Film > Pirati dei caraibi
Ricorda la storia  |      
Autore: Harley Sparrow    01/08/2017    2 recensioni
“Allora è vero.” Dopo aver chiuso la finestra tenne le mani ancora fredde sul davanzale e si decise a rompere il silenzio.
Guardò fuori: un grosso lembo di cielo si distendeva davanti a lei. Sì, da tempo le stelle estive l’avevano abbandonata.

*
A volte l'odio ci porta a percorrere sentieri che, semplicemente, non fanno per noi.
Genere: Angst, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jack Sparrow, Margaret Smyth
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Dead men tell no tales mi ha messo addosso la voglia di tornare a scrivere, quindi dopo tre anni di latitanza su questo fandom e su EFP in generale, eccomi! Il risultato mi lascia un po' perplessa, quindi avrei proprio bisogno di sentire i vostri pareri. Mi sento molto arrugginita nella scrittura rispetto a qualche anno fa.
Avrei qualcosa da dire prima di iniziare, vi prego di leggere, o prima o dopo, perché potrei aiutarvi a inquadrare meglio la storia che vi sto per raccontare.
Partiamo dal titolo di questa One Shot: ho provato ad adattare alla trama il titolo della canzone di Merilyn Manson – Warship My Wreck, che non riesco a caricarvi qui, aiuto. Vi lascio l'indirizzo del video: https://www.youtube.com/watch?v=2wdx2Z5_GsM
. Non sono ancora sicura di aver inteso bene il significato del titolo e della canzone in generale, ma penso che sia una di quelle canzoni che si prestano a molteplici interpretazioni. Warship significa “nave da guerra”, mentre Wreck significa generalmente “relitto”, ma può voler dire anche “persona distrutta”, “fallimento”, “dolore”, “rovina”, aggettivi che si addicono al Capitan Jack Sparrow post ammutinamento. Quindi possiamo interpretarla così: “Egli ha fatto della sua rovina/fallimento/dolore uno strumento di guerra”.
Ebbene, sì, ascolto anche Merilyn Manson. Johnny Depp sarebbe fiero di me.
Spero che il mio ragionamento sia chiaro. Ascoltate la canzone, è davvero bella.

Ringrazio tutti coloro che in queste settimane hanno fatto sì che Margaret Smyth venisse aggiunta come personaggio del fandom. A proposito, stavo cercando di darle un volto e, tenendo conto che Carina dovrebbe essere la sua copia (deduco che da Hector abbia preso giusto gli occhi), ecco le due attrici che ho selezionato :3 (gli occhi di Margaret però li immagino castani)
- http://www.screencapsbest.com/gallery/albums/darkscaps/dark034.jpg Eva Green in Dark Shadows (2012) (quando impersona la serva di casa Collins)
- https://parolepelate.files.wordpress.com/2016/11/i-medici-1x03-5.jpg?w=610 Contessina De’ Bardi in I Medici (è davvero bella, ha gli stessi lineamenti di Kaya Scodelario)

Vi dico ancora qualcosa sulla mia idea di Margaret Smyth:
- Secondo i miei calcoli conosceva Hector da prima della maledizione di Cortes, dato che anche Jack Sparrow sapeva vagamente chi fosse.
- Dovrebbe essere morta dopo i fatti del 3° film (Carina Smyth ha l’età di Henry Turner, e come ben sapete lui è nato dopo la sconfitta di Beckett e Davy Jones)
- Non ci hanno dato molte informazioni sul suo conto, quindi ho provato a immaginarmela a modo mio come una donna dolce e materna, ma anche determinata, fiera e pungente, probabilmente molto intelligente e acculturata. Carina deve aver preso da lei la passione per l’astronomia, anche se dev’essere un tratto preso anche dal padre (Barbossa non è né stupido né ignorante)
- Ho scelto Bristol perché in un’intervista Geoffrey Rush diceva che secondo lui Hector è cresciuto proprio lì, e poi ai tempi c’era un porto molto trafficato anche da pirati e contrabbandieri, quindi mi è sembrato sensato ambientare la storia lì. Se vi sembra che abbia scritto una sciocchezza perché ne sapete più di me, ditemi pure!
- So di aver scartavetrato le ovaie a coloro con cui sono in contatto parlando del significato del nome di Margaret, ma mi sembra giusto rendere partecipi anche gli altri. Ebbene, Margaret, Margherita, deriva dal latino /margarita,ae/, che è la trascrizione del greco /μαργαρίτης/, che significa PERLA. *^*

Per le considerazioni sulla OS, ci vediamo alla fine.

 
Buona lettura!
 
 
 
 
HIS WRECK WAS A WARSHIP
 
 
Detur irae spatium. Saepe non vim tempus adimit, sed consilium viribus addit.

(Dà tempo all'ira. Spesso l'indugio non toglie la forza, ma alle forze aggiunge il ragionevole consiglio.)

-Tito Livio, Ab urbe condita, II
 
 



Margaret aveva preso l’abitudine di passare metà della notte fuori, a contemplare le stelle.
Quelle passeggiate notturne la distraevano da tutto il resto. Dalla vita che si era lasciata alle spalle, da tutto ciò a cui aveva rinunciato, dalla solitudine in cui versava da anni. La sua casa si trovava nell’entroterra di Bristol, non lontano da un promontorio che si affacciava a strapiombo sul mare, isolato da tutto e da tutti. Da qualche settimana però lo studio delle stelle non le era stato né di conforto né abbastanza accorto da permetterle di distrarsi; le era impossibile dopo aver sentito quella notizia. Sapeva che le informazioni arrivavano deformate dalle mille lingue su cui viaggiavano, soprattutto se provenivano da terre molto lontane, eppure aveva la terribile sensazione che ci fosse qualcosa di vero in quel che le avevano detto distrattamente al mercato. Era così presa dalle sue riflessioni sulla veridicità di ciò che aveva sentito che non si era nemmeno accorta che l’autunno aveva già lasciato il posto all’inverno, quell’anno. La posizione delle stelle era cambiata, ma lei le aveva osservate come se si trovasse dietro a un velo, con la mente distante. Sentiva una morsa di inquietudine stringerle lo stomaco, ma comunque non sapeva come sentirsi nell’eventualità che fosse tutto vero. Arrabbiata? Triste? Preoccupata? Forse voleva solo sapere come erano andate veramente le cose.  
Quella sera, scossa dai brividi, era rientrata in casa colpita in pieno dalla consapevolezza di essere giunta alla fine di novembre. Il leggero scialle che le avvolgeva le spalle era decisamente troppo poco per la brezza gelida che soffiava là fuori.

Il bagliore delle fiamme che danzavano pigramente nel camino si rifletteva sulle pareti della stanza, dandole un aspetto spettrale che però non la turbò. Da qualche anno si era abituata alla solitudine della notte. Era felice così, anche se a volte era dura andare avanti da sola.
Osservò la stanza immersa nella penombra stando vicino al camino, il braccio destro disteso sulla mensola superiore nel tentativo di scaldarsi più velocemente. Stava contemplando l’idea di cercare uno scialle più pesante e avventurarsi di nuovo nella notte, quando fu scossa da un nuovo brivido. Le bastò poco tempo per capire che non aveva a che fare con il freddo che comunque faticava ad abbandonare le sue membra: le tende si erano mosse sotto il tocco del vento che soffiava all’esterno, ma lei era sicura di non aver lasciato la finestra aperta. Era anche certa che il tricorno di cuoio appoggiato in mezzo al tavolino di legno non le appartenesse.

La consapevolezza di non essere sola in quella stanza, e soprattutto di chi si era insinuato nella sua casa la travolse come un secchio di acqua gelata esattamente come aveva fatto quella prima notte d’inverno, arrivata senza annunciarsi.
Raccogliendo tutto il coraggio di cui disponeva, si spostò verso la finestra e la chiuse, sperando che così facendo l'ospite che si trovava alle sue spalle, nella penombra, sarebbe scomparso nel nulla.
Dei passi diretti inequivocabilmente verso di lei non tardarono a farsi sentire. Gli aveva dato la possibilità di avvicinarsi senza farsi vedere.
Cercò di controllare il respiro: non voleva mostrarsi debole o spaventata, non con lui.

Allora è vero.” Dopo aver chiuso la finestra tenne le mani ancora fredde sul davanzale e si decise a rompere il silenzio.
Guardò fuori: un grosso lembo di cielo si distendeva davanti a lei. Sì, da tempo le stelle estive l’avevano abbandonata.
Nel giro di pochi secondi sentì l’acciaio di una lama accarezzarle il collo. Seppe che il momento che aveva temuto era arrivato. La presenza di Jack Sparrow poteva voler dire solo una cosa: era tutto vero. Sollevò il mento continuando a guardare fuori. Per il momento non osava guardare negli occhi il suo ospite.
La lama si fece ancora più vicina alla sua gola, permettendo a chi la impugnava di avvicinarsi ulteriormente; lei non mosse un muscolo, ipnotizzata dal cielo che si rifletteva nei suoi occhi scuri. Sapeva che per il momento non l’avrebbe uccisa. Non poteva aver fatto tutta quella strada con lo scopo di tagliarle la gola e basta. Aveva qualcosa da dirle, e lei aveva bisogno di sapere.
“Ti ascolto, Sparrow”
Cercò di moderare il tono sprezzante che assumeva quando si trattava di parlare di o con Jack Sparrow, ma i risultati furono scarsi.
“Come l’hai saputo?”
Finalmente la voce del suo ospite si fece sentire. Carezzevole, suadente, esattamente come quella che aveva conosciuto tempo addietro, ma questa volta c’era qualcosa di nuovo che non aveva mai sentito. La rabbia l’aveva incrinata a tal punto che quelle parole le sembrarono più simili a un ringhio. Inoltre non lo aveva mai sentito così determinato, nemmeno quando l’anno prima aveva cercato di portarsela a letto, ovviamente con scarsi risultati. In confronto, sembrava che allora si fosse solo preso gioco di lei; in quel momento invece era stranamente fermo, lucido, sobrio, un particolare non trascurabile per il Jack Sparrow che aveva conosciuto. Ciò lo rendeva decisamente più minaccioso. Cercò di mantenersi ferma e calma, anche se aveva iniziato a contemplare l’idea che si trovasse lì, in casa sua, con lo scopo di farle del male per davvero, anche se lei non c’entrava niente. 
Questo lo fermerebbe?
Per il momento decise di non dare ascolto alla voce della sua paura e rispose subito alla domanda.

“Girano delle voci. Non sapevo a cosa credere, ed ora eccoti qui.”
 “E che cosa hai dedotto dalla mia presenza, Margaret?”
Da come aveva articolato il suo nome, ancora con quel ringhio di odio, capì che non avrebbe dovuto sottovalutarlo. Il fatto che avesse scovato la sua casa, che fosse arrivato fin lì, significava che sapeva quel che stava facendo. Se avesse fatto del male a lei, avrebbe ferito anche l’uomo che l’amava, l’uomo che lo aveva ridotto a un relitto vagante.
Si voltò: voleva guardarlo in faccia. Si appoggiò al muro vicino alla finestra, la lunga treccia bruna le scivolò dietro le spalle, portò le mani dietro la schiena e con aria innocente alzò lo sguardo verso il pirata in piedi davanti a lei. Era senza dubbio lo stesso Sparrow che aveva conosciuto tempo addietro, ma qualcosa nell'aspetto che conosceva sembrava averlo abbandonato per sempre. Pareva essere invecchiato di qualche anno, anche se sapeva che avevano la stessa età, anno più, anno meno. I suoi lineamenti si erano induriti, gli occhi si erano fatti più attenti, calcolatori, la scrutavano valutando cosa fare; forse era giunto lì senza un’intenzione precisa.

“...Che ti ha tradito, non è vero?” rispose andando dritta al punto. Avrebbe potuto dire Si è ammutinato, ma il solo pensiero le faceva male. Sapeva che il suo uomo era capace di tutto, il fatto di esser riuscito a conquistare il cuore della giovane era stata la prova più clamorosa, ma sperava che non si sarebbe mai spinto a compiere un crimine del genere. Non apprezzava Jack Sparrow come capitano, glielo aveva detto in uno dei loro momenti di intimità, ma non aveva mai pensato che avrebbe potuto tradirlo e umiliarlo in quel modo.
“Il tuo caro Hector – l’odio col quale venne pronunciato il nome fece fare un balzo al cuore della donna davanti a lui – è riuscito a convincere la mia ciurma che io non servivo più ai loro scopi. Si è preso la mia nave lasciandomi su un’isola deserta a morire” spiegò impugnando la spada con più forza.
“…Si è meritato un destino peggiore della morte per quel che ha fatto, e lo avrà. Scoprirà presto il prezzo dell’ammutinamento, stanne certa.”
Quelle parole così terribili, così profetiche, le furono sputate in faccia senza scrupoli, con il preciso scopo di ferirla, ma al tempo stesso sembrava che volesse confidarle un segreto di cui solo il pirata era a conoscenza. I suoi occhi erano illuminati da una strana luce. Sembrava che in quella maledizione pronunciata a denti stretti ci fosse qualcosa di più, qualcosa che l’avrebbe resa vera, possibile… realizzabile.
Trafitta da quello sguardo folle, Margaret non poté fare a meno di abbassare gli occhi, spaventata. Sapeva bene quanto Jack tenesse alla sua nave, e lo sapeva anche Hector. Niente lo avrebbe fermato finché non avrebbe attuato la sua vendetta.  
Quei pensieri resero la sua bocca completamente secca. Deglutì prima di prendere di nuovo la parola.
“E perché sei qui a dirmelo?” Tornò a fissare quegli occhi febbrili alla ricerca di un barlume di lucidità.
La piega che aveva assunto quella conversazione aveva fatto in modo che nella mente della donna prendesse forma un orribile idea.
E se fossi io la sua vendetta?

E, come se quel pensiero fosse rimbalzato dalla sua mente a quella del capitano, questi si portò davanti a lei in uno scatto fulmineo; con il viso a pochi centimetri dal suo, sussurrò fra i denti il motivo che l’aveva portato fino all’Inghilterra.

“Dammi un solo motivo per non ucciderti qui e ora” Con una mano la afferrò per i capelli, con l’altra premette la fredda lama della sua spada contro la gola della donna del suo nemico. La schiacciò contro il muro per impedirle di muoversi, anche se era ovvio che non avrebbe potuto difendersi con nulla. Non aveva mai imparato a combattere né aveva mai sentito il bisogno di farlo, fino a quel momento. Bloccata al muro, col fiato dell’uomo sul collo, il panico iniziò a salire verso il cuore come fuoco. Le bruciavano gli occhi, chissà per quanto sarebbe ancora riuscita a trattenere le lacrime. Non sentiva il bisogno di piangere, ma era evidente che quelle minacce fossero più forti di quanto potesse sopportare.
“Jack…”
Finalmente era riuscita ad ammorbidire il suo tono, nella speranza di farlo ragionare, ma si rese conto troppo tardi di aver sbagliato parola.
“È Capitano. Capitan Jack Sparrow” puntualizzò lui con stizza, una collera che poche volte aveva mostrato a qualcuno, anche quando doveva ribadire quel concetto che sembrava sempre sfuggire a tutti.
“…Si è preso la mia Perla, se io prendessi la sua e la uccidessi, forse saremmo sulla buona strada per essere pari”
“Non servirà a niente” si lasciò sfuggire Margaret facendo trapelare il terrore che si era ormai impossessato di lei. Cercò di non far apparire quelle parole come una preghiera, ma in quella posizione opprimente non riusciva a pensare con lucidità, figuriamoci parlare. Aveva capito che le vie di scampo erano davvero poche: era lì per ucciderla. Forse fargli capire che non era poi così importante per il suo rivale lo avrebbe persuaso a lasciarla stare.
“Che vorresti dire?” si allontanò da lei di qualche centimetro, come se la sorpresa lo avesse spinto per davvero; la scrutò con aria interrogativa.
“Non lo vedo da quando siete salpati quasi un anno fa. Non credere che io sia così importante per lui…” rispose cautamente cercando di mettere in quelle parole tutto lo sconforto che le sue scarse doti di bugiarda riuscirono a fornirle, ma il sorriso soddisfatto che increspò le labbra di Jack rivelò che aveva colto la sua paura, la sua menzogna.
Era vero che non si vedevano da quel momento, ma quel che si erano detti prima di lasciarsi l’aveva resa consapevole che se Jack l’avesse uccisa davvero, Hector avrebbe reagito.
Non. Ti credo.” Scandì ondeggiando pericolosamente verso di lei, come se avesse voluto baciarla. In realtà voleva solo spaventarla ancora di più. Lei scostò il viso, disgustata, sconvolta.
“Pensi che uccidendomi potresti attirarlo in una trappola, ti sbagli. Dovresti conoscerlo meglio di me” disse in fretta, senza fiato, continuando a guardare altrove.
“Sai, a noi pirati non piace che qualcuno si prenda la nostra roba” rispose il pirata, sembrava avere ancora una volta la ragione dalla sua parte “…Potrei farlo solo per il gusto di fargli un dispetto!”
“Un…? A quale scopo!” ripeté senza trovare altre parole da rivolgere al pirata, ma portò la mano sull’elsa della spada, a sfiorare la sua, nella speranza che il contatto con le sue mani gelide lo convincesse definitivamente a lasciar perdere il proposito col quale si era presentato a casa sua.

E poi disse delle parole semplici, che però ebbero uno strano e inaspettato effetto sul pirata.
“Non è stata colpa mia…”

Parole banali, quasi sciocche. Come se a uno stupido pirata importasse qualcosa delle vittime che si lasciava alle spalle pur di ottenere ciò che bramava. Sapeva che Hector non si lasciava fermare da questo tipo di esitazione, ma il fatto di trovarsi dalla sua parte non l’aveva mai turbata più di tanto. Sentì che la lama le stava scavando una piccola ferita sulla gola, ferita che da un momento all’altro avrebbe potuto trasformarsi in una voragine scarlatta. La stretta sui suoi capelli si fece più forte e, pensando che il momento era giunto, chiuse gli occhi con tanta forza che le lacrime che erano rimaste ad aspettare il suo crollo emotivo, traboccarono e le solcarono silenziosamente le guance. Poi però avvenne qualcosa che non si era aspettata, per cui ormai non nutriva più alcuna speranza. La presa si allentò, la lama si allontanò dalla sua gola e l’aria fresca tornò a inondarle il petto; Sparrow si era allontanato di qualche passo.

Fu costretta ad aprire gli occhi quando sentì il forte rumore della spada che veniva scagliata violentemente ai suoi piedi, in gesto di resa, ma anche di sfida. Si portò una mano al cuore, senza riuscire a celare un sussulto.

Lo vide avvicinarsi al tavolo su cui aveva appoggiato il cappello. Si sedette e posò gli stivali su di esso senza curarsi del fatto che quella non era casa sua; rimase a fissarla. Margaret lo guardò di sottecchi chiedendosi in un momento di follia se fosse il caso di invitarlo a togliere gli stivali dal suo tavolo, ma per ovvi motivi dovette desistere. Senza comprendere totalmente il gesto che aveva appena fatto davanti ai suoi occhi, decise di fare qualcosa. Si mosse di qualche passo, operazione assai difficile, dal momento che aveva le gambe indolenzite, quasi bloccate dalla tensione. Si diresse lentamente verso il fuoco ancora scoppiettante, seguita dallo sguardo vigile di lui. Era come se il tempo si fosse fermato e avesse appena ricominciato a scorrere.
Con mani ancora tremanti mise un po’ di tè in una scodella di legno e si sedette di fianco a Jack. Decise che non gli avrebbe offerto niente: voleva che se ne andasse, ma non aveva il coraggio di cacciarlo. E poi una remota parte di lei voleva che rimanesse, che rispondesse alle mille domande che aveva da fargli.
La mente di Margaret vagò lontano da quella casa, dall’Inghilterra. In quel momento era più vicina a Hector di quanto non fosse stata negli ultimi mesi. Jack la osservava silenziosamente tenendo le braccia dietro la nuca. Bevve qualche sorso con calma, poi decise di prendere ancora una volta la parola.

“Non mi uccidi.”
Osservò in un sussurro, lo sguardo fisso sulla scodella, anche se era forte il desiderio di decifrare l’espressione che aveva Jack da quando si era staccato da lei.

“Al mio posto, lui lo farebbe” rispose lentamente puntando gli occhi su quelli di lei con un’intensità tale che la donna si sentì obbligata a intrecciare lo sguardo con il suo.

Quelle parole ebbero per la donna l’effetto di uno schiaffo. Peggio della spada che era stata a un passo dal ferirla mortalmente. Vedendo ancora non ribatteva, perché sapeva, sapeva che lui aveva ragione, il capitano sorrise fra sé, sorriso che fece trasparire una tenue amarezza. Sapeva che se Barbossa fosse stato lì con lui non avrebbe fatto altro che rimarcare la sua debolezza, quella cioè di non essere mai stato un macellaio.
“…Lo so...” mormorò Margaret distogliendo lo sguardo ancora una volta. Non poteva sopportare quell’idea. L’idea che, forse in un’altra vita, Hector avrebbe potuto ucciderla a sangue freddo.
Assorta nei suoi pensieri, la sua attenzione fu catturata da Jack che si alzava in piedi; non ebbe paura, sapeva di essere fuori pericolo, ormai. Alzandosi, Jack tirò fuori la pistola e se la rigirò fra le mani incurante del fatto che a pochi centimetri da essa c’era il bel viso di lei, che seguì con gli occhi i movimenti del pirata senza proferire parola.
La posò sul tavolo, si mise fieramente il cappello in testa, la riprese in mano senza ritirarla. Si allontanò definitivamente da lei. La scrutò ancora una volta prima di avvicinarsi all’uscita, mimando un saluto al quale lei non rispose. Quando fu sulla soglia si bloccò; sembrava che avesse ancora qualcosa da dirle. Sempre dandole le spalle iniziò a guardare la pisola, poi fece in modo che lei la vedesse bene. Margaret lo guardò incuriosita, prima di sentire le parole che per gli anni successivi l’avrebbero fatta impazzire.

“Questo colpo è per lui. Diglielo.”
Uscì lasciando la porta spalancata e sparì nell’oscurità della notte.  
Con lo sguardo vacuo, incapace di piangere, arrabbiarsi, provare emozioni, Margaret continuò a bere il suo tè caldo, consapevole che l’uomo che se n’era appena andato non era già più un relitto, ma una nave da guerra. Determinata, inarrestabile, che avrebbe realizzato ogni suo desiderio, buono o malvagio, giusto o sbagliato.
Ancora una volta ebbe la sensazione che anche questo proposito si sarebbe avverato, che presto o tardi una tempesta si sarebbe abbattuta sulla sua vita.

 
 




*




 
 
 
— Note finali —
 
Il Capitan Jack che vi ho appena mostrato è molto diverso da quello che conosciamo. Sia quello dei film, sia quello che spesso viene presentato nel fandom.
Eppure una parte di questa rabbia, lucidità, determinazione, la vediamo nel corso dei cinque film, soprattutto nel primo, in particolare quando si parla della sua Perla, quando sente che il momento della vendetta si sta avvicinando. Semplicemente, diventa serio.
Era da tanti anni che desideravo scrivere una storia del genere, di esplorare il Capitan Jack post ammutinamento, ma non avevo mai trovato un pretesto… fino ad ora. L’introduzione del personaggio di Margaret e il fatto che Jack pare conoscerla, ha fatto in modo che finalmente questa idea prendesse forma.
Il Jack Sparrow che esce dalla nave dei contrabbandieri (perché no, poteva essere diretta proprio a Bristol, in Inghilterra) è arrabbiato, è giovane, avrà sì e no 25 anni, non conosce ancora misura nell’odio e nel desiderio di vendetta. Non mi risulta così difficile pensare che abbia imparato solo col tempo (ha avuto quasi dieci anni a disposizione) a porre freno alla sua collera e a canalizzarla solo verso Hector Barbossa.
E poi impara una lezione su sé stesso anche questa volta, una lezione che gli aveva già impartito Hector Barbossa qualche settimana/mese prima: “Sai, Jack, è per questa tua condotta che hai perso la Perla. È più facile perquisire la gente quando è morta”
Lui non uccide innocenti senza motivo, e Margaret, pur essendo la donna dell’uomo che odia più al mondo, è innocente. E quindi le risparmia la vita.
Spero che se durante il racconto vi siete chiesti se Capitan Jack era davvero IC, l’ultima scena vi abbia convinti che lo è.
Ultima cosa: Barbossa sapeva, alla fine del film, che Jack ha conservato il colpo per lui. Con questo scambio di battute ho provato a rispondere alla domanda “Come faceva a saperlo?”
…Anche perché Jack non mi sembra il tipo che va in giro a sbandierare ai quattro venti che ha intenzione di ucciderlo in quel modo, non all’inizio.
Detto ciò, ho intenzione di tornare a scrivere ancora una o due storie. Sulla tempistica non mi sbilancio. Spero entro la fine dell’estate di farcela, anche perché poi potrebbe diventare ostico trovare il tempo.
Scusate se vi ho tediato, ma più rimango lontana dalla scrittura, più divento chiacchierona.
Se volete essere aggiornati sulle prossime pubblicazioni, seguitemi sulla mia pagina facebook!

 
Un abbraccio,
Harley Sparrow
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Pirati dei caraibi / Vai alla pagina dell'autore: Harley Sparrow