Videogiochi > Final Fantasy VII
Segui la storia  |       
Autore: Red_Coat    02/08/2017    1 recensioni
Genesis.
La mia vita, per te.
Infinita rapsodia d'amore
__________________________________________
DAL TESTO:
Un bagliore accecante invase la grotta, ed io capì che l'avevo raggiunta appena in tempo. Alzai gli occhi, e vidi uno splendido angelo con una sola ala, immensa, nera e maestosa, planare dolcemente su una roccia. Rimasi incantata, con gli occhi pieni di lacrime, a fissare la sua sagoma, fino a che non mi accorsi che i suoi occhi verdi come l'acqua di un oceano di dolore e speranza seguitavano a fissarmi, sorpresi e tristi.
Fissavano me, me sola, ed in quel momento mi sentii morire dal sollievo e dalla gioia
" Genesis! " mormorai, poi ripetei il suo nome correndogli incontro
C'incontrammo, ci abbracciammo. Mi baciò.
Ed io, per la prima volta dopo tanto tempo, piansi stretta a lui.
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genesis Rhapsodos, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Vincent Valentine, Zack Fair
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo | Contesto: Più contesti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo XXII


///Flashback///
 
-Genesis!-
 
Il giovanissimo Angeal Hewley smise per un momento di correre e si guardò intorno, in ansia, scrutando attentamente ogni cosa attorno a sé e rivolgendo particolare attenzione agli alberi di banora bianche che si piegavano a proteggere con la loro ombra l’inizio del sentiero di terra battuta che attraversava tutto il loro villaggio, e a tutti gli altri possibili nascondigli che potevano rivelarsi utili al gioco che stavano facendo.
Lo odiava, quel gioco. Ma a Genesis piaceva e così per farlo contento aveva deciso di accettare di partecipare, visto che quel giorno era appena iniziato e sembrava non voler passare mai.
Si erano ritrovati dopo colazione, di fronte a casa del rosso, e avevano dapprima iniziato a giocare a palla (era stato lui a proporlo), poi Genesis si era scocciato e allora ecco l’idea.
 
-Giochiamo a nascondino!- aveva esclamato entusiasta.
 
Hewley aveva storto il naso.
 
-No.- aveva brontolato –Non mi va.-
 
Rhapsodos lo aveva guardato rivolgendogli un’espressione furbescamente divertita, inclinando appena il capo da un lato.
 
-E dai, Angeal …- lo aveva quindi supplicato, stringendo di più le labbra e piegando all’ingiù quello inferiore –Io ti ho fatto contento, fallo tu con me adesso. Per favoreee!-
 
Portandosi dietro di lui e abbracciandolo.
 
-No, non voglio.- aveva invece insistito lui, scurendosi –Alla fine vinci sempre tu, e mi fai spaventare! Odio gli scherzi che mi fai!-
-Giuro che stavolta non lo faccio.- aveva promesso allora l’altro, saltando di fronte a lui e posando una mano chiusa a pugno sul cuore, e il dito indice e medio dell’altra incrociate dietro la schiena.
 
Lui gli aveva creduto, e ora ecco che si trovava di nuovo inevitabilmente in quella situazione.
Era letteralmente passata quasi un’ora da che lo stava cercando, era talmente nervoso e preoccupato da voler soltanto arrendersi, cadere in ginocchio lì dov’era e piangere disperato.
Ma resistette, e alzando gli occhi al cielo esclamò, stufo.
 
-Dai, Genesis! Vieni fuori, mi sono seccato! Io non gioco più, te l’ho già detto.-
 
Ma non ci fu risposta, solo il canto degli uccelli e delle cicale e il leggero fruscio della brezza del mattino tra le fronde degli alberi. E allora la disperazione e la frustrazione raggiunsero il loro culmine e lui abbassò il volto, gli occhi lucidi di lacrime, stringendo i pugni lungo i fianchi.
Ma proprio nel momento in cui la prima lacrima solcò le sue guance arrossate qualcosa lo colpì alla nuca, facendolo sobbalzare per lo spavento e il dolore.
 
-Ahi!- esclamò, coprendosi con una mano la testa e cercando di capire cosa lo avesse colpito.
 
Non ci mise molto, in realtà.
Gli bastò guardare avanti alle suole consumate delle sue vecchie scarpine marroncine per vedere una mela rotolare davanti ad esse, e quando alzò gli occhi verso su sentì l’inconfondibile risata del suo amico raggiungere le sue orecchie, e lo vide rotolare divertito mentre seduto su un robusto ramo se ne stava lì ad osservando, le gambe penzoloni e le mani ora appoggiate sul legno.
 
-Genesis, mi hai fatto male!- protestò a quel punto, scoppiando a piangere coprendosi il viso con le mani.
 
Se ne vergognava un po’, ma non poteva farci nulla. Genesis sapeva sempre come portarlo all’esasperazione e fargli fare queste figure, maledetto!
E dire che dopo dieci anni di vita insieme avrebbe dovuto imparare a sapere come trattarlo, ma sembrava non essere mai abbastanza.
 
-Dai, piagnone!- lo canzonò a quel punto il rosso, intenerito, balzando giù e accorrendo a stringerlo forte –Non fare così, era un gioco. Dove pensavi che fossi?-
-Mi sono spaventato!- si ribellò Angeal, tra le lacrime, stringendosi di più all’amico –Ho avuto paura che ti fosse successo qualcosa. Lo sai che non mi piace nascondino, proprio per questo!-
 
Genesis sorrise. Da quando suo padre era morto stroncato da un infarto, appena quasi dieci mesi addietro, Angeal era diventato ancora più spaventato dalla vita del solito, più responsabile di prima.
Alcuni scherzi non poteva più farglieli, li prendeva troppo sul serio.
Ma erano gli unici due bambini in un piccolo villaggio sperduto tra le colline di un’isola, qualcosa dovevano pur trovarla per non annoiarsi.
Da adesso in poi avrebbe di sicuro dovuto trovare qualcos’altro però, quegli scherzi non erano più tanto divertenti.
 
-Va bene, scusami.- rispose quindi, sciogliendolo e asciugandogli le lacrime con una mano, sorridendogli –Smettila adesso però, così mi fai sentire in colpa.- ridacchiò poi, vedendo che la situazione non migliorava.
 
Hewley scosse la testa, tornando a singhiozzare più forte di prima e abbandonandosi seduto a terra, il viso basso e gli occhi chiusi.
 
-Non ci riesco!- rispose, annaspando disperato e scuotendo più volte la testa –I-Io … non ce la faccio!- ribadì, tornando poi a guardarlo e concludendo, tirando su col naso –Scusami, non ce la faccio!-
 
Genesis lo osservò attentamente per qualche attimo, in silenzio.
Quindi tornò a sorridere, prese una piccola banora bianca dalla tasca del pantaloncino che indossava e dopo averla pulita per bene usando la manica del suo maglioncino rosso gliela porse, continuando a sorridergli e scoccandogli un occhiolino.
 
-Tieni.- disse soltanto.
 
Hewley smise quasi all’istante di lamentarsi, fissando il frutto con occhi gonfi e senza riuscire a nascondere il desiderio.
Come … come faceva a sapere che aveva fame?
Lo fissò, spostando lo sguardo dalla sua mano ai suoi occhi.
Poi scurendosi decise di rifiutare, giusto così, per una questione di principio e dignità.
 
-Non mi va, adesso.- lo respinse, voltando di lato il viso e dandosi un tono.
 
Rhapsodos ridacchiò.
 
-Dai, non fare il musone, adesso.- ripeté divertito -Prendila.- afferrandogli una mano e appoggiandogli il frutto nel palmo.
 
Quindi, mentre l’altro iniziava a mangiare dopo averlo ringraziato con un filo di voce, gli si sedette accanto, stringendo le ginocchia tra le braccia e osservando i rami che ricoprivano il cielo azzurro, proteggendoli dalla luce calda e forte del sole estivo.
Rimasero per un po’ in silenzio, anche dopo che il moro ebbe finito la sua colazione.
 
-Angeal …- esordì ad un certo punto Genesis, tornando a guardarlo.
 
L’altro voltò la testa verso di lui, dalla posizione supina in cui si trovava. Si era disteso sul soffice manto d’erba che ricopriva il bordo del sentiero, per godersi meglio il panorama e quel sottile venticello rinfrescante mentre attendeva che anche l’amico facesse lo stesso dal canto suo.
“Quando saremo grandi, facciamo che non cambieremo mai?”
Ecco ciò che avrebbe voluto chiedere Rhapsodos ora, al suo migliore amico. Era il momento perfetto. Ma … forse lo era anche troppo, per essere rovinato di nuovo dalla tristezza.
 
-Mh?- chiese il diretto interessato, impensierito da quel suo lungo silenzio assorto.
 
E a quel punto Genesis tornò a sorridere, scosse il capo e tornando a rivolgerli uno sguardo sereno propose, decidendo di seguire il suo istinto.
 
-Ti va … d’imparare a leggere?-
 
L’amico lo guardò stranito.
 
-Voglio dire … tu sai leggere? I tuoi te lo hanno insegnato?- si affrettò ad aggiungere, temendo di essere risultato troppo stupido.
 
Hewley ci pensò su per qualche istante, rialzandosi e mettendosi a sedere.
 
-Mamma aveva incominciato.- rivelò –Prima che morisse papà. Poi però ci siamo fermati.
L’alfabeto lo so però … fino alla m.- ammise, abbassando il volto un po’ imbarazzato.
 
Sul volto del rosso si dipinse un’altra espressione contenta.
 
-Allora potrei finire di insegnartelo io.- propose –Vuoi? Leggiamo insieme, qualche volta.-
 
Angeal sorrise, poi appoggiò le mani sul terreno all’altezza delle spalle, e rilassando la schiena buttò il capo all’indietro, puntando sognante gli occhi verso gli sprazzi di cielo che facevano capolino da dietro il verde e il viola che lo nascondevano.
 
-Mh, perché no?- chiese –Si, sarebbe divertente.- acconsenti –Ma quando?- replicò, tornando a guardarlo serio.
 
Genesis lo imitò, assumendo la sua stessa posizione e guardando avanti a sé, fiducioso ed eccitato.
 
-Potremmo fare anche oggi pomeriggio, dopo mangiato.- propose, aggiungendo fiero -A casa mia, abbiamo tanti libri!-
 
Sorrisero entrambi, allietati da quell’idea che all’improvviso sembrò loro la più bella che avessero mai potuto avere. Finalmente qualcosa da fare che non avrebbe fatto piangere o annoiato nessuno.
Almeno per i primi tempi. E poi … Angeal ripensò a suo padre, e a quanto avesse voluto prima che quell’infarto lo stroncasse che il suo unico figlio trovasse il suo posto nel mondo e avesse il sufficiente livello di cultura per riuscire a farcela.
Era stato lui che aveva avuto l’idea di insegnargli a leggere, in assenza di una scuola vicina.
Genesis invece aveva avuto un maestro privato che veniva direttamente da Midgar e gli aveva insegnato i fondamenti di molte altre cose, oltre alla lettura.
Matematica, storia, geografia e anche arte e musica.
Era … era anche per quello che suo padre negli ultimi tempi aveva deciso di lavorare instancabilmente, fino allo sfinimento. Avrebbe voluto avere abbastanza soldi per riuscire a dare anche a suo figlio quello che i Rhapsodos avevano dato al loro.
Ma, per quanto riguardava Angeal … lui sarebbe stato stracontento se solo lo avesse avuto ancora accanto.
E ora, anche se non c’era più, aveva l’opportunità di renderlo felice.
Sorrise, gli occhi nuovamente lucidi ma stavolta di un sentimento molto diverso dalla paura o dall’angoscia.
 
-Okkey.- replicò, annuendo deciso –Facciamolo.-
 
E a quel punto Genesis Rhapsodos, ridacchiando felice, stabilì scherzoso.
 
-Così sia. Ma ti avverto, sarò un maestro severo.- lo minacciò senza riuscire ad essere troppo serio.
 
Ma fiero di poter essere d’aiuto in qualche modo al suo migliore amico, e trascinando entrambi in una risata serena e sinceramente divertita che si elevò fino a toccare il blu sgombro da nuvole.
Non ce ne sarebbero state, ancora per lungo tempo. E avrebbero avuto abbastanza luce per riuscire ad imparare il restante alfabeto, assieme al senso più profondo della vita.
 
 
 
 
***
 
Anni dopo …
 
Erano passate solo tre settimane e mezzo da quando Zack era tornato a Midgar.
Ma già il futuro stava oramai sempre più rapidamente trasformandosi in angoscioso presente.
 
Il SOLDIER 1st class Angeal Hewley stava percorrendo a passo deciso e spedito il tratto del corridoio del piano SOLDIER che dall’ascensore portava alla sala di addestramento, quando all’improvviso il trillo del suo cellulare lo indusse a fermarsi e pervi attenzione.
Lo estrasse dalla tasca e rispose, riconoscendo dalla suoneria il numero del Direttore Lazard.
 
-1st class Hewley a rapporto.- esordi serio.
 
L’uomo dall’altro capo del telefono sorrise appena.
 
-Angeal.- esordì, facendosi però subito dopo serio, e lasciandogli intuire dal tono delle sue successive parole che qualsiasi cosa lo avesse spinto a rivolgersi a lui fosse una situazione della massima urgenza e riservatezza –Vieni immediatamente nel mio ufficio, ho urgente bisogno di parlarti.-
 
Il moro rabbrividì, e il suo pensiero corse immediatamente al suo amico e commilitone Genesis Rhapsodos, partito in missione verso Wutai e di cui da giorni ormai non aveva più notizie, nonostante avesse provato a telefonargli più e più volte e gli avesse mandato qualche mail, senza ricevere alcuna risposta.
Certo, quella era una missione importante e difficile e per questo richiedeva la massima concentrazione per essere portata a buon fine.
Ma non era mai successa una cosa del genere, in tanti anni di amicizia e di servizio militare assieme.
Di solito, quando entrambi o solo uno dei due era in missione, usavano tenersi ugualmente in contatto proprio tramite email e telefono, e non passava giorno senza che ognuno ricevesse notizie dall’altro.
Invece ora da quando era partito per quella guerra Genesis letteralmente sparito nel nulla, e lui era preoccupato, molto preoccupato, soprattutto se continuava a pensare a come si erano lasciati, al tono di voce e allo sguardo che il rosso aveva usato per salutarlo. Gli era sembrato molto scostante, e quasi triste.
Era palese che ci fosse qualcosa che non andava, ma nonostante le sue insistenze non era riuscito a scoprire cosa fosse, l’altro non aveva voluto rivelargli nulla. E quel silenzio improvviso adesso non faceva che alimentare i suoi dubbi e le sue ansie.
L’ultima volta che aveva provato a ricontattarlo era stato appena qualche minuto fa, in ascensore. Anche quella senza nessun esito positivo. Anzi, stavolta il telefono era risultato “spento o inesistente.”
E il suo cuore si era fermato per qualche istante di troppo. “Genesis. Che ti è successo?” aveva pensato, pochi secondi prima che le porte si aprissero di nuovo.
 
-Direttore Lazard.- disse quindi ora –Ci sono novità?-
 
Mentre un terrificante sospetto s’insinuò sempre più a fondo nella sua mente e nel suo cuore la speranza che non fosse vero.
Tremò quasi vistosamente e puntò il suo sguardo terrorizzato davanti a sé, trattenendo il fiato, quando con voce stranamente cupa quello rispose.
 
-Purtroppo si, Angeal. Vieni immediatamente nel mio ufficio, ti spiegherò tutto faccia a faccia.-
 
Poi chiuse la chiamata e lui, senza farselo ripetere due volte obbedì, col cuore che batteva all’impazzata e un nodo stretto in gola.
 
***
 
Sessantatré chiamate senza risposta e ventisei messaggi non letti.
Genesis Rhapsodos sorrise quasi intenerito, fissando lo schermo del telefonino appena acceso dopo quasi due settimane in cui lo aveva tenuto spento per far perdere le sue tracce.
La malinconia strinse con una leggera morsa il suo cuore, e per poco le lacrime non gli sfuggirono dagli occhi, sfiorandogli le guance pallide.
Sospirò, spense nuovamente il telefono e ricacciandole in dentro bruscamente scagliò a terra l’apparecchiò, verso un grosso masso lì vicino, talmente tanto forte da distruggerlo in mille pezzi per poi colpirlo con una palla di fuoco che li bruciò, incenerendoli, per poi incamminarsi verso la vecchia fabbrica.
Angeal lo avrebbe perdonato, o almeno compreso, quando avrebbe saputo ogni cosa, si consolò.
Ma per il momento doveva essere pronto anche al suo disprezzo, al suo rammarico e alla sua comprensibile rabbia. Erano reazioni alle quali doveva prepararsi, pensò mentre attraversava il villaggio invaso dalla rilucente luce del sole, che rendeva più brillanti i colori dei verdi alberi, dei mattoni delle casupole ormai quasi del tutto semi abbandonate dell’azzurro cielo, mentre un vento birichino e tiepido spettinava i lunghi fili d’erba dei prati che ricoprivano le collinette e i bordi del sentiero.
Inevitabili conseguenze dalle quali non voleva e non poteva esimersi, perché sarebbero servite a loro, per capire.
Proprio come era successo a lui.
 
-Genesis.-
 
La fastidiosamente pastosa e roca voce di Hollander lo accolse, non appena mise piede nella grande stanza deposito al secondo piano. Lo trovò come al solito intento a digitare formule incomprensibili al computer, in piedi di fronte al suo schermo sul lato sinistro della stanza.
Gli rivolse la sua attenzione e una smorfia disgustata che quello, stupido com’era, interpretò come un sogghigno, sorridendo a suo volta e indicandogli con un cenno del capo i tre gusci di metallo che contenevano le sue prime creazioni, immerse in un liquido amniotico verdastro che con molta probabilità doveva essere una miscela composta da mako e altri elementi utili allo sviluppo delle creature.
Ai SOLDIER non era concesso venire a conoscenza dei “segreti” degli scienziati, ma ad essere sinceri a lui per primo non interessava saperlo. Bastava solo … riuscire a trovare una cura e una vendetta, il come ormai era irrilevante.
Rivolse la sua attenzione ai bozzoli, e lentamente s’avvicinò.
I suoi passi risuonarono sicuri e decisi, rimbalzando dalle assi del pavimento sulle pareti in legno e mescolandosi al lento fruscio delle piume della sua enorme ala, chiusa sulla sua schiena, ma il forte tamburellare del suo cuore sembrava quasi voler esplodere, risuonando forte nelle sue orecchie e mozzandogli il fiato in gola.
Solo quando si trovò faccia a faccia con quello che le capsule contenevano, capì il motivo di tutta quella sua esitazione.
Paura. Paura di ritrovarsi faccia a faccia con … il mostro che era.
Avvicinò il viso all’oblò di vetro, e allora tutti i suoi incubi si trasformarono in realtà
Erano in tre, uno per ciascuna capsula.
Cinque mostri sgorbi alla quale aveva donato volto e sembianze. Rabbrividì e sospirò, abbassando il viso e chiudendo per un attimo gli occhi, compiendo un passo indietro.
Si diede il tempo di riprendersi, stringendo i denti e opponendosi ancora una volta alle lacrime. Quindi strinse i pugni, e passando all’altra si sporse di nuovo a guardare, appoggiando una mano guantata di rosso contro il metallo e ascoltandone il suono, il lento sciabordare del liquido e il respirare affannoso delle creature in stasi, il ronzio e il tremolare del metallo e del motore che ne mandava avanti il meccanismo.
E mentre guardava imperterrito, senza riuscire più a staccarsene, la convinzione divenne certezza, granitica e imperante come il marmo.
Niente più umano, niente più Genesis Rhapsodos. Niente, nulla più.
Solo "rivoltante mostro".
Non poteva chiamarsi altrimenti.

 
***
 
Ancora una licenza dopo un’intera, snervante e spossante giornata di allenamenti quasi del tutto ininterrotti.
Zack Fair, disteso sul letto della sua camerata, aveva appena finito di rispondere all’ultimo messaggio email da parte della sua sorellina e subito si lasciò andare ad un pesante sospiro, allargando le braccia e lasciandole ricadere verso l’esterno.
 
-Che noia!- esclamò ad alta voce, chiudendo successivamente gli occhi e appoggiando il telefono a terra e le mani dietro la nuca.
 
Rimase in silenzio per qualche istante, lasciando correre la mente verso la sua casa e immaginandosi lì, assieme ai suoi genitori e a lei, che più il tempo passava e più si accorgeva non fosse più una semplice amica, come gli era stato chiesto di pensare.
Ci aveva provato, sul serio, ad adempiere a quello promessa. Si era sforzato con tutto sé stesso, ma alla fine si era reso conto di avere ogni pensiero completamente invaso da lei, dal suo sorriso, dai suoi modi delicati e dalla sua espressione assorta, mentre guardava fuori dal finestrino o in cielo, verso le stelle.
L’unico motivo per cui aveva cercato di dimenticarla, era perché le voleva bene e voleva renderla felice.
Sospirò, ancor più pesantemente, e spazientito s’alzò scattando in piedi col solo aiuto della schiena e del morbido materasso che la sosteneva.
S’avvicino guascone e svogliato alla finestra e si perse ad osservava lo scorrere monotono della vita a Midgar, sotto di lui, ma dopo neanche un paio di minuti tornò a sedersi sul letto, e proprio allora un piccolo pulcino giallo sgusciò fuori da sotto le coperte e gli saltò sulla spalla, cinguettando con un’espressione del piccolo becco e una tale allegria negli occhi da sembrare quasi stesse sorridendo.
 
-He-hey, Choco!- lo accolse allegro lui, sollevando la mano sinistra e aprendo il palmo per accoglierlo.
 
Un altro pigolio. Il pulcino saltellò battendo le piccole ali, arrivando a sfiorargli la guancia con il becco come se volesse dargli un bacino, quindi con lo stesso metodo si spostò sulla sua mano.
Zack sospirò sorridendo nostalgico. Era un regalo per lei, l’aveva acquistato in un negozio di animali nel settore due, durante una di quelle interminabili pause in cui era stato costretto a rimanere in città senza far nulla.
 
-Qualcosa mi dice che ci vorrà ancora qualche mese …- gli disse, intristendosi un poco - … prima di riuscire a portarti da lei, piccolo.-
 
L’animale tornò sulla sua spalla pigolando di nuovo, in tono più basso, e allora lui s’alzò voltandosi e rivolgendo nuovamente lo sguardo oltre il vetro, correndo col pensiero a quel tramonto sulla pianura di Gongaga.
Perché improvvisamente tutto il mondo sembrava avercela con lui?
Richiuse gli occhi e cercò di non pensarci, lasciandosi portar via dai ricordi.
In fondo, si disse per consolarsi, avrebbe dovuto aspettarselo.
La strada per diventare un eroe non era mai stata dritta, e la vita non faceva sconti a nessuno, neanche una volta soltanto.
 
***
 
-Perso i contatti?-
 
All’istante, subito dopo aver udito quella notizia dalla voce del Direttore che gli stava di fronte, Hewley sentì il sangue gelarglisi nelle vene e il cuore tremò dentro al suo petto, provocandogli un brivido freddo lungo tutta la schiena.
Sgranò gli occhi e lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, sconvolto.
 
- C-che … che significa? –
 
Lazard lo osservò attentamente, poi annuì, dispiaciuto e comprensivo, e alzatosi si diresse di fronte ad uno dei monitor presenti nell’ampio spazio della sala riunioni, quello centrale.
 
-Genesis ha lasciato il Quartier Generale esattamente undici giorni fa, alle 8.00 del mattino.- iniziò, muovendo il mouse.
 
Mentre ancora parlava, sul grande schermo a cristalli liquidi di fronte a loro, in fondo alla stanza, apparve la scheda illustrativa del 1st class Genesis Rhapsodos, con la sua foto segnaletica e la scritta rossa lampeggiante MISSING IN MISSION.
Ancora una volta Angeal si sentì mozzare il fiato. Il suo incubo peggiore alla fine si era avverato, e adesso lui si ritrovò incapace di distogliere lo sguardo dalla foto dell’amico e da quella maledetta striscia rossa che continuava a lampeggiare, mentre ascoltava Lazard quasi senza neppure udirlo, sovrappensiero.
-Ed esattamente sette giorni fa, il ventidue di questo mese alle ore 4.45 del mattino, il suo telefono ha smesso di funzionare e lanciare segnali. - proseguì nel frattempo quello, voltandosi poi ancora verso di lui a guardarlo, e concludendo serio –Da allora abbiamo più potuto in alcun modo conoscere la sua posizione attuale.-
-Avete provato a contattare la sua squadra?- domandò a quel punto Angeal. Riavendosi per un attimo dallo shock e rivolgendo al direttore di SOLDIER uno sguardo serio che nascondeva il più totale panico.
 
Quello annuì tristemente.
 
-Abbiamo perso i contatti anche con loro.-
 
E allora Angeal, che non aveva mai mostrato segni d’impazienza in tutti quegli anni di onorata carriera in SOLDIER, sbottò.
 
-Mi sta dicendo che pensate abbia disertato? Portandosi dietro anche la sua squadra?-
 
Lazard tacque, fissandolo in silenzio e stupito dalla veemenza con la quale aveva pronunciato quella domanda. Lo capiva. Doveva essere difficile per un uomo d’onore come lui pensare che il suo migliore amico fraterno avesse deciso d’infrangere tutte le regole a lui care, scegliendo quella strada che oltre ad essere difficile andava anche contro la legge, morale e giuridica. Scosse le spalle sospirando.
 
-Tutto fa presupporre questo, Angeal.- rispose semplicemente
-Ma è impossibile!- tornò ad esclamare Angeal, in quella che più che rabbia era … un vero e proprio tentativo di rifiutare la realtà –Tutto cosa? Non sappiamo nulla di fatto, ancora. Potrebbe anche trattarsi di un ammutinamento, no? Sono cose che succedono.-
 
Il direttore annuì, senza perdere la calma, e sorrise comprensivo.
 
-Possibile, si …- replicò, scuotendo poi subito dopo la testa –Ma molto improbabile…- risolse.
 
Calò di nuovo il silenzio, teso e duraturo. Angeal rimase in silenzio a fissare un punto imprecisato del pavimento il metallo sotto i suoi piedi, pensando che improbabile era una parola troppo piccola per Genesis.
Tutti conoscevano il suo temperamento e soprattutto la sua forza, e soltanto degli stupidi si sarebbero sognati di ammutinarsi. E poi se anche avessero tentato di farlo probabilmente una semplice squadriglia di venti o anche trenta persone non sarebbe bastata per metterlo totalmente K.O.
Inoltre, la Shinra l’avrebbe saputo comunque.
Hewley riportò la sua mente ancora al loro ultimo incontro, e adesso quel sorriso stranamente malinconico e quelle risposte a monosillabi avevano finalmente un senso, anche se proprio quello che aveva temuto di più.
Ora i dubbi si trasformarono in paure e tutte le sue certezze iniziarono pian piano a scricchiolare, minacciando di sgretolarsi sotto i suoi piedi.
 
-Mi spiace Angeal.- mormorò dal canto suo Lazard, rispettando quel momento e avvicinandosi per appoggiargli partecipe una mano sulla spalla –Ma siamo costretti a … -
-Lo so.- lo prevenne a quel punto lui, tornando a rivolgergli uno sguardo serio e rivolgendone un ultimo alla foto segnaletica di fronte a loro. –Però …- iniziò, bloccandosi sul nascere.
 
No, era impossibile.
Si rifiutava di credere che Genesis avesse fatto una cosa del genere. Era uno scapestrato, ma non un pazzo degenere. Eppure … tutti quei ragionamenti contorti su Lazard, Sephiroth, sulla Shinra e tutta quella voglia di ribellione che ultimamente lo avevano reso così … inquieto.
Potevano avere una sola risposta, ch’era quella suggerita dal direttore. Il cuore gli si strinse in una terribile morsa di dolore. “Genesis, dimmi che non lo hai fatto. Ti prego.” Pensò “Per favore, dimmi che non è così. O dammi un motivo valido per tutto questo.”
 
-Manderemo una squadra per cercarlo, anche se non possiamo sapere se sia ancora in Wutai.- propose a quel punto il direttore, capendo il suo disagio –Il motivo ufficiale sarà ancora quello di porre fine alla guerra, inviando rinforzi. Ma se non lo troveremo … - si fermò un secondo, affranto di dovergli dare quell’ennesima pessima notizia –Temo che dovremmo lasciare che se ne occupino i turks.-
-E la cosa diventerebbe di dominio pubblico, allora …- mormorò a quel punto amaramente il moro, abbassando il volto.
 
Il direttore annuì, rassegnato.
E allora, quasi nell’ultimo disperato tentativo di salvare quella disperata situazione, Hewley esclamò, speranzoso tornando a rivolgergli la sua attenzione.
 
-Mandate Zack!-
 
Deusericus lo squadrò per un attimo, pensieroso. Poi si sfiorò il mento con la mano destra, riflettendoci su.
 
-Non saprei …- disse –Questa missione richiede l’impiego di almeno un first.-
 
Angeal sorrise fiducioso.
 
-Mettetelo alla prova.- gli assicurò –Non ve ne pentirete.-
 
In realtà non era così tanto sicuro che Zack fosse pronto, ma si disse che non doveva lasciare che lo shock prendesse il sopravvento. Doveva piuttosto pensare alla altre persone che contavano su di lui, e una di quelle … anzi, la più importante, era proprio Zack.
Lo aveva abbandonato un po’ a sé stesso, ultimamente. Ora di sicuro sarebbe stato contento di avere finalmente qualcosa da fare che non richiedesse sempre e solo impegno senza soddisfazioni. Doveva ammetterlo, a lungo andare anche per lui sempre missioni senza un po’ di adrenalinica prova sul campo avrebbero iniziato a stufare. Molto a lungo andare, però.
 
-Va bene, mi fido di te allora.- concluse soddisfatto e divertito il direttore dopo averci pensato su un altro po’ –Però lo accompagnerai.- gl’impose.
 
Hewley annuì volenteroso e soddisfatto.
In questo modo, oltre a continuare l’addestramento di Zack avrebbe anche potuto incontrare Genesis.
Di persona, vivo, perché non aveva neanche il minimo dubbio né sul fatto che fosse vivo e vegeto né su ciò che avrebbe dovuto dirgli.
Ma … non aveva neanche la più pallida idea di ciò che sarebbe accaduto, e non voleva neanche pensare ad un esito negativo della ricerca.
 
-Dovrebbe esserci anche Sephiroth, lì vicino.- concluse il direttore –E’ assegnato all’unità B.- infine gli ordinò –Bene, non c’è altro. Non abbiamo tempo da perdere, chiama la tua recluta migliore, Angeal.- gli suggerì con un sorriso, scoccandogli un occhiolino –Partirete appena possibile.-
 
E lui, col cuore e la mente in tumulto, obbedì di buon grado.



 
 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy VII / Vai alla pagina dell'autore: Red_Coat