Sesto capitolo - Bella
“Che ci fai
qui?”
“Me ne devo
andare?” Sorrido, ma cerco di non darlo a vedere. Anche se so benissimo
che lui lo percepisce.
“No.” Sussurro
appena, e so che ha sentito anche questo.
Sono di nuovo seduta sul
mio letto, e lui è rimasto in piedi vicino all’armadio, proprio
dove l’ho trovato.
“Non sei
partito.”
“Sono qui.”
Gioco con la coperta, rigirandomi l’angolo sfatto tra le mani.
“Sei qui.”
Brava, Bella. Sei una perfetta intrattenitrice.
“Charlie è
partito…”
“Con
la mia famiglia.
Sì.” Finisce lui per me.
“Mi ha detto che
sarebbero andati tutti.”
Enfatizzo il tutti.
Questa volta, il sorriso
che compare sulle labbra di Edward potrebbe accecarmi.
“Eri
dispiaciuta?” E l’occhiata maliziosa che mi lancia, non ha nulla da
aggiungere.
“Oh, no.” Mi
affretto a dire. “Stavo chiamando i miei amici.
Sai, è venerdì sera.” Stavolta però, il sorriso
muore.
“Hai
impegni?” Sembra a disagio, mentre si sposta dall’armadio alla
finestra.
E’ un vampiro. A disagio.
“Sì.”
“Allora me ne
vado.”
“In questo
momento” dico, schiarendomi la voce. “Ho un
impegno in questo momento. Nella mia stanza.” Aggiungo poi. Il
bagliore che passa nei suoi occhi è un misto tra la felicità e
l’incredulo.
1 a 0 per Bella.
“Perché non
sei a Denali?”
“E lasciarti qui
tutta sola?”
“Non mi ha mai mangiata nessuno.” Non potevo usare frase più
sbagliata.
“Appunto.”
E’ un cacciatore. Lo capisco da come digrigna i denti e i suoi occhi
diventano neri.
“Perché sei
qui?” Ripeto, per la milionesima volta.
Dimmelo.
Voglio saperlo.
“E’…”
si gratta la testa, e sbuffa sonoramente. “E’ più difficile
di quanto pensassi.”
“Spiegamelo.”
Dico appena, picchiettando con la mano sul letto.
Siediti qui con me.
Si avvicina, ma non si
siede.
“Devo sapere cosa fai. Con chi sei. Cosa
pensi.” Le sue parole dovrebbero farmi scappare, ma non succede. “Devo sapere perché ti svegli presto la mattina, e la
sera ti sale una certa malinconia. Perché non fai tutto quello
che fanno i normali diciassettenni? Perché
mantieni un segreto così grande? Perché non hai paura di
me?” Si abbassa, ed ora è alla mia
altezza. I suoi occhi sono neri, e non più dorati.
Mi vuole mangiare.
“Tu non mi fai paura.” Dico, avvicinando lentamente la mia mano
verso il suo viso. Lo faccio con calma, cercando di trattenermi. Non voglio che
si spaventi o che scappi via. Me lo lascia fare, finché la poso sulla
sua guancia fredda.
“Tu non mi fai paura.” Ripeto di nuovo, stavolta muovendo le
dita. Mi sposto delicatamente verso il mento, e poi torno su.
Lui chiude gli occhi, e sospira lentamente.
“Continua”
dice, quando mi fermo. Dentro di me esulto.
Vado avanti ad
accarezzargli il viso, passando dalle palpebre alla fronte. Vorrei stringere
con entrambe le mani, e avvicinarlo a me il più possibile.
Vorrei baciarlo.
Voglio baciarlo.
“Edward.” La
mia voce è roca, e quasi non la riconosco. Quando apre gli occhi, li
trovo glaciali a fissarmi.
“Voglio provare a
fare una cosa.” Annuisco appena. “Ma tu
non ti devi muovere.” Toglie la mia mano da suo viso, e comincia ad
avvicinarsi. Lentamente. Sempre
più lentamente. “Non muoverti,
Bella.” Sussurra, e stavolta il suo respiro lo sento dritto sulle mie
labbra.
Non muoverti.
Non muoverti.
Non muoverti.
Ma mi riesce impossibile, quando la sua
bocca tocca la mia.
Non è il mio primo
bacio, ma è come se lo fosse. Sento il cuore galoppare
all’impazzata nel petto, e ne voglio di più.
Il suo non muoverti
è andato a farsi fottere.
I miei movimenti non sono
più delicati, e la mano destra va a finire nei suoi capelli. Li stringo,
e potrei anche strapparglieli. La sua mano invece tocca quel lembo di pelle
scoperta sulla pancia, e mi manda scariche di adrenalina fino al cervello.
Mi stacco appena per
respirare, ma poi stringo la sua maglietta e lo trascino sul letto insieme a me. Il suo profumo mi manda in estati, e quando le nostre
lingue si incontrano un ringhio esce dalla sua bocca.
“Isabella!”
Si stacca prepotentemente, tornando in piedi davanti all’armadio.
So di avere i capelli
scompigliati, le guance rosse e sento che il petto potrebbe esplodermi da un
momento all’altro.
Ma non me ne frega niente.
Ne voglio ancora. E ancora. E ancora.
“Me ne devo
andare.” Si incammina di nuovo verso la
finestra.
“Ti prego.” Mentre lo dico, mi
rendo conto di non aver mai pregato nessuno in vita mia. “Non te ne
andare. Resta con me.”
Mi sveglio intorpidita e
con il braccio addormentato.
Ma felice.
Non ho dormito male,
ma… scomoda. Come se avessi
dormito sul pavimento.
“Buongiorno raggio
di sole!”
O su un vampiro.
Mi tiro su a sedere e
stropiccio gli occhi.
E’ Edward. Qui. Vicino a me. Sul mio letto.
“’Giorno.”
Sbiascico, impastando le parole.
“Dormito
bene?”
“Benissimo.”
La mia faccia non lo convince, e allora decido di osare. Mi avvicino con
cautela, e sempre con la stessa calma poso un leggero e veloce bacio sulle sue
labbra.
Niente di più.
E se un vampiro potesse
morire per shock, lui a quest’ora sarebbe sotto terra.
“Non prevedere le
tue mosse è qualcosa che mi manda fuori di testa.”
“E’ qualcosa
di fantastico.” Dico, accompagnando il suo sorriso.
“Forza, raggio di
sole! Devi alzarti, lavarti e fare colazione!”
“Cosa? E’
sabato e sono le otto e mezza!”
“Guarda” si
avvicina alla finestra, aprendo le tende. Devo coprirmi gli occhi,
perché il sole che filtra dalle finestre mi acceca.
C’è il sole.
A Forks.
“Cos-?”
“Abbiamo
in programma un pic-nic.” Dice, battendo entrambe le mani per farmi dare
una mossa. “E non abbiamo tutta la giornata.”
“Perché?”
“Perché
voglio andare a fare un pic-nic?”
“No. Perché non
abbiamo tutta la giornata?” Charlie e i Cullen
torneranno domani sera da Denali.
Cosa
deve fare?
“Prima
o poi anche io dovrò fare il mio pic-nic. Sai,
quello vegetariano.”
Giustamente.
“Quindi?”
“Ti concedo qualche
minuto da umana.”
“Mi concedi?”
Sorrido divertita, mentre mi alzo dal letto e cerco le ciabatte.
“C’è il sole, Bella. Non posso uscire come farei
normalmente. Quindi, seguiremo il mio metodo.”
“E sarebbe?”
“Salti in
groppa!”
Edward non corre.
Edward vola.
Credevo di essere
abituata a questo tipo di mezzo, ma
mi sbagliavo.
Come sempre, ultimamente.
Corre talmente veloce che
devo chiudere gli occhi fino a sentire dolore, e stringo braccia e gambe
attorno a lui così forte che potrei spezzarmi qualche osso.
Eppure non succede.
Con una naturalezza
immane atterra su un prato verde e fiorito, e mi fa scendere.
Non vomitare. Non vomitare. Non vomitare.
“Bella?”
“Tutto bene.”
Deglutisco, ed ho bisogno d’acqua. Come per
magia, Edward mi passa la bottiglietta.
Sicuro che non sai leggermi nel pensiero?
“Bevi.”
“Charlie è
un pessimo corridore.” Esclamo, una volta
mandata giù l’acqua. Lui ride di gusto, e si incammina
verso il centro della radura.
Non sono mai stata qui,
anche perché è impossibile arrivarci normalmente. E di certo non
sono il tipo da scalate e trekking.
“Emmett non se la cava male, ma la sua abilità
è la forza.” Spiega, continuando a tenere il passo. “Alice
prevede il futuro, ed è quasi impossibile vincere contro di lei. Jasper
è un Tenente, e nessuno meglio di lui conosce le strategie di guerra.”
“Carlisle ed Esme?”
“Loro sono
troppo… buoni.” Sorrido
annuendo. E’ vero. “Non farebbero male ad
una mosca, se non fosse strettamente necessario. Io e i miei fratelli per
ammazzare il tempo ci battiamo, creiamo delle vere e proprie arene. Ma Carlisle ed Esme
restano a guardare, talvolta fanno il tifo. Ma nulla di
più.”
“Rosalie?”
Edward ride stavolta.
“Lei
è spietata.
Una volta, voleva uccidere Jasper. E non scherzo.” Spiega, ed anche i
suoi occhi ridono mentre riporta a galla il ricordo. “Era
riuscita a batterlo, quando per un pelo lui si è rialzato. Si
è arrabbiata così tanto, che ha pensato
ad un vero e proprio falò. E
l’ho visto. Mentre si battevano, nella testa di Rosalie c’era
il corpo inerme di Jazz che prendeva fuoco, brandello dopo brandello.
Se non ci fossimo stati noi lì, sono sicuro che l’avrebbe
fatto.” Rabbrividisco. Se l’ha soltanto pensato con Jasper,
non oso immaginare cosa farebbe con un vero nemico.
“E tu?”
Edward allarga la coperta sul prato, posandoci sopra lo zaino. “Oltre a
leggere nel pensiero, ovviamente.” Aggiungo.
“A detta degli
altri, sono un fantastico corridore.” Ostenta, ma sempre con
quell’aria divertita. “Quando giochiamo a Baseball, fanno a gara
per avermi in squadra.”
“I vampiri giocano
a baseball?”
“Che bello,
qualcosa che non sai!” Sembra davvero felice di aver trovato qualcosa che
non so.
“Allora?”
Voglio sapere. Voglio sentirlo parlare ancora.
“Sì. Un giorno ti faremo vedere. Questo” indica il cielo limpido
“non è il tempo adatto. Servono temporali,
fortissimi temporali.”
“E Forks
è la città più adatta.”
“Esatto. Anche se ancora non abbiamo mai
giocato, qui.” Apre lo zaino, tirando fuori una
mela rossa.
“Mangia.” E non lo sta
chiedendo.
Do un morso succoso, ma sono
imbarazzata. Mi sta fissando.
“Che c’è?”
Non parla. “Mi avresti morso così?” Non so se ho esagerato o
no.
“Oh, mia Bella.” Si
avvicina, posando delicatamente una mano sul mio collo. Proprio dove pulsa la
vena. “Ti avrei morso così.” Ora avvicina il suo viso, e
sento la bocca posarsi sul mio collo.
Non può farlo.
Siete in alta quota, nessuno vi troverà mai.
Charlie lo ucciderà.
Apre la bocca, e sento i canini
affilati appoggiarsi sulla vena.
Non può farlo.
No.
No.
No.
Ma in quel secondo, proprio prima che
si stacchi, mi rendo conto che non farei nulla per fermarlo.
Mi farei mordere da Edward Cullen.
Per l’eternità.