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Autore: falcediluna_    02/08/2017    2 recensioni
Di come la montagna mi insegna ad essere grata per la vita
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È bello esistere.

 

Il vento tiepido della montagna mi porta in regalo questa consapevolezza, mentre accarezzo con lo sguardo le macchie di mughi verdi che punteggiano la vallata sotto di me.

Apro le dita della mano destra e distendo il braccio nel vuoto, godendo per qualche istante del calore che risale la parete rocciosa a cui sono appesa.

 

È il familiare tintinnio dei moschettoni contro la catena d’acciaio a riportarmi alla realtà. I miei occhi tornano ad esaminare la superficie irregolare della pietra, in cerca di qualche appiglio più in alto.

La punta dello scarpone saggia con cautela un piccolo sperone di roccia, prima piano e poi con più forza, quindi vi si issa. L’altro piede si appoggia alla parete, permettendomi di raggiungere una stabilità grazie alla quale posso agganciare i moschettoni al chiodo successivo.

 

La salita è tranquilla, il caldo non è un problema e il canto dei grilli mi rilassa. Mi aggrappo con entrambe le mani alla catena, facendo leva sulle gambe per salire ancora, i muscoli che si contraggono per lo sforzo. Diverse stelle alpine mi guardano indifferenti quando vi passo accanto, aggrappate alla roccia proprio come me. Purtroppo non posso restare a lungo quanto loro; le supero con un vago senso di rimpianto, mentre le dita si chiudono intorno agli appigli che ho scelto.

 

Il suono limpido del metallo contro metallo è la musica che accompagna la mia danza con la montagna, facendomi realizzare la mia goffaggine quando vedo un gracchio alpino sorvolare la valle verso nord.

D’un tratto provo disgusto per il tessuto sintetico della maglietta tecnica, per la plastica del caschetto che mi stringe la testa, per la suola in vibram degli scarponi che fa presa sulla roccia.

D’un tratto mi rendo conto di quanto io sia fuori luogo, di quanto l’essere umano si sia allontanato da tutto ciò che è abituato a chiamare natura.

 

Chiedo in silenzio perdono per la mia intrusione, ed il vento torna a baciarmi la fronte.

La montagna non si sbilancia, lo so, non sono così arrogante da credere che abbia accettato le mie scuse. Tuttavia mi ha accolta ancora una volta, mi permette di aggrapparmi al suo seno pallido e di farmi accarezzare dal suo respiro.

 

Accetto il suo abbraccio con gratitudine, mentre mi puntello sui piedi per issarmi ancora una volta.

Sbuffo per lo sforzo, le mani sudate scivolano appena sull’acciaio liscio. D’improvviso la roccia si sbriciola sotto lo scarpone e la catena troppo lasca a cui sono appesa mi fa cozzare contro la parete alla mia sinistra.

Impreco tra me per la mia disattenzione, portandomi l’avambraccio scorticato alla bocca e premendovi sopra le labbra e la lingua. Il sapore del sangue e della pelle abrasa mi fanno sorridere appena, al pensiero che ho appena pagato il pedaggio dovuto.

 

Il sole è ancora alto su quest’angolo delle Piccole Dolomiti; i radi fili d’erba incastonati nella pietra si piegano volentieri alla brezza leggera, che gioca con loro come una vecchia amica.

Qualche nuvola bianca inizia a spezzare l’implacabile azzurro del cielo. Il profumo calcareo della nuda roccia e quello fresco ed intenso del pino mugo mi riempiono le narici, facendomi inspirare a fondo.

In momenti come questo nulla ha più importanza se non la gratitudine di essere viva e di poter godere della bellezza surreale di questi luoghi, vecchi milioni di anni ma giovani come l’ultimo fiore sbocciato nella valle.

 

Con un muto grazie stretto tra le labbra mi spingo più in alto, assaporando i morsi della pietra alle mie dita ed il bruciore pungente dei muscoli. Ancora una volta la montagna non mi risponde ma posso quasi vederla sorridere di nascosto tra i baffi erbosi, prima di farmi proseguire verso il cielo lasciandomi alle spalle forse solo un poco di nostalgia.


   
 
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