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Autore: Kira Eyler    04/08/2017    3 recensioni
[Raccolta di One-Shots che funge da prequel di "Pazzia"]
[SOSPESA causa motivi spiegabili in MP. Scusatemi tutti.]
Dopo che due autrici mi hanno detto di fare un prequel sui due gemelli apparsi in "Pazzia", mi è venuta l'ispirazione per una raccolta di One-Shots su loro due. Le Shots avranno tutte un prompt diverso e solo a volte saranno collegate.
01. Inizio: "[...] -Souru, sorridi! Li ho uccisi, ti rendi conto!? UCCISI!- esclamò Katsumi, rimettendosi a ridere. Souru scoppiò in un altro forte pianto a dirotto, stringendosi al fratello e battendo i pugni sul suo petto [...]"
03. Maledizione: "[...] Un paio di fiammelle blu scesero, fluttuando, dalle scalinate del Tempio, e con voce infantile e alta parlarono: “Chiunque uccide un bambino accanto al Tempio, verrà ucciso in modo violento”
05. Bambole: "[...] -Bonjiro, giusto in tempo! La governante stava dicendo che mi usi a tuo piacimento, come se fossi la tua bambola!- [...]"
09. Specchio: "[...] -Hai capito il concetto, più o meno...- gli disse, celando la tristezza -... Ricordati di trovare qualcuno che raccolga tutti i pezzi, non solo i più grandi e quelli meno taglienti. D’accordo?-[...]"
Genere: Angst, Dark, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Marionetta pazza'
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Salve a voi! 
Come ho già detto sulla mia pagina Facebook, oggi non sarebbe dovuto uscire questo capitolo, ma un altro. Se ho deciso di pubblicare questo, è perché così scoprirete perché Ayano fa determinate cose -e anche un suo problema, a dirla tutta (e mi sono documentata per benino u.u). La cosa positiva è che con questo si conclude la prima parte di pianti: i capitoli successivi saranno più calmi e tranquilli.
Mi scuso per chi aspetta ancora una mia recensione, sto pian piano svuotando la lista delle storie da recensire. Ultimamente avevo "lasciato EFP" per leggere libri e non fanfiction... 
Comunque, buona lettura! Se ci sono errori, come sempre, segnalate (l'hanno letto quattro persone, se ci sono errori distruggo la tastiera. Ah, a proposito, grazie a Hao SakuraTirene39 e i miei fratelli per le prime letture xD). Spero possiate capire il motivo per cui ho scritto e pubblicato un capitolo del genere.

08. Open Wounds

Socchiuse lentamente l’anta della porta, fino a poco più che qualche centimentro di apertura. Tenendo la mano ferma sulla maniglia, trattenne il fiato e tese l’orecchio: non sentiva niente da quella zona.
Finì di spalancare la porta, avanzò piano nella stanza buia e il pavimento scricchiolò. Si fermò e la musichetta ripetitiva del carillon si azionò all’improvviso, facendola sobbalzare; sì tappò la bocca con le mani, il cuore era come impazzito e martellava nel petto. Desiderava trovare in fretta quelle chiavi che l’avrebbero fatta uscire, così il suo desiderio si sarebbe avverato: sarebbe riuscita ad allontanarsi dall’Inferno e dal Diavolo, a fuggire.
“-Senza di me sei sola, stupida! Sei sola! Nessuno ti vuole, solo io sono al tuo fianco!-“ ripeté la voce nella sua testa. Voce che non era la sua, ma di Lui; continuava a ripetersi, quella frase, con il tono di voce così vuoto e piatto da rendere quella ripetizione un incubo. E la cosa brutta era che lei, quella voce, la credeva accanto e non nella sua mente.
Preferiva staccarsi le orecchie per non sentirla e, sì, preferiva stare sola piuttosto che con uno come lui.
Abbandonò le braccia lungo i fianchi e avanzò nel buio, fidandosi della memoria visiva: doveva fare qualche passo in avanti, poi avrebbe incontrato il tavolo; sorpassato quello, avrebbe fatto due passi o più verso destra, di nuovo dritto ed ecco le chiavi al muro. Non era difficile.
-Me ne vado, me ne vado- si disse. Un sorriso amaro le increspò le labbra, il cuore continuava a batterle forte e andava quasi a ritmo con la musica lenta, a tratti spedita, malinconica e inquietante del carillon.
Poi sentì la porta chiudersi, quell’aggeggio infernale più vicino. Si fermò e lacrime cristalline le solcarono le guance, una mano le sfiorò i capelli sciolti e in seguito una guancia, senza bagnarsi delle sue lacrime. Sentì la scatoletta bianca a pochi centimetri dal suo orecchio.
-Ayano, dov’è che vai così silenziosa?-
In tutta risposta, questa prese a canticchiare la melodia della scatola armonica, fermandosi talvolta per prendere fiato. Tremò, continuò a tremare e le lacrime non si fermavano.
Le spostò i capelli su una spalla, la ragazza poté sentire il suo respiro sulla sua pelle.
-Se te ne vai sarai sola, sola. Io non voglio vederti cadere nella disperazione, Ayano(*)-
Marcò quell’ultima sillaba, ma lei non si era fermata e non si fermò: ripeteva a mo’ di pappagallo la melodia e sorrise in modo insano. Non voleva vederla cadere nella disperazione, quindi le voleva bene anche se la sua disperazione era tutta colpa sua. Perché voleva scappare? Si stava autodistruggendo per colpa sua.

Il lampadario si accese e si spense due volte, prima che la luce potesse illuminare la stanza. Ayano si voltò di scatto; lo aspettava, aspettava di vedere il volto del fratello e quel carillon. Però non c’era nessuno con lei: era sola ed era immersa nel silenzio più totale. Niente melodia, niente scatola armonica, niente più frasi e lui non c’era.
Si portò le mani sul petto e boccheggiò, poiché le mancò improvvisamente il respiro. Le gambe le tremavano e la fronte era madida di sudore freddo, ma si fece coraggio e osservò alla sua destra, poi alla sua sinistra: non c’era davvero nessuno. Gli occhi ambrati vennero puntati sulla porta, che era aperta e non chiusa come sospettava qualche secondo prima.
La luce si spense di nuovo e lei crollò a terra, all’indietro, con le ginocchia alzate e la testa appena appoggiata al muro. Respirò affannosamente con la bocca spalancata, strinse la maglia tra le mani; ecco che tornò la luce. Sì, probabilmente c’era qualche guasto nelle reti elettriche, ma come si spiegava la musichetta e la voce di Bonjiro?
-Mi sto anche immaginando le voci, adesso?- si disse, con tono auto ironico, per spezzare un po’ la sua paura. Si sforzò di sorridere e si mise in piedi, barcollando.
E proprio quando pensava che avesse finito con quei ricordi, fece per prendere le chiavi appese al muro e si bloccò sentendo di nuovo suo fratello:
-Ti odio. Fai sempre ciò che non devi fare! E a volte mi stanco addirittura di riprenderti, perché è fottutamente inutile! Ti odio ancor di più perché vuoi lasciarmi solo.-
Sembrava adirato, dal tono di voce. Lei non voleva che Bonjiro si arrabbiasse, non lo voleva per niente, e non voleva nemmeno lasciarlo solo. Cosa stava facendo!?
Si coprì gli occhi con le mani e negò col capo, gocce di lacrime caddero sul pavimento.
-No, no, scusami!- esclamò, senza avere il coraggio di voltarsi -Io non voglio che tu mi odi, mi dispiace! Farò ciò che vuoi!-
“Sei tutto ciò che mi è rimasto” pensò, tristemente “Se ci dividiamo, siamo finiti entrambi. E mi fa male doverlo ammettere, perché io... io soffro e voglio solo piangere ogni volta”

***

Capì che aveva di nuovo immaginato tutto quando, voltandosi per uscire dalla stanza, non vide il gemello. Pensò di uscire e di andare a dormire, poiché non era ancora pronta per riuscire ad andarsene e, forse, quelle voci erano dovute all’ansia e alla paura.
Varcò la soglia del salotto e si fermò per vedere se il fratello fosse ancora lì, nonostante la stanza fosse illuminata solo grazie alla luce dei lampioni in strada. Però erano le tre del mattino, sapeva che Bonjiro era già in piedi o perché non riusciva a prendere sonno, o perché non voleva prendere sonno. Se il fratello era sveglio, poteva credere che le avesse giocato uno scherzo parlandole e nascondendosi, quindi poteva credere di non essere completamente pazza.
Fece qualche passo in punta di piedi e dovette ricredersi, mentre la preoccupazione s’impandronì del suo animo: il ragazzo era sdraiato sul divano, su di un lato, e dormiva. Stava dormendo sicuramente, poiché il loro gatto nero era accoccolato contro il suo ventre, e se fosse stato sveglio l’avrebbe allontanato subito. La fanciulla appoggiò le mani allo schienale e si morse il labbro inferiore, tentando di scaricare le sensazioni negative che provava.
Fece scivolare una mano e si tastò il fianco, cercando la tasca in cui aveva nascosto il taglierino. Quando la trovò, tirò fuori l’oggetto e fece scivolare fuori la lama.
-Io lo so- sussurrò con tono impercettibile, che tradiva una richiesta disperata di aiuto -Lo so che posso fare di tutto, ma non cambierà niente. Non cambierai tu. Per te non sono ancora perfetta...-
Tornò a camminare, girò intorno al divano e si fermò davanti a esso. Si chinò e avvicinò la lama alla gola di lui: con un gesto immediato poteva liberarsi dai suoi incubi, scappare da quel maledetto inferno, smettere di sentire le sue parole e le sue risate.
-Io mi fidavo di te e sei stato il primo a uccidermi dentro. Congratulazioni, Katsumi- lo lodò falsamente, sorridendo amaramente.
Fece per fare un taglio netto, ma la mano non osò muoversi. Voleva, senza riuscirci. Si ordinava di ucciderlo, adesso che poteva, però l’arto non rispose al comando; quasi non lo sentiva. Strinse i denti e allontanò il taglierino; lo avvicinò nuovamente al solito punto e sperò di riuscire nel suo intento, fallendo miseramente. Era inutile che ci provasse: non riusciva ad ucciderlo.
Lanciò di lato l’oggetto, il quale cadde sul pavimento e provocò un rumore tale da far alzare la testa al micio.
-Perché non ci riesco!? Perché!?- si domandò, disperata, troppo ad alta voce.
Il felino balzò giù dal divano, riconoscendo la padrona nonostante gli occhi non funzionassero né al buio, né alla luce. Miagolò, Ayano si portò le mani alla testa e lo fissò con gli occhi sgranati per il terrore; il gatto miagolò di nuovo, richiedendo attenzioni, e Bonjiro spalancò lentamente le palpebre.
La ragazza si rimise ritta e portò i pugni chiusi davanti al petto, gonfiando le guance. Il giovane si mise a sedere dopo aver regalato una fugace occhiata alla sorella, e si passò una mano tra i capelli. Tornò a guardare Ayano, con aria ancora assonnata.
-Che succede, Aya’?- le domandò, incuriosito e anche stupito: non aveva mai visto la fanciulla in piedi a quell’ora, soprattutto con le guance bagnate e di già gonfiate.
Questa non rispose subito.
Dopo attimi di silenzio, si gettò sul divano tra le braccia del fratello; prese a singhiozzare, si strinse a lui e affondò il viso nel suo petto, nel tentativo di non guardarlo in volto. Bonjiro le accarezzò la testa, adesso solo stupito da quel comportamento, e il gatto balzò spaventato di lato, a causa del gesto improvviso.
-Stavo per fare una cosa terribile, Bonjiro!- esclamò, ma le parole uscirono dalla sua bocca soffocate; non osava allontanarsi dal fratello, eppure continuò a parlare: -Scusami! Scusa!-
-Di che stai parlando?- le domandò, per niente interessato, e continuò ad accarezzarle i capelli. Le poggiò la mano libera sulla spalla e chiuse gli occhi, sospirando.
La percepì negare col capo, si sentì stringere la maglia; aprì gli occhi e assunse un’aria apatica.
-Quando finirà!? Quando finirà questa maledetta sensazione!?- gridò ancora lei, malinconica. Si chiedeva quando sarebbe finita la guerra che, da sola, stava combattendo sia fuori che dentro.
-Abbassa la voce, i vicini dormono.- la zittì Bonjiro, apatico. Ayano rimase priva di parole: si aspettava una consolazione, una parola di conforto, non quella frase per lei insensata. Lo ascoltò continuare, in silenzio e con occhi che esprimevano amara delusione: -Se ti va possiamo dormire insieme, magari ti passa questa... cosa. Non in camera mia perché, attualmente, è una zona da cui bisogna star lontani-
“Questa ‘cosa’ non passerà se ti comporti a volte così, altre da perfetto psicopatico” pensò la ragazza. Era ciò a confonderla ed era ciò che avrebbe portato avanti le sue sofferenze.
-Come da piccoli: mamma non c’era e dormivamo insieme- proseguì il corvino. La strinse per le spalle e l’allontanò un po’, la guardò negli occhi e concluse: -Che ne dici? I tuoi mostri non potranno raggiungerti, così.-
Ayano sorrise, senza averne l’intenzione. Annuì, fuori dal suo controllo. Il ragazzo ghignò per un attimo e annuì a sua volta. La ragazza si alzò e gli porse la mano; lei stava porgendo la mano al suo mostro per eccellenza. Bonjiro l’afferrò e si alzò, gliela strinse e la guardò nuovamente negli occhi, come a voler scoprire i suoi pensieri.
La bambola lo lasciò fare, perché sapeva che nessuno poteva salvarla; lo lasciò fare, perché sapeva che le ferite aperte sulla sua anima non si sarebbero rimarginate.
-Aya’, volevi forse uccidermi?- e indicò il taglierino sul pavimento.
 
*Ayano è un nome che viene dall'unione di "Aya" (che significa "progetto") e "No" (che significa "mio"). Dall'ossessione di Bonjiro verso Ayano, potete ben capire perché ha marcato quel "-no" finale.

   
 
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