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Autore: Jackthesmoker7    04/08/2017    2 recensioni
Ho cercato di scrivere una storia il più simile possibile agli episodi della serie TV, che dia alla serie una conclusione (p.s. La quinta stagione non conta qui).
Vedrete uno Slado mai visto ed una Stella che potreste vedere solo nei vostri incubi.
E Robin...
Vedrete
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Robin, Slade, Starfire, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sangue sapeva di metallo arrugginito, era acido, disgustoso. Non lo sopportava, gli faceva venir voglia di strapparsi la lingua. Ma per quando si sforzasse non riusciva ad ignorarlo. Aveva già da tempo imparato il sapore, e sempre nei modi peggiori. Ma non si sarebbe mai abituato.
Il sangue di Kitten gli era schizzato in bocca e con il suo aroma continuava a ricordargli ciò che aveva giurato di non fare mai e poi mai e che invece aveva fatto: uccidere. Ma aveva dovuto: non poteva sopportare di vederla soffrire, ne lasciarla ad una morte lenta e dolorosa. Affrettare la cosa non poteva che essere un atto di bontà, ma questo pensiero non lo tirava su.
I punti erano saltati, il suo sangue si mischiava con quello sui guanti e gocciolava a terra mentre saliva le scale, accanto alla scia di appena qualche minuto prima.
Quando arrivò nella Main Ops Room trovò Cassie seduta in terra ad un passo dalla porta, le spalle appoggiate alla parete, spaventata. Appena lo vide però scattò in piedi e si precipitò dal ragazzo, quasi travolgendolo, però si fermò non appena vide il sangue che lo copriva, soprattutto quelli agli angoli della bocca. Poi però riprese coraggio e gli si avvicinò: << Robin, stai bene! Ma dov'è quel mostro? L'hai fatto fuori? >> queste ed altre domande, che però Robin scelse di ignorare. Le passò davanti degnandola appena di uno sguardo, e si sedette sul divano sfondato in mezzo alla stanza, senza dire una parola. Lei dapprima non si mosse, temendo di aver detto qualcosa che potesse averlo offeso in qualche modo, poi si riscosse e gli si sedette accanto.
Nessuno dei due fiatò, sebbene Cassie fosse preoccupata ed anche un po' offesa dal comportamento del ragazzo, ma guardando il sangue che lo sporcava tutto non osava chiedergli più niente. Robin non si muoveva, a malapena sembrava respirasse ed era molto pallido. Cassie notò che la ferita si era riaperta, e stava per chiedergli se poteva ricucirla, ma venne interrotta da un forte suono proveniente dall'esterno.
BOOOM!
Robin scattò come un felino e prendendo Cassie per mano si buttò dietro al divano sdraiandosi a terra. Il cuore di Cassie batteva all'impazzata: "No, ti prego! Non ancora! Basta!"
Rimasero entrambi accucciati dietro il loro riparo di fortuna aspettando un altro botto, un'esplosione o qualcos'altro che seguisse il rumore di prima. Invece ci fu solamente il silenzio.
Se Cassie tremava per la paura, non si poteva dire lo stesso di Robin che si era scosso dallo shock ed aveva acceso i monitor di sorveglianza. Quei pochi che funzionavano ancora gli mostrarono la città, i suoi enormi palazzi, il mare che ne lambiva le coste. Una spessa coltre scura dominava la vista, coprendo tutto ciò che era a portata di sguardo. Robin zoomò sugli schermi, riuscendo a quasi a distinguere ciò di cui era composta.
Robot. Centinaia di migliaia di robot circondavano la torre in assetto da battaglia sotto la pioggia: alcuni immersi in acqua fino al petto, altri sospesi in volo ad oscurare il cielo, armi in mano e pronti ad attaccare in qualsiasi momento. "Da quanto sono qui, e come diavolo ho fatto a non notarli?" si chiese mentalmente Robin, rimproverandosi per la sua incompetenza. Spostò l'inquadratura lungo l'enorme esercito che si estendeva a perdita d'occhio tra terra, cielo e mare, cercando di contare quanti fossero, ma erano un numero a dir poco esagerato. Perso nell'esaminare il nemico non aveva notato Cassie che dietro di lui che stava morendo di terrore, ed aveva perso la lucidità. Robin tornò a rendersi conto della sua presenza quando la sentì urlare isterica: << Nooo! No, basta! Basta! Non ancora! Non ancora! Non voglio morire! >> gridò in lacrime. Robin fu subito al suo fianco e le tappò la bocca con la mano. Si portò un dito sulle labbra e le fece cenno di star zitta, poi le disse, sottovoce: << Zitta. Non urlare. Se avessero voluto ucciderci a quest'ora saremmo già morti. >>
Dalle telecamere sembrava che non si muovessero, poi un uomo si fece strada in mezzo all'armata in cielo. La maschera che mandava bagliori come se la luce del sole rimbalzasse sul metallo, con un unico foro per un occhio solo: << Slado in persona... >> commentò Robin: << Quale onore. >>
Al suo passaggio gli automi formavano una passerella così che potesse camminare verso la torre senza cadere. Ad una certa distanza però si fermò, ed aspettò.
In un istante il comandante del suo esercito gli fu accanto restando sospeso a mezz'aria sui suoi propulsori: << C'è anche Cyborg. Fantastico... >> disse Robin amaro: << Però non vedo nessun altro dei Tyrans. Questo può essere un buon segno. >>
Intanto Cassie si dibatteva esasperata cercando di liberarsi dalla presa di Robin, che aveva continuato a tenerla immobilizzata per tutto il tempo senza accorgersene. Quando morse Robin si ricordò di lei e la mollò: << Aah! >> imprecò lui tenendosi il dito << Dovevi proprio?! >>
<< Sì che dovevo! Ti eri impallato e stavo soffocando! Secondo te che avrei dovuto fare, eh? >> rispose Cassie riprendendo fiato.
<< Restare calma e non dare di matto, o almeno farlo in silenzio. >> disse lui trascurando le dita e voltandosi verso gli schermi. Cassie aprì la bocca per replicare, ma la richiude subito quando risentì il panico avvolgerla e sentì stava per ricascarci, ma con uno sforzo sovrumano riuscì a scacciare il terrore: "Non ci aiuterà se perdo il controllo ogni due secondi. Devo sforzarmi di non perdere la calma." Robin non lo diede a vedere, ma aveva notato ciò che era riuscito a compiere la ragazza. Non era un'impresa facile, ne era sorpreso: "Forse adesso ho... abbiamo qualche possibilità in più."
L'attenzione dei due ragazzi venne attratta ancora una volta dai monitor, che mostravano una scena davvero particolare: Slado stava avanzando da solo, senza una scorta, diretto verso la torre. Aveva abbandonato la passerella di prima a favore dei robot galleggianti, e camminava sulle loro teste come se formassero un grande pavimento. Si fermò solo quando scese a terra, sull'isoletta su cui sorgeva la torre occupata da Robin e Cassie.
All'improvviso gli schermi si spensero, impedendo ai due ragazzi di spiare l'esterno.
<< Cosa succede Robin? >> chiese Cassie con una sfumatura di ansia nella voce.
<< Deve essere stato Cyborg >> le rispose Robin << Lui conosce bene questa torre: è stato lui a costruire la struttura, a programmare i computer, a preparare i veicoli. Conosce questo posto molto meglio di me. >>
All'improvviso gli schermi si riaccesero, ed a dominare sulla visuale c'era la maschera di Slado.
<< Robin >> disse lui formale.
<< Slado >> ribatté il ragazzo usando lo stesso tono.
<< Voglio parlarti, ma non così. Ti chiedo quindi di scendere e discutere faccia a faccia. >>
<< Perché mai dovrei? Come posso fidarmi di te? >> disse Robin lasciando trapelare un filo di rabbia.
<< Perché te lo prometto, e sai bene che io mantengo sempre le promesse. >>
<< Mhh... >> si voltò a guardare Cassie cercando una risposta, come faceva prima con Stella, ma non trovò risposta, non con lei. Quanto gli mancava Stella, ma non poteva pensare a lei in quel momento o avrebbe perso il controllo. Si rivolse di nuovo al mercenario, con la voce impregnata di odio: << Arrivo. >>
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
<< Fai bene a fidarti di me. >>
Il rumore delle onde che si infrangevano sugli scogli ed il vento che si alzava fungevano da sottofondi mentre la tensione era così palpabile che era possibile tagliarla con una lama.
Slado era immobile davanti al ragazzo, le mani intrecciate dietro la schiena, e continuava a fissarlo dritto negli occhi: << Ci sono cose che devo chiederti prima che cominci... tutto questo. >> disse indicando tutto intorno, i robot, la torre.
Robin non rispose e rimase zitto, senza trasparire emozioni.
Slado continuò imperterrito, irritato dal comportamento del ragazzo: << Robin, ti conviene smettere con questo atteggiamento! Ti rendi conto di cosa sta per accadere? Non voglio doverti uccidere. Quando dovrò attaccare non avrò pietà, e questo significa che non mi fermerò quando stringerò le mie mani sulla tua gola. >>
Robin continuò a rimanere in silenzio: << Voglio essere generoso per un ultima volta. Ultima possibilità, unisciti a me ed insieme saremo inarrestabili. Tutti ci temeranno e nessuno ci fermerà. Allora, che mi dici? >>
Silenzio.
Slado sospirò deluso: << Va bene. Ci rinuncio. >>
Fece per voltarsi ma si fermò, rivolgendosi un'ultima volta verso il suo ex-pupillo: << Ah, giusto. Me ne stavo per dimenticare. Ti ho portato un regalo di compleanno. >>
Robin esitò per un istante, sembrava che Slado fosse riuscito ad incrinare la sua maschera di indifferenza: << Scusa il ritardo figliolo, ma credo che questa sia l'occasione migliore per dartelo. >> Slado allungò una mano chiusa a pugno verso il ragazzo. Quando la aprì gli mostrò una scatoletta impacchettata, e la fece cadere a terra; Robin la seguì con lo sguardo finché non toccò terra: << Buon compleanno ragazzo. >>
Slado fece per andarsene, stava per risalire sulla passerella, quando per la prima ed unica volta quel giorno Robin si rivolse a lui, ponendogli un'unica domanda: << Cos'hai fatto a Kitten? >>
Il mercenario si arrestò, e si girò stupefatto: << Kitten... mi chiedi di Kitten adesso? Va bene, se me lo chiedi tu allora...
Mi è venuta l'idea di mutarla quando ho visto con quale... passione Stella Rubia si divertiva a torturarla, sai le piaceva proprio, ed allora mi sono ricordato di quando sono stato assunto per rubare un progetto di rimodellazione genetica/mistica dal Cadmus, un'organizzazione governativa top secret, e che ne ho fatto una copia prima di consegnarlo al mio cliente. Poi con tutte le volte che Stella la sfotteva chiamandola gatta morta l'idea è nata da se.
Quindi ho giocato un po' con il suo DNA con l'aiuto di Corvina, e dopo alcuni primi sbagli siamo riusciti ad iniziare una trasformazione lenta e costante sul corpo e sulla mente, che in poco tempo l'ha resa quella macchina omicida che ti ho mandato contro. Però mi è sembrato di capire che te la sia cavata egregiamente, nonostante qualche lieve ferita. >>
<< La mutazione aveva però un difetto, era instabile, inarrestabile e comportava una costante degradazione fisica e mentale che avrebbe reso il soggetto più bestia che uomo. Sopravvivrà ancora per un paio di settimane al massimo, settimane piene di strazianti e lancinanti dolori in tutto il corpo, oltre alla sensazione di andare in fiamme. >>
Vide che Robin non chiedeva altro: << Aspetta... perché me l'hai... Oh, non dirmi che l'hai già incontrata. >> il ragazzo non replicava ancora, ma Slado riusciva a leggere il suo viso come un libro aperto << E se l'hai già incontrata, vuol dire che è successo qualcosa. Aspetta, ora capisco il sangue. Non è solo il tuo vero? >>
Non era difficile intuire che sotto la maschera il mercenario stava esibendo un sorriso enorme: << Quindi finalmente hai oltrepassato quel confine. Che bella notizia! Mi hai reso felice ragazzo mio. Te lo sei proprio meritato quel regalo.
A domani Robin. Addio. >>
E se ne andò così come era venuto, senza guardarsi indietro.
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La prima cosa che Robin fece una volta rientrato fu attivare la blindatura totale della torre, sbarrando così ogni finestra, ogni porta ed ogni singola apertura con una lastra di Promezio* secondario. Solo quando ebbe ricontrollato in maniera paranoica per una mezza dozzina di volte che non ci fossero spiragli aperti o malfunzionamenti poté finalmente rivolgersi a Cassie, che era rimasta seduta sul divano a guardarlo agitarsi sulla consolle di comando, ponendo un paio di timide domande ogni tanto. Non poteva fare di più, era ancora shockata per prima.
<< Robin, cosa stai facendo? >> Con quella domanda per poco Robin non si sbottò un'altra volta in maniera incontrollata, ma riuscì a controllarsi. Si concentrò, accumulò tutta la sua rabbia in un posto solo, pensò che si concentrasse tutta sulle nocche del pugno della mano sinistra, e colpì la parete con tutta la sua forza.
Si spaccò la mano.
In quel frangente Cassie credette davvero che fosse diventato un pazzo pericoloso, e che le avrebbe fatto del male se non fosse scappata immediatamente, come se non fosse diverso da quei mostri che le avevano rovinato la vita, ma quando lo vide sollevare la mano, guardarla penzolare inerme verso terra con le ossa ed i tendini distrutti, e sentirlo parlare con quel tono, con quella sua voce: << Scusa se ti ho spaventato, ma ormai non so più neanch'io cosa potrei fare. Mi sono rotto la mano per sfogarmi dalla rabbia. Quando ho parlato con Slado... mi ha detto delle cose... ed io ho...
Non ha importanza. >> si fermò e le si sedette accanto. La ragazza avrebbe dovuto spaventarsi di fronte al sangue che lo ricopriva tutto, al suo aspetto tremendamente trasandato o alla sua sfuriata di poco fa, ma sentiva ancora quella sensazione di sicurezza che solo lui era riuscito a darle da quando si era ritrovata da sola: << Ok. Ero solo preoccupata per te. >>
Robin la guardò dritta negli occhi, sembrava che cercasse di dirle qualcosa, ma preferì rimanere in silenzio, e non pensò neanche per un secondo alla sua mano rotta.
<< Non ti fa male? >> gli chiese lei.
<< Non abbastanza. >> fu la sua risposta.
Cassie esaminò le ferite riaperte e la mano, poi si alzò per andare a prendere il kit di pronto soccorso: << Devo medicarti ancora: la ferita sulla spalla si è riaperta e devo fare qualcosa per quella mano, non posso lasciarla così. >>
Prima ricucì la ferita, non senza qualche difficoltà, e poi si occupò della mano. Quando finì di medicarlo era in grado appena di muovere la mano: << Grazie Cassie, più di così non credo si possa fare. Ora per favore passami quella siringa lì. Non quella, quell'altra... Sì quella. Grazie. >> e si iniettò il contenuto dentro il braccio. Lasciò cadere la fiala di antidolorifico sul pavimento e si accasciò sul divano.
Quando fu di nuovo in grado di pensare lucidamente rivelò a Cassie del "regalo di compleanno" di Slado, e delle ultime ore di vita a sua disposizione: << Cassie, tu non centri niente con tutto questo, quindi non ti biasimerò se vorrai andartene via. Non è la tua battaglia.
Però c'è un'ultima cosa in cui vorrei chiedere il tuo aiuto.
Te la senti? >>
Dopo quello che aveva visto Cassie non sapeva più che rispondere, ma che altro poteva fare. Ormai combattere è diventata la sua sola ragione di vita: << Ok, ti ascolto che devo fare? >>
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
<< Perché diavolo sprechi queste occasioni d'oro?! Avevi il nostro nemico a portata di spada, e non l'hai nemmeno sfiorato! Perché? >>
Slado stette a guardare la sfuriata di Stella finché non dovette fermarsi a riprendere fiato: << E soprattutto perché non lo attacchiamo ora, perché hai dovuto dargli altro tempo? Perché... >>
Slado con una mossa fulminea le afferrò il mento con una presa di ferro: << Tesoro, quello che ho in mente io non è affar tuo. Smettila chiaro? Non disturbarmi più finché non finirà l'attacco. >> Infine la spinse a terra e le intimò malamente di tornare alla torre: << Qui non mi servi. >>
Stella avrebbe potuto incenerirlo in un'istante, strapparlo a metà con una mano, lanciarlo fuori dall'atmosfera se avesse voluto. Ma non fece niente, non poteva ucciderlo. Aveva bisogno di lui, non poteva vivere senza Slado. Lo amava. Semplicemente si sollevò in volo e puntò verso la Tower.
Una goccia di pioggia le bagnò il viso, mescolandosi tra le lacrime, e ben presto cominciò scendere una pioggerella leggera. Quando atterrò sul tetto della torre era bagnata fradicia, ma non le importò. Armeggiò con la maniglia della porta delle scale, ed arrancò lentamente sui gradini: "Cos'ho che non va? È colpa mia? Io lo amo, ma sono degna di lui? In cosa devo migliorare per meritarlo? Cosa?"
Fu inaspettato, tremendamente più forte e doloroso degli altri. Questa volta sentì arrivare il ricordo da un punto molto in profondità del cervello, e l'impatto fu devastante. Si strinse la testa fra le mani e si raggomitolò a terra, subendo il ricordo. In compenso il flash durò molto meno degli altri, solo qualche istante, il tempo di un respiro. Poi il dolore finì con la stessa velocità con cui era iniziato, si rialzò in piedi e si sentì diversa. I ricordi di una seconda vita passata si mescolavano alla prima, mentre due file di eventi simili si intersecavano paralleli in una girandola di ricordi e sensazioni, dove volteggiavano immagini del passato. Slado e Robin dominavano la scena alternandosi e mutando continuamente d'aspetto, mentre le immagini delle violente battaglie dei Tyrans si sostituivano con altre, meno brutali, combattute sempre insieme con i suoi amici, ma in una realtà diversa.
Fu un brutto shock per lei, e metabolizzare fu un'agonia. Non osava più a pensare a niente, e le lacrime uscivano come fiumi in piena: << Ma che succede? Perché ho queste visioni? Smettetela, smettetela. >>
Riuscì a strisciare fino alla sua stanza, dove crollò sul letto, improvvisamente esausta.
Pianse per ore ed ore, finché riuscì ad addormentarsi in un sonno buio e freddo, dove non trovò altro che incubi.
Intanto, due piani più in basso un rumore sordo echeggiò nell'infermeria, mentre una voce arrochita dal silenzio prolungato pronunciò con difficoltà il nome di una persona cara: << Cor...vina >>
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Mancava un'ora all'alba. Robin e Cassie erano in piedi davanti all'entrata di uno dei passaggi segreti che l'avrebbe portata in città, in completa sicurezza. Vissero insieme un ultimo momento prima che lei se ne andasse.
Poi lei dovette partire per la sua missione mentre lui la guardò uscire, sperando che fosse l'ultima volta in cui una persona a cui voleva bene correva dei rischi al posto suo.
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
Alba.
Slado si stagliò contro i pochi raggi argentati della luna morente come una potente figura mitologica, pronto a scatenare l'armageddon sul suo nemico. Mentre i robot si accendevano, Cyborg caricò il suo cannone più potente.
Dalla torre Stella osservava il campo di battaglia, chiedendosi chi è chi e cercando una risposta.
Da un vicolo di Jump City Cassie si guardò attorno nervosa, poi continuò la corsa verso il suo obiettivo.
Infine Robin osservava la Hellbat, prendeva nota dei graffi, delle ammaccature ed anche dei granelli di polvere che si posavano su di essa, controllando se ci fossero dei danni e nel caso pure la loro portata. Sentì il proprio corpo stremato intorpidirsi, e settimane di azione, di trascuratezza e di notti bianche gli gravarono sulle spalle, senza più l'adrenalina o gli antidolorifici a sostenerlo. Sentiva la mano pulsare.
Per colpa di un momento di debolezza si sentì invadere dalla paura, ma con un'ultima sforzo la scacciò via. Non aveva abbastanza tempo per avere paura, doveva essere deciso, risoluto, ferreo. Ma non riuscì ad evitare di chiedersi se la storia non sarebbe andata diversamente se fosse rimasto insieme all'uomo che lo aveva adottato, o se avesse fatto meglio il suo lavoro, o se fosse stato più bravo.
E se fosse stata tutta colpa sua?
Ma scacciò anche quei pensieri.
Poi, con la mano sana sfiorò l'enorme pettorale color pece striato di rosso ed accese l'armatura. Lentamente si infilò nei meccanismi, posizionandosi nell'imbracatura del pilota. Aspettò che i comandi si attivassero e che i dati del computer valutassero la situazione della tuta, per poi riferirgli i dati: "Batteria al 45%. Consigliabile una ricarica completa. Danni rilevati al sistema motorio, braccio destro operativo al 61%, gamba sinistra operativa al 21%, meccanismo di alterazione della tuta operativo solo nelle ali. Si chiedono riparazioni urgenti."
Robin ignorò la maggior parte degli avvertimenti ed iniziò a manovrare l'armatura. Riusciva a camminare con difficoltà a causa della gamba malfunzionante, quindi premette il pulsante per dispiegare le ali. I propulsori non erano danneggiati e le ali erano in buone condizioni: "Sarà un combattimento prevalentemente aereo."
Aprì il tetto della torre e diede un'occhiata al cielo. Venne subito investito dalla pioggia battente, ma non se ne curò. Allargò le ali e si sollevò da terra, uscendo all'esterno. Atterrò sul tetto, mostrandosi all'esercito innanzi a lui.
Mancavano due minuti all'alba. Riusciva anche a sentire il rumore delle armi che si caricavano e del metallo che sbatteva.
Chiuse gli occhi, e si concentrò. Lasciò che la rabbia, l'angoscia e l'orrore dentro di lui prendano forma, trasformandoli in carburante per la battaglia.
Quando li riaprì raggiunse l'apice, e chiuse l'armatura.
Cadde un fulmine, e per un secondo il silenzio fu totale.
Un raggio di sole nascente penetrò a fatica.
Cominciò a piovere.
 
 
*Note dell'editor: il Promezio è un metallo immaginario indistruttibile dell'universo DC, per la precisione quelli di cui è composto Cyborg, qui rivisto più facile da rompere.
   
 
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