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Autore: _ter87_    03/08/2017    0 recensioni
Cosa accade quando, per una strana combinazione o forse per un segno del destino, ti ritrovi di punto in bianco catapultata nell'Egitto dei Faraoni? E se fossi capitata lì per un motivo preciso? E' questo ciò che accade a Lucille, semplice studentessa che, a cavallo degli esami, si ritrova a combattere con uno strano imprevisto; il passato. più precisamente il 1327 a.C., anno della morte del grande faraone Tutankhamon.
Ma c'è qualcosa in tutto quello che non quadra, e questo lei lo capisce fin dal primo momento.
Tra intrighi, tradimenti e scandali di palazzo, una storia fantastica su un grande personaggio del passato. Cosa sarebbe accaduto al mondo antico se Tutankhamon avesse aiuto un aiuto 'esterno'? La morte, si sa, non si può sconfiggere. Il destino prima o dopo ci prende tutti, ma se ci fosse anche solo un modo per far cambiare le cose così come le conosciamo, cosa succederebbe al mondo?
Genere: Avventura, Fantasy, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità
Capitoli:
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 Anche lui aveva imparato a memoria le abitudini della sua amica; il modo in cui prendeva il caffè diceva molto riguardo alla sua situazione fisica e mentale ed il fatto che non lo avesse ancora ordinato di sua spontanea volontà voleva dire solo una cosa, non c'entrava il ragazzo italiano in quell'espressione triste ma qualcosa di più profondo e lui avrebbe fatto di tutto per scoprire la verità ed aiutare la ragazza. Non era da molto che la conosceva, si era ritrovata nel suo bar per puro caso quel giorno lo sapeva bene, in quel periodo quello incasinato era lui, -tra l'essersi lasciato con la fidanzata di un vita ed aver perso l'unico lavoro veramente bello che avesse mai avuto- e per questo motivo quel particolare giorno era ancora impresso vividamente nei suoi occhi. Era iniziato come il peggiore della sua vita per concludersi con una nuova amica e, non l'avrebbe mai detto, colei che sarebbe diventata la sua confidente più importante. Quando tutto diventava semplicemente troppo per lui gli tornavano alla mente le parole che Lucille, dopo tre ore passate a parlare di Astrid, la famosa ex ragazza, gli aveva detto per tirargli su il morale. Quella piccola consolazione fatta di poche ma semplici parole era stata abbastanza per far si che la sua vita riprendesse a scorrere normalmente come era prima di lei. Aveva perfino smesso di fumare e il sabato sera, quando si ritrovava con gli amici, ora lui era quello che li riportava a casa. Si era reso conto che stava buttando tutto a rotoli per nulla, ma forse serviva proprio lei e per fortuna era arrivata, forse giusto in tempo. Quell'incontro che gli aveva cambiato la vita gli aveva fatto tornare anche l'amore per essa, diplomato in storia dell'arte, Daniel non aveva mai sfruttato il suo titolo di studio per potersi aprire quel piccolo bar. 'E' un settore che non fallirà mai' era la sua scusa ogni volta che qualcuno gli chiedesse delucidazioni e forse aveva ragione, ma Lucille era decisa a fare di lui un artista a maggior ragione dopo aver saputo che i quadri ed i vari disegni su quelle pareti, colore compreso, era opera sua. Anche la voglia di darsi da fare sul lavoro era tornata e adesso si ritrovava a volte ad aprire perfino mezz'ora prima rispetto all'orario, ma solo quando sapeva che Lucille iniziava in anticipo le lezioni. Non lo avrebbe mai ammesso nemmeno sotto tortura, ma in fondo fin dal primo momento aveva provato qualcosa di forte per quella strana ragazza 'innamorata' di un faraone morto più di tremila anni prima. Scosse il capo alla sua domanda ma invece di rispondergli sbuffò ancora lasciandosi poi andare contro il bancone. Ridendo, il ragazzo allungò la mano a ravvivarle i capelli e si abbassò per arrivare con il viso al suo stesso livello,

<< Ti va di parlarne con il vecchio Dan? >> scattò in piedi lei, batté le mani sul bancone e proruppe in un semi grido liberatorio iniziando poi a parlare a ruota libera. In meno di cinque minuti erano uscite dalle sue labbra almeno un miliardo di parole, alla fine delle quali il povero malcapitato si sentiva quasi più confuso di prima. Quello che proprio non capiva era...

<< Un abbraccio? Tu stai così per un abbraccio di tua madre? >> scoppiò a ridere perché era una cosa così assurda che per un attimo pensò che la giovane lo stesse prendendo amabilmente per i fondelli. Quando però vide che la sua espressione non mutò e anzi, si fece ancora più seria, capì che forse non stava scherzando.

<< Oh andiamo >> le disse allora serio anche lui e poggiandole una mano sulla spalla, << non puoi essere seria >> ma un suo sguardo gli fece capire che poteva esserlo, eccome se poteva. Con la mente tornò a molti anni addietro, lei non era figlia unica ma l'ultima di una numerosa famiglia ormai dispersa in lungo ed in largo. Le sorelle, ne aveva tre più grandi, erano tutte laureate e molto gettonate nelle loro professioni. Il fratello, diplomato da pochi anni, viveva a Londra dove era un medico e non solo, era il capo reparto. Poi c'era lei, la bambina che non era nemmeno così tanto intelligente come loro ma che, non si sa come, era arrivata comunque a diplomarsi. Diciotto anni, un diploma alle porte ma ancora senza una casa propria o un fidanzato, e quello per la sua famiglia era una vergogna. Originaria di un piccolo paese conservatore era cresciuta all'ombra degli altri che prima di lei crescevano, mettevano su famiglia e si trasferivano per diventare persone importanti. E lei? Lei viveva ancora con i genitori e loro non mancavano occasione per farle pesare la sua situazione. Con la madre era una lite ogni momento, con il padre nemmeno a parlarne. A volte aveva passato giorni e giorni senza rivolgere loro la parola nella speranza che capissero che quel comportamento le faceva male, ma cosa otteneva? Solo più parole cattive e più lacrime sprecate per persone che non ne valevano nemmeno la pena, ed ecco perché un abbraccio da quella persona era strano. Le faceva rabbia, si, perché con lei non era mai stata capace di comportarsi come madre e solo ora, solo perché stava per raggiungere un minimo traguardo, si ricordava della parola 'affetto' e lei a queste regole non ci stava.

<< A volte vorrei svegliarmi e scoprire di non essere più in quella casa, di aver fatto solo un lunghissimo brutto sogno >> si confidò, Daniel sbuffò,

<< Non essere così crudele con loro, sono sempre i tuoi genitori in fondo. Sono un po'...vecchio stile, forse, dovresti provare a capire per quale motivo... >> ma lei non volle sentire altro. Con un colpo contro il bancone e qualche parola urlata lasciò il locale sotto lo sguardo attonito del ragazzo e di qualche povero cliente -le ragazzine erano andate via da un po'-.

<< Accidenti >> fu l'ultima parola del barista che rimase fermo a guardare il corpo di Lucille allontanarsi, fino a sparire.

 

<< Ragazzi, io oggi non ne ho voglia ve lo dico. Se facessimo una pausa? >> era ormai pomeriggio inoltrato. Lucille si era diretta alla biblioteca della città dopo aver lasciato il bar in anticipo per l'appuntamento con i compagni. Il primo ad arrivare fu Federico che la salutò con il suo solito 'ciao bella' all'italiana, era così dolce quando parlava la sua lingua. Dopo di lui arrivò Heidi che sorrise loro da lontano agitando la piccola e delicata mano in segno di saluto. Quando poi ci furono tutti si diressero al loro tavolo preferito iniziando con le lezioni di quel giorno ma Marco, il 'dio', aveva appena deciso di porci fine con la sua uscita.

<< Andiamo, Marco, abbiamo appena iniziato >> Nicoletta lo rimproverò seppur a modo suo, ma il ragazzo la ignorò alzando le spalle e lanciando occhiate tutt'intorno nella speranza di trovare un sostegno da parte di almeno uno dei compagni, sostegno che arrivò -ovviamente- solo da Federico che annuì, mano sotto il mento e sguardo perso nel vuoto, mormorando un 'siamo lo stesso stanchi, serve una pausa' che fece sospirare le povere ragazze costrette a quel punto ad alzarsi per seguirli all'esterno della biblioteca dove l'unico bar era quello di Daniel. Un sole accecante accolse la loro ora d'aria facendoli pentire all'istante di aver lasciato quel refrigerio per avventurarsi nell'arido deserto del Sahara cittadino. Grazie a Dio quel ragazzo aveva l'aria condizionata, e come poteva essere altrimenti, così quando entrarono, -da notare che il giovane salutò l'amica come se la lite di poco prima non fosse mai avvenuta- corsero a posizionarsi non al loro solito tavolo nell'angolo, bensì a quello posto di fronte il condizionatore. Nel vedere quella piccola scenetta il ragazzo rise divertito, li conosceva da troppo tempo per poter anche solo pensare di dir loro qualcosa e poi, pensò, cosa avevano mai fatto di sbagliato nell'occupare un tavolo da dieci in sei? Tanto a quell'ora non sarebbero mai entrate dieci persone! Dopo quel siparietto il barista si avvicinò loro;

<< Cosa vi porto ragazzi? >> ognuno scelse ciò di cui più aveva voglia o bisogno, come nel caso di Heidi e Lucille tanta acqua fresca, e quando il ragazzo si fu allontanato, Lucy si avventò proprio su quest'ultima.

<< È il tuo migliore amico, vero? >> chiese, gli occhi che mandavano scintille.

<< Si >> fu la risposta tesa della ragazza, certi comportamenti la mettevano in imbarazzo. Lo sapeva che era un ragazzo molto piacente, ma lei non era mica Cupido! Ma come volevasi dimostrare;

<< Non me lo faresti conoscere? >> continuò lei, e stava per risponderle quando Federico la precedette urlando quasi "piantala di infastidirla, Lucy!" tanto che si spaventarono tutte, non lo avevano mai visto reagire a quel modo a qualcosa. La ragazza lo guardò truce ma non disse nulla. Braccia incrociate al petto ed espressione offesa, sembrava proprio una perfetta dama inglese dell'epoca vittoriana sedotta ed abbandonata dal suo Lord, certo le mancavano balze e merletti, ma non era quella la cosa importante in quel momento.

<< Cerchiamo di stare calmi >> si intromise Nicoletta, << Federico, cosa ti prende? >> guardò l'amico che però non si degnò nemmeno di rivolgerle uno sguardo. Sapeva di essere in errore probabilmente e ciò di cui meno aveva bisogno era una ramanzina da parte di quella ragazza. Non sapeva nemmeno lui perché aveva reagito in quella maniera, o meglio certo che lo sapeva, non era un folle, solo che non era ancora pronto forse ad ammetterlo con se stesso prima che agli altri. Con un sospiro profondo pose fine ad ogni discussione e preso il cellulare cercò di nascondersi dietro quella tastiera luminosa. Grande invenzione, pensò, chi sa come doveva vivere la gente quando non c'erano distrazioni in grado di permetterti la fuga da conversazioni imbarazzanti! E a proposito di conversazioni imbarazzanti, quei discorsi gli avevano portato alla mente il primo incontro con il suo gruppo, pochi giorni prima in realtà ma a lui sembravano già un'eternità, quando la professoressa iniziò a snocciolare quei nomi che sarebbero stati insieme al suo capì che la sua vita stava per finire, con un nome in particolare. Al sentirlo si voltò verso la persona interessata e per poco non fece un balzo in tipico stile italiano urlando 'no, non lo accetto', per fortuna non lo fece. Quello che invece fece fu iniziare a pensare stratagemmi, scuse, viaggi improvvisi e quant'altro per non dover partecipare a nessuno degli incontri, la missione fallì nell'esatto momento in cui la professoressa elencò le conseguenze per i 'disertori'. E così accettò di buon grado il suo destino e quel pomeriggio si avviò in biblioteca al loro primo incontro, con l'aria di un condannato a morte.

   
 
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