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Autore: SirioR98    30/07/2017    0 recensioni
Qualcuno d’importante ha detto che non ha senso vivere la vita se non si ha modo di raccontarla. O forse non lo ha detto nessuno, e a dire il vero non è un gran che di aforismo. Però penso contenga un fondo di verità: se non la si organizza in maniera logica, la nostra esistenza è solo un susseguirsi di episodi più o meno casuali. O forse la casualità è un qualcosa che, in qualche modo, è già scritta da qualche parte e che demolisce la logica? O ancora, è forse meglio vivere la vita per quello che dà? E se... scusate, sto divagando. Ricominciamo.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 15
 
POV Greg
Apro gli occhi: luce.
Luce che mi offusca la vista, o almeno quel poco che mi è rimasta.
Sento la schiena un po’...smussata.
E dopo quello che ho passato in questi ultimi giorni ringrazio il mio angelo custode di non essere ancora finito senza qualche arto.
Ricordo di essere caduto per colpa di un lupo saltatomi addosso, ma, stranamente, toccandomi il petto non avverto alcun peso (o pelo) del suddetto su di me.
Con le mani cerco di tastare il terreno su cui sono appoggiato.
L-legna? Non ricordavo di essere caduto su del legno, la mia schiena avrebbe fatto più male.
“Non può essere” penso tra me e me.
E poi, sarà una mia impressione ma, com’è che siamo in autunno ma si sente un caldo infernale?
Ora che respiro meglio sento proprio puzza di bruciato, comincio anche a soffocare per il fumo che divampa.
Aspetta...FUMO? FIAMME? LEGNA?
Qualcuno mi sta seriamente dando fuoco, manco fossi un cinghiale?
No, non è possibile.
Pensa positivo Greg: dai, non crederai mica che quel nano di Kyle, quel “nervo scoperto” di Kyra e quel demente di tuo padre Nicholas, ti abbiano messo sopra una catasta di legno, credendoti morto, e ti abbiano dato alle fiamme per rendere epica la tua dipartita?
Se lo avessero fatto veramente, a questo punto saresti-
Mi alzo con nonchalance dal mio giaciglio legnoso e sono sorpreso nel constatare che SONO SU UNA CAVOLO DI CATASTA DI LEGNO DATA ALLE FIAMME!
Oh mio Warlord, lo hanno fatto davvero!
Per cercare di liberarmi da quella trappola di fumo, legna e fiamme, rotolo a destra e sinistra per spegnere l’incendio.
Il MIO incendio.
Riesco a uscire da quel “nonsocomedefinirlomalasciamoperdere” e a mettermi al fresco della terra.
Mi rialzo col fiatone di che ne ha passate tante e con la rabbia di chi non sopporta più niente, e me li ritrovo davanti ai miei occhi, sconvolti e atterriti, come se fossi realmente tornato dal regno dell’oltretomba.
“...Boo?” dico alzando un sopracciglio.
E loro urlano di paura a occhi sgranati.
Non mi aspettavo tale reazione, urlo di rimando.
Continuano a urlare indicandomi. Indico prima me, urlando dal terrore.
Inizio a urlare di rabbia indicando il... coso, chiamiamolo.
Kyle alza le spalle, con un urlo tenue.
Mi passo una mano fra i capelli, con la gola stanca.
“Ho paura di chiedere, ma... SI PUÒ SAPERE PERCHÈ MI AVETE MESSO SU UNA BRACE?!”
“Pira” mi corregge Kyle. “Ma tu sei vivo!” aggiunge urlandomi contro.
“Perchè? Non dovrei esserlo?” rispondo urlando.
“E poi” – aggiungo – “‘pira’ che?”.
“Greg, TU SEI VIVO!?!?” continuò a urlare Kyle, sempre più sbigottito.
“SÌ, KYLE, SÌ: SONO VIVO. CHE FA NON MI VEDI?” gli rispondo urlando, cercando di gesticolare per fargli capire (nonostante qualche difficoltà di comprensione da parte sua) ciò che stessi dicendo.
“Pensavo non ti avrei rivisto più!” Mi abbraccia forte e quasi si mette a piangere.
“Ehm...ok?” Gli dò delle pacche sulla testa, cercando ancora di focalizzare quello che ho passato e quello che sto vedendo.
Lo vedo allontanarsi sorridente e con gli occhi lucidi di lacrime, e nel frattempo si avvicina a me Kyra con la sua solita espressione, un misto tra “Sono felice di vederti” e “Fammi incavolare e ti apro in due”, che mi rallegra e terrorizza allo stesso momento.
Neanche il tempo di dire ‘Ciao’ che mi molla un ceffone di dorso sulla guancia, lasciando il segno delle sue nocche sul mio zigomo destro.
“Ahi” lei mi guarda male. “Questo è per aver fatto finta di essere morto”.
Non ho il tempo di assimilare e rispondere a ciò che ha detto perchè mi vedo recapitare un altro schiaffo, stavolta sullo zigomo sinistro.
“Ahi...di nuovo!” dico massaggiandomi la guancia.
“Questo, invece per avermi fatto stare in ansia!”
Poi mi prende per le spalle.
Oh no, adesso o mi dà una testata o una ginocchiata nel sottoventre, e così sì che vado realmente all’altro mondo. Invece, sento le sue braccia avvinghiarsi attorno a me, le sento stringere forte forte.
Mi sta abbracciando?
Ok, con questa ho seriamente visto tutto.
“E questo, perché...?” chiedo (che domanda idiota...)
“Perchè, alla fin fine, sono contenta che tu non sia morto”.
Prima che si allontani, sento un pugno sulla spalla.
Sempre lei.
“E comunque: questo perchè hai fatto pensieri impuri su di me!”.
“Ma io non ho fatto MAI pensieri impuri su di te” ribatto.
“Sì, come no. Il tuo sguardo dice altro...” Già, lo sguardo.
Infine mio padre (ancora mi viene difficile utilizzare questo termine con cognizione) mi si avvicina e mi mette una mano sulla spalla.
“Figliolo...ehm...f-figlio...Gregory...Greg...ehm...che dire: mi dispiace di averti quasi dato fuoco!” dice, ridacchiando in maniera imbarazzata.
E il premio per ‘miglior padre dell’anno’ va a...NON A TE!
“No tranquillo, cose che capitano. Forse questa sarà la cosa meno anormale successa in questi giorni, papà.” Mi rendo conto di quello che ho detto...forse no.
“Ah certo, non ne dubito assolutam-, aspetta: mi hai chiamato ‘papà’?” Oh no, mi ha sgamato.
“...non hai prove!”
“In realtà io ti ho sentito” dice quella bocca larga di Kyle.
“Tu zitto, sgorbio!”
“Anche io” aggiunge Kyra.
“Nessuno, nessuno e ripeto NESSUNO  ha prove sul fatto che io abbia detto quella parola.”
“Quale parola?” dice Kyle.
“Papà!”
“L’hai appena detto” dice Kyra, puntandomi il dito contro e sorridendo.
Mi dò uno schiaffo sulla fronte, incavolandomi e urlando di nervosismo.
“Ma perchè ne state facendo una questione così importante? Sarà, tipo, la quarta volta che lo dice...” ribatte Kyle.
“Non è vero. Dimostramelo.”
“Guarda, lascia perdere. Torniamo indietro che già sono stufo di questa foresta...” dice Kyle, cominciando a fare strada.
“A chi lo dici...” si unì Kyra.
“Un momento, aspettatemi! Nessuno ancora mi ha spiegato perchè mi stavate tumulando su quella cavolo di piramide di legno. INSOMMA! QUALCUNO SI DEGNA DI RISPONDERMI???” urlo nel tentativo di raggiungerli e di farmi sentire.


Ok, prima domanda: come cavolo facciamo ad uscire da qui? Dato che la mappa mia e di mio padre (ancora?) è stata letteralmente usata “per pulircisi il sedere” da quest’ultimo e data la totale incompetenza nell’orientarsi da parte di Kyle, mi rivolgo a Kyra.
“Come usciamo da qui? Questo posto è un labirinto di alberi, rocce e dirupi...”
“Trovarvi è stato semplice: è bastato seguire le vostre urla da femminucce disperate”
“Non abbiamo le voci da femminucce disperat-“ detto questo un ragno si posa sulla mia spalla, urlo cercando di togliermelo di dosso.
“Toglilo, toglilo, toglilo!” Finisce su Kyle, che gli dà un colpo e lo incenerisce. Si guarda la mano.
“Ragazzi, ho di nuovo i poteri!” Ci sorride indicandosi la mano, che fuma ancora.
Mi rivolgo agli altri.
“Non ci siamo allontanati troppo, potremmo ancora metterlo sulla pira.”
Kyra sbuffa. Tira fuori una mappa da solo lei sa dove e la spiega davanti a noi.
“Bene, noi siamo qui all’incirca.” Indica un punto.
“Dillo che in realtà stai puntando totalmente a caso.” Alza gli occhi al cielo.
“Per uscire dal bosco, basta che andiamo da quella parte.”
La seguiamo mentre ci fa strada.
“Giuro che appena arriviamo all’accademia, uccido Yesmallion.”
Alzo gli occhi al cielo.
“Non pensi che un quasi omicidio sia abbastanza?”
Scuote la testa senza voltarsi.
La foresta non sembra più così lugubre ora che ci stiamo avviando all’uscita.
Con questo non voglio dire che mi piacerebbe passare un’altra notte qui, ovviamente.
Quello sarebbe masochismo, non coraggio.
Io alla mia vita ci tengo, soprattutto ora che la stavo per perdere!
Kyle mi sorpassa, raggiunge sua sorella.
Nicholas mi cammina di lato, guardandoli.
Dopo qualche minuto si schiarisce la gola.
“Quindi, sei vivo.” E il premio per miglior padre dell’anno, per la seconda volta, va a... NON A TE!
Lo fulmino con lo sguardo. Torna a guardare davanti a sé, guarda i gemelli.
“Sai, quando ti credevamo morto, si sono disperati. Kyle soprattutto. Mi ha spezzato il cuore...”
Non dico nulla. Li guardo mentre il ragazzino cerca di dare fastidio a sua sorella, per farla ridere.
“...credevo fosse colpa mia.”
Mi giro verso mio padre.
“La tua morte, intendo. Se fossi stato un padre migliore... forse...” Sposto lo sguardo a terra.
La visione mi torna in mente.
“Quand’ho sbattuto la testa, sulla parete del precipizio, ti ho visto. O meglio, sognato.”
Ricevo un’espressione perplessa.
“Ho sognato di quando mi hai ritrovato in casa, dopo che mia madre è stata rapita. Ma era tutto così nitido... pensavo fosse vero. E forse lo era. Forse era un mio ricordo.” Arriccio le labbra.
“Per caso... per caso hai sognato pure di quando...”
“Di quando mi hai abbandonato?” Rimane in silenzio. Annuisco. Sospiro.
“Ma il passato non si può cambiare, giusto?” L’osservo. Non mi è mai sembrato così... vecchio. Come se avesse perso la giovinezza tutta d’un colpo.
“Si può solo andare avanti.” Annuisce.
“Greg. Ho capito qualcosa da quest’esperienza.” Alzo un sopracciglio.
“Mai dare ascolto alle proposte di Yesmallion?”
“No...” Corruga le sopracciglia.
“Mai far arrabbiare un mezz’elfo, anche se di piccole dimensioni?”
“No.” Sospira esasperato.
“Che-“ Mi mette le mani sulle spalle.
“Lasciami parlare!”
“Padre, mi preoccupi.” Alza gli occhi al cielo.
“Ho capito che non voglio perderti.” Non ho parole.
Apre la bocca per dire qualcosa, ma Kyra ci raggiunge.
“Non vorrei interrompere il momento di riconciliazione, ma siamo arrivati.”
Mi volto a sinistra, la luce ci aspetta al di là degli alberi.
Ad aspettarci, in mezzo alla radura dove due giorni prima ci aveva mandato in questa “folle impresa”, c’è Yesmallion, seduto su una roccia circondato da tutti gli altri studenti dell’accademia.
A quanto pare siamo gli ultimi.
Vedendoci, si alza. Ci viene incontro a braccia aperte.
“Finalmente ce l’avete fatto! Aspettavamo solo voi per...”
Ci guarda in volto. Alza le mani.
“Perché quegli sguardi truci?”
Continuiamo a camminare ignorandolo.
Alza le braccia al cielo.
“E allora? Che ho detto? Sapete cosa, la prossima volta fate tutto da soli!”
Kyle si gira di scatto.
“È quello che abbiamo fatto, GRANDISSIMA TESTA DI CA-“ Gli tappo la bocca con la mano, lanciandogli uno sguardo che se potesse parlare...
Entrati in accademia, vediamo le stanze addobbate a festa.
Sulle pareti spiccano gli arazzi, di un bianco candido con ricami dorati, che rappresentano una spada attorniata da sei mani che si tengono per il polso.
Non mi sono mai chiesto come mai abbiano scelto questo simbolo per l’accademia.
Ora che ci penso, non sapevo avessero scelto questo simbolo per l’accademia.
Non sapevo nemmeno che l’accademia avesse un simbolo.
Il mezzo elfo mi cammina accanto, decido di chiedere a lui.
“Kyle, che vuol dire quel simbolo?”
Il ragazzino guarda disinteressato gli arazzi.
Scrolla le spalle.
“Dovrebbero simboleggiare l’unione delle razze nella lotta contro il male. Se guardi bene, ogni mano è diversa, ma tengono i polsi degli altri per creare un esagono.”
Annuisco, ma le domande non sono finite.
“Ma perché proprio quelle sei?”
Alza gli occhi al cielo.
“Sei mani, sei razze, Greg: umani, draconici, elfi, halfling, orchi e nani. Diversi, ma uniti contro lo stesso nemico.”
“E chi sarebbe il nemico?”
Grugnisce frustrato.
“Oggi fai troppe domande.”
Abbasso lo sguardo.
“Scusa...”
Si gira di scatto verso di me e alza un sopracciglio.
“Gregory Carter che si scusa per qualcosa che ha detto? Stai bene? Forse hai sbattuto la testa troppo forte, ti vuoi stendere?”
Mi mette una mano in fronte.
“Effettivamente sei un po’ caldo...”
Gli scosto la mano, che brucia.
“Kyle, ti stai surriscaldando. Letteralmente. Calmati.”
Si piazza davanti a me a braccia conserte.
“Che hai?”
Scuoto la testa.
“Non ho nulla, andiamo.”
Alza anche l’altro sopracciglio.
“Come no. Parla.”
Lo prendo di peso e lo sposto di lato.
“Davvero, va tutto bene, alla grande. Guarda, sto sorridendo!”
Gli mostro un sorriso a 64 denti, di cui 32 neanche miei, ma son dettagli.
Rimane impassibile.
“Che ti ha detto tuo padre?”
Il sorriso crolla, sento rumore di vetri infranti.
“Si può sapere come...”
Mi blocca prima che possa finire la domanda.
“Ultimamente, è sempre tuo padre. È l’argomento del giorno da un paio di giorni, ormai.”
Sospiro. Lo prendo per un braccio e lo trascino da parte.
“Non ho capito bene cos’abbia detto, ma mi ha detto qualcosa di cui dobbiamo parlare assolutamente.”
Mi fermo un secondo. Kyle ascolta interessato.
Quando non continuo, mi fa segno di andare avanti.
Scrollo le spalle.
“Tutto qui.”
Gli cadono le braccia.
“Di cosa dovete parlare? Che ti ha detto?”
Faccio spallucce. Ma perché vuole parlare di certe cose?
“Ha detto che... non vuole perdermi, o una cosa del genere...”
Lascia cadere pure la mascella.
“E così me lo dici? Tu che hai risposto?”
“Non ho risposto. Kyra ci ha interrotti prima che potessimo parlare.”
Si mette le mani fra i capelli.
“Una settimana. Cerchiamo di farvi parlare da una settimana e quando lo state per fare mia sorella vi blocca?”
Ride nervosamente.
“Una settimana... ed è servita la tua morte per riappacificarvi! Non me lo potevate dire prima? Ti avrei ucciso tranquillamente io e avremmo risparmiato il tedio della spedizione nel bosco! Ma dico, io...”
Si allontana imprecando.
L’ho perso, stavolta l’ho perso veramente.
“Grazie per l’ascolto, testa calda!” Gli urlo dietro.
“Prego, grandissima testa di ca-“  Uno schiaffo risuona in tutto il corridoio.
“Linguaggio!” L’inconfondibile voce di Kyra si sprigiona in tutta la sua potenza.
Kyle si massaggia la guancia sinistra.
“Ahi! Anche tu ti ci metti? Sono circondato da persone idiote!” Altro schiaffo. Il ragazzino si allontana dalla sorella tenendosi le guance con le mani.
“Va bene, me ne vado. Ho capito che se rimango qui le prendo e basta...” Kyra guarda il fratello allontanarsi, poi mi raggiunge.
“Mi spieghi che sta succedendo? Perchè Kyle fa così? Che gli hai fatto?” Non mi fa parlare, mi assale di domande.
Le metto le mani sulle spalle per calmarla.
“Primo: se non lo sai tu il motivo per cui fa così, che sei sua sorella, io non so chi dovrebbe saperlo. Secondo: non gli ho fatto nulla, è la solita testa calda.” Lei incrocia le braccia e mi guarda con un sopracciglio alzato.
“Non credo che Kyle reagisca così senza alcun motivo...o almeno, non lo fa così spesso. Cosa gli hai detto?”
Incrocio le braccia.
“Ma niente... stavamo guardando il simbolo dell’accademia e gli ho chiesto il significato, lui mi ha risposto in maniera scazzata, quindi mi sono scusato. Allora mi ha domandato cos’avessi. Gli ho detto che non avevo nulla, ma lui insisteva insisteva, quindi...” Esito. Kyra mi fa segno di andare avanti. È di famiglia, vedo.
“...quindi? Greg, parla!” disse Kyra con le mani aperte a mo’ di sprono.
E le racconto di mio padre, di come lei ci avesse interrotti sul più bello e di ciò che mi ha detto.
Kyra non rimane certo impassibile, il suo viso cambia espressione più volte: dall’imbarazzato per aver interrotto un momento importante fino all’incredulo per la mia reazione confusa all’accaduto.
Dopo aver finito, Kyra mi mette una mano sulla spalla, come se volesse scusarsi o compatirmi, non so.
“Vi siete incontrati di nuovo per parlare di questa cosa?” Domanda lei con voce curiosa. Scuoto la testa.
“Non ancora. E sinceramente non saprei cosa dirgli...” Le rispondo, in maniera abbastanza assente.
Lei mi guarda incredula.
“Ma cos’aspetti? Vai a parlargli subito!” Mi prende per le spalle e mi spinge verso la fine del corridoio, manco fossi un carrello. Io faccio resistenza con i piedi.
“Kyra, non posso adesso. Siamo appena tornati dalla spedizione e lui sicuramente vorrà riposare, non credi? E poi...” Riesco a frenare e a girarmi.
“E poi cosa? Cos’altro c’è?” Kyra mi guarda impaziente.
“...sono un pochino ansioso.” Alza quel suo maledettissimo sopracciglio sinistro, accompagnandolo con la bocca semi aperta, come a voler capire se ciò che ha sentito in quel momento fosse vero.
Mi prende in disparte e mi porta fuori, nel giardino rialzato dell’accademia, lontano da sguardi indiscreti.
Dopodiché, mi prende ancora una volta per le spalle, fissandomi con i suoi occhi eterocromatici.
“Tu...sei...ansioso? Ansioso!? In tutta questa situazione, le persone che si sono fatte il bagno nell’ansia sono state la sottoscritta e quella ‘testa calda’ di Kyle!
Stavamo letteralmente per darti fuoco, siamo stati sul punto di morire sbranati da lupi e orsi, abbiamo girato alla cieca un’intera foresta per cercarvi e per riunirci a voi.
E adesso, dopo che io ho interrotto l’UNICO momento dove FINALMENTE tu e tuo padre stavate per parlarvi, ti stai facendo prendere dall’ansia per riprendere il discorso?
No, caro il mio Gregory Carter: la tua non è ansia, ma paura.
Paura di essere rifiutato ancora una volta; paura che nascondi dietro al tuo atteggiamento da menefreghista quando sai benissimo di non esserlo, perchè ho visto chi sei realmente.
Ti senti debole, impaurito, tremi come un pulcino e nascondi tutto questo dietro a una maschera di spavalderia e disinteresse. Ma io so chi tu sei realmente, tu sai perfettamente come sei realmente.
Adesso, prendi i tuoi bei piedini, destro e sinistro, e li muovi a poco a poco, passo dopo passo, uno avanti all’altro, e ti dirigi verso la porta della camera di tuo padre, o qualsiasi cosa lo consideri adesso.
Arrivato lì, prendi la tua mano destra, la chiudi a pugno e con le nocche della mano bussi una volta, due volte, tre volte, alla porta della camera di tuo padre.
Entri dentro e chiedi a tuo padre di continuare il discorso preso prima.” La guardo in maniera passiva, come un figlio guarda i genitori quando lo sgridano.
Credo che mi abbia trovato, scoperto e colpito nel segno. Ma io, ovviamente, devo fare sempre il bastian contrario.
“Sembri molto sicura di ciò che pensi...” Le dico con sguardo superbo, anche se sotto sotto sono atterrito.
“Sai perchè sono così sicura? Perchè se non lo fai...” mi prende per un orecchio e lo gira piano piano, facendomi un male cane “...ti smonto la testa e te la riavvito in un posto che non posso dire perchè ci sono bambini in giro!”
Obbedisco controvoglia.
Guarda tu se mi devo far bullizzare e comandare a bacchetta da una ragazzina di 17 anni, io che ne ho 27 e che me la sono vista contro tutto e tutti.
Benissimo, adesso parlo come mio padre!
Anche se però, Kyra non ha tutti i torti: la mia non è ansia, ho paura.
Paura di essere rifiutato di nuovo, paura di non essere accettato.
Vuoi vedere che adesso spunterò in camera sua in un momento non propizio, mi manderà via e mi dirà, con quel suo vocione da vichingo, di...
No, non posso cominciare a dubitare così di Nicholas.
Non dopo quello che ho passato, dopo quello che abbiamo passato.
Dov’era la camera di mio padre? Secondo o terzo piano? Quale corridoio? Perchè questo posto è così enorme?
Perchè non riesco a capire e decidermi su quello che devo fare?
Bene, il corridoio credo di averlo azzeccato, dovrebbe essere la terzultima porta in fondo.
Prima porta, seconda porta, terza porta, quarta porta...
Cosa gli dico? Come comincio il discorso?
Settima porta, ottava porta, nona porta, decima porta...
E se sta facendo qualcos’altro? Se stesse riposando e non volesse essere disturbato?
Tredici, quattordici, quindici, sedici, diciassette...
Devo parlargli...devo sapere, ma...
Venti, ventuno, ventidue...VENTITRÉ! Eccola qui.
Ma non ho il coraggio di bussare. I pensieri mi bloccano con la mano a mezz’aria.
Va bene! Busso.
Nello stesso preciso momento, qualcuno mi blocca.
Oh perfetto, lo sapevo!
Mi hanno sgamato, adesso morirò tra atroci sofferenze, senza alcun motivo, fra l’altro!
Lascio tutto quello che ho ai bambini poveri dell’orfanotrofio dove sono cresciuto! Quindi niente ad un posto che non esiste.
La faccia bitorzoluta di una delle inservienti dell’accademia mi spaventa e rassicura allo stesso momento.
Urlo di terrore.
“Mi scusi, potrebbe gentilmente spostarsi? Dovrei...” mi dice con voce atona.
“Certo” Replico imbarazzato. “Credo che la stanza sia occupata, se posso dir-“
La domestica apre la porta della camera, completamente vuota.
Non vi è anima viva, per i batteri mi sa che saranno le loro ultime ore, ma considerando la puzza che sento ogni giorno nella mia stanza ne dubito fortemente.
Niente, il destino ha parlato! Sarà per un’altra volta. Ma siccome voglio soffrire perché, apparentemente, odio la mia vita, faccio una domanda alla cameriera.
“Per caso, sa dov’è finito quello che occupava la stanza?” Fa spallucce.
“Che ne so io, se ne sarà andato via. E non lo biasimo...questo posto è un porcile! Se adesso si sposta, magari, io potrei tornare a fare il mio lavoro, grazie!” mi sposta via in maniera rude, borbottando e chiudendomi la porta in faccia. Che gentile e graziosa signorina...
E io lo sapevo che finiva così, lo sapevo fin dentro le mie budella che finiva così!
Che Nicholas, dopo la spedizione avrebbe preso baracche e burattini e se ne sarebbe andato via!
“Adesso Kyle e Kyra mi sentiranno: li voglio qui davanti a me, in ginocchio su una distesa di ceci, anzi no, di chiodi arrugginiti...no, forse sono meglio i ceci, tanto non mi piacciono.
Li voglio qui e mi devono chiedere scusa, anzi mi devono IMPLORARE IL PERDONO SUPREMO, perché non possono fare così, quando poi quello nel torto non sono io, ok? Adesso...”
Una mano mi cala sulla spalla! Bene, questa sì che è la mia fine!
E sarà ancora più atroce e dolorosa di tutte le fini già finite!
Lascio tutti i miei averi alla mia zia Gertrude semi paralitica e con i due denti davanti!
Come prima: niente a una persona che non esiste...
Mi volto e... è mio padre, che credo osservi il mio sfogo da 5 minuti buoni.
Lo guardo tra l’incredulo e l’imbarazzato.
“Si può sapere che cos’hai da urlare? Mi stavo concedendo un meritato riposo...” Sbatto le palpebre velocemente, per tornare in me.
“Padr- cioè, Nicholas! Che bello vederti qui tutto intero, vivo e vegeto! Ma...da quant’è che stai in quella stanza?”
“Ehm, diciamo DA SEMPRE, o almeno da quando sto chiuso in queste quattro mura!” Mi gratto la testa.
“Ah certo, avrò sbagliato io la stanza.” Mi osserva da capo a piedi.
“Sei venuto per chiedermi qualcosa, figliolo?” Faccio un passo indietro, per allontanarmi e vederlo meglio.
“Ecco, sì. Cioè, no. Ma...”
Alza una mano per interrompermi.
“Parla.” Sbuffo.
“Va bene. Oggi, nella foresta, mi hai detto una cosa. Ricordi cos’era?” Annuisce.
“Certo. E allora?”
“Penso che la discussione non si possa concludere con quella semplice frase. Ci dev’essere dell’altro.” Rido imbarazzato, chiudendo la risata con tono speranzoso.
Per favore, inizia tu.
Non so che dire, parla, il silenzio sta diventando troppo imbarazzante.
Aiuto.
Che mi cada qualcosa in testa.
Voglio svenire.
Morire.
Seppellitemi.
Voglio la mamma!
“Gregory, io...io voglio essere assolutamente chiaro e sincero con te. Non...”
Proprio quando sembra che finalmente stia per sentire le parole che avrebbero sbrogliato e dipanato la matassa che mi occupa il cervello e lo stomaco, due braccia attorniano il mio collo e quello di mio padre.
E chi può essere se non quel vecchio attempato di Yesmallion?
“Bene bene bene, padre e figlio riuniti amorevolmente. Non è che vi stavate raccontando storie sul mio conto, vero?”
Ma muori male, tu e il tuo conto.
“Sto scherzando, e dai ridete un po’, che diamine!” Lo incenerisco con lo sguardo.
Ancora stai qui? Non hai capito il messaggio velato? Te ne devi andare.
“Comunque, Greg; mi dispiace se ho interrotto il vostro di sicuro interessantissimo discorso, ma devo rubare tuo padre per alcuni minuti...mi serve per stasera.”
“Stasera? Per quale motivo?  Che c’è stasera?”
“Semplicemente il più grosso banchetto che tu abbia mai visto, salsiccetta!” Esclama, dandomi un pugnetto sulla spalla.
Ma io ti spacco la mano.
“Banchetto? No aspetta, devo parlare ASSOLUTAMENTE con mio padre. E’ di vitale importanza!” Dico a Yesmallion, guardandolo seriamente, con l’intento di fargli capire la situazione, ben nota ormai a buona parte dell’accademia, cameriere comprese.
“Beh, potrai parlargli durante il banchetto, no? E poi dai, adesso o tra 3 ore cosa ti cambia, eh? Anzi, conviene che ti vai a sistemare per bene. Avremo ospiti esterni e non voglio fare alcun tipo di figuracce.”
Detto ciò, con mio padre stretto nella sua morsa vedo Yesmallion allontanarsi.
Li saluto con la mano.
Con la stessa mano, mi appoggio al muro e inizio a dare testate contro lo spigolo della porta.
Sento uno scricchiolio, esce la cameriera.
“Abbiamo finito di bussare? Qui c’è gente che lavora.”
Mi giro verso di lei.
“Signora, ma per lavorare le serve silenzio completo? Qui c’è gente che sta attraversando una crisi esistenziale!”
Prende la scopa e inizia a spingere sui miei piedi.
“La crisi esistenziale può averla in camera sua. Adesso via!”
Torno nella mia stanza borbottando, con più dubbi nella testa di prima.
Perchè Yesmallion aveva bisogno di mio padre?
Perché proprio adesso?
Ma soprattutto, che cosa mi metto per stasera? 
  
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