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Autore: Kary91    29/07/2017    0 recensioni
[Cast Shadowhunters]
[Dominic Sherwood & Matthew Daddario| Vagamente Pre-Slash]
“Mia madre era convinta che Simba fosse me in versione leonesca” aggiunse Dom, sorridendo compiaciuto al ricordo.
Matt fece una smorfia.
“In effetti noto una certa somiglianza” osservò, indicando lo schermo del portatile con il mento: Simba stava stuzzicando Mufasa, mordicchiandogli un orecchio. “Di certo siete rompipalle uguali.”
“Però abbiamo stile” ribatté Dom, dandogli una gomitata. “E un giorno saremo i Re della foresta.”
Matt aggrottò sdegnato le sopracciglia.
“Ma perché la gente si ostina a dire così?” osservò, appoggiando un braccio sullo schienale. “I leoni vivono nella savana!”
“Sta’ zitto e guarda il film, sapientone!” lo rimbeccò Dom, sistemando un piede sul tavolino.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cast Shadowhunters
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera dei carattere di queste persona, né offenderle in alcun modo. 

“Dom, do you wanna watch Netflix and Chill with me, later? You wanna do that with me?”
“Yes, Matthew, I believe I do.”

Matthew Daddario & Dominic Sherwood

 

“My fave Disney movie is Aladdin, but Dom says my fave is the Lion King.”

Matthew Daddario

 

 

NETFLIX AND CHILL

 

"Stai scherzando?"

Dominic scosse la testa con fare incredulo. Diede un colpetto con le dita al berretto di Matt, che volò via dalla sua testa.

“Mi spieghi come mai sei in combutta con i miei vestiti, oggi?” si lamentò il collega, intercettando il cappello prima che cadesse. Giusto un paio d’ore prima, durante l’ennesima partita a Werewolf, Dom se l’era presa con la sua maglietta. Era fortunato ad essere alto, si disse, altrimenti anche i suoi capelli sarebbero stati facile preda dei suoi attacchi di infastidite-acuta.

C’erano dei giorni, ormai l’aveva capito, in cui Dom non riusciva a fare a meno di stuzzicare la gente. Quello che ancora gli sfuggiva, tuttavia, era il perché tre volte su cinque quello che veniva tormentato fosse lui.

“Non hai mai visto il Re Leone?”

Dom si lasciò cadere sul divano e appoggiò le braccia sullo schienale. Matt era certo di essersi perso un passaggio, perché non ricordava di averlo invitato a casa sua, mentre lasciavano l’appartamento di Isaiah. Eppure eccolo lì, intento a discutere con lui  sulla gerarchia d’importanza dei classici Disney, il cappuccio calcato sui capelli e un mazzo di chiavi che faceva roteare intorno all’indice.

In momenti come quelli assomigliava a  Jace perfino più di quanto Alberto non ricordasse Simon.

“Non ho mai visto il Re Leone” confermò, appoggiandosi al divano con i gomiti. La sua mente lavorava in fretta, alla ricerca di una scusa per convincerlo ad andarsene: aveva bisogno di dormire, ne avevano entrambi. Il giorno dopo li attendeva una levataccia e Matt doveva ancora recuperare il sonno arretrato dei giorni precedenti. “E a quanto ho sentito dire credo di essermi evitato un grandissimo trauma infantile.”

Dominic tornò a scuotere la testa.

“Voi ragazzi dell’Upper East Side…” commentò, lanciando il mazzo di chiavi e prendendolo al volo. “…Siete sempre convinti di saperla più lunga degli altri e invece…”

“Dom, è quasi mezzanotte” lo interruppe Matt, dando un’occhiata al display del cellulare. “Domani mattina alle sei saremo già in piedi: non dovresti essere da qualche altra parte?”

L’amico abbozzò un sorrisetto.

“Nel letto di Emma Watson?”

“A casa tua” ribatté l’altro, inarcando un sopracciglio. “O a giocare alla play a casa di Alberto, se hai proprio bisogno di compagnia: ovunque fuorché qui, insomma.”

“Ma tu non hai mai visto il Re Leone!” s’impuntò Dom.

“E quindi?”

"Ma che cazzo di infanzia hai avuto?"

Qualcosa nel suo tono di voce riuscì a far sorridere Matt: Dom aveva una tolleranza all’alcool piuttosto alta, ma quella sera aveva bevuto parecchio e i modi concitati con cui parlava lo dimostravano.

“Prima o poi rimedierò” cercò di rabbonirlo, tornando a controllare il cellulare. “Contento?”

Dominic sorrise sghembo e annuì convinto.

“Certo che rimedierai” ripeté, indicando la scrivania di Matt. “Prendi il computer.”

L’amico gli rivolse un’occhiata a metà tra l’interrogativo e l’esasperato.

 "Cosa?"

“Hai Netflix, no?”

“Netflix?”

Netflix and chill, baby” esclamò Dom, ammiccando, prima di sfregarsi le mani. “Stasera si guarda il Re Leone.”

Matt continuava a scrutarlo perplesso, più per guadagnare tempo che non perché fosse davvero confuso. Se avesse ceduto, Dom avrebbe trovato il modo di ricordarglielo in eterno: ogni questione in cui discordavano – cartoni animati inclusi – apriva dibattiti e provocazioni infinite e chi cedeva era lo sfigato di turno.

A Matt perdere non era mai piaciuto, ma con Dom gli capitava più spesso di quanto non avrebbe mai voluto ammettere.

“Baby?” ripeté, inarcando un sopracciglio.

Dominic alzò gli occhi al cielo e fece ciondolare il capo sullo schienale del divano.

“Senti, nello show saremmo anche parabatai, ma questo non ti autorizza a ripetere tutto quello che dico.”

Matt abbozzò un sorrisetto.

“Non lo farei comunque, perché altrimenti suonerei volgare.”

Anche Dom sorrise.

“Non sei capace e basta: la mia parlata è molto più sexy della tua. Allora, questo computer?”

Si alzò per raggiungere la scrivania e, quando tornò al divano con il portatile, aveva un sorrisetto di trionfo disegnato sul volto.

“Scommetto che diventerà il tuo cartone preferito.”

Matt non si prese nemmeno la briga di ribattere. Perdere non gli piaceva, era vero, ma era troppo stanco per dare inizio a una battaglia a quell’ora.

“Voglio andare a dormire” borbottò, esasperato, sollevando la visiera per passarsi una mano fra i capelli.

Dom diede una scrollata di spalle e sistemò il computer acceso sul tavolino.

“I cartoni Disney conciliano il sonno” rispose trafficando con il browser fino a quando il logo di Netflix non apparve sullo schermo.  Matt rimase a osservarlo in silenzio per qualche istante: non sapeva se indignarsi per la nonchalance con cui Dom si era appropriato del suo portatile o se sorprendersi per il fatto che lo stesse lasciando fare. Era molto attaccato alla sua privacy e non gli piaceva quando qualcuno curiosava fra i suoi effetti personali – computer e cellulare in primis.

Quella sera, tuttavia, non riusciva ad arrabbiarsi e  non era certo che il motivo fosse la stanchezza. C’era qualcosa nei modi di fare rilassati di Dom, nel suo entusiasmo giocoso, da bambino, che gli rendeva difficile trovare quelle intrusioni fastidiose.

“Dai, vieni qui!” lo incitò ancora Dom, battendo una mano sul divano. Lo schermo del portatile incominciò a riempirsi di colori, proiettando il familiare castello stilizzato che precedeva l’inizio di ogni film Disney. “Guardane almeno un pezzo!”

Matt sbuffò e si stropicciò gli occhi, prima di sprofondare, rassegnato, vicino a lui: insistere non aveva senso. Far cambiare idea a Dom era già difficile di giorno, quando era in forma e ben riposato, figuriamoci a quell’ora.  Se l’indomani non fosse riuscito a concentrarsi sul set, si disse, avrebbe trovato il modo di fargliela pagare.

“Mi spieghi come mai sei così fissato con il Re Leone?” chiese, sistemando meglio lo schermo del portatile.

Dom sorrise appena, rilassandosi al suo fianco.

“Lo associo alla mia infanzia” ammise, intrecciando le dita dietro la nuca.  “Da bambino, durante la separazione dei miei genitori, lo guardavo spesso con i miei fratelli. Per certi versi, ha stabilito una specie di connessione tra di noi: ci ha tenuti vicini.”

Era tranquillo mentre parlava, lo sguardo rivolto al cartone e il corpo a contatto con il suo. C’erano parecchio spazio libero sul divano, ma a lui sembrava non importare: la vicinanza fisica era solo uno dei tanti modi attraverso i quali Dom comunicava e la adoperava senza disagio e, spesso, senza malizia. In quello erano molto diversi.

Matt lo guardò brevemente, colpito dalle sue parole. Gli era capitato di rado di sentirlo parlare del suo passato, di momenti difficili, della sua vita privata. Ogni tanto avevano messo da parte i loro screzi per passare a conversazioni più mature e introspettive, ma il più delle volte ci erano arrivati recitando. Erano conversazioni che tentavano di sviscerare la psiche di Jace o di Alec, l’intensità del loro rapporto.

Ma Dom – quel Dominic così legato al suo passato, al ricordo di un’infanzia non sempre serena  – non l’aveva mai incontrato.

Non prima di quella sera.

“Mia madre era convinta che Simba fosse me in versione leonesca” aggiunse Dom, sorridendo compiaciuto al ricordo.

Matt fece una smorfia.

“In effetti noto una certa somiglianza” osservò, indicando lo schermo del portatile con il mento: Simba stava stuzzicando Mufasa, mordicchiandogli un orecchio.  “Di certo siete rompipalle uguali.”

“Però abbiamo stile” ribatté Dom, dandogli una gomitata. “E un giorno saremo i Re della foresta.”

Matt aggrottò sdegnato le sopracciglia.

“Ma perché la gente si ostina a dire così?” osservò, appoggiando un braccio sullo schienale. “I leoni vivono nella savana!”

“Sta’ zitto e guarda il film, sapientone!”  lo rimbeccò Dom, sistemando un piede sul tavolino.

Matt gli allungò un calcetto per farglielo togliere e tornò a concentrarsi sul cartone. Trascorse i primi venti minuti di film a sbirciare il display del cellulare a intervalli regolari, per controllare l’ora.

“Che c’è?” domandò Dom, quando se ne accorse. “Ti annoia?”

Matt, seppur tentato dall’opportunità perfetta per chiudere baracca e burattini e andarsene a letto, si sorprese a scuotere la testa.

“Cibo” annunciò, passandosi una mano sullo stomaco. “A quest’ora mi viene sempre fame.”

Dom scoppiò a ridere.

“Fermo lì” lo bloccò, quando Matt fece per alzarsi. “Vado io. Tu guarda il film.”

Matt cercò di protestare, ma Dom lo trattenne contro lo schienale per qualche istante,  come si fa con un bambino recalcitrante che non vuole saperne di stare seduto.

“Non ti ci voglio nella mia cucina, ancora me la fai esplodere!” si lamentò Matt.

Dominic gli rivolse un sorrisetto borioso e si spostò in cucina, mugolando l’esordio strumentale di “Voglio diventar presto un Re”.

Quando tornò, una quindicina di minuti più tardi, trovò l’amico intento a muovere la testa a ritmo di musica – la rigidità che spesso lo caratterizzata un po’ smussata, complice la stanchezza.

“Simba piccolo è la tua copia spudorata” lo informò Matt, quando Dom gli appoggiò sulle gambe una ciotola piena di popcorn. Il più grande dei due sorrise in vista del cibo e il suo stomaco esultò con lui, pur rimpiangendo il piatto di bacon che avrebbe potuto prepararsi. “Gli manca solo il british accent.”

“Te l’avevo detto!” replicò Dom, infilandosi in bocca una manciata di pop-corn. Tornò a stravaccarsi vicino a Matt, con una tale delicatezza da far volare fuori dalla ciotola un po’ del contenuto. Ancora una volta non calcolò bene le distanze e il suo collo finì contro il braccio di Matt, le loro gambe si scontrarono, i corpi si appoggiarono l’uno all’altro come se lo spazio a disposizione si fosse tutto a un tratto ridotto.

Non era così – il divano poteva ospitare comodamente tre persone e Dom non aveva certo bisogno di scuse per invadere lo spazio personale degli altri – ma, per una volta, Matt non si prese la briga di protestare: non ne aveva voglia. Si sentiva a suo agio – o forse era talmente stanco da non riuscire più a percepire il fastidio o l’imbarazzo.  Dopotutto il Canada era incredibilmente freddo e quella posizione stranamente calda e confortevole. Inoltre, la vicinanza rendeva più semplici i tentativi di rubarsi a vicenda i pop-corn.

Quando il film terminò, Matt faticò a districarsi dalla morbidezza del divano per spegnere il computer. Era così stanco che si sarebbe volentieri addormentato in quell’istante con i vestiti addosso, le luci accese e i pop-corn sparsi sulla maglietta.

“Piaciuto?”

Dominic tornò a intrecciare le dita dietro la nuca e lo studiò con sguardo insonnolito.

Matt gli rivolse un’occhiata furba, prima di mettersi a raccogliere i pop-corn da terra.

Il film gli era piaciuto, ma gli scocciava dargliela vinta. Specialmente perché – e quella era una novità per lui – non aveva una risposta a effetto da affibbiargli. Non sapeva nemmeno spiegare perché avesse apprezzato il film: non andava matto per i cartoni, né impazziva per i personaggi canterini che popolavano i lungometraggi della Disney.

Eppure c’era stato qualcosa, durante quell’ora e mezza di visione, che gli aveva infuso una serenità insolita: era stato bene. Non aveva idea se fosse merito del film, del profumo inebriante dei pop-corn o dello stesso Dom, tranquillamente accoccolato al suo fianco come se stare così vicini su un divano a tre posti fosse normale, per due maschi.

Come se non avessero mai fatto altro.

“No che non mi è piaciuto” dichiarò, un sorriso malandrino a piegargli appena gli angoli delle labbra. “I leoni sono sopravvalutati: meglio i lama. Perché nessuno prende mai in considerazione i lama? Questa è discriminazione.”

“Bugiardo.”

Dom sorrise a sua volta e stiracchiò le gambe, allungandole su quelle di Matt. L’amico le spinse via, ma nel giro di una ventina di secondi erano già tornate a infastidirlo.

“Ti è piaciuto, ti si legge in faccia.”

Matt tentò di farlo cadere dal divano con un calcio, ma riuscì solo a farlo spostare di poco.

“Allora sei dislessico” commentò, stringendosi nelle spalle.

Il sorriso compiaciuto di Dom si allargò. Il suo sguardo si soffermò a lungo contro quello di Matt, come alla ricerca di qualcosa di specifico.

“Scommetto che è appena diventato il tuo film Disney preferito” aggiunse poi, tirandosi su con uno scatto di reni.

“Non puoi decidere tu per me” farfugliò Matt in risposta, sbadigliando. “Il mio preferito è Aladdin.”

“Nah, è il Re Leone” ribadì Dom, arruffandogli giocosamente i capelli.

Recuperò le chiavi dal tavolino e le fece roteare un paio di volte, prima di stiracchiarsi vistosamente e recuperare giubbotto e cappello.

“Notte, Matt” lo salutò, chinando la mano per stringergli affettuosamente la nuca. In quel gesto, Matt ritrovò la stessa sensazione piacevole – di agio e familiarità – che aveva percepito durante il film.

Intimità: era quella la parola adatta a descriverla.

Non che, etichettandola, gli venisse più facile comprenderla: forse non sarebbe riuscito ad aiutarlo nemmeno google.

Si rifiutò di proseguire oltre con i giri di pensieri scomposti, troppo stanco per poterne venire a capo.

“Buonanotte, Simba” mormorò in risposta, tornando a stendersi sul divano.  

Si addormentò lì, vinto dal sonno e dal tepore invitante che ancora resisteva, intrappolato fra le pieghe di federe e coperte.

Il tepore di una serata trascorsa in compagnia a guardare un vecchio cartone animato.

Il calore dei pop-corn e della sua pancia piena e soddisfatta.

Il calore di qualcuno come Dom.

 

Note Finali.

Ho un’ansia pazzesca a pubblicare questa cosa qui. Sono anni che non scrivo delle rpf e mi sento parecchio in soggezione a farlo, ma questa storia poltriva nei meandri del mio pc da mesi e mesi e sto aspettando che una certa Chara pubblichi una qual certa McTudor, così ho deciso di postare nella speranza che lei mi segua.

Questa storia è ambientata durante le riprese dei primi episodi di SH (nei tempi d’oro delle grandi partite a Werewolf del cast, per intenderci) quando Matt e Dom non erano ancora Cip e Ciop, ma stavano incominciando ad entrare in sintonia. Matt i primi tempi mi era sembrato un po’ orso, specie se messo in confronto a Dom che pare comunicare con questa incontenibile fisicità che ho cercato di riprodurre anche qui. Da questo sono derivare le riflessioni che fa Matt alla fine, che sembrano portare un po’ al pre-slash, ma in realtà volevano più che altro sottolineare quanto Matt si accorga di sentirsi a suo agio in compagnia di Dom, nonostante siano così diversi.

Buon sabato sera a todos! Vi auguro tanto Netflix and chill!

   
 
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