Anime & Manga > Lady Oscar
Segui la storia  |       
Autore: tixit    02/08/2017    5 recensioni
Una ragazzina torna a casa e cerca di adeguarsi alla vita in famiglia.
Breve storia minore su personaggi minori che non è diventata originale.
Genere: Commedia, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sorelle Jarjeyes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Sigyn la rossa'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Si smette di cercare ed essere cercati

Sigyn se ne stava tranquilla nella sua stanza con le finestre spalancate e la porta pure, a far corrente. I mobili erano ancora ricoperti dalle pezze di cotone e fremevano come vele su un pontile, mentre lei non aveva nessuna voglia di salpare per i sette mari - e, a dirla tutta, nemmeno di scuotere via la polvere.
Si tolse le scarpine e le spazzolò con cura per poi riporle in un armadio - i bauli avrebbero aspettato.

Sgusciò fuori dall’abito da viaggio e prese a lavarsi con l’acqua fredda della brocca, gli amabili resti del suo sapone alla menta, una spugna, scheletro di una pianta che era animale e di un animale che era una pianta, qualche brivido e tanta pazienza - il bagno lo avrebbe fatto domani, o dopodomani o il giorno dopo dopodomani.
La sola idea le sembrò una faccenda terribilmente complicata, lenta per via della bassa portata della Torre dell’Acqua, viziata per via dello spreco di acqua piovana pulita, mentre Parigi beveva l’acqua melmosa della Senna, pagandola pure, laboriosa per via della difficile arte della giusta temperatura in un via vai di secchi d’acqua fredda e bollente e di sottane che non conosceva, a parte Margot-Pur-Beurre, che se non la conoscevi tutto sommato era anche meglio. 

L’idea di accendere un fuoco per far asciugare i capelli d’un tratto le parve soffocante, e sgradevole quella delle ciocche bagnate appiccicate alla pelle, come una medusa, coi tentacoli per la schiena e per gli ostinati rilievi dei seni che crescevano più in fretta di lei.
.
E poi c’era la faticosa decisione sullo spogliarsi: in Normandia faceva da sola con l’Asciutta a intimarle di sbrigarsi, ma, a lei, unica femmina - preziosa - in un mondo di uomini, nessuno aveva mai imposto di indossare la chemise, mentre si insaponava e si immergeva nell’acqua - mentre qui non riusciva a ricordare cosa era considerato moralmente indiscutibile, cosa vergognosamente provinciale e cosa salutare. 
L’unica cosa certa era che sarebbe stata una faccenda di acqua parecchio gelida.

Stancamente recuperò dalla sacca, un vestito leggero da casa, e con quello scivolò verso lo studio del Generale, con in mano la lettera che gli avevano intimato di consegnargli, ma lo studio era vuoto.

“Non c’è.” disse Oscar appoggiata allo stipite, poi aggiunse con aria di importanza, “Sta aiutando a decidere se inviare le nostre truppe ai Genovesi per l’invasione della Corsica o se invece è meglio comprarla.” il folletto biondo arricciò il nasino disgustato - comprare, un soldato non compra, un soldato combatte e conquista! “Io spero in una bella guerra!”

“Quando torna il Generale?” chiese Sigyn, con la vocetta seria, le mani strette intorno ad una lettera.

“Nostro Padre torna tra tre giorni. Mentre lui non c’è io posso cavalcare Fulmine e siedo al suo posto al tavolo dei grandi!” annunciò Oscar orgogliosa con un accenno - appena appena - di un sorriso. Timido.

Sigyn sorrise pure lei “Però!” disse con voce cortesemente ammirata - poi tornò a dirigersi verso la sua stanza con dei passettini lenti ed ondeggianti.

“Non vuoi cenare con noi?”

“Non ho fame.”

“C’è anche Joséphine.”

La ragazzina dai capelli rossi si voltò per guardare sua sorella, incredula. Era come se le dicesse A me? Vuoi fare questo a me?

Educatamente, le mani intrecciate dietro la schiena, come una religiosa, replicò: “Sono stanca sul serio, Oscar. Troppo.” Troppo per affrontare pure Joséphine e le sue domande puntute e piene di giudizi ed il processo che di sicuro sarebbe seguito, con lei crocifissa alla sedia dai chiodi delle buone maniere e dalle forchette del servizio buono - argento massiccio con un punzone discreto a testimoniarlo - “Vado dritta a dormire.”

“Non vuoi fare una partita a dama con André?” la tentò Oscar.

Sigyn scosse la testa e sparì per il corridoio.
 



Non seppe come era riuscita a spogliarsi, ma nella freschezza della chemise bianca di lino che odorava di lavanda le sembrò di essere nella sua stanza.  

La luna dalla finestra sembrava una fetta di mela di quelle di André - giocò con le dita e la prospettiva come se potesse stringerla nella mano, ritornando bambina, quando sognava di Fenrir, il lupo che ingoiava la luna e il Ragnarok era un mito che non le faceva paura.

Lo zio Antoine-Benoit quando era piccola e non riusciva a dormire le suggeriva sempre di contare greggi di lupi. I suoi lupi saltavano la luna con un sorriso ribaldo.
Ma stasera non le riusciva - i lupi erano troppo stanchi pure loro e forse stavano rintanati nel bosco dietro qualche cespuglio, con la coda sul naso.

Si sedette a gambe incrociate e prese lo scrittoio portatile di legno intarsiato, sistemandoselo sul ketto .

Caro Nonno,

Questo lo poteva scrivere perché era vero, da sempre e per sempre e quello che era successo non cambiava proprio niente.

il viaggio è stato buono.

Non era affatto vero, ma faceva niente, Joséphine avrebbe detto - forse - che se l’era meritato e poi lei non voleva mendicare le briciole e poi il Nonno ne sarebbe stato imbarazzato e alla fine sarebbe stato un imbarazzo sacrosanto.

Le molle dello zio Antoine-Benoit funzionano alla grande: sulla strada filavamo come il vento. E io sono tanto orgogliosa di lui.

Sentì che gli occhi le bruciavano e li chiuse. Ad un certo punto si era illusa che il Nonno fosse orgoglioso di lei. E che lo fosse lo zio Jean-Claude dalla voce profonda.
Ma evidentemente si era sbagliata.

Io vorrei solo sapere perché.

Fissò la riga che aveva scritto senza guardare - senza pensare - storta, ma autentica. Avrebbe potuto cancellarla, o strappare il foglio e ricominciare, ma quella era la strada facile, un lusso che non era concesso a tutti.

Non ti sto chiedendo di essere perdonata.

Bugie! Bugie! Tutte bugie!

Vorrei solo capire

Non era chiedere tanto, perfino Eva, scacciata dal Paradiso Terrestre seppe cosa aveva sbagliato - una cosa talmente complicata che i teologi nemmeno erano tutti d'accordo e ancora ci si accapigliavano - ma lei no. Doveva essere una cosa talmente ovvia, che il fatto che lei non ci arrivasse da sola la rendeva di certo doppiamente colpevole.

Sospirò.

Vorrei solo capire perché.

Le parole che avrebbe voluto dire la stavano soffocando.

Forse lo dovrei sapere da sola, ma non lo so.

Giuro che non lo so.

E non sono una scommettitrice fortunata - quando gioco a carte guardo le carte che ho e cerco di capire dove sono finite tutte le altre. Se posso, non tiro ad indovinare.

Sospirò sentendo che la gola le si stringeva. Peggio che un brutto raffreddore d’inverno.

Chiedere spiegazioni può sembrare irrispettoso. E forse lo è.
Oppure sciocco. E forse è anche questo.


Le spiaceva fare la figura dell’idiota, la figlia stupida di Madame Marguerite, la sorella stupida di tutto il mazzo delle Jarjayes, quella dell’invece. 
Oh Horthense è di una eleganza altera, e invece Sigyn… non che non sia elegante, però…
Oh Joséphine è di una classe incredibile, la Principessa del savoir faire, invece Sigyn… che poi lei proprio non lo capiva come fosse mai possibile che lei riuscisse ad essere, contemporaneamente, la brutta copia di ben altre cinque Jarjayes, mica di una sola!

Ma se non so perché, non so nemmeno come rimediare.

Guardò la frase a lungo - il succo era quello. Rimediare.

Tante delle cose che le insegnava l’Asciutta, con il permesso del Nonno, erano su come rimediare. A qualcosa di poco cotto o troppo cotto, o poco salato o troppo salato, o troppo colloso o poco lievitato, o incrostato, o macchiato di cera o d’erba. In una casa poteva andare storto di tutto, era più facile che fare giusto al primo colpo..

E lo zio Antoine-Benoit faceva le cose migliori di come erano, come le molle di NasoCorto, il loro coupé.

Lo zio approvava l’Asciutta e lo zio Antoine-Benoit. Forse avrebbe capito.

Quanto a lei, di più non poteva dire. Di meglio non ne parliamo nemmeno.

Aggiunse i saluti di rito - molto educati - asciugò in fretta l’inchiostro, ripiegò il foglio con gesti precisi e lo sigillò con la ceralacca. Poi mise via tutto con cura.
Alla fine si rintanò sotto le coperte, tremando per il freddo, esausta. Se le tirò fin sopra la testa, le ginocchia piegate al petto come un riccio - sentì che gli occhi le si riempivano di lacrime, che scendevano senza ritegno in un disastro disgustoso di moccio e di sale.
 



“Ma dorme ancora?” Oscar era perplessa.

André annuì. Avevano appena finito di duellare e si stavano versando della limonata fresca, i giustacuori abbandonati sull’erba, i primi bottoni del gilet slacciati sul jabot allentato, bianco ed austero, a loro agio l’uno con l’altro per via di abitudine, affetto e cameratismo. E anche per via di qualche balla raccontata l’uno per l’altra, ma soprattutto per la pazienza infinita di André per la sua peste.

“Dobbiamo dirlo a Nonnina? Secondo te, intendo...”

“Lascia stare.” mormorò André asciutto - stava pensando che sua Nonna risolveva la maggior parte dei comportamenti bizzarri facendo ricorso o ad un mestolo o ad un purgante. Aveva la sensazione che Sigyn non avrebbe affatto gradito nessuno dei due.

Oscar rientrò in casa e si infilò nella stanza di sua sorella, decisa, come se quella fosse una invasione.

“Pigrona! Dai svegliati… hai dormito tutto il giorno!”

Le rispose una specie di borbottio soffocato, ma Sigyn, nascosta sotto le coperte come un fantasma, non si mosse. Esattamente come le seggioline e lo scrittoio e la piccola libreria,

“Non vorrei dirtelo, ma se fossi un cavallo penseremmo di doverti abbattere…” nella voce baldanzosa di Oscar strisciava la preoccupazione. Di solito le persone morivano d’inverno, i bambini all’inizio, gli anziani alla fine, lo sapevano tutti e l’inverno era finito da un pezzo, ma sua sorella era strana, e stava crescendo e crescendo si acquisiva il diritto di morire in una stagione qualunque per una malattia qualunque.

Senza una ragione precisa, si sfilò gli stivali e scivolò nel letto accanto a lei - detestava essere toccata e non toccava mai per prima, così non abbracciò Sigyn, si limitò a starle accanto, annusando quel suo odore di menta e lavanda, sotto il velo appiccicoso del sudore e della polvere. seguendo il ritmo lento del suo respiro. C’era appena appena un po’ di tepore - la pelle sembrava fredda come un autunno - d’impulso la strinse, accorgendosi di essere più alta, poggiandole il mento tra i capelli.

“Non vieni a cena?”

“Ho sonno.”

Avrebbe voluto dire che non era vero e che, soprattutto, non era possibile, nessuno dorme tutte quelle ore, ma la voce le sembrò davvero stanca. Oscar finse di sistemarsi i capelli, ma in realtà ne approfittò per accarezzare quelli di sua sorella, stupendosi ancora una volta del colore così vivo, che non aveva nessuna di loro. Il rosso del clan dei Sisteron, come la Nonna, morta tanto tempo prima, quando suo padre aveva sedici anni, di lei solo dei ritratti in una moda di altri tempi. I Sisteron, gente di acqua e sale, dicevano, incapaci di cavalcare con stile - sacchi di patate. Suo padre, invece, non ne parlava mai.

“Domani mattina ti fai un bagno.” disse con voce severa.”Perché hai un odore disgustoso. Così spaventi i cavalli.”

Domani arriva il Generale, pensò, e allora tornerai a studiare con noi, e a far impazzire il precettore, e cucinerai i biscotti di nascosto, e giocheremo a carte e ad un certo punto andremo a fare il bagno al laghetto, tanto non sei proprio una femmina, c’è ancora tanto  tempo, e comunque ad André le donne non interessano affatto.

   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: tixit