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Autore: nikita82roma    03/08/2017    3 recensioni
Una lettera di Rick rivela a Kate quello che lei in realtà già sapeva ma aveva fatto finta di dimenticare.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
- Questa storia fa parte della serie 'Partner in Crime. Partner in Life'
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Due spari. Aveva sentito solo questo.
Gli occhi di Rick terrorizzati che la guardavano e poi più nulla. Lei era l’ultima cosa che aveva visto e non aveva potuto fare nulla. Ed ora era bloccata, pietrificata, in ginocchio a terra in quella stanza troppo luminosa per i suoi occhi ricoperti di lacrime. Se solo Danberg fosse arrivato un attimo prima. Se solo lei non avesse voluto portarlo con sé, se solo non lo avesse voluto ancora vicino a lei, egoisticamente. Se solo non fosse mai entrata a quel party chiedendo di lui.
Sophia Turner giaceva senza vita vicino al corpo di Rick e a Beckett dispiacque perché l’avrebbe voluta viva per trovare il modo di farle provare lo stesso dolore che aveva lei in quel momento dentro di sé. Sapeva in quel momento che lo avrebbe fatto, avrebbe voluto farlo, avrebbe anche voluto infierire su quel corpo urlando tutti  suoi perché, se solo non fosse stata bloccata, paralizzata da un dolore annientante. Perché sparare prima a lui e non a lei? Si sarebbe salvato, Danberg sarebbe arrivato in tempo per lui.
Rispose solo con un cenno del capo all’agente della CIA che le diceva che tutto era risolto, avevano scoperto il doppio gioco di Sophia e fermato il suo complice, la bambina era salva. Si sentì un mostro, perché in quel momento non le importava nulla, nemmeno della bambina.
 
 
“Sarei curioso di sapere come è successo. Spero in qualcosa di eccitante, adrenalinico, magari un po’ eroico. Sto esagerando, Beckett? Dai, non ti arrabbiare, in fondo lo sai sono sempre io, sono megalomane, lo dici sempre, spero in un uscita in grande stile, quindi non mi dire che è stato per qualcosa di banale o noioso eh!
E sappi che se è stato per salvarti la vita, non devi sentirti in colpa, ne è valsa la pena così come è valsa la pena seguirti in tutti questi anni, con tutti i rischi che ci sono stati, ma non cambierei questi anni con nulla. E sai perché? Perché c’eri tu.
Sei stato l’incontro più incredibile, entusiasmante, avvincente di tutta la mia vita e chissà se lo hai capito che già da tanto tempo non ti seguivo più per i miei libri ma solo per starti vicino. Da quanto? Più meno da qualche mese dopo che ho cominciato a venirti dietro e che tu hai cominciato a trattarmi malissimo. A proposito, non dirmi che è successo perché alla fine mi hai sparato veramente! Ok, basta, non ti arrabbiare, torno serio.
Non ho rimpianti di nulla di quello che è successo, anzi sì, solo di due cose: non essermi accorto prima di quel cecchino il giorno del funerale di Roy e che tu non ricordi nulla di quello che ti ho detto lì al cimitero. Quello è un grande rimpianto, Kate. Sono stato un codardo, perché poi non ho più avuto il coraggio di dirtelo, perché aspettavo il momento giusto che evidentemente non è più arrivato. Aspettavo che tu volessi arrivare al punto che ti sentivi pronta per sentirtelo dire, per essere quella che volevi essere. L’avevo capito il tuo discorso quel giorno sulle altalene, per questo non ti ho più detto niente di tutto quello che avrei voluto dirti, però mi sono chiesto tante volte come sarebbe stato se tu avessi ricordato. Forse non avresti più voluto vedermi, mi avresti allontanato da te, forse avresti riso e mi avresti detto che era solo la paura del momento, ma credimi, non era così ed ora non ho proprio più motivo di mentirti.
Sai credo di essere egoista a lasciarti questa lettera e a dirti adesso certe cose, ora che non puoi più arrabbiarti con me, che non puoi rispondermi e nemmeno avere risposte, però non puoi nemmeno spararmi e questo è già qualcosa di positivo, forse. Però volevo che tu lo sapessi, che sapessi tutto e mi odio per questo, perché so che ti sto facendo del male Beckett, ma perdonami, non posso vivere, anzi dovrei dire non posso morire, senza che tu lo sappia. Ogni mattina vengo al distretto e ti porto un caffè solo per vederti sorridere, perché il tuo sorriso mi ha cambiato la vita. E non è vero che ho solo due rimpianti, ne ho molti di più, il primo è non poterti più veder sorridere e portarti il caffè, e non averti mai baciata anzi sì, una volta e quel ricordo dolcissimo mi tormenta perché non ho mai dimenticato quello che ho provato in quel momento e la voglia di farlo ancora ed ancora ogni volta che ti vedo. Avevo immaginato un futuro diverso, un futuro dove tu arrivavi ad essere quella che volevi essere ed io trovavo il coraggio di dirti quello che già ti avevo detto ed il resto era solo una conseguenza giusta e logica di come le cose dovevano essere.
Ti auguro di arrivare a quel punto e di trovare qualcuno che ti renda felice, perché tu meriti di essere felice Kate Beckett, meriti di essere amata e di amare qualcuno che sappia come farlo, che ti metta al primo posto di tutto nella sua vita. Meriti qualcuno che sia più di abbastanza per te, che sia tutto e che tu lo sia per lui.
Sii felice, Beckett e sorridi, perché non c’è niente di più bello al mondo.
 
Rick
 
P.S. I love you Kate.”
 

 
Era stata Martha a portarle quella lettera. L’avevano trovata qualche giorno dopo il funerale tra le cose di Rick in una scatola. Ce n’era una per ognuna delle donne della sua vita: Beckett, Martha e Alexis.
Kate faceva fatica a guardare quella donna, la compostezza del suo dolore. Si sentiva colpevole per tutto quello che era successo, per aver tolto un figlio a quella donna, un padre ad Alexis e glielo aveva detto, si era scusata ottenendo da lei solo un abbraccio carico di affetto e non di rabbia o risentimento come credeva fosse giusto, e quelle parole che l’avevano trafitta, inchiodata ai suoi sentimenti. “Anche tu, mia cara, stai soffrendo, come noi.”
L’aveva letta e riletta quella lettera e le sembrava di sentire la sua voce, le sue risate, di vedere le sue facce buffe quando lei lo guardava storto e lui sapeva di aver fatto qualcosa che non doveva. Le mancava, più di quanto potesse immaginare, più di quanto pensava fosse possibile le potesse mancare qualcuno. Aveva perso anche sua madre, ma era diverso, era un altro tipo di dolore, quello si ripeteva e rinnovava ogni volta che non riusciva a trovare la verità su quanto accaduto. Con Rick no, non doveva scoprire niente, sapeva tutto, anche troppo, era un dolore fermo, statico, immobile, granitico. Aveva rivisto mille volte la faccia di Sophia un attimo prima di sparargli e poi la sua che cercava i suoi occhi, ancora una volta e lei impotente doveva assistere ogni volta a quella scena che la lacerava.
 
Odiava quel posto che da più di dieci anni raccoglieva le sue lacrime. Lo odiava con tutta se stessa ed ora ancora di più. Odiava se stessa ogni volta che rileggeva le parole di Castle per avergli mentito, per non essere stata lei mai abbastanza per lui, per non essere stata pronta e non aver avuto tempo, convinta invece che lo avrebbero sempre avuto, prima o poi. Invece non era stato sufficiente ed ora voleva solo tornare indietro a quel giorno in ospedale, avere coraggio, lasciarsi andare e non mentirgli. Dirgli che lei ricordava, ricordava tutto, ogni sensazione, ogni parola, ogni sguardo. Che lo sapeva, che l’amava ed era stata così vigliacca da non volerlo affrontare, da non voler affrontare se stessa per non ammettere che lo amava anche lei. Pensava che avrebbe avuto tempo per dirglielo, per amarlo come voleva essere in grado di fare, per baciare ancora quelle labbra che non aveva mai dimenticato nemmeno lei e che adesso poteva solo ricordare per sempre. Avrebbe voluto dirglielo almeno una volta, perché dirlo era diverso che sentirlo, dirlo lo rendeva reale.
 
- Ti amo Rick - Sussurrò in piedi davanti alla sua lapide ed una folata di vento la avvolse scompigliandole i capelli. Volle pensare che era il suo abbraccio e che nonostante tutto l’avesse perdonata di non essere mai stata abbastanza per lui.
   
 
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