C’è un puntino lassù, una stella.
Sono uscito fuori, le luci della città sono abbastanza lontane da qui e si vedono bene le stelle, almeno quelle in cielo, quelle più facili da trovare nelle notti più buie, come questa, una delle tante da un po’ di tempo.
Non ci credo alle coincidenze, mai, ma ancor meno quando si parla di te. Non è mai una coincidenza quello che ci accade, ci lega, ci tormenta. Una mia foto di un astronauta e tu che prendi un palombaro, lo fai passare per un astronauta e dici che lo ami. Mi uccidi così, e lo sai. Lo sai che io la vedrò, leggerò quello che hai scritto e capirò, come sai che ti ho visto in questi giorni. Perché non volevo farlo, ma non ho resistito.
Eri bella, come sempre nel tuo vestito nero che mi chiedo come facessi a non avere caldo, ma tra noi quello insofferente sono sempre stato io, sembravi quasi una bambina che si trovava lì per la prima volta, il tuo sguardo spaurito nel vedere la folla che ti cercava ed erano tutti lì solo per te, avresti dovuto immaginarlo. Poi c’era lui, sempre un passo dietro sempre a distanza ed invece avrei voluto esserci io a prenderti sottobraccio stemperare tutto con una battuta ed una risata. Avevi anche gli occhi tristi e non voglio nemmeno sapere perché, ho paura che mi farebbe ancora più male.
Chissà se ieri sera le hai viste anche tu le stelle o se il cielo di Montecarlo era illuminato dai fuochi d’artificio. Mi dicono che ci sono sempre lì, che c’è sempre un party, qualcosa da festeggiare e le stelle in cielo scompariranno dietro le luci ed il glamour artificiale. Ci sarai tu laggiù a splendere e vorrei vederti brillare, come solo tu sapevi fare, con il tuo sorriso smagliante che illuminava tutto e rubava la scena e quante volte ne sono stato stupidamente geloso, ma lo capisco solo ora. Troppo tardi, sempre troppo tardi.
Scambierei quel puntino, quella stella e tutte le altre per vederti brillare in quel mondo che io lo so, facevi solo con me. Sì, sono presuntuoso, lo sai, me lo hai detto tante volte, ma so che non mi diresti che sbaglio. Usando un eufemismo direi che è stato stano vederti lì con i tuoi nuovi colleghi, il tuo nuovo progetto, sentirti parlare di un’altra te che non è la tua Kate. E mi sono chiesto com’era il tuo nuovo lui, se ti fa ridere come facevo io, se ti fa emozionare come facevo io, se ti fa arrabbiare come facevo io. Già, anche arrabbiare e piangere, lo so, me ne rendo conto. Di sicuro non ti amerà, come ti amavo io e forse ne sarai felice, perché tu non vuoi qualcuno che ti ami come me, perché nemmeno lui, ti ama come me.
Allora non mi resta che guardare le stelle e pensare a quello che è stato, quello che non è stato e non sarà mai.
Ti dimenticherò prima o poi.
Forse.