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Autore: Sandra Prensky    31/07/2017    1 recensioni
ATTENZIONE: Non è una traduzione del libro "Black Widow: Forever Red". Avendolo letto, mi sembrava che ci fosse troppo poca attenzione su Natasha, e allora ho deciso di riscriverlo con tutta un'altra trama.
Natalia Alianovna Romanova, Natasha Romanoff, Vedova Nera. Molti sono i nomi con cui è conosciuta, molte sono le storie che girano su di lei. La verità, però, è una questione di circostanze. Solo Natasha sa cosa sia successo veramente nel suo passato ed è ciò da cui sta cercando di scappare da anni. Quando sembra finalmente essersi lasciata alle spalle tutto, ecco che scopre che la Stanza Rossa, il luogo dove l'hanno trasformata in una vera e propria macchina da guerra, esiste ancora. Solo lei, l'unica Vedova Nera traditrice rimasta in vita, può impedire che gli abomini che ha visto da bambina accadano di nuovo. Per farlo, però, dovrà immergersi nuovamente nel passato che ha tanto faticato a tenere a fondo, e sarà ancora più doloroso di una volta: tutta la vita che si è costruita allo SHIELD, tutte le persone a cui tiene sono bersagli. Natasha si ritroverà di nuovo a dover salvare il mondo, affrontando vecchi e nuovi nemici e soprattutto se stessa.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Natasha Romanoff/Vedova Nera
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XVI.

 

No light, no light in your bright blue eyes
I never knew daylight could be so violent
A revelation in the light of day
You can't choose what stays

and what fades away [...]

Through the crowd I was crying out and
In your place there were a thousand other faces
I was disappearing in plain sight
Heaven help me
I need to make it right

(Florence and the Machine – No Light, No Light)

 

Russia, 1956

 

-Dove credi di andare?- Mormorò Natalia con voce roca, mandando all’aria tutti i piani del Soldato di rivestirsi senza svegliarla.

-Mi aspettano in palestra per una riunione. Torna a dormire, mancano più di due ore alla tua sveglia.

Per tutta risposta la rossa si mise a sedere, coprendosi con il lenzuolo. Osservò i contorni dell’uomo muoversi sotto la luce fioca della luna, in silenzio.

-Non mi mentire, James.

Lo udì sospirare, nel buio. Pochi secondi dopo il letto si incrinò sotto il suo peso, e di colpo il viso del soldato era a pochi centimetri da quello della ragazza.

-Quanto starai via, per davvero?- Mormorò, guardando le labbra di lui.

-Non molto. Due giorni, tre massimo. Non è una missione lunga.

-Portami con te.- La voce di Natalia ormai era poco più di un soffio.

-’Tasha, ne abbiamo parlato.... Sai che non posso farlo. Se ci scoprissero, ci spedirebbero in Siberia. O peggio.

Natalia sospirò, rassegnata, chinandosi in avanti a baciarlo.

-Stai attento, ti prego.

-È forse mai successo il contrario?

La rossa accennò un sorriso, mentre le sue dita tracciavano i contorni del viso del Soldato.

-Ricordati di uscire dalla finestra e nasconderti bene nell’ombra. Hanno occhi dappertutto.-Si raccomandò lui.

-È forse mai successo il contrario?- Replicò lei maliziosa, accennando un ghigno. Lui scosse la testa, quasi divertito, le baciò la fronte e si alzò, finendo di abbottonarsi la giacca della divisa. Afferrò un borsone da terra, e tirò fuori dei fucili per controllare che fosse tutto in ordine. Era un suo rituale pre-missione, e che qualche anno dopo si sarebbe convertito quasi inconsciamente a essere anche della Vedova, esaminare le armi, testare le sicure. Il rumore che producevano era quasi diventato rilassante. Natalia seguì con lo sguardo ogni suo gesto, gli angoli delle labbra ancora incrinati in un pallido sorriso. Scese dal letto liberandosi delle coperte e rimanendo completamente svestita. Assicurandosi che lui la stesse guardando con la coda dell’occhio, attraversò la stanza per prendere la camicia da notte con un incedere forzatamente lento. Si divertiva a provocarlo appena poteva, e lui di sicuro non si lamentava. Era ormai un gioco tra loro, una delle cose che servivano a entrambi come distrazione. Si girò verso di lui mentre si rivestiva con uno sguardo malizioso, indugiando su ogni bottone dell’abito. Sapeva che anche con quella scarsa luce lui poteva vederla perfettamente.

-’Tasha, per favore.- La sua voce era diventata più roca di quanto lo fosse prima.

-Cosa?- Mormorò lei, innocentemente.

-Non rendere le cose più difficili di quanto siano.- Abbassò lo sguardo da lei e richiuse il borsone con le armi, per caricarselo in spalla con un uno scatto del braccio metallico.

-Che guastafeste.- Replicò la rossa, ma era passata anche a lei la voglia di giocare. Stava per partire per un’altra missione e per quanto potesse essere breve, sapeva bene cosa gli sarebbe successo dopo. Era ogni volta più stanco; lo tenevano in laboratorio per ore, a fargli chissà cosa, e sapeva che sarebbe accaduto anche questa volta, appena fosse ritornato. Se fosse ritornato. Natalia scacciò via quell’ipotesi, non voleva nemmeno pensarci. Poi, James era troppo bravo per farsi uccidere. Si avvicinò a lui e si alzò in punta di piedi per baciarlo. Il Soldato ricambiò con trasporto e si separò solo quando entrambi furono a corto di fiato. Sostenne lo sguardo della ragazza ancora per un attimo, e poi annuì. Entrambi odiavano i saluti precedenti a una missione, erano troppo simili agli addii, portavano con sé un’incertezza che sapeva di morte. Natalia si nascose dietro la porta mentre lui la apriva, per evitare di attirare sguardi indiscreti, e lo osservò avviarsi verso un’altra missione.

-Credo di essermi innamorata di te, James Buchanan Barnes.- Sussurrò poco prima che la porta si chiudesse, senza nemmeno accorgersi di stare pronunciando quelle parole. Dall’altra parte, lui indugiò abbastanza da farle intendere che l’aveva sentita, poi trascinò l’uscio dietro di sé con un tonfo sonoro.

 

 

A couple of days later

 

Natalia scese le scale, preoccupata. Era molto raro che una Vedova venisse chiamata nelle stanze delle riunioni degli ufficiali, e non era mai un buon segno. E se avessero scoperto la storia tra lei e James? Cercò di calmarsi ripetendosi che non avrebbero aspettato che lui fosse via in missione per punirla, perché non sarebbe stato il loro stile, ma l’angoscia l’attanagliava. Se invece fosse proprio quello il motivo della sua missione, fargli accadere qualcosa mentre era lontano? Sentiva una morsa chiuderle lo stomaco, una paura che non aveva mai provato. Ogni gradino le sembrava un passo verso il patibolo. Arrivata davanti alla porta che cercava tentò di ricomporsi come meglio poteva, bussò ed entrò. Lo spettacolo che l’aspettava dall’altra parte non era sicuramente quello che si era immaginata: c’erano una decina di uomini seduti a un tavolo in cerchio, nella penombra. Natalia non conosceva nessuno di loro, se non di vista; dovevano essere tutti appartenenti alla fascia dirigente della Stanza o i funzionari di questa nel KGB. Conosceva invece molto bene la figura in piedi al fondo. Ivan. Nonostante tutto, faticò a trattenere un sorriso quando lo vide. La sua presenza la tranquillizzava, e cercò il suo sguardo come a chiedere spiegazioni, ma lui sembrava evitarlo di proposito. Pareva quasi a disagio, intento a guardare un punto fisso sul muro.

-Natalia Alianovna Romanova.- Sentì una voce chiamarla, gelida. Madame B emerse dall’ombra che la nascondeva. -Siediti.- Ordinò, in una voce che pareva tutt’altro che cortese. Natalia non osò opporsi.

-Ti chiederai perché ti abbiamo convocata qui. Anzi, a monte ti chiederai perché sei ancora qui, a differenza di tutte le tue compagne che sono ormai partite verso altre destinazioni, in missione.

Natalia se lo chiedeva da anni, in effetti. “Non sei ancora pronta” era la risposta di tutti, compreso James, eppure molte altre ragazze erano partite con molta meno esperienza e abilità di lei.

-Ebbene. Per te abbiamo altri piani. Ivan? - Madame si girò verso di lui, ad aspettare che continuasse il discorso. Lui aveva l’espressione di uno che avrebbe preferito fare qualsiasi altra cosa. Rassegnato, e deciso a evitare lo sguardo della ragazza, sospirò.

-Non sei stata addestrata per essere una Vedova qualsiasi, Natalia. Sei stata addestrata più a lungo e più duramente, sei stata addestrata per essere la Vedova Nera. Hai avuto gli allenatori migliori, hai appreso tutte le tecniche più efficaci. Diventerai la nostra maggiore risorsa, la nostra migliore spia.

Natalia osservava il suo vecchio mentore cercando di dissimulare la confusione. Non capiva dove volesse arrivare con quel discorso, e non capiva perché avessero scelto proprio lei per quel compito, anche se sospettava che avesse qualcosa a che fare con il suo cognome.

-Tuttavia, - continuò l’uomo -Ci mancano delle risorse. Delle alleanze. Una sorta di garanzia per te e per noi.

Madame B prese un fascicolo e lo lanciò davanti a Natalia. La ragazza si arrischiò ad abbassare lo sguardo. Il fascicolo recitava il nome di un tale Alexei Shostakov. In quel momento, dalla penombra emerse una figura fin troppo simile a quella che vedeva ritratta in una foto sulla cartella che teneva tra le mani: era alto e muscoloso, i capelli e i baffi erano castani come i suoi occhi. Era molto affascinante, ma aveva un’aria strana che non convinceva per niente la ragazza. Temette di trovarsi davanti a un altro esaltato del KGB.

-Natalia, ti presento l’agente Shostakov, pilota collaudatore e aspirante Guardiano Rosso del KGB... E tuo futuro marito- Pronunciò Madame, nascondendo a fatica il tono canzonatorio. Con un ghigno, aggiunse: -Congratulazioni.

Il cuore di Natalia perse un battito.

 

 

A few hours later

 

Natalia attese solo il tempo necessario perché la squadra del Soldato d’Inverno rientrasse e facesse rapporto ai superiori, poi uscì dalla finestra e si recò verso la Stanza di James, praticamente fiondandocisi dentro. Lui si girò di scatto, allarmato, appena la udì; all’accorgersi che era lei, si rilassò, ma non perse l’aria preoccupata.

-’Tasha, non puoi stare qui ora. È pericoloso, torna stanotte.

Lei lo ignorò.

-Tu lo sapevi?- mormorò, la voce carica di rabbia, gettando il fascicolo di Shostakov verso di lui. Il Soldato parve esitare, irrigidendosi un’altra volta.

-Avevo sentito qualcosa, ma non sapevo se...- Iniziò. Natalia lo interruppe prima che potesse terminare la frase.

-Non. Mi. Mentire.- Sibilò. Lui tentennò ancora, studiandola, il silenzio carico di tensione.

-Sì.- Ammise alla fine. -Lo sapevo.

Ci fu un secondo di calma surreale. Poi, Natalia si lanciò di scatto verso di lui, e il Soldato dovette fare appello a tutta la sua forza fisica per trattenerla e immobilizzarla prima che qualcuno li sentisse.

-Così ci farai scoprire.- Cercò di intimarle, ma lei continuava ad agitarsi sotto la sua presa.

-Perché non mi hai detto niente?- Chiese con la voce spezzata.

-Non avrebbe migliorato la situazione.

Natalia si girò verso di lui con gli occhi lucidi e uno sguardo pieno d’odio, ancora stretta nella sua presa.

-“Non avrebbe migliorato la situazione”? Per me o per te?

Il Soldato la guardò con uno sguardo confuso. Fece per chiedere spiegazioni, ma lei lo precedette.

-Avevi solo paura che smettessi di venire qui la notte. Ti è mai venuto in mente che magari, non lo so, mi avrebbe aiutato sapere che mi vogliono sposare con un perfetto sconosciuto? Che magari avresti potuto dirmelo e avremmo potuto fare qualcosa, invece di trovarmi davanti a un’assemblea di persone per cui non sono altro che un numero che mi dicono che mi hanno tolto anche l’ultima libertà che mi era rimasta?

-Fare qualcosa? Per esempio? Scappare insieme mano nella mano verso l’orizzonte e vivere per sempre felici e contenti nella nostra casetta di marzapane?- Anche la voce del Soldato ora era spazientita. -Ricordati dove siamo ‘Tasha. Saremmo morti prima di arrivare al filo spinato.

-Preferirei.

-Io no.- Sbottò lui. Passarono pochi secondi di silenzio carico di tensione. -Natalia, non c’è una versione di questa storia in cui tu e io rimaniamo insieme. Non esiste un lieto fine, per noi. Se lo credi, sei un’illusa quanto lo sono stato io quando ho permesso che questa follia iniziasse.

-Sono questo per te? Una follia? Uno sbaglio, un errore che non avresti mai dovuto commettere?- La sua voce era più tranquilla ora, ma fredda come il ghiaccio.

-Sai anche tu che stiamo solo correndo un pericolo inutile.- Nemmeno i suoi riflessi riuscirono a prevedere lo schiaffo che arrivò appena terminò di pronunciare quella frase.

-E tu sai bene che per me è molto più di un “pericolo inutile”. Sai che tu sei molto di più per me. Sai che, potendo tornare indietro, lo rifarei.

Il Soldato non rispose, la guancia che già iniziava a bruciargli, incapace di incontrare il suo sguardo, temendo di tradirsi da solo, temendo che lei potesse leggere nei suoi occhi l’“anch’io” che avrebbe voluto risponderle poche sere prima mentre stava partendo per la sua missione, o gli sforzi per contenere le urla di rabbia quando aveva saputo del matrimonio combinato. La situazione gli stava già scivolando di mano così.

Avvertiva gli occhi di Natalia su di sé ad aspettare impazientemente una qualsiasi risposta.

Lui sapeva perfettamente cosa voleva sentirsi dire, e forse fu proprio per quello che non disse niente. Tenne gli occhi ostinatamente fissi sul pavimento fino a quando la sentì girarsi e dirigersi verso la finestra, per tornare nella sua stanza.

-Va’ all’inferno, Barnes.- Disse la ragazza prima di scomparire.

Ci sono già, Natalia. Ci sono già.

 

 

Three days later

 

La rossa sparò senza battere un ciglio, colpendo la figura incappucciata all’altezza del cuore. Prima che questa facesse in tempo ad accasciarsi sulla sedia al quale era legata, Natalia aveva già impugnato la pistola con l’altra mano e l’aveva colpita anche alla testa. Aveva smesso da anni di chiedere chi erano le persone che stava uccidendo. Probabilmente nemici della Stanza. Disertori. Americani. Prigionieri di guerra. Oppositori del regime. Meglio non sapere.

Il Soldato d’Inverno era a poca distanza, che la osservava. Non si erano parlati se non per un freddissimo stretto necessario da tre giorni prima, lei evitava anche il suo sguardo, ma erano comunque costretti a vedersi durante gli allenamenti. Quel giorno era presente anche Madame B, che pareva quasi di buon umore. A stento nascondeva il suo sorriso sadico.

-Molto bene, Natalia. Ancora l’ultimo e poi avrai finito.

Lei annuì, aspettando che portassero via il cadavere e trascinassero un’altra figura incappucciata. Non successe. Si girò verso Madame, chiedendo perché non arrivasse.

-Perché è già qui.- Fu la risposta, e finalmente si lasciò scappare il ghigno che tanto aveva faticato a trattenere. Si godette la confusione di Natalia ancora per qualche attimo, prima di indicare il Soldato. Entrambi alzarono gli occhi verso la donna, increduli, e poi incrociarono lo sguardo per la prima volta da giorni.

-Ma signora...- Iniziò la rossa, cercando di sembrare il più distaccata possibile.

-Nessun ma. Ormai sei una Vedova, non necessiti più di un addestratore, e dobbiamo essere sicuri che tu ci sia abbastanza leale da rispondere a qualsiasi comando. Quindi, non facciamola più lunga del necessario. Sparagli.

-Con tutto il rispetto, signora, non credo che...

-Non sto chiedendo la tua opinione, Natalia. È un ordine.

La rossa si rivolse di nuovo verso il Soldato, che sembrava essersi paralizzato sul posto, gli occhi che chiedevano un aiuto che lui non poteva offrirle. Tutto ciò che si erano detti tre sere prima e il distacco dei giorni successivi erano appena spariti, come se non fossero mai esistiti. I loro sguardi si incrociarono di nuovo, e capirono.

Loro, la Stanza, lo sapevano.

Dovevano saperlo.

Probabilmente lo sapevano da tempo.

Il Soldato guardò la ragazza, e mimò qualcosa con le labbra, senza emettere nessun suono. “Fallo.”

-Natalia, non ho tutto il giorno, e nemmeno tu. È solo un altro obiettivo, no? Non dovrebbe essere un problema per una Vedova come te.- Insistette Madame. Si stava godendo ogni istante di quella sceneggiata.

La rossa, come in trance, alzò la pistola verso di lui. Lo aveva già fatto mille altre volte. Questa volta non poteva essere diverso, bastava premere il grilletto. Se non l’avesse fatto, avrebbe solo dimostrato quello che loro già sapevano, e sarebbero stati puniti entrambi.

Il Soldato annuì, come per incoraggiamento, e chiuse gli occhi, aspettando lo sparo. In fondo, preferiva andarsene per mano di Natalia che di chiunque altro nella Stanza.

Il proiettile non arrivò mai. Quando James risollevò le palpebre, Natalia aveva abbassato l’arma, e lo guardava con le lacrime agli occhi e un’espressione spaventata. “Scusami.” mimò a sua volta. Madame B, che aveva la faccia di un bambino al parco divertimenti, iniziò a ridere. Delle guardie entrarono nella stanza.

-Prendete i due piccioncini. Sapete dove portarli.

Due di loro presero il Soldato che cercò di opporre resistenza, ma prima ancora che riuscisse a colpirne uno gli avevano già rilasciato una scarica elettrica sufficiente a fargli perdere conoscenza.

-NO!- Urlò Natalia, facendo per lanciarsi a sua volta contro le guardie che stavano portando via James, ma si ritrovò a terra prima che potesse muovere più di due passi, tramortita. Riversa sul pavimento, avvertì subito l’ormai familiare sapore metallico sulla lingua. Si portò due dita al labbro. Sanguinava, come si era immaginata, doveva essere rotto. Si mise a sedere, impiegando diversi attimi a registrare cosa fosse successo. Davanti a lei, Madame aveva tirato fuori un fazzoletto e stava pulendo del sangue da una nocca. Natalia era incredula. Madame non colpiva mai le alunne, Madame non colpiva mai nessuno. Era solita lasciare agli altri quel compito, guardava gente uccidersi e sporcarsi le mani per battaglie che non appartenevano a loro da dietro un vetro. Eppure ne era decisamente capace, pensò la rossa con il labbro che ancora le bruciava. Che fosse anche lei una potenziata? La testa della ragazza girava vorticosamente. Era successo tutto troppo in fretta, e temeva ciò che sarebbe arrivato a breve.

-Natalia, l’amore è per i bambini. Speravamo di non dover arrivare a questo per fartelo capire.- Disse Madame, gettando a terra il fazzoletto sporco di sangue. Fece un cenno con il capo alle guardie rimaste, che arrivarono e sollevarono a forza la rossa, portandola via.

 

Si lasciò trascinare verso i piani inferiori, sentendosi troppo annientata per ribellarsi. Madame li seguiva a pochi passi di distanza, poteva sentire il suono dei suoi tacchi scandire il tempo che la separava dal suo destino.

-Cosa farete a Barnes?- Si azzardò a chiedere. Sentiva il senso di colpa schiacciarla. Avrebbe accettato qualsiasi cosa le avessero fatto, ma sarebbe stato punito anche lui, ed era in gran parte colpa sua.

-Lo vedrai presto.

Arrivarono davanti a una delle stanze sotterranee dove si tenevano gli esperimenti, una dove Natalia non era mai stata. Venne sbattuta con poca grazia su una sedia, i polsi legati dietro questa. Si guardò attorno, terrorizzata come non lo era mai stata. Sentiva i battiti del suo cuore rimbombare nelle orecchie. Un turbinare di dottori si muoveva intorno a lei, producendo suoni ovattati, senza quasi curarsi della sua presenza. Parevano essere tutti intenti a lavorare intorno a un macchinario collegato a una capsula di metallo di cui lei ignorava la funzione. Il Soldato d’Inverno entrò nella stanza poco dopo, sveglio ma sempre trascinato dalle guardie. La rossa fece per chiamarlo, ma un pugno nello stomaco da parte di uno degli uomini che l’avevano scortata le tolse il fiato per farlo. James fece in tempo a rivolgerle uno sguardo che pareva allo stesso tempo sorpreso e spaventato dalla sua presenza prima che venisse scaraventato all’interno della capsula e immobilizzato.

-Iniziate.- Ordinò uno dei dottori.

Natalia capiva sempre meno, non aveva idea di cosa stesse, succedendo intorno a lei ed era ancora senza fiato. Udì James chiamare il suo nome da dentro la capsula, ma lei non poteva rispondere. Lo vide battere il pugno di metallo contro il piccolo oblò di vetro. Lei era in preda alla paura e assisteva la scena con occhi sgranati.

Successe velocemente.

La voce del Soldato, che non aveva ancora smesso di gridare il suo nome, si affievolì fino a sparire completamente. Parve annaspare per qualche attimo, poi una coltre ghiacciata circondò il suo viso, congelandolo in una smorfia di dolore. Batté ancora una volta il pugno contro il vetro, con poca forza, poi il ghiaccio coprì anche l’oblò e Natalia non vide più niente. Rimase paralizzata in quella posizione, quasi come se avessero congelato anche lei. Non fosse stato per il lieve tremito che scuoteva il suo corpo, si sarebbe potuta dire di pietra. A stento si accorse che veniva nuovamente portata via, verso un’altra stanza bianca e asettica, e che veniva legata a un lettino. La sua mente registrò a mala pena una conversazione tra Madame B e un uomo, probabilmente un dottore.

-Non deve rimanere nulla.

-Ma signora, sono anni che non le modifichiamo la memoria.

-Riportatela a zero, allora. Ricostruite tutto.

-Tutto tranne lui?

-Esatto. Per il resto, la voglio esattamente uguale. Bolshoi, famiglia, allenamenti e tutto. Non ho intenzione di rifare l’addestramento o di impartirle lezioni di ballo, intesi?

-Perfettamente, signora.

Un attimo di silenzio.

-Farà male.- Il medico si dirigeva a lei, ora.

Un ago penetrò la pelle del suo collo, e da lì fu tutto buio, confusione, immagini in successione e il suono delle sue stesse urla di dolore.

 

~ ~ ~ ~
 

Il Soldato di Inverno rabbrividì, cosciente che ci fosse qualcosa che non quadrava ancora prima di aprire gli occhi. Sembrava essere passato pochissimo tempo da quando era entrato nella capsula. Ricordava perfettamente tutto quello che era successo prima, ed era sicuro che fosse vero perché non assomigliava a nessuno dei ricordi che di solito gli impiantavano nella testa. Ricordava Natalia con la pistola puntata verso di lui, ricordava di essere stato trasportato nella sua capsula, ricordava il viso terrorizzato di lei che lo osservava da fuori. Si decise a scrollarsi di dosso gli ultimi rimasugli di ghiaccio e a sbirciare fuori dall’oblò. La stanza era vuota. Cercò di fare pressione sulla porta della capsula e questa cedette senza fatica. Il presagio che fosse successo qualcosa di terribile si impossessò di lui. Uscì dalla sua prigione di ghiaccio e si guardò intorno. Non poteva essere un ricordo che gli stavano impiantando in quel momento. Non avvertiva dolore e sembrava troppo reale e dettagliato. Sempre più preoccupato, decise di uscire dal laboratorio. Si trovava ancora nella villa della Stanza Rossa, che sembrava insolitamente vuota. Certo, c’erano persone che vagavano per i corridoi, ma molte meno del solito. Doveva essere successo qualcosa a Natalia. Non c’era altra spiegazione. L’avevano uccisa, e volevano che lui la trovasse; era l’unica ragione per cui avrebbero potuto congelarlo per così poco senza modificargli la memoria e lasciando che si liberasse senza problemi. Si diresse senza esitare verso la camera della rossa. In preda all’angoscia e senza che nessuno intorno si curasse di lui, aprì di scatto la porta, aspettandosi di vedere il suo cadavere sul letto. Lo spettacolo che gli si parò davanti, invece, era completamente diverso: Natalia era di fianco al letto, i capelli legati e indosso la divisa per un allenamento, e si era girata verso di lui, allarmata dall’improvvisa comparsa dell’uomo. Ma soprattutto, era viva. Era viva, era viva, era viva. Qualsiasi cosa potessero fargli dopo, l’avrebbe sopportata sapendo che lei non era morta.

-’Tasha- La chiamò sollevato, andando ad abbracciarla. Lei si scansò.

-Ci conosciamo?- Chiese lei freddamente, guardandolo con disdegno. Lui la osservò, confuso.

-’Tasha... Sono io.

-Adesso che so che sei “tu” mi è tutto molto più chiaro- Replicò sarcastica. -Ora esci dalla mia stanza, farò tardi all’allenamento. E non mi chiamare ‘Tasha, non so chi tu sia, ma quello non è il mio nome.

-’Ta... Natalia. Ti prego, non puoi essere seria. Sono il Soldato d’Inverno. Ci siamo allenati insieme... Siamo stati insieme. Non ricordi niente di tutto questo?

-Non è possibile. Sono già promessa in sposa. Mi avrai scambiato per qualcun’altra- Fece per uscire, ma lui la bloccò per un braccio.

-Natalia, pensaci un attimo. Sei stata tu a portarmi questa.- Tirò fuori la targhetta dell’esercito. -Sono James. Bucky.

Lei si liberò dalla sua stretta con un colpo secco.

-Chi diavolo è Bucky?

Il Soldato d’Inverno la osservò uscire dalla stanza, mentre il mondo parve crollargli addosso.

   
 
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