita ma non come suo padre aveva sperato.
Aveva inspirato poi un rantolo e dopo – alla vista di Linds - urlò, acuta ed isterica.
“No, nonononononoonooo! I want to die!
Suo padre aveva smorzato il volume mettendole una mano sulla bocca.
“Mi dispiace per te cara, ma se mi chiedi aiuto non è una prova, è un impegno. Non lascio morire i miei pazienti. Adesso, dato che ci sono brutti musi nelle immediate vicinanze fammi il piacere di smetterla. Non ho voglia di altri guai.”
Fuck you!
“Capito tutto, eh…” Linds aveva alzato lo sguardo in giro, in cerca di qualcosa che aveva trovato appena dietro il figlio a quanto pare “Kurt mi porti quella sciarpa appesa lì? Sì? Mi serve come laccio emostatico.”
“Ce l’hai già un laccio emostatico.”
“Attualmente occupato…ho bisogno di tranquillizzarla no?”
Quindi – dato che logicamente aveva un senso – l’aveva accontentato.
Una cattiva idea.
“Papà!”
“Devo fermare l’emorragia di cretinate o ci rimettiamo le piume, son!” aveva appena finito di legare la striscia di stoffa come bavaglio tagliando di fatto il frastuono poi si era di nuovo occupato a somministrare altre sostanze.
“Sei sicuro che tutte queste…queste non le facciano male?” si vergognava di non trovare una definizione adeguata ma non aveva una minima idea con cosa stesse avendo a che fare.
Il vecchio rise amaro “Davvero Kurt, certe volte sei così ingenuo che mi fai pena. Mai sentito parlare di quel foglio di carta che chiamano laurea? Sappi che ufficialmente ne possiedo otto.”
Quel commento era stato mandato in porto con un sarcasmo tagliente e, inusualmente, cattivo.
Kurt rimase in silenzio, cercando una soluzione – un qualsiasi tipo di spiegazione – a quell’enigma pericoloso che era diventato suo padre.
He cut me down to size with an easygoingness like he couldn’t care less. Like he hates me…
Non aveva risposta ed il suo cervello stava girando a mille, come un criceto impazzito.
Linds invece era la calma fatta persona, aveva continuato i suoi trattamenti e la ragazza era tornata incosciente, come se stesse dormendo di un sonno salutare e senza preoccupazioni.
“Ho fatto tutto quello che potevo per te, Sugar.” mormorò l’uomo biondo, battendo affettuosamente la mano della ragazza “Ora la strada è in salita e devi percorrerla di tua iniziativa. Ci saranno persone che ti aiuteranno. Dai una possibilità alla vita, non è così brutale come sembra.”
Era rimasto muto ed immobile per una manciata di secondi poi aveva fatto su le sue cose metodico ed era scattato in piedi, come un altro uomo.
Quali strade ha percorso? Quali situazioni ha attraversato? Qual è la chiave di volta sotto alla sua pelle?
“Vieni Kurt. Dobbiamo uscire di qui il più in fretta possibile prima che-”
Una sirena l’aveva anticipato e Linds imprecò, muovendosi verso la porta dal quale erano entrati quasi a passo di corsa.
Non sapeva da cosa stavano scappando ma raggiunta la porta tagliafuoco che dava sulla strada secondaria Kurt seppe che era tardi – troppo tardi – per scappare.
Sull’asfalto della strada principale le luci blu e rosse di un’ambulanza si erano fermate davanti la porta d’ingresso del locale ma la visione era ostacolata in parte da una banda di uomini fra i vent’anni ed i cinquanta.
Stavano trucidando la carrozzeria della Jaguar.
“Ma guarda un po’ chi si rivede…il Signor mistero!” l’uomo che aveva parlato sembrava essere il capo di quel gruppo ed occhieggiò con curiosità Kurt.
“Una bella serata vero?” rispose Linds con un sorriso accomodante e disinvolto, riportando l’attenzione su di sé.
“Ottima, finché non mi sono trovato piedipiatti e crocerossine sulla soglia!” replicò l’uomo sulla stessa lunghezza d’onda ed un sorriso paterno “Dimmi Signor Mistero…cosa ci trovi a farti massacrare?”
“Sono un devoto di San Giuda.”
“Molto divertente.” il tono dell’uomo non aveva nulla di divertito “Ti ho già avvertito più di una volta di girare al largo e di non intrometterti negli affari di questo quartiere. A quanto pare hai una sordità selettiva o credi che fare il martire ti serva a qualcosa…”
Intanto alcuni dei suoi scagnozzi, seguita la conversazione, avevano accerchiato Linds.
Come un lampo di fulmine Kurt si rese conto che suo padre si era tolto gli occhiali ed aveva lasciato la valigetta accanto ai suoi piedi.
“Non mi hai mai tolto questa curiosità ma se il sadomasochismo ti fa così tanta gola non sarò io a togliere il divertimento ai miei ragazzi…”
Il momento prima Kurt aveva percepito cosa sarebbe successo, il momento dopo suo padre era stato afferrato per le spalle e colpito con un pugno al volto così forte da fargli girare la testa.
“Spero davvero che questa lezione vada a segno.”
Un altro cazzotto questa volta allo stomaco mentre il vecchio grugniva e si piegava, un altro di loro gli sferrava un calcio nel fianco.
A quel punto aveva smesso di stare a guardare.
Si era mosso di soppiatto, afferrando il polso di quello che teneva suo padre e torcendolo in un modo particolare, lo schiocco delle ossa del braccio suonò sordo e finale. L’uomo urlò.
“Ringrazia che non fosse l’osso del collo.” commentò Kurt gelido, intercettando uno dei suoi compagni e mandandolo a tappeto usando la sua forza mal distribuita.
Dentro stava ringraziando sua madre per avergli insegnato i principi del Jujitsu e le dieci lezioni di Judo che aveva preso a tredici anni, oltre a cagarsi leggermente addosso.
Erano almeno una decina ed lui era solo.
Subito dopo aveva visto il lampo metallico di un coltello a farfalla ai limiti della sua percezione visiva e si era scansato per un pelo, afferrando il braccio ed usandolo come leva per far sbattere con tutta la propria forza chi lo stava attaccando contro il muro.
L’uomo crollò a terra ed a Kurt rimase in mano il coltello, perdendosi un secondo di troppo a fissarlo.
“Sei bravo ragazzino.” la voce del capobanda era arrivata da lì vicino e lo prese di sorpresa.
Maledizione!
Aveva fatto per muoversi ma il rumore di un grilletto tirato l’aveva lasciato congelato mentre la pelle d’oca gli saliva sulla schiena sudata.
“Sei veramente bravo e mi dispiacerebbe mettere fine al tuo coraggio. Adesso, da persona educata, ti volti e mi dai il giocattolo od il tuo cervello sarà l’ultima opera d’arte dipinta su questo muro.”
Aveva inghiottito la saliva e aveva obbedito, girandosi lentamente e tendendo l’arma bianca, la canna della pistola a pochi centimetri dal naso.
“Davvero un bravo bambino.” il commento aveva provocato delle risa ed l’uomo si era voltato verso suo padre che osservava la scena appoggiato al muro, un braccio tenuto sullo stomaco e del sangue che aveva preso a colargli dal naso, un occhio che si stava gonfiando.
“Oggi ti è andata bene e di questo devi ringraziare il coraggio del ragazzino. Fatti vedere da queste parti ancora una volta e sei un uomo morto, Signor Mistero.”
Aveva abbassato la pistola e fatto un cenno e la banda aveva recuperato i due uomini a terra e si era ritirata dall’altra uscita del vicolo.
Silenzio mentre padre e figlio si fissavano.
“Hai l’abitudine di mischiarti alle risse, Kurt?”
“Ti piace farti picchiare, papà?”
Le labbra di Linds guizzarono un momento prima di scuotere la testa ed avvicinarsi lentamente alla macchina.
Kurt lo seguì con lo sguardo, dubbioso che la vettura sarebbe ancora partita.
Avevano incrinato il vetro davanti in tre punti differenti senza riuscire a bucarlo ed i fianchi posteriori erano stati tranciati probabilmente nel tentativo di danneggiare il motore. Per fortuna i pneumatici non li avevano toccati.
“Sono proprio dei vandali…il motore è davanti!” commentò Linds rassegnato ed facendo scattare l’apertura centralizzata “Meno male che ho la casko!”
“Papà…”
“Fammi il piacere Kurt. Sali.”
“…”
“Kurt, hai mandato in porto il fatto che qui sei come un pesce fuor d’acqua, adesso piantala e torniamo nel mondo civile!”
Pure la ramanzina?! E la fa a me?!
Quanto sarebbe ancora durata quella notte?

~ mezz’ora dopo
La macchina era partita altroché.
La carrozzeria scricchiolava un po’ ed un fanale sfarfallava on/off a causa delle vibrazioni ma la Jaguar era scattante come sempre e suo padre la guidava senza occhiali, come se non avesse un occhio nero.
Si erano lasciati indietro la periferia e se Kurt aveva sperato in un ospedale, almeno per la salute del vecchio, era rimasto amaramente deluso.
Linds aveva esclamato a gran voce di avere una fame del boia ed aveva parcheggiato davanti un IHOP, completamente sordo ai suoi tentativi di farlo visitare da dei professionisti.
No, Kurt non si era mai sentito così stupido.
Seduto in quell’anonimo locale di Las Vegas.
Suo padre dall’altra parte del tavolino con l’occhio che si stava gonfiando ancora, annerendosi sempre di più.
Alcune tracce di sangue sotto il naso e sul colletto della camicia inamidata che portava arrotolata ai gomiti.
Il vecchio non aveva ordinato nulla se non caffè e la cameriera era tornata con un sacchetto del ghiaccio, una salvietta, ed l’ordinazione e Linds la ringraziò prontamente, schiaffandolo poi sulla parte dolorante.
Fuori alcuni passanti – probabilmente turisti – stavano osservando l’auto semi demolita.
“Questo episodio è meglio tenerlo off the record od a Michelle verrà una coronaria, Kurt.” spezzò il silenzio Linds, ironico.
L’adolescente annuì, con espressione scura…sua madre avrebbe potuto anche venire fin lì solo per ucciderli tutti.
“La macchina…mi dispiace.” masticò infine, alzando lo sguardo e rimanendo sorpreso dal sorrisetto dell’uomo.
“Posso parlarti francamente, Kurt?” Linds si riposizionò meglio il ghiaccio “L’importante è che i tuoi giochini da supereroe non ti si siano rivoltati contro. Me ne infischio della Jaguar.
Un sopracciglio nero di Kurt si alzò e Linds ridacchiò appena “Non sono mai stato molto attaccato alle automobili, in fondo…certo sarà un po’ difficile tornare alla base con velocità.”
L’adolescente brontolò qualcosa, infilandosi le mani nei capelli. Non riesce a dirmi grazie manco per scherzo…porco cane!
“Perché, papà?”
“Perché cosa?”
Adesso voglio delle risposte.
“Cosa ci trovi in aiutare delle persone che non vogliono essere aiutate?”
“Non sono tua madre, Kurt.”
Cosa c’entra la mamma?!
“Quella ragazza mi ha chiesto aiuto, come molte altre. La differenza sta nel fatto che non aveva abbastanza forza di volontà per riuscire a ripulirsi da sola.” Linds inclinò la testa critico “Avevo la vaga impressione l’altro giorno che tu avessi confuso ciò che facevo per tutt’altro ma immagino che oggi volessi solo prendermi con le mani nel sacco.”
“…”
“Perché, Kurt?”
Due paia d’occhi si incontrarono a metà strada.
Identici nel loro essere incolori.
Diversi nelle emozioni che riflettevano.
“Nessuno mi ha mai detto perché sono qui.”
Suo padre aggrottò la fronte a quel cambio d’argomento, poi abbassò lo sguardo sulla vetrina “Non credo di dover rispondere a questa domanda retorica. Lo sai già come funziona.”
“E tu, as always, eviti di darmi spiegazioni.” l’acido in quella frase avrebbe potuto lasciare un buco nel tavolo “Mi duole informarti che il tuo genio non l’ho mai ereditato e di questo ringrazio tutte le potenze cosmiche!”
Linds aveva arricciato le labbra ma non ribatté, sorridendo all’ultima parte.
“Allora?”
L’uomo biondo si lasciò andare sullo schienale del sedile “Allora, come ovvio, io e tua madre siamo finiti a letto ed è rimasta incinta.” fece una pausa, lanciando un’occhiata al ragazzo per poi inumidirsi le labbra e continuare “Quando tua madre si è accorta della gravidanza era sotto uno shot di medrossiprogesterone acetato della durata di tre mesi, quindi non si è resa subito conto della mancanza del suo ciclo finché non ha iniziato ad avere le nausee.”
“…”
“Quando l’ho scoperto mi è venuto un accidente. Avevamo deciso assieme di non avere figli e quella prospettiva per me non esisteva.” stava lisciando con un dito la montatura dei suoi occhiali, lasciati aperti sul tavolo “La verità è che le ho chiesto di abortire e lei si è rifiutata.”
“…”
“…”
“L’hai lasciata perché voleva tenermi.” il tono di Kurt era piatto, incredulo.
“Ti rendi conto che non sono tenuto a spiegarti le mie azioni, vero?”
“L’hai comunque lasciata!”
“Ci ho provato a far funzionare le cos-”
“Non abbastanza a quanto pare.” con quel sibilo furibondo il ragazzo era scattato in piedi, puntando le mani sul tavolo e facendo tremare il liquido nelle tazze, quei suoi stessi occhi così ostili che avrebbero potuto tagliare l’aria come un coltello “Come pensi che mi sia sentito in questi anni? E la mamma? Di lei almeno te né mai fregato qualcosa oltre divertirti sulla sua pelle?!”
“Non tentare di farmi sentire in colpa.” replicò tranquillamente Linds, per niente sorpreso “Michelle sa perfettamente bene i miei motivi e li ha accettati.”
Lo ammazzo di botte!
L’aveva preso per il bavero stropicciato della camicia, alzandolo dalla sedia mentre il sacchetto di ghiaccio cadeva con un tonfo umido.
Le mascelle premute una contro l’altra e l’intenzione di aggiungere un altro occhio nero a quello che già adornava quel bel faccino che implorava solo di essere gonfiato di pugni.
“Se colpirmi ti può fare sentire meglio, và avanti.” lo incitò sereno il vecchio, gli occhi semichiusi e languidi “Prendi un bel respiro profondo e picchiami.”
Le sue dita si strinsero di più sul colletto della camicia e Kurt lo ammise a se stesso, ne era tentato.
Non risolverei niente.
Il momento dopo l’aveva lasciato andare e Linds era scivolato scomposto sull’imbottitura del sedile, osservandolo sorpreso mentre Kurt chiudeva gli occhi e raddrizzava la schiena cercando il suo centro per tornare calmo.
Quando lo rivide aprire gli occhi li trovò perfettamente vuoti e freddi ed un brivido inusuale gli percorse la spina dorsale.
“Vero che non ti sei mai chiesto perché ogni estate passo un mese con te, papà?” domandò il ragazzo sarcastico, le narici gli fremevano mentre era riuscito a rilassare le mani con una serie di tentativi.
“Kurt-”
“Pensavi che fosse affetto filiale? Non farmi ridere.” sorrideva senza gioia, diverso da ogni Kurt che avesse mai visto fino a quel momento “Vengo qui perché alla mamma fa piacere, ringraziala. A questo punto non sono più disposto a sprecare il mio tempo in questo buco di posto con uno stronzo come te.”
“Kurt, ascolt-”
“Grazie, ma no grazie, non ho alcun bisogno di te. Torna nel tuo laboratorio sottoterra a risolvere la formula del teletrasporto o su cosa cazzo stai lavorando.” da quel sorriso studiato a tavolino traspariva qualcosa peggiore di una arrabbiatura passeggera “I truly had it. Ne ho piene le tasche della tua manipolazione, del tuo ‘non c’era altro modo’. Dovresti essere contento, non mi hai mai voluto, goditi la tua pace e non provare a cercarmi. Puoi anche crepare, per quanto mi riguarda.” si era rimesso lo zainetto su una spalla.
“Asp-”
“Addio.” Kurt aveva già quasi superato un altro tavolo vuoto, sordo al richiamo del padre.
Linds lo guardò andare via in silenzio prima di recuperare il sacchetto del ghiaccio e rimetterlo al suo posto, stringendo i denti al sordo mal di testa che stava mangiando a poco a poco la sua sanità mentale.
Ha ragione il mio fallimento come padre è plateale.
C’era da trovare un carrozziere per la Jag, magari un paio di antidolorifici ed un letto; per non parlare delle telefonate per conto della ragazzina.
La vita andava avanti.
Chiudi gli occhi, raccogli i pezzi e fai un respiro.

And you cause me hurt
And you cause me pain
And you turned the tap
On my burning rage
And I can't put it out

Gonna leave no sign
Gonna leave no trace
Gonna leave this town
In a state of grace
Give me the power
Rolling Stones ~ Gunface

~~~

Canzoni del capitolo:
- Richard Ashcroft ~ Buy it in bottles;
- Lana Del Rey ~ Midnight dancer girlfriend (unreleased);
- Lana Del Rey ~ Gods & Monsters.
- Rolling Stones ~ Gunface.

Le note di questo capitolo sono:
- Mister Hyde, qui Linds sta facendo un riferimento al romanzo gotico 'Lo strano caso del Dottor Jekyll e di Mister Hyde' di Robert Louis Stevenson del 1886;
- Con figure impossibili intendo perlopiù certe opere di M. C. Escher un grafico olandese capace di giocare abilmente con gli stilemi dell'architettura e della realtà. Ha creato disegni dal fortissimo impatto visivo irreale con una sorta di dinamismo che trascina in molteplici dimensioni a ciclo continuo. Le sue opere sono molto interessanti e vengono spesso utilizzate come decori ornamentali o grafici pubblicitari. Un buon libro sul suo lavoro è ‘Le miroir magique de M.C. Escher’ scritto da Bruno Ernst ed edito dalla TASCHEN in francese nel 2007;
- Preciso che il tunnel è una mia invenzione anche se non mi sorprenderebbe ci fosse davvero per questioni di trasporto. La mia idea è che ci sia una 'rete' fra le varie basi intorno alla Area 51 e, che una di queste, sia la Nellis Force Air Base situata a North Las Vegas proprio di fianco l'autostrada civile. Ovviamente queste sono supposizioni personali alla stregua delle teorie UFO, LoL;
- La Strip di LV per chi non lo sapesse è una delle strade principali sul quale sono affacciati tutti i principali casinò ed centri commerciali della city;
- Il sundae è un gelato da dessert ricoperto da sciroppo, in alcuni casi guarnito con granella di nocciole, pecan, panna montata ed ciliege maraschino;
- San Giuda è tradizionalmente il santo delle cause perse. Non è mai stato identificato con certezza ed la teologia moderna tende a lasciarne l'identità irrisolta. La Lettera di Giuda, uno degli scritti attribuiti a questo santo, esorta a combattere 'impostori che si comportano secondo le loro empie passioni';
- Gli IHOP, anche chiamati International House Of Pancakes sono una catena multinazionale americana di ristoranti specializzati perlopiù nei piatti da colazione fondata nel 1958 da i fratelli Lapin e Albert Kallis. È conosciuta per i suoi orari in continuato di 24 ore 7 giorni su 7;
- Il medrossiprogesterone acetato è un ormone contraccettivo progestinico che viene somministrato iniettandolo ogni tre mesi nella donna e bloccando di fatto l'ovulazione. La percentuale di fallimento è minore di 1/100 donne. Fra gli effetti collaterali a lungo termine c'è il rischio di una osteoporosi precoce infatti viene consigliato di interrompere l'utilizzo dopo due anni;

Emergo dalla mia assenza in un momentino di pace zen per lasciarvi il plot-twist...LoL
No, vabbè, questo capitolo in particolare è da mesi che aspetto pazientemente di postarlo...ed eccolo qui! xD
Ovviamente sono aperta a critiche e commenti quindi se volete la cassettina del postino degli dei è aperta! xD

Buon fine Luglio!
Hermes

  
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