Fanfic su artisti musicali > Lana Del Rey
Segui la storia  |       
Autore: AnnVicious    01/08/2017    0 recensioni
Lana è una ragazza di ventisette anni che fa ritorno a Woodville, il suo paese di nascita, a causa di una recente perdita in famiglia che l'ha parecchio scossa. Essendo stata sempre una ragazza insicura, incapace di osare e trasgredire anche alla minima cosa, si sente persa, ancora più debole ed insicura, per giunta in quel paese che ora le sembra totalmente diverso, privo dell'energia che emanava una volta.
Ma proprio quando è al laghetto, il luogo dove da ragazzina andava a giocare, a distanza di dieci anni, rivede Alex.
Per lei è stato il primo amico, la prima cotta, il primo amore, il primo a lasciarla sola.
Alexander è a sua volta in un periodo difficile della sua vita: con un lavoro che non soddisfa le sue ambizioni, una delicata situazione in famiglia e la relazione con la sua ragazza in bilico ma riesce comunque ad avere coraggio e a vivere appieno la propria vita, nonostante sia solito indossare delle maschere pur di non mostrarsi per la persona che è nel profondo.
Entrambi sono cambiati molto, in alcune cose in meglio ed in altre in peggio, ma il ricordo della loro spensieratezza e del loro primo amore vive nelle loro menti.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Lana ed Alex si trovavano a bordo del loro amato camper che nel corso di quegli ultimi dieci anni li aveva accompagnati in tutti i viaggi che avevano fatto insieme, senza mai abbandonarli; nonostante delle volte avesse dato dei segni di cedimento, con l’aiuto di un buon meccanico erano sempre riusciti a ripararlo ed ora, nonostante alcuni difetti ed i numerosissimi chilometri, quel camper sembrava ancora lontano dall’abbandonare i suoi due ospiti. Erano passati due giorni da quando le persone care ad Alex erano andate a trovarlo nella clinica e lui prima di farsi dimettere, aveva pensato seriamente alla chemioterapia, ma alla fine aveva scelto, ancora una volta di non curarsi e di lasciare il suo corpo al sicuro da tutti quei medicinali che in breve tempo lo avrebbero ridotto allo stato di uno zombie senza nemmeno avere la forza di pensare con la proprio testa. Ora lo sguardo di Alexander era posato su uno dei finestrini del camper e sdraiato sul letto dell’abitacolo, lasciava scorrere gli occhi sul paesaggio che si muoveva veloce attraverso essi. Lana era alla guida, a qualche passo da lui nella cabina del guidatore e gli aveva imposto di restare nel letto o lo avrebbe abbandonato in mezzo alla strada. Lui sapeva benissimo che lei stava solo scherzando e che non lo avrebbe mai fatto e quindi, di tanto in tanto si divertiva a fare finta di alzarsi dal letto solo per sentire Lana intimargli di stare sdraiato con voce severa, come quella che usano le insegnanti con i bambini troppo capricciosi. Lui non poteva fare a meno di ridere nel vedere lei dimostrargli amore in quel modo: si stava dimostrando terribilmente forte da quando erano venuti a sapere della malattia di Alex e lui dentro di sé, sapeva che purtroppo non avrebbe vissuto abbastanza per poter ringraziare Lana per tutto ciò che stava facendo per lui. E sapeva bene che lei dipendeva da lui come lui da lei e capiva bene il motivo per cui delle volte si scatenavano delle discussioni accese tra loro: era semplicemente perché si volevano bene e non volevano nemmeno immaginare di restare separati. Tuttavia, invece Alex nell’ultima manciata di giorni era stato costretto ad accettare il fatto di dover lasciare la terra senza avere la certezza del fatto che ci sarebbe stata lei da qualche parte, nello spazio, nell’aldilà o chissà dove, ad aspettarlo. E quel pensiero gli faceva forse più male della malattia stessa che gli stava distruggendo velocemente i polmoni. Era stato costretto a dover accettare anche il fatto di sapere più o meno il lasso di tempo nel quale avrebbe cessato di vivere e ora sapeva per certo che era molto meglio vivere senza sapere la propria data di morte perché lui, con la consapevolezza da poco acquisita, non faceva altro che soffrire di insonnia e avere gli incubi quando riusciva a chiudere gli occhi per qualche ora; c’erano dei momenti in cui supplicava la propria anima di farla finita in quel determinato momento piuttosto che dover aspettare ancora, ma erano solo momenti che duravano un batter d’occhio perché poi, quando li riapriva e vedeva il volto della sua amata, si rimangiava tutto siccome ritornava in lui l’assoluta certezza del voler vivere accanto a lei fino all’ultimo millisecondo della propria vita. “Alex, guarda fuori. Siamo a casa, finalmente”. Disse Lana con voce dolce che nel frattempo, continuava a guidare, prestando attenzione sia alla guida del camper che allo specchio retrovisore, per assicurarsi che l’amato fosse nel letto e che stesse bene per il momento. “Rallenta, voglio godermi il paesaggio”. Disse Alexander, iniziando poi ad alzarsi lentamente dal letto, facendosi sfuggire qualche colpo di tosse per poi avvicinarsi con cautela al posto del passeggero ed una volta sedutosi accanto alla donna, poté finalmente sorridere di cuore nel vedere il loro paese natale, il luogo in cui le loro vite erano iniziate e si erano andate ad intrecciare insieme. Lana lo aveva ascoltato ed aveva rallentato fino a guidare quasi a passo d’uomo: anche lei era evidentemente emozionata nell’essere lì con lui ed istintivamente, andò a sfiorare la sua mano pallida. Alex strinse forte le dita rosee di Lana e si guardarono per un attimo, con degli occhi luccicanti di emozioni e dei sorrisi commossi appena accennati sulle loro labbra. Appena qualche centinaio di metri dopo il cartello bianco con incisa sopra la scritta “Welcome to Woodville”, vi era il bar dove molto, moltissimo tempo prima, Alex ricordava di ave fatto una scenata con Taylor davanti agli occhi increduli della giovane Lana che poi si era data alla fuga dopo la rivelazione del loro bacio a Taylor che ai tempi aveva ancora una relazione turbolenta con lui. Sembrava che anche Lana se ne stesse ricordando, infatti le sfuggì una piccola risata, dicendo poi: “tu non hai idea di quanto ti stessi maledicendo mentre tu litigavi con Taylor”. Alex non poté fare a meno di ridere e rispose alla donna: “beh, ai tempi sia io che lei tiravamo polvere bianca come degli aspirapolvere ed eravamo sempre in vena di urlarci addosso”. “Come qualunque coppia sana”. Rispose Lana, scuotendo appena la testa mentre continuava a guidare, felice di ritrovarsi nel loro paese natio che brulicava dei loro ricordi. “Però pensaci un secondo: se io quel giorno mi fossi tenuto per me il fatto del bacio che ci eravamo dati nel bosco, forse ora le cose sarebbero diverse. Forse staremmo vivendo delle vite infelici con delle persone che non amiamo o forse ci sarebbe accaduto altro nelle nostre vite”. Lana ci rifletté su per qualche secondo e si ritrovò subito d’accordo con Alex. “Hai ragione, ad ogni azione corrisponde una reazione, perciò tutto ciò che ci è accaduto, probabilmente è stato per riavvicinarci. Ad esempio, io quando avevo saputo da Taylor che tu ti eri rimesso con lei, io avrei anche potuto semplicemente non risponderti al telefono quella sera e farmi piacere di forza James”. “Invece siamo insieme ed io non potrei esserne più felice. Questi anni con te sono stati...”. “Shh, non usare i verbi al passato. Stiamo ancora vivendo il nostro presente”. Disse Lana, interrompendo la frase di Alex a metà. Lui si voltò verso di lei, che aveva preso a battere velocemente le palpebre e a mordersi il labbro inferiore mentre era concentrata sulla strada, come solitamente faceva quando era prossima alle lacrime e lui non poté fare a meno di stringere ancora la sua mano e sussurrarle, avvicinandosi appena a lei: “non potrei desiderare un presente migliore di questo”. Arrivati alla casa dei genitori di Lana, di comune accordo lei ed Alex avevano deciso di tornare al vecchio bosco che per fortuna esisteva ancora, anzi sembrava essere più rigoglioso che mai: Woodville, negli ultimi anni era rimasta più o meno la stessa, con la differenza di alcuni edifici messi a nuovo a causa di un alluvione che si era verificato qualche anno prima il quale era andato a demolire tutte le strutture troppo vecchie per reggersi ancora in piedi. Mentre avevano ripercorso le familiari strade del piccolo paese, Lana ed Alex avevano notato con piacere che anche la popolazione sembrava essere aumentata, soprattutto per quanto riguardava i giovani e quella crescita demografica era sicuramente dovuta al nuovo liceo e a dei nuovi negozi che avevano notato come una libreria ed un grande negozio di musica che ora era diventato unico grazie alla fusione con la biblioteca di paese. Fortunatamente, però la natura rigogliosa era stata preservata con cura e sia il lago che i boschi nei dintorni sembravano essere ancora intatti nel loro antico splendore. Erano i primi giorni di un Luglio piuttosto torrido, ma né Alex e né Lana avevano intenzione di lasciarsi abbattere dal caldo soffocante ed erano intenzionati a trascorrere ciò che restava del pomeriggio e parte della sera in quel bosco vicino al lago, dove sin da piccoli avevano creato dei ricordi e dove i sogni non avevano mai smesso di regnare, ignari del mondo reale, ignari della crudele vita che invece vi era al di fuori di esso. Così, dopo essersi preparati alla svelta dei panini ed essersi caricati in spalla i loro amati strumenti musicali, Lana ed Alex presero a piedi le strade sterrate secondarie per evitare di farsi riconoscere da qualcuno del posto e di dover essere obbligati a conversazioni inutili che avrebbero rubato loro solo del tempo prezioso, riuscirono a raggiungere finalmente il loro amato posto felice, il luogo dove da ragazzini, sognavano di diventare re e regina di un enorme castello che avrebbero costruito proprio lungo tutta la catena montuosa che circondava per metà la cara e vecchia Woodville. “Lana, li senti anche tu i brividi?”. Chiese Alex mentre camminava lentamente a fianco della donna che amava, la quale si voltò subito preoccupata verso di lui per toccargli la fronte. “Hai di nuovo la febbre? Se ti senti male, ti porto a casa”. Disse lei, con gli occhi che subito si erano fatti seri e tristi. “Ma no, io dicevo i brividi nel ritrovarci qui, in questo luogo”. Spiegò lui, accennando un sorriso dolce nel vedere lei preoccuparsi subito per lui in un modo ancora così amorevole sebbene avessero già passato insieme dieci anni. “Oh… Ho frainteso. Ma tu non ridere di me, scemo”. Rispose lei ridendo, andando poi a spingere appena Alex, facendo però attenzione a non metterci troppa forza dal momento in cui la sua salute era diventata cagionevole. “Sei tu la scema, hai sempre la testa tra le nuvole”.Ribatté Alex, mantenendo il suo sorriso furbo tra le labbra. “Meglio le nuvole che le tue battute idiote”. Disse lei, continuando a sorridere: facevano spesso quel gioco di stuzzicarsi a vicenda quando litigavano o quando, in situazioni come quella, vi era una atmosfera particolare. “Come fai ad arrivare alle nuvole, ti arrampichi sugli alberi come le scimmie?”. “Meglio tentare di raggiungere le nuvole che la tua idiozia”. Rispose lei, sempre con la battuta pronta quando iniziavano a scherzare in quello strano modo. “Okay, stavolta hai vinto tu”. Disse Alex, andando poi a stringersi a Lana che ne approfittò per rubargli la chitarra che avvolta nella custodia nera, si era caricato prima su una spalla. “Quindi ora fammi portare questa e taci”. Rispose lei mentre si faceva carico dello strumento, facendo sorridere ancora una volta l’amato che non poteva fare a meno di ammirarla: lui la osservava senza che lei se ne accorgesse e Lana sembrava aver già capito il fatto che Alex non volesse essere trattato in alcun modo come un malato, qualcuno di cui doversi prendere cura. Lei continuava a ridere e scherzare con lui, facendolo sentire a proprio agio e non un peso inutile ed Alexander non aveva parole per esprimere la gratitudine che aveva per lei. Ancora una volta sembravano sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda, sembravano appartenere allo stesso mare di pensieri e lui non avrebbe potuto chiedere una partner migliore di lei. A volte, quando nel corso degli anni loro discutevano, Lana era solita dire ad Alex di andare a cercarsi una ragazza che fosse più bella o più furba o più intelligente o più talentuosa di lei e lui puntualmente, le rispondeva con un bacio, senza aprir bocca e dire qualcosa che non avrebbe risolto nulla. La baciava, semplicemente e la stringeva forte a sé, la baciava così forte ed appassionatamente per ricordarle che lei era l’unica persona al mondo che lo avrebbe completato e viceversa e lui aveva sempre adorato farla sentire in quel modo e solo il pensiero che presto lui avrebbe dovuto lasciare il mondo terreno senza poter far sentire Lana una parte di sé, l’unica donna al mondo che voleva amare, gli faceva venire voglia di piangere e di urlare al contempo… “Oddio, guarda!”. La voce di Lana, fattasi improvvisamente squillante, interruppe i pensieri di Alex che sorrideva nel vedere la donna saltare agilmente un tronco per poi fermarsi davanti ad un salice piangente. “Ti ricorda qualcosa?”. Chiese Lana con un sorriso a trentadue denti che le illuminava il volto, innocente e cristallino. “Mi ricorda di quando avevi perso la gara che avevamo fatto insieme, scarsa che non sei altro”. Rispose lui, lasciandosi sfuggire un sorriso. “Veramente eri tu che imbrogliavi, come al solito”. Rispose lei, incrociando le braccia e fingendosi offesa. Alex appoggiò per terra la busta che teneva in mano contenente cibo e bibite, quindi si avvicinò velocemente a lei ed una volta di fronte a Lana, le accarezzò dolcemente il viso, soffermandosi a guardare per qualche secondo i suoi lineamenti che nel tempo era arrivato a memorizzare nella propria testa: i suoi occhi scuri e dolci che in quel momento erano teneri come quelli di un puledro appena nato, i lineamenti fini e leggermente marcarti, le sue guance che appena venivano sfiorate dalle mani di Alex, assumevano un leggerissimo rossore, le sue labbra carnose che avevano fatto sognare infinite volte Al per tutte le volte in cui si erano baciati, le sue lunghe ciglia, i suoi lunghi capelli che in quel giorno avevano un leggero odore di lavanda, il suo collo dalla linea elegante… Lei stava per dire qualcosa, ma Alex lo impedì, andando a stringere forte a sé un fianco della ragazza mentre l’altra mano scivolò lungo la schiena della donna, stringendo anch’essa per poi baciarla con tutta la foga che sentiva dentro alla propria anima: voleva sentirsi ancora più vicino a lei e voleva soprattutto che lei si sentisse l’unica donna al mondo che valeva la pena di amare, l’unica su cui gli occhi di Alex avevano e avrebbero desiderato posarsi. Non si fermarono solo a quel bacio: entrambi provavano il forte desiderio di volersi, di sentirsi uniti e sebbene fossero sempre stati spinti da quel desiderio ogni volta in cui facevano l’amore, quella volta la disperazione li guidava come un maestro d’orchestra perché tutti e due sapevano molto bene che presto sarebbe finito il tempo in cui avrebbero potuto stringersi, baciarsi o sfiorarsi o semplicemente guardarsi negli occhi. Lana non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire delle lacrime subito dopo l’amplesso, perché per lei era ancora troppo presto per perdere lui, la persona che amava e nudo nel prato, ai piedi del salice, mentre accarezzava dolcemente una spalla della ragazza, anche Alex pensava alla stessa cosa, ma non proferiva parola: cercava di impegnarsi ad imprimere nella mente ogni dettaglio del corpo di Lana, persino quello delle sue lacrime che scendevano calde a rigarle il dolce viso per poi andare a bagnare gli steli d’erba, come se magari, una volta terminata la propria esistenza avesse potuto portare con sé, almeno il ricordo della donna che non aveva smesso per un solo istante di amare in tutti quegli anni. “Non lasciarmi”. Sussurrò Lana con una voce tanto bassa e triste da far venire la pelle d’oca ad Alex nonostante fossero nel mese di Luglio. “Porterò il tuo ricordo con me anche dopo la morte”. Sussurrò in risposta lui, altrettanto commosso e suggellarono poi la loro intima promessa con un bacio. Il giorno e la notte iniziarono ad alternarsi troppo velocemente per Alex e Lana. Passavano giornate intere nei boschi di Woodville, completamente da soli, fino ad arrivare a conoscerli a memoria e la sera non volevano saperne di tornare nella casa dei genitori di Lana: il cielo del loro paese natio era troppo bello per non essere osservato, mano nella mano, sdraiati tra le lunghe distese d’erba o vicino al fiume che scorreva lento ed inesorabile tra gli alberi antichi che formavano quei posti meravigliosi. Per loro era facile perdersi ad osservare la natura che li circondava e spesso si fermavano a guardare incantati anche i piccoli animali che popolavano quei boschi come gli scoiattoli, le lepri, i picchi, le bisce di fiume, i pesci che vivevano nei piccoli stagni che si potevano trovare qua e là nella natura selvaggia,i volatili come i passeri e le allodole e talvolta riuscivano anche a scorgere i timidi cervi che si avvicinavano di primo mattino alle sorgenti d’acqua per potersi abbeverare. Erano tornati anche al vecchio ponte che per fortuna nessuno aveva ancora distrutto per costruirne uno nuovo. A Lana era subito venuta in mente quella volta, molto tempo prima, in cui lui si era rivelato a lei per ciò che era, spiegandole le motivazioni per cui, ai tempi aveva intrapreso quello stile di vita piuttosto frenetico e sbandato. Anche in quel luogo, una notte si erano addormentati abbracciati stretti l’uno all’altra nonostante il caldo: nessuno tra i due aveva intenzione di stare anche solo un secondo separati e per Lana era già troppo faticoso dover lasciare da solo Alex a casa per un’ora quando a volte era costretta a separarsi da lui per andare a comprare dei viveri o altre cose essenziali come dei calmanti per la tosse di Alex ed altre medicine che lui era costretto a prendere se voleva riuscire a dormire la notte. Per Alex, era chiaro che il tumore si stesse espandendo piuttosto in fretta anche senza fare esami specifici in ospedale: poteva sentirlo dalla tosse che in alcune occasioni, sempre più frequenti, non accennava a fermarsi, talvolta anche facendogli mancare il respiro per alcuni secondi dato lo sforzo enorme che faceva con la gola; poteva vederlo quando in piena notte si svegliava con i conati di vomito ed era costretto a rigettare grandi porzioni di sangue. Quando restavano a dormire a casa, Lana non era capace di chiudere occhio se prima Alex non riusciva a fare sonni tranquilli. Spesso gli sussurrava all’orecchio con pazienza e dolcezza infinita delle canzoni che si erano dedicati a vicenda nel corso degli anni come Love me tender o Stand by me o la loro preferita in assoluto che era Always di Frank Sinatra. Dopo tre settimane di permanenza a Woodville, per Lana ed Alex iniziava ad essere molto difficile poter fare anche solo una breve passeggiata fuori casa perché lui ormai era diventato troppo debole a causa della malattia che lo attanagliava e già alzarsi dal letto al mattino per lui, era diventata un’impresa: il tumore stava succhiando tutta la sua essenza vitale come una succube e gli toglieva la forza nelle braccia, nelle gambe, persino nella mente. Ma Alex non voleva saperne di farsi abbattere da quel tumore e cercava in tutti i modi di resistergli, di continuare a fare tutto ciò che voleva impedirgli, come aiutare Lana a preparare il pranzo o suonare la sua chitarra o stare sul divano aggrappato a lei a guardare un film insieme. Per lui stava diventando difficile anche restare sveglio e spesso sentiva il bisogno di dormire molto più frequentemente perché quella malattia gli toglieva tutte le energie, ma lui non voleva saperne di lasciarsi sconfiggere dal sonno quando la sua unica ragione per restare sveglio e non chiudere mai gli occhi, si prendeva amorevolmente cura di lui, senza mai fargli mancare nulla, senza lamentarsi nemmeno una volta, continuando a dargli tutto l’amore che aveva dentro, sebbene delle volte Lana non riuscisse proprio a non scoppiare in lacrime quando guardavano un film drammatico o persino quando lo aiutava a lavarsi o quando udiva la sua tosse colpirlo così forte da stroncarlo e lasciarlo senza forze. Lana non si era mai arresa di fronte alla malattia di Alex, nemmeno quando le lacrime nei propri occhi erano diventate così tante da non riuscirle ad asciugare con un solo fazzoletto, nemmeno quando ogni notte lui cadeva in uno stanco sonno e lei di nascosto pregava che quella, come le notti prima, non fosse l’ultima per lui, che fosse concesso ad Alex ancora qualche granello della grande clessidra del tempo, che ancora un altro giorno le fosse concesso l’onore di poter vedere ancora della vita negli occhi dell’uomo che amava, di poter posare una mano sul suo petto e sentire ancora il suo cuore battere, di stringerlo tra le proprie braccia e di poter sentire ancora per un po’ il suo respiro costante. Ma tutte le preghiere che Lana rivolgeva al destino non bastavano: lei sapeva bene dentro di sé, che le ore di Alexander erano contate. Lui non mangiava quasi più, la sua gola era tumefatta e quando ingeriva più di ciò che gli consentiva il suo corpo, doveva essere accompagnato da Lana in bagno per rigettare in fretta ciò che aveva mangiato, soffrendo il doppio per l’ulteriore sforzo che doveva fare con la gola. Aveva perso altri chili e la sua pelle aveva iniziato ad essere grigiastra, come quella di un cadavere; i suoi occhi erano perennemente cerchiati da pesanti occhiaie livide e anche solo parlare troppo a lungo o respirare, gli costava un enorme sforzo. Lana che aveva visto in diretta la distruzione fisica e mentale di Alex, a volte si sentiva male e nella notte si alzava per andare a vomitare: le era capitato di desiderare, nel proprio intimo, di voler stare male come lui, di voler provare lo stesso dolore che stava provando lui nel sentirsi strappare dalle mani la vita giorno dopo giorno, addirittura di voler morire con lui quando sarebbe arrivato il momento, ma poi lui le sussurrava con la poca voce che gli restava di amarla più di ogni altra cosa al mondo e lei ci ripensava su, decidendo che avrebbe trovato un modo per far conoscere a più persone possibile tutto l’amore di cui era capace Alex, tutta la sua forza di volontà nel voler passare con lei ogni minuto della sua vita, tutto il suo coraggio nell’affrontare quella malattia mortale senza far conoscere a lei il suo terrore nel sapere che presto tutto sarebbe finito, che presto avrebbe trovato la risposta ad una delle più grandi e antiche domande dell’essere umano, ma che avrebbe portato via con sé, chissà in quale luogo, chissà sotto quale forma. Lana era spaventata anche da un dubbio che spesso la percuoteva dall’interno, togliendole ore di sonno: non sapeva cosa sarebbe accaduto al suo partner una volta lasciato quel pianeta, non sapeva se si sarebbe dissolto semplicemente nel nulla, se la sua energia si fosse unita a qualcosa di mistico che loro non erano in grado di vedere, non sapeva se si sarebbe reincarnato, non sapeva se avrebbe potuto incontrarlo ancora una volta dopo la propria morte. Ne aveva letti di libri a riguardo, negli ultimi giorni, quando Alex si concedeva uno dei suoi lunghi sonni sempre più frequenti ma non riusciva ancora a credere in qualcosa, ad attaccarsi ad un credo per mettersi il cuore in pace almeno sotto quell’aspetto perché le sembrava tutto così effimero e non le riusciva proprio di credere in qualcosa solo per necessità e a volte si ritrovava a desiderare di essere così accecata da una religione da poter credere che ci sarebbe stato qualcosa dopo la morte, ma invece era condannata a cercare risposte, a non trovarle e a farsi ancora più domande di quante ne avesse in partenza. Alex, di tanto in tanto, quando sonnecchiava sul divano accanto a lei e riapriva appena gli occhi stanchi, sentiva il proprio cuore stringersi nel vederla così concentrata nel cercare risposte nei libri o attraverso ricerche sul computer per assicurarsi che lui fosse stato bene una volta lasciato il mondo terreno. Non le aveva mai chiesto di smettere di torturarsi in quel modo, perché lui avrebbe fatto lo stesso se la situazione fosse stata invertita, anzi spesso si ritrovava a chiedersi come facesse Lana a non impazzire, a chiedersi quanto fosse grande il suo autocontrollo perché lui sapeva bene che a ruoli invertiti, non avrebbe mai sopportato di vivere con quel peso, con la consapevolezza che lei molto presto se ne sarebbe andata, lasciandolo da solo. Evitava, quindi di creare discussioni inutili che si sarebbero prolungate poi con dei silenzi lunghi qualche ora che a lui avrebbero fatto male come anni di torture, soprattutto con quella maledetta consapevolezza del fatto che presto sarebbe morto. Qualche giorno dopo, all’alba di un nuovo giorno, Alexander si svegliò con una strana sensazione addosso e seppe subito di cosa si trattasse, senza avere il bisogno di sfuggirle, senza fingere di non sapere di cosa si trattasse perché ogni terminazione nervosa del proprio corpo, sembrava comunicargli la fine, ogni cellula gli stava comunicando che stava per tagliare il traguardo e non ci sarebbe stato nessuno ad attenderlo per consigliargli una coppa o una medaglia. Probabilmente ci sarebbe stato solo buio, un eterno abisso, un labirinto senza uscita, un punto indefinito oltre la stratosfera, oltre le barriere dove non avrebbe fatto altro che perdersi nell’oscurità per sempre. O forse non sarebbe esistito nemmeno in suo spirito, forse sarebbe solo cessato di esistere e ciò lo terrorizzava. Voltò appena il proprio corpo verso quello di Lana con molta cautela, facendo molta attenzione nel non risvegliare la propria tosse cronica che per il momento sembrava volerlo lasciarsi godere quella frazione di mortalità che gli restava. Nel vedere Lana dormirgli di fianco, con un braccio posato sul proprio bacino come se avesse paura che lui avrebbe potuto dissolversi nel nulla mentre lei non guardava, Alex non poté fare a meno di piangere silenziosamente. Indubbiamente, il volto della donna che amava era ciò che gli sarebbe mancato di più vedere se mai avesse avuto coscienza dopo la morte terrena ed ogni spazio temporale, ogni paradiso, ogni aldilà sarebbe stato inferno per lui, senza poter toccare, baciare o anche solo osservare colei che era la sua più grande gioia, colei che aveva mostrato le intimità più nascoste della sua anima solo a lui, colei che nel corso di tutti quegli anni passati insieme, gli aveva tenuto la mano nonostante tutto. Alex andò a posare, silenziosamente per non rischiare di svegliarla, i polpastrelli delle dita su una sua guancia,facendole scorrere delicate fino al suo mento per poi tornare sul suo zigomo leggermente pronunciato e ripetere il gesto almeno per una decina di volte, mentre il sole iniziava a sorgere e alcuni timidi raggi iniziavano a farsi largo nella stanza, andando ad accarezzare i loro corpi seminudi, ricoperti solo dalla biancheria intima dato il caldo di quei giorni. Ad Alex venne in mente un giorno di molto tempo prima, quando si svegliò prima di lei e si mise a farle un ritratto, nell’intimità della loro piccola stanza in un motel a Parigi, all’alba di un nuovo giorno di estate e ricordò chiaramente l’emozione brillare negli occhi di Lana che si era svegliata un paio d’ore dopo, nel vedere quel ritratto, non potendo credere al fatto di essere meravigliosa anche quando dormiva, quando la sua mente ritrovava il piacere dei sogni e la sua faccia si crogiolava beata nel meritato riposo. Avrebbe tanto voluto farle un ritratto anche in quel momento, ma sapeva di non avere tutto quel tempo a disposizione e l’ennesima lacrima silenziosa andò a rigare il suo volto per poi finire sul cuscino, bagnandone la sottile federa di cotone. Avrebbe voluto scriverle poesie, lodando tutte le virtù che lei spesso si convinceva di non avere, avrebbe voluto scriverle delle canzoni allegre da suonare con la chitarra al chiaro di luna, per ricordarle quanto fosse luminosa la sua anima, avrebbe voluto poter baciare ogni centimetro della sua pelle per potersi insinuare nella sua anima e dirle con quei baci che si appartenevano e che il loro legame era indissolubile. Invece si era soffermato a guardarla, perché tutto ciò che voleva in quel momento era almeno la sopravvivenza di un briciolo della propria mente, quella piccola stanza affollata di ricordi di una vita. Li avrebbe cancellati tutti solo per poter custodire il ricordo del volto della donna che amava. “Ti amo”. Sussurrò in un tono di voce così basso da risultare quasi del tutto inudibile. In un primo minuto, ebbe paura che lei si fosse svegliata, interrompendo la beatitudine dei suoi sogni, ma fortunatamente Lana restava dormiente e lui ne approfittò per sussurrarle ancora qualche parola. “Grazie per essere stata te stessa fino in fondo. Grazie per esserti sempre presa cura di me. Grazie per avermi fatto capire che questa vita per me non avrebbe avuto senso di essere chiamata tale se al mio fianco, a tenermi la mano e a guidarmi, non ci fossi stata tu. Grazie per esserti accorta di quando sbagliavo e aver corretto i miei errori e grazie per esserti fermata a correggere anche i tuoi quando te li facevo notare. Siamo cresciuti insieme, abbiamo imparato sin da quando eravamo piccoli, a sorridere insieme anche quando la vita ci ha puniti, abbiamo imparato ad essere felici nel vedere anche solo il semplice volo di una farfalla perché mi hai insegnato che anche la più piccola delle cose può essere meravigliosa se condivisa con la persona che ti sta più a cuore”. Alex fermò il suo monologo sussurrato per riprendere fiato e trattenere la forte tosse che minacciava di spezzare quell’intimo silenzio costruito sui suoi sussurri d’addio all’amata Lana. Alex aveva imparato a trattenere la tosse negli ultimi giorni, anche quella che sembrava essere molto forte, soprattutto la notte quando sempre più spesso si era svegliato più volte con la gola che gli doleva come se all’interno vi fossero stati dei piccoli coltelli che la infilzavano di continuo, senza pietà; in molte occasioni era riuscito a non svegliare Lana, stringendosi le mani sulla bocca e stringendo la gola, facendosi addirittura venire delle lacrime per lo sforzo. Lei ultimamente non dormiva quasi mai per potersi prendere cura di Alex e non gli aveva mai fatto pesare il suo stato di malattia, né si era comportata con lui come un’infermiera di un ospedale, impegnandosi a fondo per non farlo sentire una vittima, ma ancora colui che amava. Alexander, sentiva quindi di doverle molto: avrebbe voluto regalarle almeno altri dieci anni della propria vita che invece stava svanendo più in fretta del previsto e dal momento in cui non poteva farlo, almeno voleva evitare di disturbare il suo pacifico sonno, cullato fino a poco prima dai propri sussurri. Alex non riuscì, però a trattenere tutta la tosse, facendosi sfuggire qualche basso colpo soffocato nella propria mano, spostandosi appena con la testa per non disturbare ancora di più il sonno di Lana, che sembrava essere addormentata profondamente, quel tanto che bastava per non essere svegliata da quel rumore. Alex tornò con la testa a guardare Lana, che sembrava essere persa in un sogno bellissimo a giudicare dal piccolo sorriso che le era nato tra le labbra rosee e sfiorò appena con la mano il suo bacino, desideroso di imprimere nella propria memoria anche il contatto della propria mano sulla sua pelle liscia e calda. Restò per un lasso di tempo che gli parve perpetuo, ad ascoltare il suo respiro mentre la propria mano accarezzava dolce e rassicurante la vita della ragazza e d’improvviso, provò l’impulso di baciarla mentre ancora dormiva: si avvicinò piano con il viso, fino a far sfiorare le loro fronti, e stava per posare le proprie labbra sulle sue, carnose e leggermente socchiuse, ma d’improvviso iniziava a sentirsi terribilmente stanco, bisognoso di dormire in eterno e senza nemmeno rendersene conto, lasciò che le proprie palpebre, pesanti come due macigni, chiudessero i suoi occhi per sempre.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Lana Del Rey / Vai alla pagina dell'autore: AnnVicious