06/08/2017
1 recensioniLa cura.
In alcuni momenti avevo creduto di non farcela: la chemio, la radiografia, la paura di morire mi impedivano di vedere chiaramente un futuro roseo e nitido.
Non avevo trovato alcun tipo di conforto e, oramai, la speranza di trovare un modo per salvarmi, si era dissolta sotto i miei occhi: se persino il dottore che, con tanta premura, mi aveva presa in cura riempiendomi la testa di fandonie, è coinvolto con chi mi ha causato tutto questo male, che possibilità ho realmente di salvarmi?
La testa mi scoppia, talmente le domande mi si affollano: cosa dovrei fare? Restare immobile in questo letto d’ospedale ad attendere una lenta ed inesorabile nonché dolorosa morte? So già cosa mi aspetta lungo il cammino, resta solo da abituarsi a questa consapevolezza. Quindi dovrei dargliela vinta e lasciare che il cancro mi porti via quel poco che resta della mia vita… o dovrei reagire?
Reagire.
Vorrei tanto farlo, vorrei poter continuare ad essere forte e non lasciarmi scalfire o abbattere ma in questo momento non ne ho la forza. Ho rinunciato alle dolci attenzioni di mia madre per non spaventarla troppo nonostante io sia terrorizzata e ho rinunciato persino all’aiuto di Mulder che, scioccamente, credeva di potermi aiutare anche se, con tutte le sue elucubrazioni sulla fantomatica teoria del complotto, non faceva altro se non farmi venire un gran mal di testa e un forte dolore allo stomaco: come potrei credere che a farmi questo sia stato proprio il governo che ho servito con così tanta passione, dedizione e impegno?
Eppure, nonostante ciò, in fondo al mio cuore c’è una parte di me che vuole dargli ragione. Forse sarà il forte desiderio di trovare una risposta a tutte le mie domande, forse sarà il desiderio impellente di trovare una cura o un modo per levarmi di dosso questo stramaledetto ospite indesiderato ma io sento il bisogno di credergli. E quella parte che mi suggerisce di credergli è la stessa che mi fa battere il cuore quando lo vedo: in altre circostanze ostenterei una diagnosi più approfondita, ricca di quei paroloni tecnici e scientifici ma con Mulder non funzionerebbe. È inutile negarlo persino a me stessa: il mio cuore batte all’impazzata quando incrocio lo sguardo sognante e misterioso di Fox Mulder mentre mi parla delle sue bizzarre teorie sugli alieni e… mentre cerca di tranquillizzarmi.
Non ho potuto fare a meno di notare il cambiamento del suo tono di voce quando gli ho riferito che mi restava poco tempo da vivere e, solo in quel momento, ho capito quale terribile sbaglio avevo commesso: Mulder era lì solo per me e non per cercare l’ennesima prova alle sue convinzioni. Era lì solo per starmi vicino e rassicurarmi. E la scienza non avrebbe mai potuto spiegarmi esaustivamente perché mi sentivo così bene e raggiante quando lui mi era accanto o semplicemente volgevo i miei pensieri a lui.
E quell’abbraccio caldo e sincero, quel suo modo di stringermi dolcemente e di accarezzarmi i capelli disordinati, di sfiorarmi la pelle pallida dalle preoccupazioni, quegli infiniti sguardi amorevoli puntellati di sorrisi appena accennati che mi aveva riservato in quel lungo, freddo e sterile corridoio d’ospedale ne erano la prova.
Senza Mulder non sarei mai potuta andare avanti perché Mulder era la mia cura.
Non avevo trovato alcun tipo di conforto e, oramai, la speranza di trovare un modo per salvarmi, si era dissolta sotto i miei occhi: se persino il dottore che, con tanta premura, mi aveva presa in cura riempiendomi la testa di fandonie, è coinvolto con chi mi ha causato tutto questo male, che possibilità ho realmente di salvarmi?
La testa mi scoppia, talmente le domande mi si affollano: cosa dovrei fare? Restare immobile in questo letto d’ospedale ad attendere una lenta ed inesorabile nonché dolorosa morte? So già cosa mi aspetta lungo il cammino, resta solo da abituarsi a questa consapevolezza. Quindi dovrei dargliela vinta e lasciare che il cancro mi porti via quel poco che resta della mia vita… o dovrei reagire?
Reagire.
Vorrei tanto farlo, vorrei poter continuare ad essere forte e non lasciarmi scalfire o abbattere ma in questo momento non ne ho la forza. Ho rinunciato alle dolci attenzioni di mia madre per non spaventarla troppo nonostante io sia terrorizzata e ho rinunciato persino all’aiuto di Mulder che, scioccamente, credeva di potermi aiutare anche se, con tutte le sue elucubrazioni sulla fantomatica teoria del complotto, non faceva altro se non farmi venire un gran mal di testa e un forte dolore allo stomaco: come potrei credere che a farmi questo sia stato proprio il governo che ho servito con così tanta passione, dedizione e impegno?
Eppure, nonostante ciò, in fondo al mio cuore c’è una parte di me che vuole dargli ragione. Forse sarà il forte desiderio di trovare una risposta a tutte le mie domande, forse sarà il desiderio impellente di trovare una cura o un modo per levarmi di dosso questo stramaledetto ospite indesiderato ma io sento il bisogno di credergli. E quella parte che mi suggerisce di credergli è la stessa che mi fa battere il cuore quando lo vedo: in altre circostanze ostenterei una diagnosi più approfondita, ricca di quei paroloni tecnici e scientifici ma con Mulder non funzionerebbe. È inutile negarlo persino a me stessa: il mio cuore batte all’impazzata quando incrocio lo sguardo sognante e misterioso di Fox Mulder mentre mi parla delle sue bizzarre teorie sugli alieni e… mentre cerca di tranquillizzarmi.
Non ho potuto fare a meno di notare il cambiamento del suo tono di voce quando gli ho riferito che mi restava poco tempo da vivere e, solo in quel momento, ho capito quale terribile sbaglio avevo commesso: Mulder era lì solo per me e non per cercare l’ennesima prova alle sue convinzioni. Era lì solo per starmi vicino e rassicurarmi. E la scienza non avrebbe mai potuto spiegarmi esaustivamente perché mi sentivo così bene e raggiante quando lui mi era accanto o semplicemente volgevo i miei pensieri a lui.
E quell’abbraccio caldo e sincero, quel suo modo di stringermi dolcemente e di accarezzarmi i capelli disordinati, di sfiorarmi la pelle pallida dalle preoccupazioni, quegli infiniti sguardi amorevoli puntellati di sorrisi appena accennati che mi aveva riservato in quel lungo, freddo e sterile corridoio d’ospedale ne erano la prova.
Senza Mulder non sarei mai potuta andare avanti perché Mulder era la mia cura.