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Autore: nikita82roma    03/08/2017    2 recensioni
Fine anni 60. Un uomo entra in un teatro perchè è rimasto incantato da una donna che ha già visto recitare. Il racconto di una sera ed una notte che non potranno mai dimenticare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jackson Hunt, Martha Rodgers
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
- Questa storia fa parte della serie 'Partner in Crime. Partner in Life'
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Era entrato nel teatro qualche minuto dopo che avevano spento le luci, lo spettacolo era appena iniziato, come faceva sempre. Deformazione professionale si diceva ma la verità era che odiava rimanere seduto in attesa senza fare niente in uno spazio chiuso dove gli sembrava che tutti osservassero lui.

Così aveva approfittato per fumare una sigaretta, bere due dita di whisky nel piccolo bar vicino al teatro e poi era andato dentro. Il suo biglietto era in una delle ultime file, dove c’era meno gente, non lontano dalla porta d’entrata, ma lui non aveva problemi ad orientarsi al buio, anzi era una delle sue migliori qualità. “Tu ci vedi come un gatto” gli dicevano spesso e forse era vero, intanto gli era valso il soprannome di Black Cat nel suo ambiente e a lui questa cosa lo faceva ridere, un nome stupido, pensava.

Si era appena seduto sulle poltroncine rivestite con stoffa rossa e grigia, eccessivamente consunta nei braccioli e nei bordi, segno dell’età e della mancanza di cura. La moquette a terra presentava qualche pericoloso punto in cui era rialzata e osservandola pensò che prima o poi qualcuno meno attento di lui ci sarebbe caduto rovinosamente.

C’era ancora in scena l’ubriacone Sly che provava a spiegarsi al Lord, facendogli credere che si era appena svegliato dopo anni di sonno, non era quello che gli interessava e per il quale era tornato, in quel caldo luglio, per la terza sera consecutiva lì. Cercò il suo pacchetto di sigarette nella tasca dei pantaloni e ne accese una illuminando per qualche istante la platea. C’era meno gente delle sere precedenti, pensò guardandosi per un attimo intorno. Era capitato lì quasi per caso, camminando un paio di sere prima per quella via, appena tornato in città. Era stato infiltrato vari mesi in Iraq e poi fatto rientrare precipitosamente negli USA, fonti certe davano per imminente un colpo di stato da parte del partito di Ba'ath e la sua permanenza lì ormai era solo un rischio. Aveva ancora i capelli piuttosto lunghi, la pelle scurita dal sole e la barba lunga, ma sempre ben curata, gironzolava per le strade di New York quando vide quel teatro un po’ fuori mano e decise di entrare, per svagarsi un po’. Conosceva quell’opera, nelle sue lunghe missioni spesso in solitaria aveva sempre molto tempo e lui lo occupava leggendo, qualsiasi cosa gli capitasse ed aveva letto anche quella commedia di Shakespeare. L’aveva vista lì quella sera e poi era tornato quella dopo e quella dopo ancora. Aveva scoperto che si chiamava Martha, lui era bravo ad ottenere informazioni ed anche dove abitava, sapeva che dopo lo spettacolo andava in locale lì vicino con i colleghi a bere qualcosa.

Quando era entrata in scena gli parve che la illuminò tutta con i suoi capelli rossi, il suo sorriso e quegli occhi cristallini. Non sapeva perché, ma quella donna aveva per lui un fascino particolare e non era per il ruolo di quella irascibile ma brillante donna che interpretava. C’era di più in lei, qualcosa che l’avrebbe portato a volerla veder recitare altro, ruoli brillanti o drammatici, non gli importava, l’importante è che avessero avuto la sua anima, quella che gli trasmetteva interpretando Kate.

Lui era così, non aveva una famiglia e non ne avrebbe mai avuta una, aveva amori fulminanti che duravano una sera, un mese, un anno o forse tutta la vita, non poteva saperlo e quella donna era uno di questi. Tanto era calmo, freddo, spietato nel suo lavoro, tanto era una fiamma ardente che bruciava di fuoco vivo quando c’erano di mezzo i sentimenti e poteva prendere fuoco e spegnersi con la stessa facilità, in un lampo, come quello del suo accendino quando si accendeva una sigaretta.

Uscì da lì poco prima che lo spettacolo finisse, nell’ombra, così come era entrato. Fece il giro dell’isolato per andare verso la porta dalla quale sarebbero usciti gli attori, da lì poteva vederla e nel caso seguirla senza farsi notare, era il suo lavoro.

La seguì mentre andava in quel locale che le avevano detto, si sedette a distanza ma poteva sentire la sua voce squillante chiaramente.

- Il solito Charlie! - Ordinò la donna dai capelli rossi e dopo poco il barista le mise davanti un bicchiere di Martini che Martha mandò giù tutto in un sorso.

- Posso offrirtene un’altro? - Gli chiese lui avvicinandosi e facendo segno al barista di versargliene due.

- Non sono quel genere di donna! - Rispose Martha scostandosi.

- Che genere di donna? - Domandò lasciando fluire fuori un lungo filo di fumo dalla bocca mentre la guardava.

- Quello che pensa di abbordare una donna con un drink in un locale! - Rispose piccata.

- Non sono quel genere di uomo. - La sua voce era bassa e profonda. Diede un’altra tirata alla sigaretta che si consumava lentamente tra le sue dita, lasciando che tra di loro ci fosse solo la leggere nube di fumo da lui stesso creata.

- E che genere di uomo sei? - Domandò Martha incuriosita.

- Quello che offre un drink non ad una donna, ma a te, Martha.

- Come sai il mio nome? - Chiese l’attrice sbalordita.

- Ti ho visto a teatro.

- Non c’è il mio nome sulla locandina! Mi hanno chiamato per una sostituzione all’ultimo momento! - Esclamò l’attrice stupita.

- Oh, ma il tizio alla biglietteria sa tutto e farlo parlare è facile, molto facile.

- Intraprendente! - Esclamò Martha sorseggiando il suo Martini lentamente guardandolo negli occhi.

- Non dai quanto, Martha… - Rispose l’uomo bevendo tutto il suo drink come prima aveva fatto lei.

- Ed il tuo nome qual è?

- Non ha importanza. - Disse lui continuando a fumare

- Oh sì che ne ha!

- E perché mai? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo. - Le recitò con la sua voce bassa e profonda i pochi versi di Shakespeare e sembrò aver attirato la sua attenzione come mai aveva fatto fino a quel momento, Martha posò il bicchiere e lo guardò attentamente.

- E come dovrei chiamarti, allora? - Domandò senza distogliere gli occhi dai suoi.

- Come vuoi, James, Albert, Jackson, Richard… scegli tu…

- Richard, Richard mi piace, a te?

- Piace anche a me Richard… - Rispose languidamente vedendo che ora la donna era più interessata a lui.

- Quindi mi hai visto a teatro… Ti è piaciuto lo spettacolo almeno?

- Sì, tre volte e mi è piaciuto molto, ma tu di più.

- Tre volte? Interessante! Se vuoi tornare, abbiamo ancora due repliche prima di chiudere. Meglio uno spettatore in più che uno in meno!

- Purtroppo non posso tornare, domani devo partire. - Disse quasi malinconico.

- Lavoro?

- Sì, lavoro. - Diede l’ultima tirata alla sigarette che poi spense nervosamente nel posacenere sul bancone.

- Ha un odore strano questo tabacco - Disse Martha annusando l’aria tra loro impregnata dell’odore delle sigarette dell’uomo senza nome.

- Viene da molto lontano, come me. - Rispose lui rimanendo come sempre misterioso, accorgendosi che questo stava stuzzicando la fantasia di lei. Era una tattica che usava spesso per conquistare le donne, ma con lei non era tattica, era semplicemente se stesso, per quel che poteva esserlo.

- Sei un uomo misterioso, Richard. - Si sporse verso di lui appoggiandogli una mano sul braccio e lui la prese e ne baciò il dorso, indugiando con le labbra sulla pelle, guardandola negli occhi.

- Non sai quanto, Martha…

Un altro drink, whisky questa volta, mentre l’uomo al pianobar intonava “Smoke gets in your eyes”, si incantò nel vedere Martha canticchiarla e pensò che forse era la versione più bella che avesse mai sentito e la fece ridere quando durante il refrain le lanciò una leggera nuvola di fumo negli occhi, un suo amico diceva che quello era un chiaro segno da fare ad una donna per dirle che eri interessato a lei e lui a Martha era molto interessato. Altre chiacchiere con lei che voleva scoprire qualcosa di lui, riuscendo solo a capire la sua passione per i libri ed il teatro e le parlava, la lusingava e Martha ogni tanto cercava il contatto con lui, sfiorandogli un braccio o la gamba, e lui rideva sotto la barba ed apprezzava.

- Un altro drink? - Gli chiese lei, ma lui non era della stessa idea.

- No, usciamo da qui, facciamo due passi. - E così fecero, non voleva farla ubriacare, lui non era quel genere di uomo.

Camminarono per le vie di New York per un po’, era calda quella sera di luglio, poi si fermarono in una panchina quando Martha disse che non ne poteva più di camminare con quei tacchi.

- Immagino che dovrò chiederti tutto quello che voglio sapere di te questa sera, perché poi non ti rivedrò. - Disse lei quasi delusa.

- Esattamente. - Ammise lui per la prima volta forse veramente dispiaciuto che fosse così.

- Ti va allora di accompagnarmi a casa? - Glielo chiese senza guardarlo, quasi vergognandosi e non era da lei che non aveva mai avuto questo genere di problemi con gli uomini, ma lui era diverso.

 

Il percorso, in realtà era più lungo di quanto sembrasse all’attrice. Lo prese per mano arrivati al portone e lo invitò a salire per le anguste scale. Tre piani, senza ascensore, non era così moderno quel palazzo e non poteva permettersi di più di quel monolocale con i pochi soldi da attrice precaria.

Lo fece entrare ed accese una lampada in fondo alla stanza che illuminava con una luce calda e bassa l’ambiente. Era caldo, molto caldo e mentre lui si guardava intorno vedendo la sua personalità eclettica in ogni oggetto di quella piccola casa, lei apriva le finestre, sperando di far entrare un po’ di aria fresca notturna.

- C’è una cosa, Richard, che ancora non so di te.

- Solo una? - Rise lui e fu la prima e l’ultima volta che Martha lo sentì ridere.

- Una che mi interessa molto. Cosa vuoi tu da me?

- Te. - Le rispose improvvisamente serio e l’attrice si avvicinò a lui, accarezzando la barba scura e poi i capelli, scendendo sul collo fino a sentire la sua pelle. Non era morbida, era vissuta. Era convinta che fosse molto più giovane dell’età che sembrava avere. Aveva forse la sua età o poco più, sicuramente non arrivava a trent’anni, anche se da come parlava sembrava ne potesse avere molti di più, come per tutte le storie che sicuramente avrebbe potuto raccontare della sua vita.

Arrivò con la mano al grande colletto inamidato di quella camicia aderente che metteva in mostra il suo bel fisico scolpito, lo accarezzò e poi aprì un paio di bottoni lasciando intravedere i muscoli ed un paio di cicatrici che non voleva sapere come erano arrivate lì. Si sentì poi circondare dalle sue braccia che solo in quel momento si rese conto che erano veramente forti e la avvicinò a lui. Con maestria sulla sua schiena cercò e trovò la zip di quel vestito corto dai motivi geometrici ed i colori accesi, uno di quei vestiti che avrebbero dato scandalo e che suo padre l’avesse vista così le avrebbe dato della poco di buono, ma a lei non importava, era giovane aveva venticinque anni, voleva vivere e divertirsi. Sentì la stoffa scivolarle di dosso e rimase davanti a lui solo con la biancheria intima ed i tacchi a spillo, vestita del suo sorriso. Era ancora più bella di quanto lui immaginasse, con quella pelle chiara color porcellana che baciò avidamente sul collo, sulle clavicole e scendendo sul petto, trai seni per poi risalire sul collo, l’orecchio la guancia mentre lei inclinò la testa di lato per facilitare i suoi movimenti con le labbra leggermente socchiuse che aspettavano solo di essere baciate anch’esse, ma dovettero attendere ancora. Finì di sbottonarsi la camicia e la gettò via, poi la prese e la fece sdraiare sul piccolo letto a pochi passi da loro, in quella casa era tutto vicino. Prese il suo viso tra le mani e finalmente la baciò gustando le sue labbra, lasciando che le loro lingue giocassero e si scoprissero come avevano fatto loro quella sera.

Lui accarezzò la sua pelle, i seni perfetti che lasciavano intravedere già i segni evidenti della voglia di lei, che prima uno poi l’altro fece uscire dal reggiseno di lei e li strinse tra le mani e poi li baciò, prima che lei lo aiutasse toglierlo del tutto. Con le mani tracciò il profilo del suo corpo, stringendole la vita e poi i fianchi ed ancora più giù, togliendo tutto il superfluo che era rimasto, alzandosi poi per contemplarla in tutta la sua bellezza, sfilandosi lui i pantaloni ed il resto.

Il loro incontro fu un ondeggiare di corpi appassionato, frenetico e vibrante, con ondate di piacere che si erano propagate in loro fino a inglobarli totalmente. Non si risparmiarono, non si curarono se era notte, se con le finestre aperte qualcuno poteva sentire il piacere che si stavano dando reciprocamente, se i cigolii del vecchi letto avrebbero disturbato i vicini. Quella notta, quella unica notte se la volevano godere, senza rimpianti. E urlarono il loro piacere alla notte, in modo rabbioso ed energico, passionale e dolorosamente bello e poi con un grido soffocato tra le labbra ed il piacere di lei che esplode, mentre lui la bacia ancora ed ancora, mai sazio, pronto a ricominciare poco dopo.

 

La mattina arrivò troppo presto. A Martha sembra di non averne avuto abbastanza di lui, sotto tutti i punti di vista. Avrebbe voluto rivederlo ancora ed ancora. Lui si rivestiva silenzioso mentre lei invece era rimasta nuda sul letto, come se volesse tentarlo ancora e non sapeva quanto era difficile per lui resisterle.

- Farai strada Martha, ed avrai successo. - Le disse lui sicuro con una tazza di caffè tra le mani che lei aveva preparato indossando solo una vestaglia trasparente, che se era possibile la rendeva ancora più provocante che se fosse stata completamente nuda.

- Sei un produttore e mi offrirai un parte ad Hollywood, Richard? - Le chiese malinconica. In quel momento della parte ad Hollywood non le importava niente, avrebbe solo voluto che fosse così, perché allora rivederlo sarebbe stato più facile.

- No, sono uno che sa capire le persone e tu sei una di quelle che ottiene ciò che vuole. - Bevve quel caffè caldo, forse il più buono della sua vita.

- Ti sbagli allora, perché non è vero e tu lo hai appena detto. Vorrei vederti ancora e non sarà così.

- Sarò l’eccezione che conferma la regola, allora. - Abbozzò un sorriso che non nacque mai.

- Immagino che ora mi dirai che devi andare, non è vero? - Chiese malinconica

- Sì, è così. Devo andare. Non dimenticherò mai questa notte Martha.

- Immagino lo dirai a tutte le tue donne, tutte le notti.

- No, non è così. Non lo dico mai a nessuna. - Le prese la mano e la baciò, sembrava quasi volesse rassicurarla.

- Non la dimenticherò mai nemmeno io. - Le disse sicura.

Andò verso la porta e lei lo accompagnò. Gli rubò un’ultimo bacio indugiando con le mani tra la sua barba e i capelli.

- Comunque Richard non è un nome per te. - Provò anche lei a sorridere mentre lui stava uscendo.

- E qual’è un nome per me? - Chiese sorridendo.

- Sei più un tipo da Jackson. - Sorrise anche lui e scese velocemente le scale senza voltarsi più.

Martha lo seguì con lo sguardo fino a quando non voltò l’angolo per prendere l’altra rampa, poi andò verso la finestra che dava sull’entrata del palazzo.

Lo vide uscire e c’era un altro uomo ad aspettarlo. Si salutarono con un cenno della testa e poi entrambi salirono sulla stessa auto.

 

- Black Cat, domani devi andare a Praga. Pare che l’URSS e gli alleati del Patto di Varsavia stanno per riprendere il controllo della città.

- La primavera è già finita… - Disse sbuffando mentre il suo amico guidava.

- A quanto pare finirà presto. Devi far sparire un po’ di cose là…

- Cose o persone? - Chiese lui.

- Cose e persone. - Rispose l’uomo al volante. - Stasera ti portano i documenti e domani partirai per la Cecoslovacchia, cosa ci dobbiamo scrivere?

- Hunt. Jackson Hunt.

 




Dedicata a Sofia. Ogni promessa è un debito. Spero che ti piaccia.
   
 
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