Lo tirò a se, lo
strinse a se con
tutta la forza che aveva, un mano a tenergli il volto rivolto verso
il proprio, l'altra poggiata alla schiena.
Piccole lacrime cadevano copiosamente
in un ritmo quasi spaventoso, rigavano il viso una dopo l'altra, si
rincorrevano, bagnavano tutto ciò che trovavano davanti a
loro e
poi, in un gesto di pura follia, si lasciavano cadere nel vuoto.
Fu follia la sua, fu pura follia quella di pochi attimi prima.
“Eren
preparati, tu e Armin
verrete con me” non ebbe il tempo di rispondere che si
trovò
costretto a salire a cavallo.
Si scambiarono un'occhiata carica di
domande lui e Armin, ma nessuno disse nulla, nessuno ebbe il coraggio
di chiedere.
Era ormai il secondo giorno fuori
dalle mura e, per evitare troppi “intoppi”, come li
aveva
chiamati il capitano Levi, si divisero in gruppi da tre, costeggiando
il perimetro del vecchio castello nella quale si erano rifugiati
“muovetevi”.
Passarono ore prima che potessero di
nuovo mettere i piedi a terra “Moccioso vieni con
me” anche
questa volta non ebbe l'occasione di dire nulla, si limitò
solamente
a seguire il capitano nei sotterranei.
Lo strinse ancora
più forte, non
voleva interrompere quel contatto, non voleva lasciarlo andare, non
poteva.
Spostò leggermente il viso posandolo
sulla sua spalla, la persa sulla schiena si fece ancora più
serrata,
le lacrime ancora più prepotenti.
“capitano
Levi cosa dov...” fu
questione di un attimo, un lieve tocco che di dolce non aveva nulla,
un tocco disperato, un tocco aspettato per troppo tempo
Un bacio dato per necessità, uno di
quelli che ti sembra di aspettare da tutta una vita
“Capitano..”
un altro lieve tocco “Eren ti prego”.
Non si dissero più nulla quella
notte, nessuno dei due disse più altre parole per diverso
tempo, gli
unici rumori attorno a loro furono gemiti, accompagnati dal respiro
pesante di entrambi.
Si amarono quella notte, si amarono
più di qualsiasi altra cosa, si amarono come nessuno ebbe
mai fatto.
Urlò.
Urlò con tutto se stesso, urlò con
tutta la voce che aveva, urlò fino a non avere
più fiato, strinse
ancora di più “perchè,
perchè proprio tu fra tutti, perchè sei
dovuto metterti davanti?” parole dette a scatti per i
singhiozzi,
il dolore in ognuna di esse.
Passò una mano sul suo viso, una
carezza leggera, di quelle che non si cancellano col tempo,
alzò lo
sguardo e guardò il ragazzo davanti a lui “Ti
prego, ti prego
Armin, fallo”.
Lo stava pregando, lo stava
pregando
con tutto se stesso di farlo, voleva restare in eterno con lui,
voleva restare per sempre accanto a lui, voleva morire così,
con il
suo corpo fra le braccia, voleva morire in quel momento, con il corpo
esanime di Levi fra le braccia, stretto a colui che ha davvero amato
con tutto se stesso.
Lo guardò ancora una volta, lo pregò
con tutto se stesso finchè, lacerato dal dolore, ebbe la
conferma
dal suo migliore amico.
Posò una mano sul viso spento di Levi,
lo baciò un'ultima volta e, con voce sussurrata, gli disse
che lo
amava, mentre una lama lo trapassò da parte a parte.
Sarebbero stati insieme ora, sarebbero stati insieme per sempre.