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Autore: Stillmar    06/08/2017    2 recensioni
L'acqua gli alberi e i fulmini erano gli unici testimoni della strana creatura apparsa improvvisamente in quel luogo
chiunque fosse passato di li sarebbe senz'altro rimasto sorpreso di trovare una così bizzarra sagoma giacere sull'erba bagnata.
una storia avventurosa e a tratti inverosimile che tenevo in cantiere da un po' e che finalmente pubblico qui; è un esperimento ma spero possa piacere comunque.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 4
Arrivo in città

Un forte battito risuonava nelle sue orecchie, non capiva cosa fosse, ma di certo non se lo stava immaginando.  Jackson riuscì a dormire ben poco quella notte. Troppa l’emozione, o forse troppi i ripensamenti non lo seppe mai con esattezza. Nessuna nuova visione venne a trovarlo, ed un poco gli dispiacque. Avrebbe in fondo desiderato dare una nuova occhiata in quelli che almeno lui credeva essere dei frammenti del suo passato, nascosti da qualche parte nella sua testa. Ma forse avrebbe preferito avere solo un altro dei suoi violenti mal di testa, per dimenticare. Dimenticare almeno per pochi minuti tutti i suoi problemi. La mattina arrivò a grandi passi, prima però che il sole si alzasse al di sopra della campagna, Jack si svegliò sentendosi scuotere dalla piccola zampa di Jeremy. L’agnello era in piedi accanto a lui, tremolante sia per il freddo che per l’emozione. L’uomo riprese conoscenza, lo salutò e si mise a sedere notando quasi subito uno strano oggetto che il piccolo aveva con se.
<< Jeremy … che cosa sono? >>
<< Per te. >> rispose la pecora. << Li ho trovati in cantina, non è molto ma dovrebbero aiutarti a non farti notare. >>
Il piccolo porse a Jack una grande e morbida sciarpa di colore scuro, un paio di occhiali da sole e infine un paio di guanti anch’essi scuri. Jack rimase per un po’ dubbioso chiedendosi cosa avrebbe dovuto farci, poi Jeremy disse:
<< Prova a coprirti la faccia con la sciarpa. >>
Jack capì cosa intendesse il piccolo, e indossò la sciarpa in modo che gli coprisse tutta la parte inferiore del viso. Poi tirò su il cappuccio della giacca per nascondere la forma della propria testa. Con l’aggiunta degli occhiali da sole sarebbe riuscito a passare per un qualunque mammifero. Ma quando arrivò a provare i guanti sorse un problema, poiché essi avevano solo quattro dita ciascuno, e Jack invece ne aveva cinque. Questi si limitò a sovrapporre il mignolo e l’anulare di ciascuna mano, infilandoli insieme nell’ultimo dito del guanto. Il tutto sembrò reggere, anche Jeremy ne fu convinto.
<< Sei perfetto. >> disse.
<< Ancora una volta sono in debito con te Jeremy. >> rispose l’uomo.
Il piccolo si limitò a sorridere, poi fece cenno a Jack di seguirlo verso l’uscita segreta. I due uscirono dal capanno senza fare rumore, e Jeremy gli indicò il punto in cui era parcheggiato il furgone. Un furgone di modeste dimensioni, con una carrozzeria rossastra solcata da non pochi graffi e bozzi come a voler indicare tanti anni di onorato servizio.
<< I miei genitori si sveglieranno tra poco. Devi sbrigarti a salire sul pianale. >>
<< Ok. >> disse Jack espirando.
<< Tutto bene? >> chiese il piccolo.
<< Certo. Pensavo solo che non riuscirò mai a ringraziarti abbastanza. >>
<< Ora non pensarci. >> rispose Jeremy cordialmente,<< Ma sbrigati però. Io cercherò di guadagnare tempo. >>
L’uomo non se lo fece ripetere ancora. Tagliò attraverso il prato e raggiunse il furgone acquattandosi accanto ad esso. Il pianale era coperto da un sottile telo agganciato ai fianchi del veicolo, ma non fu difficile per Jack scostarlo quanto bastava per passare. Si accertò che la via fosse libera e salì sul pianale in gran parte occupato dai bagagli, ma anche da altri da oggetti che forse il padre di Jeremy utilizzava nel proprio lavoro. Attrezzi metallici, cavi e alcuni sacchi vuoti riposti li vicino. Si fece spazio più che poté, e provò a sistemarsi ma non ci riuscì. Inoltre notò come la copertura non fosse esattamente completa.  I genitori di Jeremy avrebbero potuto scorgerlo mandando a monte il piano. Dovendo decidersi in fretta, scelse una soluzione più impegnativa ma comunque efficace, e si nascose in uno dei sacchi vuoti. Non fu facile, ne piacevole ma quando finalmente riuscì a mimetizzarsi, si rannicchiò accanto ai bagagli attendendo pazientemente la partenza. Aspettò a lungo, tanto che rischiò quasi di addormentarsi di nuovo, finché udì alcune voci provenire da molto vicino:
<< Siamo pronti. Andiamo. >>
Il signor Whitewool richiuse il telo per coprire i bagagli, poi salì al posto del guidatore. Jackson provò a sbirciare fuori, ma si acquattò quando intravide per un secondo la madre di Jeremy. Il rombo del motore gli fece capire che sarebbero finalmente partiti. Il piano di Jeremy aveva funzionato per il momento. Jackson si concesse un sospiro di sollievo, mentre cercava di rimanere saldo sul pianale, sperando che una delle valigie non gli finisse addosso. Riuscì addirittura a sentirsi felice, semplicemente per il fatto che si stava finalmente allontanando da quel posto. Una vittoria misera in realtà, ma in quel momento gli bastava e avanzava. Una volta arrivato, avrebbe dovuto concentrarsi sul suo vero obiettivo,  La mente di Jack, balzò da un pensiero all’altro in pochi istanti, decidendo infine di ricordargli la promessa fatta al piccolo la sera precedente. Come se non sapesse di aver mentito. Non avrebbe mai davvero portato Jeremy nel modo degli umani. Aldilà di questo però iniziò a sentirsi quasi un criminale. Aveva vissuto alle spalle di un’altra famiglia, rubando il loro cibo, tuttavia non riuscì a capire come avrebbe potuto rimediare. Si decise che quando tutto quella storia fosse finita, avrebbe ringraziato Jeremy e la sua famiglia, ma per il momento doveva prima pensare a se. Dimenticandosi per alcuni istanti tutto il resto, Jack distese i propri muscoli e si rilassò socchiudendo gli occhi e lasciandosi cullare dalle oscillazioni del veicolo. Il viaggio proseguì tranquillo per un lungo tratto ma le cose si complicarono quando il furgone cominciò ad attraversare un tratto di strada dissestata. Le continue scosse destarono l’uomo, che tentò di mantenersi saldo, nonostante fosse abbastanza bloccato. In effetti quel giorno il signor Whitewool avrebbe fatto meglio a controllare la copertura del pianale, che finì per sganciarsi a causa delle repentine scosse dovute alle buche della strada. Jack non poté evitarlo, così come non poté evitare che il sacco in cui si era nascosto finisse pericolosamente vicino al bordo del pianale. A quel puntò bastò solo che il furgone passasse a tutta velocità su una cunetta poco profonda perché Jack venisse sbalzato fuori dal furgone. Un volo di pochi secondi seguito da un rovinoso ruzzolone. Il sacco che conteneva Jack rotolò svariate volte sulla strada, fino ad arrestarsi poco lontano.

Fortunatamente l’occupante non si ruppe niente, neanche gli occhiali, ma nessuno si accorse di lui e il furgone della famiglia Whitewool scomparve dietro ad uno spesso muro di alberi.
Jack strisciò fuori dal sacco, dolorante e furente per l’improvviso congedo:
<< Chi ti ha dato la patente razza di caprone!? >>
Jack barcollò verso il ciglio della strada, starnutendo per tutta la polvere che gli era entrata nel naso. Tolse cappuccio e sciarpa e si mise a fare dei profondi sospiri, continuando a guardare nella direzione in cui aveva visto sparire il furgone. Si mise una mano sul volto emettendo dei sommessi ed incomprensibili mormorii.
<< Jeremy! Mi dispiace! >>
Per un attimo sperò che l’agnello potesse sentirlo e tornasse a prenderlo, ma ovviamente non accadde. Jeremy era già troppo lontano. Jackson rischiò quasi di perdere nuovamente il controllo. Lo aveva perso. In un attimo tutti i suoi propositi e pensieri sfumarono. La sorpresa e il rimorso lo aggredirono in un istante. Fosse stato più furbo se ne sarebbe andato la sera precedente.

Pensare alla delusione del piccolo gli fece male, quasi più di quanto gli avesse fatto male la caduta, ma sapeva che in fondo era meglio fosse andata in quel modo. Non era neanche riuscito a ringraziarlo come si deve. Quante bugie gli aveva raccontato? Fino a che punto si era approfittato di lui? L’uomo inoltre sapeva che il piano studiato dall’agnello per aiutarlo una volta arrivato in città non avrebbe mai funzionato. Jeremy non sarebbe comunque riuscito a nascondere un umano in eterno e Jack non avrebbe potuto sopportare l’idea di mettere in pericolo un amico. Ma ora Jeremy non avrebbe avuto problemi dovuti alla sua presenza, e Jack non sarebbe stato tenuto a mantenere la sua promessa. Una promessa peraltro pericolosa e assai poco sincera che Jack si pentì innumerevoli volte di aver pronunciato. Nonostante provasse un forte senso di colpa per aver alimentato in quel modo le speranze di un bambino, tentò più volte di convincersi che ormai non poteva più farci nulla. E in effetti era vero. Jeremy se ne era andato, e probabilmente non lo avrebbe rivisto mai più.
Così le strade dei due si divisero. Jackson lanciò un ultimo sguardo dietro di se chiedendo ancora scusa al suo amico, forse il mammifero più coraggioso che avesse mai conosciuto. Tentò di lasciarsi alle spalle la sua ennesima disavventura, indossò nuovamente il travestimento, e si rimise in cammino non sapendo però che la sua avventura in quel luogo straordinario fosse appena cominciata.

La marcia ricominciò, ma fortunatamente durò molto meno della precedente. Poco dopo aver iniziato a costeggiare la strada, Jack incappò in uno stretto sentiero che portava sulla vetta di una collina dalla quale l’uomo avrebbe potuto dare una occhiata ai dintorni. Durante tutto il tragitto Jackson dovette ripetere a se stesso i motivi per cui doveva raggiungere la città. Ragionò a lungo arrivando a trarre una importante conclusione: se lui si trovava li probabilmente anche altri esseri umani erano riusciti ad arrivare, e se erano nella sua stessa situazione avrebbero anch’essi cercato di raggiungere la città. Jack sperò davvero di non essere l’unico essere umano in quel luogo, ma non avrebbe potuto esserne certo finché non avesse raggiunto la città. Marciò per un tempo incalcolabile, e ad un certo punto gli sembrò di sentire un rumore in lontananza quasi come quello di un treno, ma ci diede poca importanza. Arrivò ben presto in un punto in cui la vegetazione si infittì leggermente, e il terreno iniziò a salire.  Si fece strada tra le fronde inciampando e incastrandosi in tutti i modi, finché un raggio di sole non lo accecò per un istante. Si mise una mano sul viso e, quando si fu abituato alla luce Jack si ritrovò sulla cima di una scogliera.
Ancora qualche passo e probabilmente sarebbe finito in acqua. Tornò in se e ciò che vide quando alzò lo sguardo lo  lasciò senza parole. Da quel punto vi era una vista perfetta della città che si delineò in tutto il suo splendore davanti ai suoi occhi. La prima cosa che Jack notò furono gli enormi grattacieli che svettavano al di sopra degli altri edifici. La città pareva già di per se sconfinata, anche più di come gliela avesse descritta Jeremy. Era tutto sorprendente dalla loro altezza alla loro forma ed erano resi splendenti dal sole che si rifletteva sui vetri colorati. Ma come tale visione lo meravigliò, allo stesso tempo lo spaventò tremendamente. Finora non ci aveva mai davvero pensato, ma solo allora si rese conto di essere l’unico umano vivo sulla faccia della Terra,( sempre che quello fosse effettivamente il pianeta Terra) ed era un pensiero, almeno per lui, a dir poco inquietante.
Guardò  prima a destra, poi a sinistra e vide un lunghissimo viadotto che attraversava la baia e portava fino in città. Ci pensò per un momento, ma alla fine decise che tentare di raggiungerlo era fuori discussione. Altra cosa che notò furono un discreto numero di imbarcazioni che andavano avanti e indietro lungo quel tratto di mare, e pensò che probabilmente doveva esserci una banchina o un molo li vicino. Si sporse, osservando al di sotto del luogo in cui si trovava e si stupì notando un’ imbarcazione ormeggiata in una piccola spiaggia sabbiosa immediatamente sotto di lui. Sollevato dalla scoperta tornò indietro e scese lungo il pendio, cercando di raggiungerla. Quando finalmente arrivò si mise ad ispezionare il luogo. La barca era ormeggiata ad un piccolo molo improvvisato, composto da alcune tavole di legno marcio. Anche l’imbarcazione aveva un aspetto piuttosto trascurato: la vernice bianca era consumata in svariati punti e il nome sullo specchio di poppa era ormai illeggibile. Solo allora Jack si rese conto delle sue effettive dimensioni, era un peschereccio in fin dei conti, abbastanza piccolo da raggiungere una spiaggia isolata come quella, ma abbastanza grande da richiedere addirittura una piccola scialuppa. Non avendo altre idee Jack pensò di chiedere un passaggio ai proprietari della barca, ma non vide nessuno li intorno.
–Forse è abbandonata- pensò.

Si avvicinò cercando di scorgere la sagoma di qualche pescatore; ma visto che sembrava esserci solo lui, decise di salire a bordo e vedere se trovava qualcosa. Attraversò il molo, rischiando più volte di scivolare sulle assi tutt’altro che stabili, e da li scavalcò il parapetto ritrovandosi su di un ponte deserto, al centro del quale vi era un boccaporto chiuso e vicino ad esso alcune casse. Jack si diresse verso la cabina principale che si trovava leggermente spostata a prua, ma non vi trovò gran che dentro; tuttavia si sorprese notando che tutta la strumentazione fosse funzionante, inoltre trovò alcune fotografie di quelli che, con tutta probabilità, erano i pescatori. Al suo naso arrivò anche un debole odore di tabacco provocato da un mozzicone di sigaretta lasciato in un posacenere li accanto. La prova inconfutabile che la nave non fosse abbandonata, i proprietari si erano solo assentati, Jack non doveva fare altro che aspettare che tornassero. La scoperta rincuorò l’uomo, ma il suo buon umore non durò a lungo. Una volta uscito dalla cabina, Jack  notò nuovamente le casse abbandonate sul ponte, si avvicinò e scoprì che alcune di esse erano aperte. Era certo si trattasse di materiale per la pesca, ma un’improvvisa curiosità lo spinse ad avvicinarsi e sollevare il coperchio. Ciò che trovò lo lasciò interdetto. La copertura della cassa cadde rivelandone  il contenuto: un vasta gamma di componenti metallici e materiale elettronico, la seconda cassa invece era piena di bottiglie di liquore, mentre nell’ultima vi era un vero e proprio arsenale di petardi. Un brivido di orrore attraverso il volto dell’uomo quando in cuor suo realizzò che quella non era una nave di pescatori, ma di contrabbandieri; e lui ci era salito sopra. Rischiò quasi di farsi sopraffare dal panico, doveva andarsene da li e alla svelta. Rimise frettolosamente la copertura alle casse, ma proprio mentre stava per raggiungere nuovamente il molo udì alcune voci avvicinarsi dal pontile. Jack si guardò intorno non sapendo che fare, ma riuscì a nascondersi appena in tempo dentro alla scialuppa coprendosi con il telo di copertura, molto più grande e pesante di quello del furgone del signor Whitewool. Rimase immobile respirando lentamente, finché non sentì dei passi sempre più vicini e poi delle voci:
 << Chi è l’idiota che ha lasciato una cassa aperta? >>
<< Non guardare me. >> disse una voce da chissà dove.
<< Quante volte vi ho detto di fare attenzione? Questo è il nostro affare più importante e niente deve andare storto. >>
 
Jack spostò leggermente il telo e vide gli stessi animali che erano nella foto. Un cinghiale, una tigre, una zebra e un massiccio orso bruno; una squadra decisamente improbabile. Indossavano tutti dei pantaloni scuri di tela, l’orso e la tigre portavano una salopette sopra alla camicia, la zebra una maglietta a maniche corte e il cinghiale, che aveva tutto l’aspetto del capo, un grande impermeabile scuro. Così conciati chiunque avrebbe potuto scambiarli per pescatori. Il cinghiale continuò rivolgendosi agli altri:
<< Portate a bordo l’ultima parte del carico e partiamo, si sta facendo tardi. >>
L’uomo rimase fermo rannicchiato dentro la scialuppa ad osservare la scena, gli animali portarono tutte le casse sottocoperta, poi vide la tigre dirigersi verso la cabina al centro dell’imbarcazione. Subito si udì il rombo del motore, poi alcuni colpi e l’imbarcazione partì. Jack rimase immobile, cercando di non fare rumore. Ad un certo punto udì il alcuni animali parlare tra loro sul ponte, era difficile capire cosa dicessero per via del rumore del motore: << Questo è un colpo grosso, portiamolo a termine, e il nostro cliente ci ricompenserà molto generosamente. >>
<< A che cosa gli serviranno tutti quei componenti? >>
<< Non ti deve importare. Facciamo ciò che dobbiamo fare e basta. >>
Quelle parole non rassicurarono affatto Jack ma, benché fosse tremendamente preoccupato, lo rincuorò il fatto che se non altro stava attraversando la baia; una volta arrivato avrebbe sicuramente trovato un modo per scappare; se fosse andato tutto liscio. Come invece non accadde. Mentre era nascosto, Jack si sentì girare la testa, poi un nuovo flashback gli si infilò nella mente; anche questo sempre molto confuso. Ogni suono sparì e gli parve di iniziare a ricordare qualcosa, ma proprio quando un’immagine stava iniziando a formarsi all’interno della sua testa, il pesante telo di copertura si sollevò e una forte zampa tigrata lo prese per il collo togliendogli il fiato. Jack fece appena in tempo ad accorgersene che si ritrovò sul fondo delle scale che portavano sottocoperta. Un improvviso dolore gli percorse il braccio e la schiena per come era atterrato; ma quando tentò di rialzarsi un ulteriore calcio lo spinse verso una cassa li vicino rovesciandone il contenuto. Nella foga del momento Jack si rese conto di aver perso la sciarpa, e si affrettò a recuperarla prima che qualcuno lo vedesse in viso. Si rigirò sul pavimento in direzione dell’entrata, ma davanti a lui trovò l’orso, il cinghiale e la tigre con lo fissavano con uno sguardo tutt’altro che rassicurante. Jack trasalì e si spostò indietro. Il capo dunque prese la parola:
<< Bene bene, a quanto pare abbiamo un clandestino a bordo. >>
<< Avevo sentito uno strano odore quando siamo saliti, sapevo che c’era qualcun altro sulla barca. >> aggiunse la tigre con un ghigno. Il capo sembrò non sentire:
<< Chi sei? E che diavolo ci fai qui? >>
Non vi fu risposta,l’uomo ancora stordito per il colpo continuò a fissare quei tre con uno sguardo spento cosa, a dire il vero, assai difficile per lui in quel momento. Aveva il fiato corto, sentiva ancora dolore al braccio e alla schiena e sudava copiosamente.
<< Amico … >> proseguì  il cinghiale,<< … se rispondi, potrei anche decidere di non farti troppo male. >>

In quel momento Jack capì di essersi davvero messo nei guai, era ovvio che quegli animali non gli avrebbero concesso clemenza. Per un attimo pensò di spiegare tutto, ma non lo fece per un solo motivo: per lui quella situazione era, si difficile, ma in qualche modo imbarazzante. Non si era mai sentito di un uomo minacciato in quel modo da un animale,  ed era una cosa che Jack non poteva accettare. Non sopportava di essere trattato in quel modo soprattutto da uno stupido cinghiale.
<< Secondo me è uno sbirro capo. >> disse l’orso che fine a quel momento si era tenuto in disparte.                Il capo sembrò non sentire neanche lui, un silenzio orribile calò in quell’istante.  Jack non ce la faceva più. Non sapeva che fare. Ormai era tardi per cercare di scendere a compromessi; e ovviamente non poteva spiegare il vero motivo per cui si trovava li. Ci pensò per un istante, ma alla fine decise che non si sarebbe mai abbassato a chiedere pietà ad un animale, non lui. Jack spostò la mano per raddrizzarsi e arrivò a toccare uno strano oggetto di forma cilindrica. L’uomo attese che il cinghiale si distraesse poi gettò una rapida un’occhiata vicino a sé. Nella penombra Jack riconobbe il grosso petardo che giaceva vicino alla sua mano. Ce ne erano molti altri rotolati fuori dalla cassa che aveva urtato poco prima. Senza farsi notare la raccolse e la nascose dietro di se, poi tornò a fissare i suoi aggressori. Sembrava che il cinghiale stesse perdendo la pazienza:
<< Va bene ho cercato di essere ragionevole con te, ma quanto pare … >>; poi volse le spalle e si rivolse a suoi scagnozzi:
<< Pensateci voi, e se non dice niente gettatelo in acqua. >> l’orso e la tigre si guardarono sorridendo in modo perfido, poi questa ultima disse:
<< Ti avviso amico, stai per passare un brutto quarto d’ora. >> si  avvicinò e afferrò  l’uomo per il collo cercando di togliergli il cappuccio. Jack capì di dover passare all’azione al fine almeno di non passare un “brutto quarto d’ora”; così con un gesto repentino afferrò il proprio accendino, fece brillare la miccia, e gettò l’ordigno sul pavimento prima che chiunque lo potesse intercettare; riuscendo appena in tempo a chiudere gli occhi e a coprirsi le orecchie.  Subito dopo una luce molto forte divampò nella stanza; seguita da un fracasso infernale.  Jack senti la morsa attorno al proprio collo allentarsi, ma quando tentò di aprire gli occhi si ritrovò disorientato in mezzo ad un mare di scintille, mentre vedeva le sagome sfocate degli altri animali che come lui barcollavano avanti e indietro per la stanza, e tutti i suoni sembravano essere scomparsi.  Approfittò dell’occasione, dopo che ebbe individuato l’uscita si mise a correre, per quanto ci riuscisse a causa anche del male alla schiena, in quella direzione mentre alle proprie spalle udiva le urla degli altri animali:
<< Aiuto! Non vedo più niente! >>
<< Quel maledetto sta scappando, qualcuno lo fermi! >>
 
Jack si trascinò fuori dal boccaporto, che chiuse e sigillò prima di accorgersi della zebra rimasta sul ponte. L’animale uscì dalla cabina armato di un tubo e si diresse verso Jack a tutta velocità per cercare di fermarlo. Quest’ultimo, che ancora faceva fatica a distinguere il sopra dal sotto, la schivò istintivamente gettandosi a destra. L’animale però non riuscì a fermarsi in tempo e inciampò finendo rovinosamente contro il parapetto. Jack si tirò su, rendendosi conto definitivamente del pericolo; si allontanò cercando una soluzione. La zebra si rialzò subito dopo e, ancora intontita, tentò di colpire l’uomo. Jack si spostò appena in tempo per evitare un fendente da parte del mammifero che infuriato cercava di colpirlo col tubo. Questo menava colpi in tutte le direzioni, mentre Jack puntualmente li schivava, correndo su e giù per il ponte dell’imbarcazione che peraltro si stava continuando a muovere senza nessuno che la controllasse, e a condire la scena vi erano le urla dei tre compari rimasti chiusi sottocoperta che cercavano in tutti i modi di forzare il boccaporto per uscire. La fuga proseguì per un po’ finché la zebra non riuscì a colpire Jack al fianco spedendolo a terra, ma attese ad attaccare nuovamente per tirare il fiato. Jack ebbe quindi il tempo di rialzarsi appoggiandosi al parapetto, ma quando la zebra tornò per colpire, l’uomo rivelò il salvagente che teneva in mano e con quello parò il colpo. Una vena di perplessità si dipinse per un istante sul viso della zebra che riprese nuovamente ad attaccare. Jack parò un paio di fendenti, ma attese che il suo aggressore si sbilanciasse per infilargli il salvagente dalla testa e quest’ultimo si ritrovò bloccato con le braccia serrate lungo i fianchi. Fulmineo  gli diede un forte spintone, facendolo finire fuoribordo con un sonoro tonfo. Ma l’euforia per la vittoria durò poco. Un forte schianto alle sue spalle lo fece sussultare altro non era, e Jack lo sapeva, il boccaporto che stava per cedere sotto alle spinte dei tre animali bloccati dentro. Una volta usciti la avrebbero fatto a pezzi, era arrivato il momento di togliere il disturbo. Si fiondò come un razzo dentro la scialuppa e iniziò a slegare le cime che la fissavano all’imbarcazione, era a buon punto quando il boccaporto si aprì con un sordo fragore e i tre mammiferi infuriati uscirono pronti ad acciuffarlo. Jack terminò l’operazione giusto un secondo prima che la forte zampa tigrata lo raggiungesse e lo afferrasse nuovamente per il collo. La scialuppa cadde in acqua allontanandosi nella scia dell’imbarcazione, l’uomo si mise in piedi ad osservare la barca allontanarsi con sopra i tre mammiferi che sbraitavano e imprecavano:
<< ACCIDENTI. Girate la barca e raggiungiamolo svelti! >>
<< Ehm, capo … >>
<< Cosa c’è? Eh? Ah! Abbandonare la nave! >>
 
Jack non capì bene cosa successe in quel momento, ma per qualche ragione fu felice di vedere un grande lampo di luce alzarsi alto nel cielo e le sagome dei tre mammiferi che si tuffavano in acqua in preda al panico. Probabilmente l’esplosione dei petardi aveva finito per accendere altre micce rimaste scoperte, e con tutta la polvere nera e l’alcool presenti a bordo la deflagrazione era stata inevitabile. Una moltitudine di lampi di luce colorata seguì subito dopo, sprigionando innumerevoli scintille che salirono alte nel cielo. Jack rimase attonito sulla scialuppa a osservare quel meraviglioso spettacolo pirotecnico, la nave che affondava lentamente portando con se il prezioso carico e le quattro sagome che arrancavano in acqua cercando di raggiungere un isolotto li vicino. Crollò a sedere sulla scialuppa togliendosi sciarpa e cappuccio e cercando di rendersi conto di cosa avesse appena combinato:  -Non metterò mai più piede su una barca in vita mia- .
Sollevò lo sguardo tornando a osservare la nave che affondava, avvertendo stranamente un senso di vittoria, del resto aveva sconfitto da solo un intero equipaggio di animali contrabbandieri. Quel pensiero gli parve così assurdo che per un momento sorrise, poi trasse un profondo respiro, si asciugò il sudore e, dandosi un’occhiata in giro, trovò un paio di remi riposti in fondo all’imbarcazione. Li prese e li dispose ai lati della scialuppa iniziando a spostarsi faticosamente verso la città.
   
 
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