Fumetti/Cartoni americani > Voltron: Legendary Defender
Ricorda la storia  |      
Autore: GrammarNazi95    06/08/2017    3 recensioni
Viola siderale, denso ed infinitamente sfumato… così incredibilmente diverso dall'odioso colore monotono che tutti i giorni lo perseguitava nell'immensità di quella prigione dorata (o anch'essa viola?) che lo avrebbero eternamente rinchiuso, privandolo per sempre di qualunque libertà.
Viola profondo e penetrante, luminoso come uno sguardo… il suo sguardo.
TU DEVI VIVERE LANCE!
{Klance}
Genere: Angst, Avventura, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Kogane Keith, McClain Lance
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

YOU MUST LIVE

 
Quanto era bella quell'immensa galassia viola.
Lance poteva passare minuti, ore… forse anche GIORNI ad osservarla ininterrottamente (non che la sua percezione del tempo fosse ora così nitida da permettergli con chiarezza di comprendere lo scorrere dei momenti).
Era più forte di lui, non riusciva a stancarsi del suo colore.
 
Viola siderale, denso ed infinitamente sfumato… così incredibilmente diverso dall'odioso colore monotono che tutti i giorni lo perseguitava nell'immensità di quella prigione dorata (o anch'essa viola?) che lo avrebbero eternamente rinchiuso, privandolo per sempre di qualunque libertà.
Viola profondo e penetrante, luminoso come uno sguardo… il suo sguardo.
 
TU DEVI VIVERE LANCE!
 
“Sire... anche oggi non avete mangiato”.
Il suono di quella voce riuscì quasi a riportarlo nella realtà… quasi; nessuno ne era in grado da tempo, ormai, neanche lui.
“Mi pare di averti già detto più di una volta che questo non è un problema tuo, Sharsy” le rispose senza degnarla di uno sguardo.
 
“Ma Sire… l'imperatore è stato molto chiaro a riguardo, senza contare che se non vi nutrite adeguatamente potreste...” il braccio del ragazzo si alzò di scatto, facendo ammutolire immediatamente la donna.
“...E mi pare anche di avere ripetuto più di una volta, a te ed alle tue compagne, che non ho affatto bisogno di una balia… O devo interpretare il tuo comportamento come rifiuto di eseguire i miei ordini?” disse, voltandosi finalmente verso di lei.
 
“NO, NON MI PERMETTEREI MAI!” disse lei con un tono quasi troppo alto, incrinato da una leggera nota di paura.
Lance si pentì subito di aver pronunciato quelle parole: quella poveretta non era altro che una prigioniera, strappata dall'affetto dei propri cari e costretta a vivere su quella fredda nave, esattamente come lui.
Non meritava un simile trattamento, considerando che, nonostante tutto, la preoccupazione nei suoi confronti sembrava autentica: quella strana creatura aliena, tanto simile ad uno gnomo delle favole di una terra ormai troppo lontana, aveva sviluppato nei suoi confronti una sorta di istinto materno… cosa che quasi inteneriva Lance.
 
Eppure… la consapevolezza del ruolo di quella donna gli ricordava con fin troppa chiarezza il destino che gli sarebbe toccato per tutta la vita… perciò non riusciva proprio ad essere gentile con lei e le altre, nemmeno volendo.
 
“Sire, come vostra dama di compagnia, il mio solo scopo è quello di pensare al vostro bene, non mi permetterei mai di contrariarvi!”.
Quella era una bugia bella e buona, invece… e lo sapevano benissimo entrambi: il suo unico scopo era quello di darsi il cambio con le altre “dame”, per fargli da secondino e controllare Lance nei momenti in cui lui non era presente, soffocando con la sua presenza qualunque tentativo di fuga, sia fisica che… spirituale, per così dire.
 
Dopo tutto quel tempo passato come prigioniero, il luccichio delle armi dei soldati era diventato più allettante che sinistro, senza contare quanto sembravano attraenti le varie aree potenzialmente mortali di quella gigantesca nave.
 
Vivi Lance, ti prego!
 
“Lo so, Sharsy...” disse comunque, ritornando con lo sguardo all'immenso agglomerato di stelle davanti a lui, desideroso di terminare la conversazione; “E so anche che temi molto più le ire dell'imperatore delle mie ramanzine... del resto, non ho molto più potere di quello che ha tu ora.”
“SIRE! Cosa state dicendo?! Siete il consorte dell'imperatore Lotor, il sovrano del regno più grande dell'intero universo! Voi avete il suo cuore… ho visto come vi guarda, come vi parla: vi donerebbe galassie se solo voi lo chiedeste, come potete dire di valere quanto un'inutile ser...”
 
“Su questo ti sbagli Sharsy” Lance la interruppe, sorridendo tristemente, mentre nei suoi occhi si rifletteva l'immensità delle stelle: “Siamo entrambi schiavi… e il fatto che io sia il suo consorte, stranamente, non significa nulla; non sono padrone di niente, nemmeno di fare delle scelte”.
 
I tentativi della donna di riprendere un qualunque tipo di conversazione furono totalmente vani… Lance ormai nemmeno la sentiva più, perso nell'infinito dei suoi pensieri, nell'immensità del ricordo di un paio di occhi viola che lo guardavano con vero amore… e non come se fosse un mero possesso, come faceva Lotor.
 
Vivi Lance, fallo per me...

........................................................................................................................................................................................................................................ 
 
Ricordava che Pidge aveva riso di gusto, praticamente fino alle lacrime, quando si era scoperto che Lotor, il principe della razza più crudele e senza cuore dell'universo, aveva un debole per Lance.
Ci avevano scherzato sopra quasi tutti in effetti…
 
“Dio, ma ve lo immaginate?” aveva detto Pidge, dandogli una piccola gomitata: “Lance, principe consorte del re dei garla! Immagino che il tuo primo decreto riguarderà il divieto di indossare quelle armature orrende e prive di gusto!”
“Oppure impiegherai tutti i più famosi scienziati dell'universo per scoprire un prodotto più efficace per ringiovanire la pelle” aveva aggiunto Hunk, ridendo anche lui.
“Ovvie entrambe le cose… e vi costringerò a chiamarmi 'Vostra Altezza' tutte le volte che mi dovrete dire qualcosa”.
 
“La smettete di dire queste idiozie?! Non sono per nulla divertenti” Keith li interruppe, con uno sguardo torvo; Lance gli aveva passato una mano sulla spalla:” Sbaglio o qualcuno qui è geloso?” gli aveva chiesto ghignando.
“In verità...sì” aveva risposo, sorprendendo tutti con la sua schiettezza; perché Keith era così: le convenzioni sociali o la dissimulazione dei propri sentimenti erano argomenti che non lo sfioravano più di tanto.
Quello era uno dei tanti motivi per cui Lance lo amava.
 
“Non puoi dirmi queste cose, idiota” gli disse Lance avvicinandosi e baciandolo davanti agli altri.
“Eew, nessuno aveva bisogno di vedere questo” aveva detto Pidge. “Sul serio ragazzi, siamo contenti per voi e per la vostra nuova relazione… ma, davvero, prendetevi una stanza”.
Lance aveva guardato Keith e aveva replicato: “Non preoccuparti, dopo ce la prenderemo!”.
“Ecco un'altra cosa che non volevo sapere” aveva sbottato Pidge, mettendosi però a ridere.
 
.....................................................................................................................................................................................................................................
 
Non avrebbero più riso dopo.
Contrariamente a suo padre, la cui ossessione per il Black Lion aveva portato la sconfitta, Lotor si era rivelato un bravissimo stratega, in grado di catturare i cuori della sua gente ed a unire la propria flotta in modo compatto contro i paladini, dentro i quali la mancanza di Shiro era gravata molto più di qualunque pessimistica valutazione.
 
Avevano finito per soccombere al nemico.
 
Lance non avrebbe mai più potuto dimenticare la vista di quell'orrendo raggio viola che aveva colpito in pieno il castello, distruggendolo, uccidendo Allura, Coran e il Red Lion che si trovavano al suo interno.
 
Hunk e Pidge erano stati i secondi a morire, colpito da una maledizione dei druidi il primo, disintegrata dalla navicella di Lotor la seconda.
 
Lui e Keith avevano lottato fino a rimanere privi di forza, ma alla fine erano stati attratti dal raggio traente della nave madre.
 
....................................................................................................................................................................................................
 
La porta della camera si aprì lentamente, producendo un lievissimo rumore metallico.
Lance non si degno di girarsi a controllare chi fosse, non ne valeva la pena; come il ticchettio ritmico dei passi del suo consorte si propagarono per stanza, il ragazzo emise un lievissimo sospiro: nonostante la sua apatia sbiadisse molto tutte le emozioni che provava, rivederlo generava in lui sempre un intramontabile astio.
 
“Vi saluto Sire, spero di godere nuovamente della vostra compagnia al più presto” sentì dire da Sharsy, la quale, senza aspettarsi una risposta, si inchinò profondamente (se per fare una riverenza a lui o al suo consorte, nessuno avrebbe potuto dirlo) e uscì dalla stanza.
 
Lance non si voltò, nemmeno quando sentì due forti braccia cingergli la vita per premere la sua schiena contro il petto del loro possessore: i suoi occhi rimasero fissi sopra la sua galassia, cercando quasi in lei il conforto per superare quello che sarebbe accaduto da lì a poco.
 
VIVI LANCE.
 
“Vedo che non hai ancora terminato il tuo sciopero della fame, mio carissimo Lance”.
Dio, quanto odiava quel tono di voce: la finta ingenuità che lo caratterizzava era solo una scusa per enfatizzare un malcelato ordine, quasi fosse una madre che rimproverava un figlio ritenuto troppo piccolo per poter comprendere il proprio errore.
 
“Te l’ho già detto Lotor, non ho molto appetito in questo periodo” disse Lance in modo atono, quasi che l’argomento non lo toccasse minimamente.
“Non hai appetito da quando sei salito sulla mia nave… se non fossi convinto che tu non cadresti mai così in basso da usare simili mezzucci, questo comportamento potrebbe sembrarmi il tuo particolare modo di punirmi” disse Lotor, quasi ghignando.
 
Lance non rispose, non cedendo alla provocazione dell’altro.
“Non è bello far preoccupare il proprio compagno in questo modo, mio amato Lance… dovresti avere più cura dei miei sentimenti!”
Lotor appoggiò teneramente la propria testa sopra quella dell’altro, puntando anch’egli lo sguardo sulla galassia viola: “Dai più attenzioni a quelle stelle che a me, dovrei ritenermi geloso!” disse posando un lieve bacio fra i suoi capelli… per poi aggiungere, con finta noncuranza: “Mi chiedo se non siano proprio loro il problema”.
 
Ci volle un attimo a Lance per capire dove Lotor volesse andare a parare: le ben poco velate minacce di suo marito erano all’ordine del giorno… e non solo con lui.
 
“Vuoi togliermi anche la vista delle stelle?” gli chiese, rassegnato.
“Assolutamente no, perché dovrei levarti qualcosa che ti rende felice? Dico solo che se esse ti distraggono dai tuoi pasti, sarò costretto a portarti in una stanza dove non potrai più vederle, almeno fino a quando il tuo appetito non migliorerà!”. Lance trovava incredibile la capacità di Lotor di lanciargli ultimatum e di fingere di farlo per il suo bene.
 
Non aveva mai visto un modo così infimo ed efficace di minacciare qualcuno: c’erano persone (come Sharsy, ad esempio) che addirittura non vedevano la minaccia e si sentivano in colpa per aver costretto Lotor a privarli di qualcosa che amavano.
Che essere infimo era suo marito.
 
Lance sospirò: “Non sarà necessario… mangerò, a patto che non mi vengano fatte pressioni”.
Lotor lo fece voltare, stringendolo fortemente a sé: “Grazie Lance” disse, prima d baciarlo con una forte passione… che Lance non ricambiò minimamente.
“Ti amo, mio carissimo Lance” disse carezzandogli la guancia, per poi condurlo lentamente verso il grande letto matrimoniale, alla cui vista Lance provò, come tutte le altre volte, un leggero desiderio di vomitare.
 
Vivi, Lance, fallo per me!
 
...................................................................................................................................................................................................................................

“Mio carissimo Lance, è un piacere vederti”.
 
Lance fu sbattuto, senza troppe cerimonie, davanti ai piedi di Lotor dalle due sentinelle che lo avevano tirato fuori dal suo leone; Blue non aveva potuto fare niente per proteggerlo (o forse sarebbe stato meglio dire il contrario).
 
Haggar aveva posto su di lei una forte maledizione, da cui Blue… la sua bellissima, affidabile Blue era riuscita a proteggersi solo parzialmente con lo scudo di particelle; ora stava bene, ma non avrebbe potuto fare niente per salvarlo finché quel maleficio non fosse stato spezzato.
E lui di certo non ne conosceva il modo.
 
“Fottiti Lotor” gli disse Lance, guadagnandosi il colpo di un manico di pistola sulla schiena per quelle parole.
“Suvvia, non trattate il paladino in questo modo” disse Lotor con voce flemmatica; “È nostro ospite”.
 
Lance affrontò l’uomo davanti a lui, seduto su un trono decisamente troppo grande, con uno sguardo di fuoco: “Gli ospiti si invitano, i prigionieri si trascinano con un raggio dentro la tua nave”.
 
“Beh, non hai mai accettato nessuno dei miei precedenti inviti, quindi ho dovuto passare ai mezzi più drastici” disse Lotor con un ghigno, facendo poi segno alle guardie lì presenti perché lo lasciassero solo in quella sala.
 
“Ma sire, se il paladino cercasse di fare…” provò uno dei suoi uomini, venendo però fulminato immediatamente da uno sguardo di ghiaccio.
“So badare a me stesso, non ho bisogno di voi per occuparmi di questo... o forse vuoi ignorare un mio ordine?”; tutti i soldati, non solo l’interpellato, tremarono per un attimo.
“Non mi permetterei mai! Vrepit sa!” disse l’interessato, andandosene con gli altri.
 
Questo era il potere di Lotor: non necessitava della forza bruta, come suo padre, per farsi obbedire, un suo sguardo valeva più di mille atti di violenza.
Non era solo paura quella che suscitava nei suoi uomini, ma anche un profondo rispetto…. il rispetto che si deve a un leader carismatico, a cui però basterebbero 30 secondi per farti sparire dalla faccia dell’universo, cancellando la tua esistenza a tal punto che persino le persone che ti hanno amato dubiterebbero che tu fossi realmente nato.  
Quando furono rimasti soli, calò il silenzio per qualche secondo, rotto poi dalla voce di Lotor, divenuta stranamente dolce: “So che non mi crederai, mio caro Lance, ma sono contento che tu sia qui”.

 
Lance storse il naso: “Senti, non potremmo tagliare questa ridicola tiritera? Ammazzami senza fare troppe storie, per cortesia, non ho voglia di sentire le tue fottute sviolinate da villain”.
 
“Ucciderti?” disse Lotor, fingendosi ridicolmente sorpreso: “Perché mai dovrei farlo?! ho progetti molto più gradevoli per il futuro… sia per me che per te”.
 
Lance alzò un sopracciglio: “Che cosa intendi dire?”.
“Beh, mio carissimo Lance, la fortuna ti ha sorriso: sono lieto di dirti che, tra tutti gli esseri presenti nell’universo, io ho scelto te come mio futuro compagno… regnerai al mio fianco sul più grande impero dell’universo”.
 
Dopo qualche secondo di sbigottimento, Lance scoppiò in una forte risata di scherno.
“Che cazzo hai appena detto?” disse in tono sprezzante; “Non diventerei il tuo compagno nemmeno se fossi l’unico essere vivente presente nell’universo”.
Poi il suo tono si fece più cupo: “Uccidimi come hai fatto con gli altri… piuttosto che con te, preferisco l’inferno!”.
 
Lance si aspettava di vederlo furente, invece il volto di Lotor non tradiva nessuna espressione particolare… sembrava quasi se lo fosse aspettato.
“Non credo tu abbia realmente capito la situazione: non te lo sto chiedendo, Lance… tu non hai facoltà di scegliere la morte”.
 
Le porte si spalancarono, facendo entrare due droni, che reggevano qualcuno con l’armatura completamente distrutta, che lasciava dietro di sé una sottile scia di sangue mentre veniva trascinato al centro della sala.
Il cuore di Lance si stritolò quando Keith fu gettato al suo fianco.
Avrebbe voluto avvicinarsi di più a lui, ma aveva piedi e mani bloccanti, quindi si limitò a guardare Lotor con uno sguardo carico d’odio: non aveva mai provato un così forte desiderio di ammazzare qualcuno in vita sua.
 
“Permettimi di essere più chiaro” continuò Loto, ignorando palesemente quello sguardo furente: “Se ti rifiuti di sposarmi, verrai messo in una cella di prigione, in totale isolamento, finché non cambierai idea… non ho alcuna fretta, caro il mio Lance, e sono anche un tipo parecchio paziente.
Posso aspettare anche tutta l’eternità, se necessario.
Se sceglierai questa via, però, mi prenderò la libertà di disintegrare il pianeta da cui provieni… senza contare che il tuo amico paladino patirà le pene dell’inferno: i druidi possono far durare una tortura all’infinito. Ti giuro che proverà tanto dolore da supplicare la morte… ed esso andrà avanti fino a quando non mi sposerai”.
 
Lo sguardo di Lance non diminuì di intensità davanti a queste parole, anche se nel proprio profondo stava tremando di paura… non per sé, ma per Keith e la sua famiglia.
 
“Ma se ora acconsentirai a diventare il mio consorte, nulla più ti mancherà… senza contare che ti prometto che il tuo pianeta d’origine verrà lasciato in pace e il paladino qui presente verrà giustiziato in modo rapido ed indolore. Allora, cosa scegli?”.
 
 “Sei un mostro, Lotor” gli disse fra i denti.
Lotor lo guardò impassibile: “Sarei molto tentato di interpretare queste tue parole come una risposta, ma dato che desidero che la nostra futura vita insieme inizi nel migliore dei modi, ti darò qualche ora per pensarci… portatelo in cella, ma lasciate qui il paladino rosso, voglio parlargli”.
 
“Se ti azzardi a fargli del male giuro che ti uccido” disse Lance, prima di essere trascinato via e sbattuto in una cella.
 
.............................................................................................................................................................................................................................
 
Il silenzio fu rotto da un gemito acuto.
Durò solo qualche attimo, ma Lance non poteva in alcun modo fingere che esso, come quelli venuti prima di lui, non fosse terribilmente suo, né che il piacere che stesse provando in quel momento non fosse qualcosa di autentico.
 
“Amo il tuo corpo, è meraviglioso! È così sensibile a qualunque tocco!” disse Lotor, con il fiato corto, passandogli una mano sul petto e ghignando nel sentirlo fremere, mentre le sue spinte si facevano leggermente più veloci.
 
Lance gemette ancora, disprezzandosi con tutto sé stesso: purtroppo non riusciva a farne a meno, il suo corpo era sempre stato parecchio sensibile, rendendogli particolarmente facile provare piacere ed appagamento per le carezze che riceveva.
 
Lotor di certo non aiutava a smorzare quei suoni.
 
La prima volta che era stato adagiato fra quelle lenzuola, la notte dopo il loro matrimonio, Lance aveva immaginato che quello sarebbe stato l’inizio di un’infinita serie di esperienze penose e brevi: era convinto che il principe si sarebbe preso quello che voleva, senza considerare minimamente il suo piacere o i suoi sentimenti… come fosse una bambola di pezza.
 
La cosa gli andava bene, in effetti: avrebbe dovuto limitarsi a fare la bella statuina e stare fermo, lasciandolo fare, senza attendere assolutamente nulla.
 
Contrariamente a quanto si era aspettato, invece, Lotor si era dimostrato un amante attento… se non addirittura passionale: fin da subito, il suo intento era stato quello di rendere l’esperienza quanto più gradevole possibile per entrambi, imparando rapidamente cosa gli piacesse e come farlo stare bene.
 
Inizialmente gli chiedeva persino se ciò che faceva lo soddisfacesse, o lo spronava ad essere più partecipe, ma, non ottenendo la minima risposta, si era limitato a gestire la faccenda come meglio credeva… e la cosa sembrava piacergli alquanto.
 
Lotor gli baciò piano il collo, risalendo piano verso le sue labbra, mentre Lance chiuse ermeticamente gli occhi, sentendo che presto avrebbe raggiunto il culmine.
“Ti amo, Lance” fu l’ultima cosa che sentì, prima che entrambi raggiungessero il proprio apice.
 
Rimasero immobili per qualche secondo, con le fronti appoggiate l’una all’altra, poi Lotor si spostò piano, mettendosi al suo fianco e permettendo a Lance di voltarsi e dargli le spalle.
Gli occhi cercarono la sua galassia viola.
 
Viola come il colore di Keith mischiato al suo…
Viola come la pelle dell’uomo che più odiava.
Viola come gli occhi della persona che più aveva amato.
Viola come la sua prigione.
Quante verità nascoste in un unico colore, tutte così antitetiche… eppure così ugualmente reali.
 
Lance ricordò fugacemente quanto fossa bello fare l’amore con Keith: quell’avvinghiarsi stretti l’uno all’altro, quasi a voler fondere insieme i rispettivi corpi, quei baci che divenivano morsi durante il momento di massimo piacere… quella voglia spensierata di bisticciare e ridere con l’altro nel letto, semplicemente di amarsi, di sfuggire al pensiero che fuori c’era un universo infinito e freddo che aveva bisogno di loro.
 
Tutte le volte che Lance pensava che quei momenti non sarebbero mai più tornati, paragonandoli a quell’odioso piacere fisico che non poteva fare a meno di provare, sentiva quasi la sua apatia venire meno… quasi.
 
Vivi Lance, ti prego, fallo per me.
 
“Aspetto con ansia il giorno in cui ti lascerai andare, caro Lance… non vedo l’ora di sentire il tuo corpo ricercare il mio e sentirti fremere per il desiderio di avere di più. Già ora, che sei così restio nei miei confronti, è un’esperienza sublime… temo che non riuscirò più a staccarmi da te quando deciderai di donarti senza riserve” gli mormorò Lotor all’orecchio.
 
Lance non aveva dubbi che questo non sarebbe mai avvenuto, ma nonostante ciò, decise saggiamente di non dire niente.

............................................................................................................................................................................................................... 
 
Il rumore di una porta che si apriva sul davanti della prigione fece scattare Lance.
La cella della sua prigione fu aperta e due guardie vi lanciarono dentro, senza alcuna grazia, quello che restava del Red Paladin, per poi aggiungere: “Come da accordo, hai poco tempo, non abusare della pazienza del nostro sovrano” prima di andarsene.
 
Lance si fiondò su Keith in preda al terrore, prendendogli il volto insanguinato fra le mani e urlando il suo nome; NON POTEVA ESSERE MORTO, NON DOVEVA!
 
La faccia del Red Paladin si contrasse in una smorfia: “Sei sempre così rumoroso”.
Un sospiro di sollievo uscì dalla bocca di Lance: “non ti azzardare mai più a farmi prendere simili infarti, idiota!”.
 
Nonostante la poca mobilità che si ritrovava ad avere, Lance riuscì a posare il capo di Keith sul suo grembo, iniziando ad accarezzargli piano i capelli: sentiva che quelli sarebbero stati gli ultimi momenti trascorsi insieme, ma non riusciva a dire o fare nulla per confortare l’altro.
 
“Inutile fino alla fine” si disse, con il volto che veniva rigato da una lacrima.
Fu Keith a rompere il silenzio: “Abbiamo poco tempo Lance, quindi ora devi ascoltarmi… dopo che ti hanno portato via, io e quel verme abbiamo parlato… in pratica vuole che io sfrutti ciò che provi per me per convincerti a sposarlo”.
 
“COSA?!” trasalì Lance, schifato; “Lo so, è un’idea idiota… non mi hai mai prestato attenzione per NULLA, facendo sempre di testa tua… figurati se adesso sarei in grado di convincerti a fare questa follia” replicò Keith, facendolo, suo malgrado, sorridere.
 
“Eppure” continuò il Red Paladin, facendosi più cupo: “È l’unica alternativa che hai se vuoi sopravvivere”.
Lance spalancò gli occhi, incredulo: “COSA DIAVOLO STAI DICENDO? SE LO FACCIO TU VERRAI UCCISO E IO RESTERO’ QUI CON LUI!” urlò, per poi dire, con un tono autoritario che raramente aveva usato nella sua vita: “Se tu muori, morirò anche io con te”.
 
“Sappiamo entrambi che lui non te lo permetterà… e non te lo permetterò io! TU DEVI VIVERE LANCE… Vivi e trova un modo di scappare, almeno tu”.
Queste parole ferirono Lance più di qualunque arma avesse mai toccato il suo corpo; “Ma…” provò ad argomentare, venendo quasi subito interrotto: “Lance, non abbiamo altra scelta, non ti lascerò morire perché sono stato un capo incapace… VIVI LANCE, TI PREGO!”.
 
Lance rimase muto per qualche secondo, combattuto da due emozioni contrastanti: di certo non si sarebbe mai permesso di sopravvivere ai suoi amici ed alla persona che lo amava, piuttosto si sarebbe ucciso con le sue mani.
Eppure…
Lance non ebbe il cuore di negare a Keith questa richiesta, non gli avrebbe permesso di morire con il dolore di non essere stato in grado di fare nulla per salvarlo…
Così, con gli occhi pieni di lacrime e il cuore colmo di disperazione, annuì leggermente.
 
La mano di Keith andò a fatica ad appoggiarsi sul volto di Lance, mentre il suo proprietario sorrise debolmente: “Ti amo e lo sai”.
Lance strizzò gli occhi, appoggiando la sua mano sopra quello dell’amato: “Anche io”.
I due si avvicinarono a fatica, tentando di scambiarsi un ultimo bacio… venendo interrotti dal rumore di una porta che si apriva.
 
“Sono molto contento che tu abbia accettato di sposarmi caro Lance” Keith gli fu strappato dalle mani; “Però non mi sembra corretto che tu baci qualcun’altro nel giorno della nostra unione”.
 
Lotor lo alzò di peso e se lo incollò addosso, mentre le guardie mettevano Keith in ginocchio davanti a lui: “Esattamente come ti ho detto, il Red Paladin verrà giustiziato senza provare sofferenza… fisica quantomeno”.
 
Lotor allungò il braccio davanti a sé, appoggiando sulla fronte di Keith una pistola al plasma… e mentre lo faceva, baciò il centro della testa di Lance, ghignando poi in modo quasi euforico, quasi a dire: “Ho vinto io”.
 
Ma prima che quel grilletto fosse premuto, mettendo per sempre fine alla vita del suo unico vero amore, le iridi di Lance riuscirono a perdersi per l’ultima volta in quelle di Keith, mentre le sue labbra pronunciavano un ultimo: VIVI LANCE, FALLO PER ME.
 
Dopo il rumore dello sparo, tutto rimase immobile per qualche secondo, come se la realtà si fosse congelata per sempre in quell’attimo.
Poi il braccio di Lotor lo sospinse dolcemente in avanti, mentre la sua voce cincischiava qualcosa: “Bene, mio carissimo Lance, ora dobbiamo sbrigarci, non c’è un minuto da perdere… ci sposeremo… il matrimonio… sala del trono… imperatore…”.
 
Lance sentì solo qualche parola sconnessa.
Non riusciva a sentire niente in effetti… nulla che non fosse il suo cuore marcire ed andare in mille pezzi.
I suoi occhi persero la luminosità che sempre li aveva caratterizzati, mentre il loro proprietario li fissava dove ora giaceva immobile il cadavere di un paladino… sprofondando in un baratro di disperazione tanto profondo che dubitava sarebbe mai riuscito a vederne la fine.
 
VIVI, LANCE, FALLO PER ME.
 
...................................................................................................................................................................................................................................
 
Dopo la morte di Keith e dei suoi compagni, nulla per Lance aveva più senso.
Non avrebbe potuto fare assolutamente nulla per scappare, lo aveva capito sin dal primo istante in cui le porte della sua nuova camera si erano chiuse dietro di lui.
L’unica cosa per cui si costringeva a rimanere in vita era quell’impossibile promessa che Keith gli aveva strappato prima di morire.
 
Era stato sempre inutile… ma se proprio non aveva potuto fare nulla per salvare i suoi amici, almeno avrebbe rispettato le ultime volontà della persona amata, anche se questo voleva dire passare un’esistenza di sofferenze.
 
Quella promessa divenne così la sua salvezza e la sua maledizione insieme… esattamente come la maestosa galassia davanti cui la nave si era fermata, diventata la sua unica fonte di conforto.
 
I mesi passavano, nulla realmente cambiava, né nulla sarebbe mai cambiato in futuro… o almeno, era quello che Lance pensava…
 
.....................................................................................................................................................................................................................................
 
Quel giorno Lotor era diverso…
Lance se ne era accorto fin dal primo istante che aveva messo nella stanza.
 
Una delle poche (pochissime in effetti) cose che rendeva a Lance quasi tollerabile l'idea di averlo intorno era sicuramente la sua grazia: ogni qualvolta gli si accostava, o quantomeno era nelle sue vicinanze, Lotor si muoveva con estrema delicatezza, quasi temesse di spaventarlo.
Aveva imparato a riconoscere quella camminata fine, così diversa dai movimenti goffi o pesanti degli altri membri dell'equipaggio, tanto che ormai non le permetteva più di distrarlo dalle sue contemplazioni.
 
Quel giorno, invece, era entrato nella stanza con un passo forte e deciso, spalancando la porta con tale impeto da far trasalire Lance; il ragazzo si era girato di scatto, vedendo l'imperatore accostarglisi con rapidità… e, prima di riuscire a impedirselo, era indietreggiato di alcuni passi, deglutendo a vuoto.
 
Lotor ignorò (o finse di ignorare) quel gesto e, poggiandogli le mani sulle spalle gli aveva detto con euforia: “Ho grandi notizie per te, Lance”, aumentando l'agitazione del ragazzo (che però, per onore, aveva cercato di rimanere impassibile e freddo come al solito).
 
“A proposito di cosa?” aveva chiesto, conscio che se ne sarebbe pentito poco dopo.
 
“A proposito del nostro matrimonio!”.
La risposta stranì Lance ancora di più; sarebbe stato troppo sperare che sua altezza fosse venuto a riferirgli di essersi stufato di lui, ripudiandolo e permettendogli di raggiungere i suoi compagni nella morte quando ancora gli rimaneva un briciolo di dignità.
No, sicuramente quanto sarebbe venuto lo avrebbe solo umiliato ulteriormente.
 
Le mani di Lotor lasciarono le sue spalle e, percorrendo lentamente le sue braccia, si strinsero intorno a quelle di Lance, che però non ricambiarono la presa, rimanendo molli e impassibili.
“Vedi, mio carissimo Lance, il fatto è questo: io, in quanto imperatore, devo garantire un erede che possa succedermi al trono in caso di scomparsa o prematura morte… non che questa sia un evento in qualche modo probabile, ma i druidi insistono molto a tal proposito; devo avere una discendenza!”.
 
Ok, la conversazione aveva preso una piega senza dubbio inattesa… Lance non comprese nemmeno dove diavolo Lotor volesse andare a parare; nonostante ciò, si sentì in dovere di rimarcare l'ovvio dicendo: “Non comprendo bene in che modo potrei contribuire a risolvere questo problema… di certo non potrai avere un figlio con me!”.
 
Poi un pensiero gli fulminò il cervello, assumendo la forma di una rivelazione; Lance sorrise quasi ironico dopo aver compreso (o pensato di comprendere) il fine di quel discorso.
“Ah, capisco...”.
Avrebbe mentito se avesse detto di non esserselo aspettato… del resto, chi poteva obbligare l'imperatore ad avere un solo consorte?
L'idea di essere il primo di una serie di “pezzi” intercambiabili lo avrebbe distrutto un tempo, ma ora non riusciva pateticamente a vederci altro che lati tristemente positivi: sarebbe stato lasciato solo più tempo ad osservare la sua galassia e piano piano sarebbe stato sostituito da qualcuno più giovane e bello, divenendo meravigliosamente invisibile.
Dio, quanto era caduto in basso.
 
Così, convinto che Lotor gli stesse chiedendo una sorta di finto permesso, gli rispose distante, desideroso di concludere in fretta quella conversazione: “Bene, non vedo il bisogno di chiedere a me il permesso per trovare una nuova compagna, sei libero di fare quello che vuoi”.
 
Lance cercò di allontanarsi, ma le mani che stringevano le sue si serrarono in una morsa ferrea e quasi dolorosa; non riuscì a fare a meno di emettere un piccolo gemito.
Quando i suoi occhi si sollevarono per chiedere spiegazioni a quelli dell'imperatore, il corpo di Lance fu attraversato da un tremito: gli occhi di Lotor erano di ghiaccio.
 
Raramente lo aveva visto così furioso.
Lance cercò di abbassare la testa, ma si sentì immediatamente afferrare il mento e strattonare verso l'alto, obbligato a guardare quelle iridi violacee così terribilmente simile a quelle de Keith.
 
“Lance” disse con voce imperiosa, fin troppo controllata rispetto alle emozioni che gli solcavano il volto: “Ho cercato di essere paziente con te, ma ora voglio che tu ascolti quello che sto per dirti una volta per tutte: IO TI AMO”.
 
Non era la prima volta che glielo diceva, ma questa volta era diverso: era così mortalmente serio da sembrare quasi una minaccia.
“Tu non fai altro che nutrire la ridicola convinzione che tu per me sia solo un giocattolino, con cui mi divertirò fin quando non avrò perso interesse; bene, mi spiace deludere le tue aspettative, ma per me questo non è solo un capriccio: io voglio averti al mio fianco ora… e tutti i secoli a venire”.
 
Il tono in cui lo disse fu così perentorio che Lance comprese veramente, per la prima volta in tutto quel tempo, la reale entità della sua situazione: avrebbe passato l'eternità su quella nave, al fianco della persona che aveva ammazzato il suo unico vero amore, costretto ad amarla.
 
Era infinitamente peggio di una condanna a morte… e Lance, dopo mesi di sbiadita apatia, provò per la prima volta cosa volesse dire avere terrore.
 
Lo sguardo dovette tradirlo, perché l'espressione di Lotor si fece rapidamente più pacata, riacquistando la sua compostezza… cosa che non successe a Lance, che disse con un tono leggermente alterato dalla disperazione: “Gli esseri umani non vivono per secoli… presto invecchierò e morirò… non sono come te!”.
 
“Di questo non ti devi preoccupare” gli rispose l'altro, con l'intento di consolarlo e distruggerlo insieme: “La quintessenza che estraiamo dai pianeti è pura vita, è grazie ad essa se io, Haggar e mio padre siamo sopravvissuti così a lungo… ed è con essa che faremo vivere per sempre te”.
 
Lotor lo baciò rapidamente a fior di labbra… poi, con la sicurezza di chi sa di avere già vinto, gli disse: “E sarà proprio grazie ad essa che non necessiterò di nessuna concubina per avere un erede… tu sarai il padre di mio figlio”.
 
Quelle parole, dopo molto tempo, riportarono Lance nella realtà, mandando in frantumi il muro che aveva costruito fra sé ed il mondo per proteggersi: tutta la situazione gli crollò addosso come un macigno.
 
Lance lo guardò come se fosse pazzo, divincolandosi dalle sue mani: “Lotor, quello che dici non ha senso!”.
Lotor non si scompose minimamente: “Al contrario, so che può sembrare impossibile per la tua specie, ma i druidi conoscono il modo di fare praticamente ogni portento con la quintessenza… gli esperimenti che ho chiesto loro di portare avanti in tal proposito hanno dato ottimi risultati! Proprio ora sono venuto da te per portarti da loro. Non aver paura, non ti faranno alcun male”.
 
VIVI LANCE, FALLO PER ME!
 
NO” uscì secco dalla bocca di Lance, con un coraggio che nemmeno lui immaginava di avere più: “Non sarò partecipe di questo! Se vuoi un erede, trova un modo per averlo che non coinvolga me!”.
Lance stava letteralmente correndo all'indietro, per niente intenzionato a mostrare le spalle a Lotor, il quale lo seguiva decisamente divertito: “Wow, è la prima volta da quando sei qui che provi ad alzare la voce, sono decisamente meravigliato! Ho sempre sperato di riuscire a farti uscire da quell'odioso stato di apatia in cui eri entrato!”.
 
“Lotor, mi hai ascoltato? NON VOGLIO!”
“Ti ho sentito benissimo… semplicemente non posso accontentarti”.
 
La schiena di Lance batté contro il tavolo, mentre la sua mano sfiorò qualcosa di vagamente appuntito; “Lotor, IO TI ODIO! Hai ammazzato la persona che amo, mi hai reso schiavo! Come puoi pensare che sarei in grado di amare tuo figlio?! Nessuna creatura merita di avere un padre che odia lei e suo marito!”.
 
Lotor gli si mise davanti, per niente sorpreso da quelle parole: “Ora dici così perché siamo insieme da poco, con il tempo imparerai ad apprezzarmi e a lasciarti le spalle la tua vecchia vita!
Te l'ho già detto il giorno del nostro matrimonio, io non ho alcuna fretta, posso aspettare il tuo amore anche per tutta l'eternità… spetta a te smetterla di frignare come un bambino per la tua sorte e iniziare a vedere la grande fortuna che ti è capitata”.
 
Gli accarezzò dolcemente il ventre, ghignando: “Con la pazienza si può ottenere tutto; tu sottovaluti il potere del tempo”.
 
“E TU SOTTOVALUTI ME” veloce come una scheggia, Lance afferrò la forchetta vicina alla sua mano, conficcandola nel braccio di Lotor; quest'ultimo, preso completamente alla sprovvista, si ritrovò a stringersi il braccio, dando tempo a Lance di assestargli una poderosa spallata in grado di fargli perdere l'equilibrio.
 
Lance si lanciò di corsa verso la porta, superandola più veloce che poteva e attraversando di gran carriera i corridoi per sua fortuna vuoti. “LANCE, QUESTA TE LA FACCIO PAGARE MOLTO CARA”.
 
Vivi Lance, ti prego, fallo per me!
 
“Mi dispiace, Keith” finché fosse stata solo la sua vita ad essere in gioco, avrebbe pur potuto sopportare quell'esistenza vana… ma non avrebbe mai avuto il cuore di condannare all'infelicità un essere innocente, facendogli vivere una relazione di indifferenza con un padre e di razionale crudeltà con l'altro.
“Non riuscirò nemmeno a mantenere la promessa che ti ho fatto… perdonami se puoi”.
 
“DOVE PENSI DI SCAPPARE IDIOTA?! SEI ALL'INTERNO DELLA MIA NAVE!”
Probabilmente sarebbe stato accerchiato di lì a pochi minuti… poco male, il posto che desiderava raggiungere era già davanti a lui: si trattava dell'enorme ponte che divideva due aree della nave, sotto al quale vi erano un centinaio di metri prima del suolo.
 
Lance scavalcò in fretta la ringhiera di protezione, esitando per un attimo: davanti ai suoi occhi vi era la galassia viola… la sua galassia, visibile da un'enorme vetrata.
“Mi è andata bene suppongo, sono contento che i miei occhi si chiuderanno per sempre davanti ai tuoi colori”.
 
“LANCE, COSA QUIZNACK STAI FACENDO?! RITORNA IMMEDIATAMENTE DA QUESTA PARTE!”.
Il suono di quella voce dietro di lui gli tolse ogni dubbio, così, con gli occhi fissi davanti a quell'immenso spettacolo, Lance mise fine alla sua breve vita lasciandosi cadere.
 
Prima di colpire il suolo, però, la galassia sembrò in qualche modo farsi più brillante, costringendolo a chiudere le palpebre.
 
......................................................................................................................................................................................................... 

 Viola…
Quando Lance riaprì gli occhi fu questo ciò che vide.
Un viola caldo e profondo che lo avvolgeva, quasi cullandolo.
Il ragazzo si rimise in piedi, guardandosi intorno e chiedendosi solo distrattamente come fosse possibile avere ancora le gambe dopo una simile caduta: il mondo intorno a lui era cambiato, non si trovava più sull'astronave madre, ma in un luogo estremamente somigliante ad una spiaggia, solo che…
 
Viola, ogni cosa era viola, dall'acqua, alla sabbia, al profondo cielo stellato; ogni cosa pareva immobile… e vi era una pace che raramente Lance aveva provato nel corso della sua vita.
“Sono in paradiso?” si chiese, ad alta voce.
“No… certo che potevi sforzarti di trovare una frase un po' più originale!”.
 
Il suono di quella voce immobilizzò Lance dove si trovava…
Non poteva essere… no, era impossibile!
Ora si sarebbe girato e non avrebbe visto nessuno, un banale scherzo della sua immaginazione…
 
Eppure, quando Lance girò la testa, eccolo lì: sembrava ancora più bello di quanto lo ricordava, così circondato da quella strana luce… e, a differenza del giorno in cui lo aveva perduto per sempre, i suoi occhi brillavano.
 
Prima che potesse rendersene conto, Lance stava correndo, gettandosi fra le braccia di Keith che, pronto, lo aveva stretto a sé in un ferreo, dolce, abbraccio.
............................................................................................................................................................................................................................ 
 
Parlarono a lungo, seduti in riva a quello strano mare; per lo meno, Lance parlò molto, mentre Keith, praticamente sommerso da quel fiume in piena di parole, non poteva fare molto altro che annuire o borbottare qualcosa di non molto chiaro, ma sempre con ottime intenzioni.
Lance parlò dell'ultimo periodo, di quello che aveva sofferto, delle sue paure, di Lotor… finché anche l'ultima angoscia non venne esternata e tranquillizzata dalla mano di Keith che non aveva lasciato, nemmeno per un istante, la sua.
 
“Mi siete mancati molto sai? Tu e tutti gli altri… mi mancano gli abbracci di Hunk, le chiacchierate con Pidge, le ramanzine di Allura… i tuoi baci...” gli disse piano.
“Ci sei mancato molto anche tu… qui è fin troppo silenzioso senza la tua rumorosa caciara” gli disse sorridendo, in un modo così dolce che rese a Lance impossibile prendersela… anche se non mancò di rispondere: “Certo, NO Lance, NO Party!”.
 
“Quindi, sono... morto?” gli chiese, più per avere una conferma che altro.
“In verità, no” rispose Keith, puntando lo sguardo sull'orizzonte, sorprendendolo non poco con le sue parole: “Blue si è attivata durante la tua caduta ed è corsa ad afferrarti… credo che il suo desiderio di proteggerti sia stato così forte da riuscire persino a spezzare l'incantesimo che Haggar aveva posto su di lei.
È riuscita ad aprire un wormhole, proprio come la prima volta che l'abbiamo trovata, e a fuggire.
Ora siete semplicemente fusi insieme, un po' come è avvenuto con Shiro e Black; lui non è ancora riuscito a tornare… ma ci sta provando giorno e notte, sai?
Però, ora che hai aperto un canale, c'è speranza che lui possa riuscire a seguirti fuori di qui… probabilmente si sta già preparando ad andarsene…”.
 
Di tutto questo lungo discorso, Lance riuscì momentaneamente ad afferrare solo una cosa.
“Quindi hai visto il mio tentativo di suicidio?” chiese, sentendo un amaro senso di colpa montargli dentro.
Quando Keith annuì, Lance si sentì torcere un po' le budella… eppure la sua voce suonò estremamente pacata quando disse: “Scusa… ho cercato fino all'ultimo di mantenere la promessa che ti avevo fatto… ma alla fine ho ceduto, è stato più forte di me”.
 
Contrariamente a quanto si aspettava, Keith si girò e gli accarezzò il volto, dicendo, con un sorriso triste: “Non è stata colpa tua… non devi scusarti, sono stato io a lasciare sulle tue spalle un fardello troppo pesante da portare da solo; ti messo al collo una catena, esattamente come Lotor. Perdonami tu, piuttosto”.
“Diciamo che siamo pari e non se ne parla più” disse Lance, con un tono scherzoso, sentendo il peso di quella promessa abbandonare per sempre il suo petto.
 
Avrebbe potuto passare così l'intera eternità, quel posto gli piaceva molto, senza contare che molto probabilmente presto sarebbero arrivati tutti gli altri a tener loro compagnia… non sarebbe stato più solo.

Eppure…
 
C'era qualcosa di stranamente sbagliato nel suo essere lì, come se fosse in qualche modo fuori posto; nemmeno gli avesse letto nel pensiero (o chissà, forse lo aveva fatto davvero), Keith gli disse: “Mi dispiace Lance, ma non potrai rimanere qui per sempre… non ora, almeno; questo è un luogo destinato al riposo per i paladini, dove si può entrare in totale sintonia con i propri leoni per qualche momento… ma dove si può restare solo se si ha finito il proprio… compito, per così dire.
E il tuo è appena cominciato”.
 
Lance non comprese il significato di quelle parole: “Cosa vuoi dire? Quasi tutti i leoni sono stati distrutti, non possiamo più formare Voltron! Cosa potrei fare io?”.
“Ti sbagli, Lance… i leoni sono quintessenza pura; potranno anche essere distrutti, ma troveranno sempre un modo per rinascere e ritornare. L'universo non può restare senza Voltron!”.
 
Prima che Lance potesse fare domande, Keith riprese: “Ora tu devi tornare, riuscire a ritrovare tutti i leoni e ricreare una nuova squadra di paladini che protegga l'universo.
Lotor non può vincere! Non temere, sei riuscito a creare un canale fra le nostre realtà, ma ora devi andare”.
 
Al suono di quelle parole, il cuore di Lance fu stretto in una morsa… NON POTEVA PERDERLO DI NUOVO!
Dopo mesi di totale vuoto, le lacrime incominciarono a rigargli il volto, permettendo a tutte le sue emozioni di fluire.
“NO, questa volta non voglio abbandonarti! Sarebbe come vederti morire una seconda volta! TI PREGO, NON CACCIARMI”.
 
Lance scoppiò a piangere a dirotto, rendendosi conto solo dopo qualche secondo che l'altro lo stava stringendo fra le sue braccia, in uno strano tentativo di cullarlo.
Keith gli prese il viso fra le mani, guidando dolcemente lo sguardo di Lance nel suo: “Lance, se ora non vai, te ne pentirai per sempre… non subito, ma presto.
L'universo merita il suo lieto fine… e sarai tu a portarglielo, facendo vedere a quell'idiota di Lotor che ha fatto molto male a considerarti un semplice burattino! Va e prenditi la tua rivincita”.
“E al MIO lieto fine, chi ci pensa?”.
“Questa non è la fine, né per me né per te!”.
 
Si rimisero in piedi, mani nelle mani: Lance sentiva che era ora di andare, quindi, con lo sguardo ancora annacquato dalle lacrime, cercò in quegli ultimi istanti di memorizzare con precisione il colore degli occhi di Keith.
 
“Quindi non ti rivedrò più?” chiese, anche se in qualche modo sapeva che era una domanda idiota.
“CHE DOMANDA IDIOTA!” disse Keith, sorridendo dolcemente: “Lance, io sarò sempre con te, così come gli altri; saremo là, all'interno delle menti e dei cuori dei nostri leoni, dei nuovi paladini, di Shiro… e dei tuoi.
...E un giorno, quando sarà il momento, è qui che ci rincontreremo tutti… è qui che tu rincontrerai me; e quel giorno, liberi entrambi da qualunque vincolo o compito da portare a termine, potremmo finalmente amaci per l’eternità senza mai più dover pensare ad altro.
La morte non mette fine al vero amore… non ha mai avuto tutto questo potere! Semmai può solo ritardarne un po' il corso.
Ora è necessario che tu viva... ma questa volta non farlo per me, fallo per te stesso”.
 
Queste parole ebbero il potere di risvegliare del tutto il vecchio Lance che, sfregandosi un braccio sugli occhi, disse ridendo: “Menomale che sono io quello logorroico!”.
“E STA ZITTO!”.
 
Non c'era più tempo.
Il corpo di Lance iniziò a svanire lentamente, ma prima che ciò accadesse, i due si strinsero l'uno all'altro, riuscendo a scambiarsi questa volta il loro ultimo tenero bacio, che racchiuse in sé tutte le loro paure, le loro speranze, i loro desideri… ed il loro amore.
Ma non fu di addio… nulla legato a loro avrebbe potuto contenere un addio… solo un dolce arrivederci.

............................................................................................................................................................................................... 
 
Lance riaprì gli occhi a causa di una forte fitta alla schiena: si trovava nella cabina di pilotaggio del suo leone, che stava attraversando a gran velocità un wormhole, con destinazione ignota.
 
Gli sembrava quasi, in lontananza, di sentire il ringhio frustrato di Lotor per averlo perso… sicuramente avrebbe fatto qualunque cosa per riprenderlo.
 
Benché il peso del suo compito iniziò a farsi sentire, Lance non poté fare a meno di provare dentro di sé una grande pace, quasi che l'atmosfera di quel posto surreale si fosse annidata per sempre in una parte del suo essere… insieme all'amore che Keith ancora provava per lui.
 
La galassia viola ora era alle sue spalle, non avrebbe più avuto bisogno di lei… la sua ragione di vita risiedeva in lui, non l’avrebbe più ricercata in nient’altro.
 
Ora sapeva cosa doveva fare.
 
Strinse forte i comandi del suo leone, che reagì con un poderoso ruggito: “Allora bellezza, pronta a ritornare in azione? Abbiamo poltrito anche troppo, l'universo ha bisogno del suo affascinante paladino! Giuro che farò pentire Lotor di non avermi ucciso quando ne ha avuto la possibilità”.
 
IO VIVRÒ KEITH, E QUESTA VOLTA LO FARO' PER TUTTI VOI… PERO' TU Dì AGLI ALTRI DI ASPETTARMI… E ASPETTAMI TU SOPRATTUTTO!
 
Lance sentì una scarica di adrenalina provenire da Blue, quasi che Keith avesse acconsentito tramite lei.
 
Più determinato che mai, vide, che il wormhole in cui si erano avventurati stava giungendo alla fine… qualunque cosa si fosse trovato davanti, ora era pronto.
 
**************************************************************************************************************************************************************************
NdA: Ai temerari che sono arrivati fin qui, GRAZIE!
Questa è la “prima” storia che pubblico (senza toglierla due secondi dopo per strizza).
Non avrei voluto postarla, ma due sante donne mi ci hanno costretto… non sono ASSOLUTAMENTE dietro di me con una mazza, NOOOOOO (qualcuno mi aiuti!).
Spero vi sia piaciuta almeno un po’, magari questo mi convincerà a pubblicare le altre un giorno (MA ANCHE NO!).
 
GrammarNazi95
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Voltron: Legendary Defender / Vai alla pagina dell'autore: GrammarNazi95