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Autore: _Destinyan_    02/08/2017    2 recensioni
Inghilterra, 1945.
Antonio ha vissuto tutta la sua vita in un orfanotrofio, vorrebbe che la gioia trovata lì non finisse mai. Sarà però costretto a dover affrontare la realtà una volta capito che cosa significa crescere, conoscere il mondo... e affrontare qualsiasi tipo di viaggio pur di rivedere Lovino.
Genere: Angst, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Lovino rimase con le mani tra i capelli a piangere, non si aspettava che Antonio gli avrebbe detto una cosa del genere, non pensava che avrebbe detto delle cose del genere ad Antonio. Quando lo vide andare dalla parte opposta del paese sentì un tale senso di colpa che avrebbe voluto sparire per sempre. Se solo non fosse stato così stupido. In un certo senso lo aveva sempre saputo di essere innamorato di Antonio, ma fu tutto troppo improvviso che in quel momento andò nel panico. Aveva paura della reazione che Gilbert avrebbe avuto nello scoprire che per colpa sua, e soltanto sua, Antonio era andato via.
Avrebbe voluto che tutto quello non fosse mai successo, che non avesse mai detto quelle cose e pensò che, se fosse stato come Feliciano, forse lui e Antonio in quel momento sarebbero stati ancora abbracciati.
***
Il giorno successivo fu terribile, Lovino non riusciva a fare nulla, ma non avrebbe lasciato che gli altri capissero che era triste per via di Antonio. Nel pomeriggio Ludwig decise di voler andare a consegnare delle lettere per Feliciano, Lovino, che era seduto sulla poltrona nel salotto, detestava non poter sapere che cosa i due si dicessero. Distolse lo sguardo dal biondo e tornò a guardare annoiato verso il pavimento.
“Aspettami, ti accompagno, così passo a trovare Antonio!” La voce di Gilbert gracchiò e si sentì in tutto l’edificio. In quel momento Lovino alzò la testa velocemente e quasi si spaventò. Gilbert si voltò a guardarlo “Cos’è quella faccia?” chiese.
“Eh? Nulla.” Lovino scosse la testa. Quando vide i due uscire dalla porta si alzò in piedi e sentì il suo cuore battere all’impazzata, se tutti avessero scoperto che era solo colpa sua non lo avrebbero mai perdonato. Iniziò ad agitarsi e a girare per la sala, poi salì al piano di sopra e si sedette sul suo letto costringendosi a calmarsi. Attese il ritorno di Gilbert e sembrò durare una vita. Quando finalmente, dopo circa un’ora, sentì il campanello suonare e poi il portone aprirsi.
“Signorina Braginskaya, è successa una cosa orribile!” Era la voce di Gilbert che urlava al piano inferiore. Lovino sentì la testa girare, come avrebbe spiegato l’accaduto? Sentì dei passi per le scale, doveva essere la signorina che scendeva dalla sua stanza.
“Che succede?” chiese preoccupata, Lovino iniziò a sentire le voci ovattate. Dopo poco Ludwig lo chiamò dal piano inferiore. In quel momento l’italiano prese un lungo respirò e cercò di calmarsi. Uscì dalla porta e vide Ludwig sull’ultimo gradino.
“Lovino, vieni con noi in cucina, è successa una cosa.” Disse con la voce bassa. Annuì in risposta e fece come gli era stato detto.
In cucina trovò Gilbert e la signorina, affranti.
“Antonio è sparito.” Disse l’albino “Non posso crederci che lo abbia fatto.”
Lovino fece finta di nulla “Siete sicuri?”
“Il barbiere ha detto che ieri non si è presentato e in paese non lo ha visto nessuno.” Ludwig continuò a spiegare. La signorina Bragiskaya si stava mordendo le unghia e si aggiustava i capelli compulsivamente.
“Ragazzi, ora non agitatevi.” Disse lei guardando Gilbert. “Magari ci spiegherà questa sua scelta prima o poi.” Guardò verso Lovino, che doveva essere decisamente pallido e scosso in quel momento “Lovi, tesoro, sono convinta che Antonio stia bene, è solo andato a cercare il suo futuro da un’altra parte.”
Lovino annuì, cercando di non far notare nulla, Gilbert invece si rattristì e andò fuori di corsa.
“Gilbert! Gilbert, aspetta.” La signorina lo rincorse fuori dall’edificio mentre Ludwig e Lovino rimasero soli nella stanza.
“Che cazzo di situazione.” Lovino disse allontanandosi velocemente, sentendo alle sue spalle Ludwig sospirare rumorosamente.
***

“C’è una riunione alla cantina con gli altri membri della Resistenza!” disse il padre a bassa voce a sua moglie “Tu resta a casa con i bambini.”
Lei annuì e lo guardò preoccupata “State attenti.” Disse solamente, mentre l’uomo si alzava da tavola.
Il padre sorrise “Oh bella ciao, ciao, ciao.
 E se io muoio da partigiano tu mi devi seppellir
E seppellire lassù in montagna.”
La mamma rise “Va bene ora smettila, questa strofa è quella che preferisco di meno.” E scosse la testa. Lovino e Feliciano finirono di cantare la canzone e il padre rise.

 
La mamma, Lovino e Feliciano erano in casa, mentre il papà era fuori ed era pomeriggio.
“Vostro padre è andato a trovare una persona” Spiegò lei e Lovino annuì, non riuscendo a capire bene di cosa la donna stesse parlando. Qualcuno bussò alla porta, la mamma sembrava preoccupata e respirò profondamente. Si alzò e Lovino riuscì a sentire la voce del padre.
“Lascia stare, non voglio vedere mio padre mai più.”
“No, non ricominciare, finalmente dopo tutti questi anni-“
“Dopo tutti questi anni non è cambiato nulla, nulla!” poi guardò verso i due bambini, i quali sentendo il papà urlare si nascosero. “Non ricorda nemmeno come si chiamano i suoi nipoti.” Guardò affranto i figli e si abbassò per abbracciarli.


Lovino si svegliò all’improvviso. “Oh, no, no! Dovevo dormire ancora un pochino!” disse ad alta voce, svegliando così anche Ludwig che era nel letto accanto a lui.
“Tutto bene?” disse il biondo preoccupato.
“Lascia stare, non capiresti!” Lovino rispose imbronciato e Ludwig roteò gli occhi.
“Lovino, siamo rimasti solo noi due, perché non provi a trattarmi bene per una volta?” Gli occhi azzurri di Ludwig erano sempre troppo gentili nei suoi confronti. Lovino sbuffò.
“Senti, è una cosa che non capiresti. Penseresti che io sia pazzo.”
“Io lo so.” Ludwig sussurrò timidamente “Dei tuoi sogni so tutto. Me lo ha spiegato Feliciano.”
Lovino arrossì e non sapeva se essere arrabbiato con suo fratello o con il suo interlocutore “Dannazione, Feli!” strinse i pugni.
“Cosa hai sognato? Qualcosa di brutto?” Ludwig provò ad avvicinare il braccio.
“Lasciami stare, ho detto!” schiaffeggiò il braccio dell’altro.
Insistette “Io di guerra ne so qualcosa, posso darti una mano.” E sorrise.
Lovino in quel momento si lasciò andare, Ludwig poteva sicuramente tornargli utile. “Ho scoperto di avere un nonno in Italia, ma tu devi aiutarmi con altre cose.”
Ludwig annuì e Lovino continuò a parlare “Cos’è la Resistenza?”

***

Aprile, 1955.

Dopo quasi un mese si era ormai abituato alla vita di città, avrebbe voluto chiamare l’orfanotrofio più volte, ma non ricordava il numero. Antonio non aveva un lavoro fisso, aiutava diverse persone quando serviva una mano, andava a fare delle pulizie oppure decorava i giardini nelle case altrui. Non guadagnava molti soldi e non aveva quasi sempre un posto dove dormire, ma facendo amicizie e lavori, assunse una certa nominata. Molto spesso si ritrovava con diverse ragazza che gli facevano la corte, tutte ben vestite, con vestiti e gonne svolazzanti, ma Antonio aveva in testa solo Lovino e non sarebbe andato via facilmente. Nessun ragazzo gli sembrava affascinante quanto lui e non riuscì a legare molto con nessuno. Si sentiva in colpa per aver abbandonato senza preavviso Gilbert, non avrebbe dovuto comportarsi così.

Passò davanti alla solita edicola dove prendeva il giornale. Un piccolo edificio che apparteneva ad un signore sulla cinquantina e a sua figlia. Aveva conosciuto i proprietari perché li aiutò a vendere i giornali una mattina, fu uno dei suoi primi lavoretti. Entrò nel negozio e la campanella suonò.
“Buongiorno Antonio!” disse l’uomo baffuto dietro il bancone.
“Oh, buongiorno!” Rispose lui sorridendo “Come va?”
“Non ci si lamenta.” Disse guardandolo attraverso gli occhiali a mezzaluna. “Sai una cosa, mia figlia non fa altro che parlare di te. L’ho sentita spettegolare con le sue amiche!” alzò le spalle. “Vuoi il giornale?” chiese alla fine sorridendo.
Antonio quella mattina prese una decisione improvvisa “Oggi no, vorrei dei francobolli e una busta per le lettere.”
L’altro rise sotto i suoi baffoni grigi “Scrivi alla tua fidanzata?”
Antonio arrossì “No, no, solo a dei vecchi amici.” Prese le cose acquistate e uscì dal negozio. Ora doveva trovare un modo per spiegare alla signorina e a Gilbert la sua decisione.

***

Aprile, 1955.

Gilbert andò accanto a Lovino e spense la radio. “Antonio ha mandato due lettere oggi.” Disse.
Lovino alzò le spalle. “Cosa dicono?” si sedette composto sulla poltrona.
“In una spiega a tutti perché è andato via…” Lo guardò negli occhi e Lovino deglutì. Sperava che Antonio non fosse stato così imbecille da scrivere la verità. “L’altra non l’ho letta.” Gilbert scosse la testa e porse la lettera ancora chiusa all’italiano. “Questa è indirizzata a Lovino Vargas.”
Lovino arrossì e prese la lettera.
“Tieni, leggi anche questa.” Gli diede anche l’altra che invece era aperta. Si allontanò e corse dalle bambine che lo stavano chiamando per giocare con loro.
Lovino lasciò quella per lui per ultima, aveva troppa paura per leggerla.
 
Carissimi amici e Signor. Katyusha.,
Vi scrivo per dirvi di non preoccuparvi perché sto bene. Non ho ancora una casa precisa, dormo un po’ dove mi capita.
Mi scuso con tutti voi, in particolare con Gilbert che si era così impegnato per me. Mi dispiace tantissimo, ma ho deciso di voler andare via per motivi che non posso spiegarvi ancora. È come se un impeto mi avesse detto di andare per la mia strada e fare da solo.

Credetemi sto benissimo.
Vi voglio bene.
Saluti, Antonio.

 
“Non pensavo sapesse scrivere ‘impeto’” pensò Lovino. Girò la lettera e trovò disegnati dei cuoricini e si mise a ridere. Era tipico di Antonio. Guardò l’altra lettera, prese coraggio e iniziò a scartarla.
 
Per Lovino,
Se non siete lui… vi prego di non continuare a leggere, è una cosa troppo personale.

Lovi, scusami per quello che ti ho detto, sono stato uno stupido. Sappi che mi dispiace che ci siamo salutati in quel modo, siamo grandi amici e io non vedo l'ora di rivederti.
Magari la prossima volta non sarà un giorno piovoso e non mi guarderai andare via dalla finestra mentre sono sotto la pioggia.
Vediamoci in un giorno soleggiato e stavolta ti prometto che non dirò nulla che tu non voglia sentirti dire e non mi vedrai andare via.

Spero tu capisca,
Antonio.

 
Lovino non si aspettava una cosa del genere, arrossì mentre la teneva ancora in mano. Era troppo imbarazzante dire ad Antonio che anche lui voleva rivederlo. Iniziò a tamburellare con le dita sulla lettera e la portò con lui al piano di sopra. La nascose nel suo baule e si mise a guardare il paesaggio fuori la finestra. L’unica cosa che poteva fare era aspettare altre lettere o aspettare che Antonio andasse a trovarlo.

***

Luglio, 1955.

Lovino si sentì scosso al braccio e quando aprì gli occhi trovò il volto di Ludwig, con ancora i capelli scompigliati e la frangia abbassata.
“Ti accompagno in biblioteca per quelle ricerche.” Disse in tono molto serio, ma anche gentile.
“Ma… che ore sono?” chiese Lovino ancora stordito e spostò lo sguardo verso l’orologio nella stanza. Erano le 6. “Ludwig, è ancora presto.”
“Sì, ma dobbiamo iniziare a stilare una lista delle cose che dobbiamo cercare, devi spiegarmi i sogni e…” continuò a spiegare tutto quello che c’era da fare quasi con una voce robotica.
Lovino roteò gli occhi e si accasciò sul cuscino “Zitto e fammi dormire.”  Ad un tratto si sentì afferrare al fianco e alla spalla. “Che cazzo?!” esclamò Lovino che nel frattempo era stato sollevato con forza da Ludwig. “Ehy, mettimi giù!” si infuriò.
Ludwig fece come gli era stato detto e lasciò di colpo il ragazzo facendolo rimbalzare più volte sul letto cigolante. Lovino con gli occhi sbarrati e terrorizzato guardò verso il tedesco.
“Dio mio, ma sei impazzito?”
“Su, sbrigati a prepararti.” Disse con una voce da comandante. Lovino fece come gli era stato detto, anche se riluttante. Non poteva crederci di aver chiesto aiuto a Ludwig.

Lovino gli disse tutte le cose che ancora non si era spiegato in tutti i suoi sogni, gli spiegò quest’ultimi dicendogli che si incentravano tutti sulla madre e sul padre, sugli avvenimenti in Italia mentre c’era la guerra.
“Quindi tuo padre… non è mai partito per la guerra?” Ludwig chiese alla fine.
“No, non credo.” Lovino rispose “Non ci avevo mai pensato.”
Ludwig sembrò molto interessato “Quindi cosa faceva?” e a questa domanda Lovino ancora non trovava risposta.

Dopo aver stilato quella lista fecero colazione con gli altri bambini, che si alzarono un’ora dopo. Non dissero alla signorina o a Gilbert perché si erano svegliati così presto, ma dissero di voler andare in biblioteca in mattinata e verso le 8:30 si avviarono.
“Pensi ci siano libri sulla guerra? Dopo tutto non è stato molto tempo fa.” Lovino disse un pochino preoccupato su quello che stavano per fare.
Ludwig alzò le spalle “Certo, ovvio che ci sono.”
Erano rare le volte in cui Lovino usciva in paese, non andava quasi mai a fare le commissioni lasciava sempre a Ludwig o a Gilbert tutto il lavoro. In effetti Ludwig conosceva quasi tutte le strade, mentre lui ricordava solo quella per il parco e quella per la chiesa perché era dove la signorina li portava di solito. Quando arrivarono davanti la biblioteca Lovino rimase un pochino deluso, si aspettava un edificio più grande. La biblioteca aveva due piani, dall’esterno era fatta di mattoni e sembrava molto vecchia. All’intero il signore e la signora dietro il bancone li salutarono con un cenno, dovevano conoscere Ludwig (almeno così pensò Lovino).
“Dove sono le cose che cerchiamo?” chiese Lovino trovandosi davanti tutti quei libri.
“Nella sezione apposita.” Ludwig indicò verso una parte di uno dei grandi scaffali.
“Oh!” esclamò Lovino. Si avvicinò e prese tutti i libri che potevano essergli utili. Prese moltissimi libri tutti insieme e traballò un pochino.
“Aspetta, li porto io!” disse Ludwig, ma Lovino subito si allontanò e rispose a tono.
“No, faccio da solo.” Stizzito si allontanò e poggiò tutto su un tavolo. Guardò i libri e si rese conto che non sapeva da dove partire, erano davvero troppe cose.
“Potresti iniziare a leggere qualcosa sulla guerra in generale.” Suggerì Ludwig “Poi magari passare alla guerra in Italia.”
“Sapevo benissimo da solo da dove cominciare” rispose aprendo un libro. Quando si accorse di aver sbagliato albo si assicurò prima di imprecare a voce alta e poi di cambiare libro. Ludwig rispose con un sospirò e una mano davanti al viso.

Passò almeno un’ora e Lovino sembrava divertirsi a leggere tutti quei libri. Quando leggeva qualcosa che poteva tornagli utile lo appuntava sul suo solito taccuino che ormai era pieno di scarabocchi. Ludwig nel frattempo leggeva libri diversi sempre riguardanti la guerra, voleva essere d’aiuto, in realtà a Lovino non dispiaceva essere aiutato, ma era troppo orgoglioso per ammettere una cosa del genere, soprattutto se si parlava di Ludwig. Mentre leggeva alcuni libri finalmente trovò la cosa più importante e iniziò a leggere a voce alta. “La Resistenza italiana o Resistenza partigiana fu l'insieme dei movimenti politici e militari che in Italia si opposero al nazifascismo nell'ambito della guerra di liberazione italiana.” Lovino leggeva interessato e con voce bassa per non disturbare le altre persone in biblioteca “Mio padre faceva parte di questo movimento.” Esclamò guardando il biondo accanto a lui.
“D-davvero?” Ludwig rispose incredulo “Tuo padre combatteva contro il fascismo?” continuò a bassa voce.
Accanto alla parola “Partisian” sul libro Lovino vide la parola “Partigiano.”
“Io credo di aver capito.” Disse l’Italiano sentendosi stranamente eccitato. Iniziò a leggere a voce alta “I partigiani erano i combattenti armati che non appartenevano  ad un esercito, ma ad un movimento di resistenza e che solitamente si organizzava in bande o gruppi.” Lovino in quel momento si fermò e pensò a tutti i suoi ricordi. Quando il padre si nascondeva, quando di notte spariva in lunghe spedizioni, ricordò anche degli uomini tedeschi ai quali non poteva dire nulla riguardo i suoi genitori. Distolse lo sguardo dal libro e iniziò a canticchiare con lo sguardo perso nel vuoto.


Stamattina mi sono alzato
oh bella ciao, bella ciao
bella ciao, ciao, ciao
stamattina mi sono alzato
e ho trovato l'invasor.

Oh, partigiano, portami via
oh bella ciao, bella ciao
bella ciao, ciao, ciao
oh partigiano, portami via
che mi sento di morir.

[…]
È questo il fiore del partigiano
morto per la libertà.”


Ludwig lo guardò preoccupato, poi però sorrise lievemente. “Lovino, ce l’abbiamo fatta.”
Lovino non riusciva a crederci che aveva finalmente capito, ora anche quella canzone che continuava a risuonargli nelle orecchie aveva un significato. Guardò verso l’orologio e si accorse che ormai era tardi “Ora dobbiamo tornare.” Disse alzandosi e iniziando a posare i libri. Prese il taccuino con tutti i suoi appunti e pensò di dover scrivere con urgenza a Feliciano. Pensò però che mancava ancora una cosa. Il nonno. Non sognava nulla che lo riguardasse da almeno un mese, sperava davvero di riuscire a trovare qualche informazione, se quell’uomo fosse stato ancora vivo lui e Feliciano sarebbero potuti andare in Italia e riunire quella parte di famiglia che gli restava.
“Devo tornare ancora” Lovino disse a Ludwig mentre uscivano e si dirigevano verso l’orfanotrofio. “Però devo prima fare altri sogni.”
L’altro sembrò confuso, ma annuì facendo finta di nulla.

***

“Cosa siete andati a fare in biblioteca?” Gilbert gracchiò a Lovino e Ludwig, che erano in strada, poggiato al cancelletto dell’orfanotrofio.
“Nulla che ti interessi.” Lovino disse freddo entrando nel cortile. Gilbert rise un pochino e alzò le spalle. Ludwig rimase fuori a parlare con il fratello, Lovino sperava davvero che non gli dicesse nulla. Quando entrò dentro trovò la signorina Braginskaya che apparecchiava e i bambini che le correvano intorno. Lovino non riusciva a credere che un tempo anche loro erano tutti così.
“Oh, Lovi, sei tornato.” Disse lei sorridendo e cercando di poggiare un piatto sul tavolo senza urtare una delle bambine. “Cosa avete fatto?”
“Nulla, davvero.” Lovino alzò le spalle e prese alcuni piatti dalle mani della signorina e le diede una mano.
Continuò a parlare dolcemente “Mi fa piacere che ora tu e Ludwig siate amici.”
“Non siamo amici.” Rispose subito, quasi offeso. La signorina lo guardò dispiaciuta.
“Comunque tesoro, è arrivata una lettera.” Disse lei indicando il cassetto del mobile nella sala da pranzo “L’ho messa lì dentro, è da parte di Feliciano.”
“Grazie.” Lovino lasciò il lavoro alla signorina, prese la lettera e corse di sopra.
Quando arrivò in camera lasciò la porta aperta senza rendersene conto e iniziò a scartare la busta una volta arrivato sul suo letto.

“Caro Lud”

Lovino si fermò subito, aveva aperto la lettera sbagliata, quella era per Ludwig. Quindi voleva dire che Feliciano si era preoccupato di scrivere solo a Ludwig e non a lui. “Quel bastardo.” Borbottò e continuò a leggere, magari avrebbe potuto approfittarne per prendere un pochino in giro Ludwig.
Scusa se rispondo tardi alla tua lettera. Come va nell’orfanotrofio? Spero che Lovino stia bene ora che Antonio è andato via.
Spero anche io che prima o poi ci rivedremo, anche se non so come potremmo fare.
Sarei contentissimo di poterti invitare a casa, ho dei fiori bellissimi nel negozio che ti piacerebbero. Anzi, alcuni mi ricordano addirittura te, sembra strano non credi?

Comunque riguardo quello che ci siamo scritti l’ultima volta… io ero davvero sincero. Mia mamma dice che sono abbastanza grande per una relazione, ma non so come dirle che non sono le ragazze ad interessarmi, ma tu. Immagino tu avrai lo stesso problema con Gilbert, mi dispiace.
A presto, Feli.”

Quando finì di leggere la lettera Lovino iniziò a ridere, non riusciva a crederci di aver letto una cosa così smielata. La risata si fermò quando si rese conto di quello che aveva letto. Feliciano e Ludwig… erano innamorati? Spalancò gli occhi e ne rimase inorridito, non si aspettava certo una cosa simile. Mise la lettera di nuovo della busta e cercò disperatamente una soluzione per non farla sembrare già aperta. “Porca putt-“
“Lovino.” Una voce forte e affannata lo chiamò e lo interruppe. Quando il ragazzo alzò lo sguardo vide Ludwig davanti la porta e la chiuse di colpo. Lovino si spaventò e lanciò la busta sul letto allontanandosi.
“Hai letto?” Ludwig chiese tutto rosso.
“…No?” Lovino rispose mettendosi le mani in tasca. Si stava davvero spaventando, se Ludwig si fosse arrabbiato avrebbe addirittura potuto rompergli un braccio. Invece non successe nulla del genere, il biondo si avventò sulla lettera e se la mise in tasca.
“Ti prego, non dire nulla.” Fu l’unica cosa che disse pregandolo e Lovino scosse la testa.
“Spiegami una cosa…” iniziò lui a bassa voce.
“Sì, è tutto vero.” Ludwig rispose prima che l’altro potesse finire di parlare “Ridi se vuoi.”
Ma non lo fece. Lovino rimase a guardarlo serio, lui sapeva che cosa stava passando. Anche lui non poteva certo dire di essere innamorato di Antonio. Però si fece scappare un “Ti capisco.”
“Non c’è bisogno che tu dica così.” Ludwig alzò le grandi spalle e si lasciò cadere sul letto.
“Credimi.” Lovino disse con voce ferma “Capisco fin troppo.” E si affrettò ad uscire dalla stanza.

***

Gennaio, 1956

Caro Lovi,
Ti scrivo ancora una volta, sperando che tu non abbia già dato fuoco alla lettera solo vedendo da chi è indirizzata. Stavo pensando che l’anno prossimo Ludwig compirà 18 anni, quindi lui e Gilbert andranno via come hanno sempre desiderato. Mi dispiace tanto averti lasciato da solo. Magari tu adesso ti sarai anche trovato una fidanzata, ormai hai quasi 16 anni, dovrei davvero voltare pagina, non credi?
Antonio

I testi delle poche lettere che Antonio mandava erano quasi tutti così. In cui si scusava con Lovino, il quale non aveva nessun modo per contattarlo o per fargli sapere che non ce l’aveva con lui. La cosa che lo rattristava di più era che non ci fosse nessun modo per parlare con Antonio ancora una volta.

***

Giugno, 1956

Per quasi un anno intero Lovino non aveva più sognato nulla sul nonno, avrebbe tanto voluto saperne di più. Voleva almeno scoprirne il nome, oppure cosa facesse nella vita. Feliciano ovviamente non era di nessun aiuto, dato che lui non aveva mai fatto sogni del genere.
Aveva ancora due anni di tempo prima di andare da suo fratello, entro quei due anni era convinto che avrebbe sognato almeno una sagoma o qualcosa che lo rimandasse al nonno. Era frustrante.
Con Ludwig tornò spesso in biblioteca a leggere e scoprirne di più, ormai aveva una grande cultura su tutto quello che riguardava l’Italia e aveva la certezza che ci sarebbe andato. Immaginava spesso come sarebbe stata la sua vita in Italia (Anche se la lingua ormai non la ricordava così bene) insieme a Feliciano e a suo nonno, però quando si trovava a fantasticare su questo suo futuro Antonio era sempre presente. Alcune volte sognava solo lui e Antonio insieme, altre volte la sua famiglia e Antonio. In qualche modo i suoi pensieri giravano sempre intorno a lui e la cosa a volte lo infastidiva.

***

Febbraio, 1957

Lovino rimase sul ciglio della porta Ludwig e Gilbert allontanarsi con i loro bagagli. La signorina gli augurò tutte le migliori cose e a lui non rimase nulla da dire se non un misero “ciao.” Eppure Gilbert si emozionò talmente tanto che gli saltò al collo piangendo. Ludwig rimase composto come al solito, ma regalò a Lovino un ultimo sorriso. “Andrai a trovarlo?” gli chiese l’italiano che stava parlando di suo fratello.
“Credo di sì, almeno ci proverò.” Rispose arrossendo.
“Capisco.” Si strinsero la mano.
I due fratelli si diressero verso la fermata dell’autobus. Tutti i bambini li seguirono fino al cancello urlando saluti di tutti i tipi, cantarono addirittura qualche canzone per salutarli. Lovino incrociò le braccia e entrò dentro, quando si voltò trovo gli occhi della signorina affranti che lo osservavano. Salì le scale di fretta e andò a sdraiarsi sul suo letto. Iniziò a guardare il vuoto per alcuni minuti pensando al fatto che ormai era rimasto completamente solo, però quella volta si ripromise di non piangere.

***

Febbraio, 1957

Il cielo era nuvoloso quando Antonio si svegliò. In quei giorni stava dormendo in una piccola camera in affitto, ma molto probabilmente sarebbe andato via presto (appena avrebbe trovato un nuovo impiego). Uscì come al solito in mattinata, stette attento a coprirsi bene, alla radio aveva sentito che in quei giorni avrebbe fatto ancora più freddo. Per prima cosa si recò nella solita edicola, dove questa volta al bancone incontrò la figlia del proprietario.
“Buongiorno Antonio!” disse quella entusiasta di vederlo “Fa freddo oggi?”
“Già.” Antonio rispose facendo spallucce. Prese il giornale e si affrettò a pagare.
“Dove sei diretto adesso?” chiese lei in modo gentile mentre giocava con i suoi capelli rossi.
“Oh, sto andando in cerca di qualcosa da fare.”
“Posso aiutarti io se vuoi.” Disse sorridendo “Un amico di vecchia data, che è il proprietario di una libreria nei dintorni, ha detto di star cercando qualcuno disposto ad aiutarlo a montare degli scaffali o qualcosa del genere.” Finì in modo vago.
“Davvero?” Antonio esclamò sorridendo “Dove si trova la libreria?”
“Aspetta ti scrivo l’indirizzo su un foglio.” Si abbassò e iniziò a scrivere “Tieni.” Gli porse il biglietto “Digli che ti manda Beth.”
“Grazie mille!” Antonio le regalò un sorriso smagliante e lei continuò ad arricciarsi i capelli. Lui corse verso la porta, ma la ragazza lo chiamò.
“Una volta mi dicesti che compi gli anni a febbraio, vero?”
“Sì.” Annuì tranquillo. “Il 12.”
“Oh ecco, e quanti anni compi di preciso?” continuò curiosa.
Sorrise “Venti.” E iniziò a ricordare all’improvviso tutti i compleanni passati all’orfanotrofio e finì con il pensare ancora una volta a Lovino, dopodiché sentì lo stomaco in subbuglio e dovette fermare la sua mente.
“Allora ci vediamo.” Si affrettò ad uscire e la ragazza lo salutò ridendo.
 
Raggiunse finalmente la libreria, aveva uno stile antiquato, ma Antonio la trovò carina. In vetrina c’erano tantissimi libri esposti, di vario genere e riuscì ad intravedere i vari scaffali con file di libri. Entrò nel negozio e quando mosse la porta suonò il campanellino.
“Uhm, buongiorno.” Si schiarì la voce “Sono Carriedo, mi manda Beth, mi ha detto che cerca una mano…”
Si guardò attorno e non vide nessuno. “C’è qualcuno qui?”
“Sì, sono qui dietro. Tra un attimo sono da lei!” sentì una voce un po’ nasale urlare oltre gli scaffali. “Questi dannati ragazzini che non mettono mai i libri in ordine alfabetico!” continuò a borbottare la voce “Al diavolo!” alla fine sentì imprecare dopo un sonoro rumore di libri che cadevano. Antonio si aspettava un vecchietto, di quelli che se la prendono con la gioventù per qualsiasi cosa, vestito sempre con giacca e cravatta, magari con degli occhiali poggiati su un lungo naso aquilino. Rise fra sé e sé.
“Scusi se l’ho fatta aspettare.”
Alzò lo sguardo e trovò quello che doveva essere il proprietario. Dopo un attimo di realizzazione Antonio sgranò gli occhi. Il ragazzo aveva circa la sua età, capelli biondi un po’ arruffati, occhi verdi spalancati per la sorpresa, slanciato e… con delle sopracciglia enormi.
“Arthur?!” Antonio esclamò sorpreso.
Il ragazzo rispose incredulo “Antonio… sei proprio tu?” 






---Angolo dell'autrice---
Non se sia davvero necessario ad ogni capitolo, lol. 
Wow, qui da me ci sono 40° gradi all'ombra e in casa mia non abbiamo il condizionatore, alla grande. 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, lasciate come al solita una recensione se volete ;; Al prossimo capitolo (sto anche scrivendo la fanfic Gerita nel frattempo, impazzirò)
   
 
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