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Autore: bambolinarossa98    31/07/2017    3 recensioni
[Seconda storia della serie The Chronicle's of Mafia Family.]
🌟
[Katekyo Hitman Reborn!Crossover]
Gli Anelli Vongola, gli Anelli Mare e i Ciucciotti degli Arcobaleno.
Insieme formano il Trinisette: tre gruppi di sette pietre ciascuno che, si dice, abbiano creato il mondo...

*
[...]Il suo volto era illuminato dalle fiamme che guizzavano nel recipiente di pietra a cui era appoggiato, creando ombre danzanti sul suo viso che lei riusciva a scorgere benissimo... eppure, se doveva soffermarsi sui dettagli, questi le sfuggivano. Come un sogno che si cerca di ricordare mentre quello continua a scivolare via dalla tua mente.
*
[...]Un giorno, in un futuro lontano, potresti guardarti indietro e pensare: ma io ero davvero così? E sarà strano, nostalgico, ma anche buffo e ti scapperà un sorriso perché ti renderai conto di quanto tu sia cresciuta. -
***
Un misterioso bambino venuto dall'Italia.
Uno strano ragazzo venuto dal Giappone.
Un segreto che nasce dagli albori della famiglia mafiosa più potente del mondo.
Il destino di Marinette, ereditato col sangue.
*
[Sequel di The Third Family]
Genere: Azione, Mistero, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Chronicle's of Mafia Family'
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REVISIONATO IL 18/03/2019



Titolo: The Lady of the Ring
Capitolo: 01. Il bambino venuto dall'Italia
Fandom: Katekyo Hitman Reborn, Miraculous
Numero Parole: 4.741
 
 
Gli Anelli Vongola, gli Anelli Mare e i Ciucciotti degli Arcobaleno.
Insieme formano il Trinisette: tre gruppi di sette pietre ciascuno che, si dice, abbiano creato il mondo.
Ognuna di queste pietre possiede un attributo, ovvero le componenti base delle Fiamme dell'Ultimo Desiderio che scorrono in ogni individuo: Nebbia, Nuvola, Pioggia, Tempesta, Sole, Fulmine e Cielo.
Il Trinisette, da sempre oggetto di guerre per l'immenso potere che esso possiede, è stato affidato a due delle principali Famiglie Mafiose del mondo perché li custodissero passandoselo di generazione in generazione: la Famiglia Vongola che custodisce gli Anelli Vongola, e la Famiglia Giglionero che custodisce gli Anelli Mare.
I Ciucciotti degli Arcobaleno, indipendentemente, sono stati affidati a sette persone scelte tra i migliori che, trasformati in bambini, dovranno custodirli per l'eternità.
Eppure, all'insaputa di tutti, un ottavo Anello Vongola venne forgiato dal Capostipite della Famiglia, un Anello che ha un'origine incerta ma una discendenza ben precisa...
 
 
 
La stanza era immersa nella quasi totale oscurità. Pacchetti di patatine vuoti, incarti di biscotti e alcune lattine di bibite erano sparse quà e là in perfetto disordine.
L'unica fonte di luce era il piccolo computer poggiato sul parquet al quale lavorava incessantemente la figura di un ragazzo poco più che ventenne, infilato in un pigiama leggero e cadente che gli concedeva un'aria vissuta ma sorprendentemente sexy.
C'era un silenzio innaturale intorno a lui, rotto solo dal ticchettio incessante dei tasti e i suoni occasionali dello schermo, mentre frugava in un pacchetto di patatine al formaggio e ne portava due alla bocca, masticando lentamente; accanto a lui, che ronfava pigramente, vi era una semplice tartaruga di terra rannicchiata nel proprio guscio, in attesa che il padrone finisse quel lunghissimo ma importante lavoro che portava avanti da oramai tre giorni.
Sullo schermo apparvero molte pagine piene di scritte che andavano discorrendo velocemente ma di cui, gli occhi allenati dell'uomo, riuscivano a distinguere ogni singola frase. Premette un tasto e davanti a lui apparve un lungo ed intricato albero genealogico con parecchi rami che convergevano in ogni direzione, rendendolo quasi incomprensibile, ma lui individuò quasi subito il nome che gli serviva e seguì quel contorto intreccio di arbusti fino ad arrivare alla base: molti nomi si susseguivano, uno di fianco all'altro, ma a lui ne serviva solo uno.
Fece scorrere la freccetta su una casella al margine destro e vi cliccò sopra.
Digitò diversi codici, password e molte combinazioni degne del più esperto degli hacker per poter attingere a quelle informazioni di norma inaccessibili: quando, finalmente, gli apparve dinnanzi il profilo completo del suo obbiettivo con tanto di fotografia il ragazzo si aprì in un sorriso sodisfatto mormorando, in perfetto accento italiano, una singola parola che rispecchiava esattamente la situazione: - Tombola! -
 
 
 
 
Le lezioni erano cominciate da un pezzo e Marinette questo lo sapeva benissimo, tuttavia non poteva permettersi di perdere un'intera giornata di scuola per due ore di ritardo. Salì le scale e si precipitò in aula, spalancando la porta e quasi inciampando sulla soglia mentre i suoi compagni di classe si voltavano verso di lei, attirati dalla sua entrata in scena per nulla silenziosa.
- Marinette! - la riprese l'insegnante, esasperata, voltandosi di scatto verso di lei - Qual è la scusa questa volta? - domandò, scettica, incrociando le braccia sotto il seno già sapendo che la diretta interessata avrebbe farfugliato qualche motivazione poco credibile per giustificare il suo ritardo.
La ragazza se ne stava ancora sulla porta, cercando di riprendere fiato per la corsa appena fatta, mentre il motivo del suo ritardo si faceva nitido nella sua mente. Alzò lo sguardo verso l'insegnante, indecisa se dirle oppure no che aveva appena salvato Parigi dalla distruzione. Infine optò per il no e si raddrizzò.
- Sappiamo entrambe che sarebbe una scusa quindi che senso ha dirglielo? - sbottò, infastidita dal ridacchiare dei suoi "amici" in sottofondo, per poi tapparsi la bocca con le mani ad occhi sgranati capendo la sciocchezza che aveva appena fatto.
Madame Bustier sbarrò gli occhi e l'intera classe scoppiò a ridere davanti a tanta sfacciataggine, mentre Marinette desiderava solo sotterarsi per la vergogna: non aveva mai risposto ad un insegnante in quel modo, come le era saltato in mente? Frustrata o no doveva darsi un contegno.
La donna strinse le labbra, rendendole un filo sottile di carne: - Bene – disse, con calma - Vedremo se il direttore sarà dello stesso avviso: in presidenza. Adesso! - ordinò. Marinette sospirò e uscì di nuovo dalla classe chiudendosi la porta alle spalle, per poi avviarsi nel corridoio.
La sua borsetta si aprì con uno scatto e la testolina rossa del suo Kwami fece la propria apparizione guardandola con i grandi occhi blu sgranati di meraviglia: - Marinette, che ti è preso? - domandò, stupita.
- Non lo so, Tikki - ammise lei, sconfortata - Forse sono solo stanca: non è facile far combaciare gli impegni scolastici con quelli di Ladybug - sospirò.
Da quando aveva ricevuto quei poteri non era più riuscita a trovare un equilibrio nella propria vita: oramai era più Ladybug che Marinette e la cosa era diventata soffocante. Si chiedeva spesso se anche Chat Noir avesse quei problemi ma non si era mai azzardata a chiederglielo.
- Fortuna che sono solo questi due - disse - Pensa se le identità segrete erano tre - esclamò, alzando gli occhi al cielo.
- Tipo studentessa ed eroina di giorno e cantante pop di notte? - domandò Tikki, ridacchiando. Anche Marinette rise.
- Non mi vedo nei panni di Hannah Montana - disse - A parte che sono stonata come una campana, ma la parrucca bionda non mi donerebbe mai – commentò voltando l'angolo del corridoio per raggiungere la Presidenza, ignara della figura che la osservava nascosta nell'ombra.
 
 
- Sappiamo entrambe che sarebbe una scusa quindi che senso ha dirglielo?! - Alya la guardava con un sopracciglio alzato e le braccia incrociate, accusondola palesemente con lo sguardo. Marinette, rannicchiata sulla panchina del cortile, si strinse nelle spalle.
- Ehm... mi dispiace? - rispose, incerta.
La ragazza sospirò - Ma che ti è saltato in mente? Sappiamo tutti che le spiegazioni per i tuoi ritardi non sono vere ma dirlo così sfacciatamente... all'insegnante, poi! - aggiunse, agitando il braccio e indicando la classe sopra di loro per enfatizzare la frase. Marinette abbassò lo sguardo, stringendosi di più le ginocchia al petto - Mi dispiace, non so cosa mi sia successo: evidentemente sono troppo stanca - ammise con un sospiro.
- Senti, Marinette, posso capire che tu non voglia dire davanti a tutta la classe i tuoi fatti personali... ma io sono la tua migliore amica! - ricordò, poggiandosi una mano al petto.
La ragazza si morse un labbro, dispiaciuta e nervosa: non poteva svelare a nessuno di essere Ladybug, i suoi amici e la sua famiglia sarebbero stati al sicuro solo finché il suo segreto sarebbe rimasto tale. - Perdonami, Alya, ma non posso dirtelo - finì - Mi dispiace. -
Lei la guardò per un istante infine sospirò, portandosi la mano alla fronte: - Ok, va bene - acconsentí, sedendosi - Ma non azzardarti mai più a fare una cosa simile - minacciò facendola annuire vigorosamente.
- Mai più! - ripeté lei, alzando una mano in segno di promessa: non ci teneva per niente a ripetere l'esperienza.
- Passando ad altro - sospirò Alya, cabiando discorso con un gesto secco della mano - Hai visto quelle strane macchine nere che giravano per la città, stamattina? - chiese. Marinette aggrottò le sopracciglia, curiosa.
- Macchine nere? - domandò.
La ragazza annuì. - Sembravano delle limousine - spiegò - Ciò che ha attirato l'attenzione è che erano tante, almeno una decina credo, e stavano andando tutte verso il centro. -
- Suona losco - commentò la corvina.
- Molto - ghignò l'altra - Magari ne esce qualcosa di interessante per il mio Ladyblog!- aggiunse, emozionata, facendo alzare gli occhi al cielo all'amica.
- Dobbiamo seriamente parlare di questo tuo istinto suicida - disse, facendola ridacchiare, prima che la campanella suonasse - Dai, torniamo in classe - sospirò alzandosi e trascinandosi su per le scale, pronta ad affrontare un'altra noiosa giornata di scuola.
 
 
 
Due macchine nere si fermarono davanti l'edificio, una di seguito all'altra, ottenendo gli sguardi curiosi dei passanti. Il finestrino oscurato si abbassò lentamente ed un paio di occhi chiari squadrarono il luogo minuziosamente per poi posarsi sul foglio che aveva tra le mani.
- Il posto è questo - dichiarò il ragazzo, richiudendo il finestrino.
- Bene - rispose una voce, alquanto infantile, proveniente dalla persona seduta accanto a lui.
- Sapete cosa fare - ricordò il ragazzo agli uomini in nero che lo accompagnavano.
- Sí, signore - risposero questi, in coro. Lui annuì e scese dalla macchina, tenendo lo sportello aperto per far scendere il suo accompagnatore. Richiuse delicatamente la portiera e si aggiustò il lungo cappotto chiaro che indossava, prima di sorridere.
- Bene, cominciamo - disse il bambino, aggiustandosi il cappello nero sul capo. Si avvicinarono all'edificio con tranquillità, quasi stessero facendo una passeggiata, e l'uomo aprì la porta del negozio venendo accolto da un allegro scampanellio. La donna dietro il bancone alzò lo sguardo su di loro e sorrise gentilmente facendo sparire ogni dubbio dalla mente dei nuovi arrivati: era il posto giusto.
Il ragazzo si passò una mano ai lati dei capelli biondi per rimetterli a posto e sorrise gentilmente, avvicinandosi al bancone.
- Dupain-Cheng? - chiese. La donna li guardò, sorpresa.
- Posso aiutarvi? - rispose.
- A dire il vero sí - rispose lui, tirando fuori dalla tasca del giubbotto una busta di carta da lettera, chiusa da uno stemma tutto ghirigori in ceralacca rosso: tratto distintivo era il proiettile disegnato al centro. La donna perse il sorriso appena la vide, diventando all'improvviso pallida.
- Lei sa perché siamo qui - disse, fermo, il bambino.
Sabine deglutì, sentendosi mancare, vedendo tutte le sue speranze sgretolarsi davanti quella lettera.
 
 
Marinette si era sempre chiesta come facesse Alya a sopportare la sua imbranataggine, accompagnata da svariati gradi di sbadataggine, impacciataggine e molta, molta goffaggine. Poi spostò la sua attenzione al telefono che aveva vicino all'orecchio e si ricordò che lei, di rimando, sopportava i suoi scleri.
- Ed hai visto quello che ha fatto dopo?! - quasi strillò Alya, entusiasta, costringendola ad allontanare l'apparecchio.
- Sí, mi hai fatto vedere il video almeno una decina di volte - ricordò lei, divertita, surclassando sul fatto che sapesse ogni minimo dettaglio di quelle azioni poiché lei stessa aveva compiuto quei gesti eroici essendo lei stessa Ladybug.
- Perché è stato pazzesco! - urlò l'altra.
Marinette rise, scuotendo il capo: Alya restava sempre Alya.
Voltò l'angolo, sentendola straparlare su quanto fosse magnifico il suo idolo, fermandosi di colpo ad occhi sgranati all'imbocco della strada: almeno una decina di uomini in giacca e cravatta neri erano appostati sul marciapiede davanti casa sua, vigili e attenti, attirando gli sguardi curiosi e perplessi dei passanti.
Marinette guardò la scena per qualche secondo, incredula, finché la voce di Alya non la riportò alla realtà: - Scusami, Alya, ti richiamo dopo - disse flebilmente, prima di chiudere il telefono e fare l'ultimo tratto di corsa.
- Marinette, che succede? - domandò Tikki, sporgendosi dalla borsetta.
- Non lo so, Tikki, ma lo scopriremo presto - rispose lei raggiungendo la porta d'entrata, solo per venir fermata da uno degli uomini che le si parò davanti.
- Si fermi! - ammonì - Abbiamo ordine di non far entrare nessuno! - informò. Marinette sbarrò gli occhi, cercando di guardare oltre la sua spalla, dove la porta del negozio recava il cartello di chiusura.
- Ma questa è casa mia! - esclamò, allibita e indignata.
L'uomo sembrò sorpreso, sgranando appena gli occhi da dietro gli occhiali da sole neri, e si portò una mano all'auricolare poggiato sull'orecchio sinistro dicendo qualcosa in quello che sembrava proprio italiano.
Marinette sentí il cuore iniziare a batterle velocemente nel petto: che ci facevano degli italiani vestiti di nero fuori casa sua? Dov'erano i suoi genitori? Cosa stava succedendo?
L'uomo sorrise e si fece da parte: - Prego, signorina Cheng. È un piacere incontrarla di persona - disse, invitandola ad entrare. Lei lo guardò stranita per un istante, ma lo superò e si affrettò ad entrare.
Non c'era nessuno al negozio e nemmeno nel retro. Salì le scale che portavano all'appartamento e tirò un sospiro di sollievo quando, aperta la porta, vide i suoi genitori seduti all'isolotto della cucina entrambi con una grossa tazza di camomilla davanti e un uomo vestito di nero seduto di fronte a loro: egli però si era tolto la giacca e gli occhiali e sorseggiava del thé tranquillamente, parlando ai due coniugi. Una busta da lettera giaceva aperta in un angolo, quasi abbandonata.
- Mamma! Papà! - esclamò, precipitandosi dentro. Entrambi alzarono lo sguardo.
- Marinette! - esclamò Sabine, sorridendo dolcemente. Tom, invece, sembrava nervoso e continuava a far battere il piede destro sul pavimento.
- Che sta succedendo? - chiese la ragazza, abbracciando la madre che si era alzata.
- Non è nulla, tesoro - la rassicurò lei, carezzandole il viso, ma la ragazza poté vedere distintamente l'ansia celata nei suoi occhi.
- Signorina Cheng? - domandò l'uomo, posando la tazza per guardarla negli occhi: aveva profonde iride azzurre e corti capelli biondi tirati indietro sul capo - La pregherei di recarsi in camera sua. Loro la stanno aspettando - disse, in tono tranquillo.
- Loro chi? - domandò Marinette, posando lo sguardo sui suoi genitori - Cosa succede, mamma? - domandò di nuovo, sentendo salire l'angoscia.
- Va' di sopra, tesoro - rispose lei - Ti spiegheranno tutto - aggiunse, con una nota di malinconia nella voce. Marinette esitò, infine si sciolse dall'abbraccio della donna e si diresse verso le scale, lanciando un'occhiata ai genitori mentre saliva, finché non disparvero. Con lo zaino in spalla, guardò Tikki per un secondo, facendosi coraggio, poi aprì lentamente la botola sbirciando dentro. In principio non vide nessuno quindi salì cautamente e si richiuse la porta alle spalle, stando all'erta.
- Finalmente ci incontriamo di persona, Marinette - disse una voce alle sue spalle facendola sussultare. Si voltò, assumendo una posizione di karate, e rimase basita quando si accorse di chi aveva parlato: un ragazzo poco più che ventenne con corti capelli color sabbia ed occhi di un castano chiaro le sorrideva genuinamente seduto sulla chaise-longue. Indossava dei vestiti semplici, con un lungo cappotto marrone chiaro adorno di una pelliccia nera sul cappuccio. Sulla mano sinistra, che teneva intrecciata alla destra tra le gambe divaricate, erano disegnate tre fiammelle che, collegate a del filo spinato, salivano fino al polso e sparivano sotto la manica segno che evidentemente continuava anche sul braccio. Era un bel ragazzo, su questo non gli si poteva dir nulla.
Lei non si mosse.
- Prego, accomodati, abbiamo molto di cui parlare - la invitò gentilmente, indicando la sedia della scrivania posta davanti a sé. Tra loro era stato sistemato un divanetto rotondo recuperato dal piano di sotto che doveva fungere da tavolino, interamente occupato da una scatola bianca su cui era inciso un complicato simbolo tutto ghirigori al cui centro spiccava il disegno di un proiettile.
Marinette esitò, ignorando che le era appena stato offerto di accomodarsi in camera sua, poi posò lo zaino per terra e prese posto non sapendo assolutamente cosa aspettarsi.
Il ragazzo sorrise di nuovo.
- Io sono Dino - si presentò - Il Decimo Boss della Famiglia Cavallone. -
Marinette sbatté le palpebre, spaesata di fronte a ciò che aveva appena udito: - Boss? - domandò, incerta.
Dino annuì. - Di una Famiglia Mafiosa! - spiegò, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Marinette lo guardò per un istante.
- Io chiamo la polizia - informò, alzandosi.
- No, aspetta un momento! - esclamò Dino, in preda al panico, sporgendosi per fermarla ma inciampò nei suoi stessi piedi e cadde di faccia sulla moquette. Marinette si voltò con un sussulto. - Santo cielo, stai bene?! - chiese, incapace di trattenersi.
- S-sí... - rispose lui, tenendosi una mano sul viso arrossato mentre con l'altra si appoggiava al divanetto per alzarsi - Tranquilla, non è nulla - la rassicurò, cercando di sorridere.
- Dino è abile solo davanti ai suoi uomini, senza è un imbranato - spiegò una terza voce, sottile e infantile. Marinette si guardò intorno per capire da dove venisse.
- Ah, lui è Reborn - presentò Dino, riprendendo posto ed indicando accanto a sé. Marinette passò lo sguardo da lui a ciò che le indicava, leggermente perplessa: seduto sulla chaise-longue vi era una bambola alta neanche 40 centimetri, vestita di un completo nero con tanto di cappello e un buffo camaleonte verde poggiato sulla visiera. Sulla giacca, come un ciondolo decisamente troppo grande per lui, vi era un panciuto ciucciotto giallo chiaro. Essa alzò la testa e inarcò leggermente le labbra in un sorriso: - Ciaossu1! - salutò, facendole sbarrare gli occhi.
- Cos... che... la... - balbettò, indicandola, impallidita - La bambola parla! - esclamò.
- Non sono una bambola - rispose tranquillamente lui - Sono un assassino. -
- Una bambola assassina?! -
- Ehm... no. Reborn è un assassino e basta - spiegò Dino, leggermente a disagio.
- Tecnicamente sono un bambino - rispose Reborn.
Marinette li fissò sbigottita ancora con la mano a mezz'aria: - È uno scherzo, vero? - chiese.
- No - rispose Reborn, alzandosi e saltando sul divanetto - Io sono un hitman, attualmente istruttore del Decimo Boss della Famiglia Vongola - spiegò.
- Ma non esistono bambini alti quaranta centimetri! - esclamò lei: evidentemente la notizia l'aveva scioccata più del previsto.
- Questo perché io sono un Arcobaleno, un Bambino Perfetto - disse lui, pronunciando la parola Arcobaleno in italiano.
- Bambino... Perfetto... - mormorò lei, sconvolta.
- Siediti, Marinette - ripeté gentilmente Dino, preoccupato che potesse sentirsi seriamente male. La ragazza ubbidì, senza togliere gli occhi dal bambino.
- Chi siete voi? - chiese, deglutendo - Cosa volete da me? -
Reborn sorrise, almeno così pensava: i suoi cambi di espressione erano molto lievi -Marinette Cheng... - iniziò.
- Dupain-Cheng - lo corresse automaticamente lei.
- Ciò che interessa a noi è il lato della famiglia di tua madre - rispose il bambino, serio, per poi continuare - Sei stata scelta per diventare un componente della Decima Generazione della Famiglia Vongola -.
Il silenzio che seguì quell'affermazione calò gelido e pesante tra loro.
La ragazza mandò giù il groppo che le si era formato in gola, fissandoli ad occhi sbarrati. - Io... far parte di una famiglia mafiosa? - mormorò con voce tremante.
- Esatto - rispose tranquillamente lui, per poi voltarsi verso la scatola al suo fianco ed aprirla: al suo interno vi era un soppalco di velluto nero su cui erano poggiati un sottile libro dalla copertina rigida, un grande yo-yo arancione con lo stesso simbolo della scatola e un piccolo stemma di ferro. - Qui c'è tutto quello che ti serve per diventare una degna componente della Famiglia... - iniziò.
- A-aspettate! - lo fermò lei - Io non voglio far parte di una famiglia mafiosa! - esclamò, in preda al panico
- Non preoccuparti, Marinette - sorrise Dino, cercando di tranquillizzarla - Neanche io volevo eppure guardami ora: sono Boss! - esclamò.
- Questo non mi aiuta - sbottò lei.
- Essere un mafioso può essere divertente - rassicurò il ragazzo - Specialmente all'interno di una famiglia come quella di Tsuna. -
- Tsu... chi? - domandò Marinette, confusa.
- Tsunayoshi Sawada - rispose Reborn - L'attuale Decimo Boss della Famiglia Vongola. Adesso si trova in Giappone, pertanto non è potuto venire a conoscerti di persona - spiegò prendendo lo stemma che si rivelò essere un anello, con grande sopresa della ragazza, e porgendoglielo.
- Siamo più che sicuri che sia tu l'unica in grado di indossarlo - disse, deciso, mentre lei allungava una mano incerta e lo prendeva.
Marinette si rigirò l'anello tra le mani osservandolo attentamente: era un semplice cerchietto di metallo con uno stemma sottilissimo su cui, incise in rilievo nella parte superiore, vi erano tre conchiglie; nella parte in basso erano raggruppati otto puntini di quelle che, senza dubbio, potevano essere prese per stelle.
- Che cos'è? - domandò. L'uomo di fronte a lei sorrise.
- Un Anello del Cielo. Questo è uno stemma, il simbolo inconfondibile che fai parte della Famiglia Vongola - spiegò Dino.
- Ogni componente della Famiglia ne ha uno, in base al suo attributo - spiegò Reborn.
Marinette lo guardò perplessa poi, pensando che non ci fosse nulla di male, lo mise al medio della mano sinistra ma venne fermata da Dino.
- Destra - le disse - Va al medio della mano destra. -
La ragazza lo guardò per un istante poi passò l'anello sull'altra mano e se lo fece scivolare al dito, sotto lo sguardo attento dei due. Per i successivi cinque secondi non successe nulla poi, d'improvviso, l'anello iniziò ad illuminarsi e sul piatto divampò una tenue fiamma arancione che la fece sussultare di sorpresa. Reborn sorrise più ampiamente, visibilmente soddisfatto.
- Come avevo previsto - disse - Tu possiedi la Fiamma del Cielo, l'unica adatta a questo anello. -
- Fiamma del Cielo? - sussurrò lei, guardando la piccola fiammella danzare lentamente. Reborn estrasse lo yo-yo e glielo porse.
- Questo l'ho fatto fare da Leon apposta per te - spiegò. Marinette lo prese: era grande abbastanza da stargli in una mano e non riuscire quasi a chiudere il palmo, bianco ai bordi e arancione al centro con il solito stemma tutto ghirigori; il filo era lungo, spesso e bianco.
- Wow - disse - Ehm, grazie, ma... perché? - domandò, perplessa.
- Sarà la tua arma, sappiamo che te la cavi bene con lo yo-yo e ho voluto che ti sentissi a tuo agio - rispose lui - Quello inciso sopra è il simbolo della Famiglia. -
- Oh, capisco - rispose lei, rigirandoselo tra le mani, prima di bloccarsi - Aspetta... che significa che sapete che me la cavo bene con lo yo-yo?! - domandò, pietrificata dall'orrore. Reborn la guardò con espressione indecifrabile.
- Beh - cominciò Dino, tirando fuori un foglio di carta stampato abbastanza sgualcito e mostrando una foto di Ladybug presa dalla rete, facendola sbiancare - Ci siamo informati per bene prima di venire qui - sorrise, allegro.
Marinette voleva morire.
- Ma ovviamente questo è un segreto che resterà all'interno della Famiglia - si affrettò a rassicurare non ottenendo, però, l'effetto desiderato.
- Così come il fatto che fai parte di una Famiglia non deve uscire da queste mura - aggiunse Reborn, serio - Che tu sia una supereroina o no, ciò non influenza minimamente il ruolo che ti attende - spiegò. La ragazza non aveva le forze per replicare, sentendo Tikki trattenere il respiro nella sua borsetta.
- Questo è il libro che dovrai leggere prima della fine della settimana - continuò Reborn porgendogli l'ultimo oggetto rimasto - Ti dirà tutto ciò che c'è da sapere sulla mafia. Alla parte tecnica ci penserà la tua istruttrice - concluse, risvegliandola dalla trance di orrore in cui era caduta.
- I-istruttrice? - chiese, ancora sotto shock.
- Esatto - annuì Dino sorridendo - Ti addestrerà come si deve a diventare un perfetto componente della Famiglia. -
- La farò arrivare entro la prossima settimana - finì Reborn, scendendo dal divanetto.
- Ehi, no, aspettate un secondo!- esclamò Marinette, balzando in piedi - Non potete venire qui, dirmi che faccio parte di una famiglia mafiosa e andarvene! Io non ho mai accettato niente e non voglio nessuna istruttrice! - sbottò - E poi come fate a sapere che io sono Ladybug?! - aggiunse, con una nota isterica nella voce: stava succedendo tutto troppo in fretta, non aveva nemmeno avuto il tempo di elaborare la cosa che già se ne andavano, c'erano ancora un sacco di cose che voleva chiedere e che pretendeva di sapere.
- Non c'è molto da accettare: sei tu l'unica che può farlo, in un certo qual modo si può dire che tu sia la prescelta - rispose Dino, diventando serio - Posso capire che la notizia ti abbia scioccato ma non ti devi preoccupare: ci si abitua presto. -
- Ne dubito - rispose lei, scettica, guardando dallo yo-yo al libro che ancora stringeva tra le mani.
- Riguardo la tua identità segreta... beh, è abbastanza palese: vi somigliate veramente tanto, voi due - aggiunse, allegramente.
- Così è anche peggio! - ribattè lei.
- Ma non ti devi preoccupare: i segreti della Famiglia restano nella Famiglia - rassicurò infine.
- Certo, se tu non vuoi farne parte le cose cambiano - rispose Reborn facendole sgranare gli occhi.
- Questo è un ricatto! - sbraitò, incredula. Adesso la ricattavano pure?
- Dai, non vederla così: Reborn ha i suoi metodi - rise nervosamente Dino.
Marinette sospirò, chiudendo gli occhi: - Che cosa dovrei fare? - domandò sull'orlo della disperazione.
- Per il momento nulla - rispose il bambino - La tua istruttrice si prenderà cura di te spiegandoti ogni cosa quando arriverà. Tu leggi il libro... - insisté - ...e lascia fare tutto a lei. -
- O-ok - rispose, incerta, osservando la copertina con su impressa l'immagine di una figura di uomo nascosta da un'ombra.
- Bene, ci vediamo - concluse Reborn voltandosi verso la botola.
- Eh?! Ve ne andate già? - domandò, spiazzata.
- Il dovere ci chiama - rispose Dino, alzandosi - Siamo degli uomini impegnati - sorrise - Ma non preoccuparti, ci vedremo presto - rassicurò aprendo la botola. Appena mise un piede sulla scaletta però, scivolò, rotolando giù per i gradini e atterrando con un tonfo sordo sul pavimento della cucina.
Marinette sussultò affacciandosi insieme a Reborn, che però restava impassibile. Dall'interno della stanza si udí il rumore delle sedie che grattavano sul pavimento.
- Boss! - l'uomo biondo corse verso il ragazzo.
- Sto bene! Tranquilli! - rassicurò Dino dal piano di sotto.
Marinette guardò la scena sempre più sconcertata: - Ma quel tizio è davvero un Boss della Mafia? - domandò, giusto per esserne sicura. La risposta di Reborn arrivò priva di alcuna sfumatura.
- Non conosci Tsuna. -
 
 
- Il Padrino... cominciamo bene - commentò Marinette, aprendo il libro al primo capitolo e sfogliando qualche pagina a caso.
- Marinette, non mi ritengo una grande esperta ma so che la mafia non è una cosa buona... perché hai accettato? - domandò Tikki sospesa a mezz'aria accanto al suo viso.
- Io non ho accettato niente - ribatté lei - Ma sanno che sono Ladybug ed ho colto la lieve minaccia dietro le parole di Reborn: potrebbero dirlo a tutti - aggiunse in un sospiro - Dopotutto non devo fare nulla se non leggere questo libro, giusto? -
- Io, però, non sono tranquilla - rispose il Kwami, ansiosa - Perché proprio te? È perché sei Ladybug? -
- Non lo so, ma non credo. A quanto ho capito si sono informati dopo su questo aspetto della mia vita... e poi li hai sentiti: a loro interessa solo il lato della famiglia di mia madre. Forse c'è un collegamento - rimuginò, voltando la sedia verso la sua compagna - E poi... beh, sono stati gentili. Strani, certo - aggiunse - Sopratutto Reborn... -
- E cosa farai quando arriverà l'istruttrice? - insisté Tikki.
- Ecco, questo potrebbe essere un problema - acconsentì Marinette - Però, finché nessuno lo verrà a sapere non dovrebbe essere un problema: hai sentito Reborn, la parola Mafia non deve uscire da questa camera - ricordò - Per il resto... vedremo - si rassegnò, con un sospiro, girandosi per chiudere il libro. Guardò l'ora: le sette e un quarto.
Erano passate quasi cinque ore da quando Dino e Reborn se n'erando andati e Marinette non era ancora scesa di sotto, aveva voluto prendersi del tempo per riflettere su tutto quello che era successo in quel breve lasso di tempo: era stato tutto così veloce che quasi non le era sembrato vero ma solo il ricordo vago e sfocato di un sogno.
Sospirò, alzandosi e dirigendosi al piano di sotto. In cucina trovò sua madre intenta a preparare la cena. Era tranquilla e serena come sempre quasi non fosse mai accaduto nulla: ricordava bene il suo sguardo pieno di ansia e angoscia, quel pomeriggio.
- Ciao - disse per annunciare la propria presenza.
Sabine si voltò verso di lei e sorrise. - Ciao. La cena è quasi pronta - informò allegramente. Marinette scese le scale, cauta, avvicinandosi titubante all'isola.
- Bene - rispose, passando lo sguardo sulle stoviglie che l'apparecchiavano - Quindi... va tutto bene? - domandò, rendendosi conto di star entrando in una conversazione pericolosa. Sabine s'irrigidì un attimo.
- Sí - rispose - Mi dispiace – sospirò infine, abbassando le spalle e abbandonando i piselli che cuocevano nella padella.
- Tu lo sapevi? - chiese Marinette in un mormorio.
- Sí, lo sapevo - annuì la donna - Anche se speravo che non accaddesse. Evidentemente hanno trovato un successore per la Famiglia. -
Marinette la guardò,confusa - Non capisco - disse. Sabine spense il gas e si voltò verso di lei.
- Vorrei spiegarti tutto, tesoro, davvero... ma non posso - rispose - Tanto per cominciare neanche io sono a conoscenza di come è iniziato tutto questo. E poi mi è stato chiesto di mantenere il silenzio fino al momento opportuno - spiegò.
La ragazza sbatté le palpebre, sempre più crucciata - E quando sarà il momento opportuno? Perché proprio io? Che cosa significa? -
Ma Sabine scosse il capo, sconsolata. - Avresti potuto non accettare – disse invece.
- Infatti non ho accettato - rispose lei - Sono stata reclutata e basta - aggiunse, seccata - Oh, e verrà un'istruttrice quì la prossima settimana - informò, sedendosi e portandosi le mani al capo.
Sabine si morse il labbro - Forse non è poi così male come credi - tentò di confortarla.
- Già, forse - sospirò lei - Ma guardiamo il lato positivo... - aggiunse, riprendendosi, facendo sorridere incoraggiante la donna - ...non potrebbe andare peggio di così! -
In seguito si rimangiò più volte tutto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note🎶:
1Ciaoss(u): unione della parola italiana "Ciao" (a ricordare che le origini di Reborn sono italiane) e "Oss" tradizionale saluto giapponese dei samurai (poiché Reborn, al momento, vive in Giappone).
 
 
Angolino della schizzata:
Non chiedetemi perché, non saprei cosa rispondervi. So solo che ho sognato una Marinette in Hyper Mode che combatteva al fianco dei Guardiani (compreso di Lambo Venticinquenne *sbav*). Quindi, dopo averci lavorato per un paio di mesi ed aver affinato la trama e tutto ciò che gli girava intorno, ho deciso di iniziare la stesura di questa storia (che comprenderà ben 92 capitoli giusto per informare, chi avesse la malsana idea di seguirla, dell'incubo che vi attende).
 
Partiamo con le informazioni di servizio: la storia si svolge in un punto imprecisato dopo la Battaglia per gli Anelli (per Katekyo Hitman Reborn) ed un contesto imprecisato per Miraculous.
 
Lal Mirch, che nella saga della Battaglia per gli Anelli viene intravista durante l'assalto alla villa ma che i Guardiani conosceranno di persona solo nella Saga del Futuro, qui sarà l'Istruttrice di Marinette (la vedremo nel capitolo 3) e ovviamente conoscerà sia Reborn che Dino. Quindi, se doveste notare delle incongruenze con la saga originale sull'apparizione di Lal davanti ai Guardiani... beh, mea culpa.
 
Le Fiamme dell'Ultimo Desiderio, che impareranno ad usare tutti solo nella Saga del Futuro, qui potranno essere utilizzate da Marinette un po' prima (come d'altronde può fare anche Tsuna anche se in modo leggermente diverso).
 
Cercherò di rendere la trama il più comprensibile possibile anche per chi non avesse mai visto/letto Katekyo Hitman Reborn.
 
L'Anello del Cielo di Marinette è completamente inventato da me, non esiste nell'opera originale, così come la storia che gli gira intorno.
 
Preparatevi a 92 capitoli di nonsense, azione, battaglie fino all'ultimo respiro e tanta, ma tanta demenzialità.
 
Non uccidetemi.
Baci,
bambolinarossa98
   
 
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