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Autore: fervens_gelu_    06/08/2017    2 recensioni
Dieci modi per dirti che ti amo: piccoli stralci di lettere, di ricordi rubati, di esperienze vissute.
Per arrivare al tuo cuore.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ash, Misty | Coppie: Ash/Misty
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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Tu vieni con noi, Misty?
No, grazie. Se vuoi qualcuno che faccia quello che vuoi, come vuoi e quando vuoi forse dovresti trovarti una ragazza.

 
Bianco, pallido come la neve candida che scende soavemente dal cielo… questo era ciò che vedevo quando mi alzavo dal letto, quando provavo a sbocconcellare qualcosa che mi portavano con un’aria di pietà le mie sorelle e di nuovo quando tornavo a dormire. Un muro, ecco ciò che vedevo, nient’altro che un muro bianco, che ogni giorno sembrava più vicino, come se volesse annientarmi, spiaccicarmi, soffocarmi! Erano l’unica cosa che i miei occhi creavano dinanzi a me. Nient’altro. Solo quel dannatissimo muro. Che sì, c’era, era il vuoto della mia anima ancora intatta, vergine di qualsiasi contatto. Sì, eccome se me ne vergognavo, fin troppo. Ormai le mie ossa non reggevano, andavano pian piano sgretolandosi. Questo solo per colpa sua. Certo, non ci si poteva ridurre così all’età di quarant’anni, proprio no; da quando cinque anni fa avevo scoperto che si era fatto una famiglia e aveva avuto un bimbo, tutto il mondo mi era cascato addosso, con una violenza immane ma allo stesso tempo impercettibile, come se la pioggia scavasse dentro di me con forza. Era disumano, ma di fatto non si poteva vivere in un sogno. Oh no, non avevo più l’età per farlo. Tutto ciò che avevo sognato ma che non avevo mai provato a realizzare, mai, non ci avevo provato, era diventato un incubo, una stilettata al cuore, un pugno allo stomaco e il buio più totale era andato a gravitare intorno a me. Schifo. Ecco quello che provavo nei miei confronti. Schifo. Disgusto. Ribrezzo. Solo questo. Solo una tremenda sensazione. Ero una donna adulta, ma senza alcun tipo di desiderio né di sogno. Ormai non mi nutrivo da troppo tempo, forse, non ricordavo nemmeno come si camminasse, come si compivano i gesti più elementari. Eppure ero stata io, da sempre, a portare avanti la palestra. Io, da sola. Le mie sorelle invece si erano fatte una vita e avevano avuto tutte quante una bella famiglia che le amava. Forse, alla fine, loro non erano nemmeno così male, a differenza mia avevo realizzato tutto ciò in cui io non ero riuscita, che procrastinavo in continuazione, senza mai badare a me, a quello che più intimamente desideravo, ardente nel cuore e nella mente. Tanto lo potrò fare domani? O no? Tanto era questo che mi balenava nella testa ogni qualvolta tentavo controvoglia di alzarmi da quel letto sporco, ormai stanca di arrovellarmi in cose inutili, futili, prive di alcun fondamento. Mi sentivo inutile. I capelli avevano perso il loro colore da tempo, i miei occhi erano di un azzurro spento, la mia vita completamente vuota. Cos’ero? Ah sì, già, una capopalestra. Nemmeno più quello mi riusciva bene, tanto da dover essere sostituita da Daisy nel ruolo di allenatrice di Cerulean City. Erano cinque anni che andava avanti questa farsa, qual era la mia vita. Perché di questo si trattava, di una bugia, non aveva più senso esistere. Per cosa poi?
 
Non avevo mai fatto l’amore, perché volevo solo Lui. Lo avevo capito troppo tardi, troppo, e questa era il risultato di ciò che avevo commesso. Per inerzia continuavo a vivere, mi distruggevo perché così avrei vissuto. Distruggendomi. Tagliandomi poco a poco i pensieri fugaci che correvano via, sfuggivano al mio controllo. Tutto era ormai futile, non necessario.
-Misty, ti prego, non possiamo più vederti in queste condizioni, riprendi in mano la tua vita-
Queste erano le uniche parole che Violet, Daisy e Lily riuscivano a spendere per me. Ma le parole non bastavano, non erano mai bastate. Non volevo riprendere in mano la mia vita. Non lo volevo affatto. I miei Pokémon erano ormai mesi che non uscivano dalle Pokèball ormai impolverate. E di nuovo mi coprivo il volto con le lenzuola dense di lacrime, di pianti di stelle, sacri, ma incapaci di rivitalizzare il mio corpo ossuto. E ancora piangevo, mi contorcevo in smorfie di dolore. Forse sì, stavo impazzendo. Ma quelle immagini che avevo visto mi avevano fatto troppo male. Quel ragazzino così basso, dai capelli corvini , mi aveva sfidato, mi aveva guardato con quello sguardo, lo sguardo di chi è innamorato dei suoi Pokémon. Era così simile a Lui. Lo avevo battuto facilmente con il mio Pokémon d’acqua. Gli dissi di tornare quando sarebbe stato capace di usare al meglio le capacità dei suoi Pokèmon e quando uscì dall’edificio, vidi Lui, lo era venuto a prendere… il ragazzino sarà anche stato molto simile a lui ma di certo non era un grande vagabondo. O forse Ash era lì solo di passaggio e voleva vedere come stesse suo figlio dopo un incontro importante. Vedevo come lo rincuorava, lo abbracciava, gli sorrideva, nonostante avesse perso contro di me. Gli sussurrava qualcosa all’orecchio, parlavano di me… forse, dopo tutto si ricordava che io lavorassi dentro la palestra, che avevamo ancora una sfida in sospeso, ma allora perché non era entrato, non era venuto a salutarmi, anche solo un saluto sarebbe stato sufficiente. Avrà pensato che anche io mi fossi sposata, avessi avuto dei figli e me ne fossi andata da quella bettola di palestra e fossi diventata la migliore allenatrice di Pokèmon d’acqua al mondo e al mio posto fosse venuto a sostituirmi uno qualunque. O forse, non sapeva nemmeno chi fossi. Chi ero stata per lui. E perché io non ero stata capace di andare da Lui, che era lì fuori, magari aspettava che andassi da lui. Ma non potevo. Quel ragazzino aveva decisamente reso impossibile ogni mio gesto, lui non mi apparteneva, il suo cuore era di un’altra, sicuramente più bella e talentuosa di me ma soprattutto capace di amare. Sospiro di nuovo… ma chi volevo prendere in giro.
Le immagini di loro due percorrevano veloci la strada asfaltata, davanti a me, screziandomi il volto, distruggendo il mio volto. E io non ero altro che una donna adulta che ancora indossava una canottiera con le bretelle e dei jeans ridicolmente corti. Non avevo più l’età per certe cose, ma ero rimasta infantile, una bambina cresciuta. Sì, alla fine tra i due ero proprio io la mocciosa. Lui sarà diventato un gran bell’uomo, di successo, vincitore di chissà quale Lega Pokèmon. Forse, se avessi provato a parlargli quella sera; ormai mi nutro di sospiri e di cristalli salati. Non mangio, non bevo, non mi lavo.
 
A cosa serve vivere arrivati a questo punto.
A cosa serve vivere se si è persa la ragione per farlo.
No, non aveva senso. Nulla aveva senso. Nulla lo aveva avuto.
 
Bloccata in un passato, in un rimpianto senza fine, in una lacrima che mi dice che sono viva, che può rincuorarmi, può farmi credere che solo io sia la donna che lui abbia amato per prima. La prima e unica donna della sua vita. E che non si dimenticherà mai. Che non potrà farlo nemmeno se vorrà.


 
 
Mi alzai piano dal letto, non lo avevo mai fatto fino ad ora, cercai qualcosa nel cassetto. Le gambe, le ginocchia, il collo facevano male. Era la mente, l’amore a sconfiggere tutto quel mare interiore, infernale. Presi un pennarello fino, blu ceruleo; il ricordo era forte, ma lo avrei dovuto cancellare, lasciandolo andare. Dovevo, non potevo buttarmi via così, non fino a questo punto. Vedevo che il muro, bianco, era lì, fermo immobile. Non lo vedevo più come prima. Era sempre bianco, ma non come prima. Sorretta dal ricordo e dalle esperienze vissute, con la mano tremante, alzai il pennarello e lasciai un segno ceruleo sul muro.
 
 
 
Stavo cominciando a vivere, riscrivendo la mia storia. Resistevo al tempo sprecato, poiché tutto ciò che avevo passato era ciò che mi aveva fatto diventare chi ero ora. Coloro il mio cuore, guardo indietro, lascio andare ogni cosa. Senza lacrime. Quel muro non è più bianco ora. Vivo. Non più per lui.






​***​Nota dell'autore: ecco un'altra one shot, spero sia di vostro gradimento. Questo percorso che sto compiendo con voi lettori per me è davvero importante. Ringrazio tutti coloro stiano seguendo la raccolta. Un abbraccio!
 
   
 
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