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Autore: fervens_gelu_    06/08/2017    1 recensioni
Come poteva nevicare in pieno agosto? Ed ecco che di fronte a me apparvero piccole bancarelle multietniche, in festa, i dolci profumi estivi, la salsedine che rendeva la pelle fresca come rugiada, le dolci compagnie della torrida estate passata, i volti abbronzati, il sole scoppiettante. I pesci colorati sembravano quasi solcare il cielo, come gabbiani con le branchie, capovolti a testa in giù mentre le onde ribollenti le ritrovavo ora nel mio stomaco, che continuava a pugnalarmi alle spalle ogni qualvolta provavo a distogliere lo specchio dei miei pensieri da quella paradisiaca atmosfera.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ero lì immobile con quel flusso di pensieri vetrati, scomposti, le luci variopinte della strada mi sorridevano, la neve scendeva a fiocchi lenti ma pesanti intorno a me mentre tentavo di passeggiare per la via a passi cadenzati.

Il pensiero non poteva che andare a lei. O meglio, a lui. Insomma era stata lei… ma, quante storie… non era stata un’estate come le altre.

Un bambino insieme alla madre che indossava una pelliccia sintetica mi guardava strano mentre con una palla colorata e luccicante stava abbellendo l’albero che avevano deciso di addobbare al centro della grande piazza. In effetti, non aveva tutti i torti, mi trovavo completamente in mezzo alle decorazioni. Ero d’intralcio.

Era da settembre, dopo quella vacanza che i miei pensieri, la mia mente, erano costretti a vagare nel nulla cosmico, nel vuoto centrale della gravità più sospesa. Più mi arrovellavo, più mi sembrava di cadere e precipitare lento in infiniti spazi siderali. Potrà sembrare strano, ma quella settimana aveva cambiato irrimediabilmente un’intera esistenza, la mia. La neve assorbiva tutti i colori del mondo mentre precipitava a terra, fragile. Guardando in alto, fino a quelle stelle così luminose celate dalla distesa biancastra, non si comprendeva affatto quale fosse la strada di quei fiocchi perlati. Alcuni sembrava quasi sfidassero la gravità levitando verso l’alto, andando a creare nuova vita. Quella che mi aveva accolto per qualche istante, per alcuni giorni, una settimana, come battiti del cuore, per poi gettarmi via. Continuavo a fissare il guanto colorato, percepivo una presenza mentre i miei occhi vagavano leggiadri in un mondo fatato, splendido.

 L’aria era quella tipica di festa, l’odore dei dolci natalizi mi pervadeva le narici, mentre gli occhi della gente erano quelli di coloro che erano pronti a scambiarsi i migliori auguri di buone feste. Ma io di fatto non riuscivo per nulla al mondo a credere che fosse davvero dicembre e che tutto quello passato in quei mesi estivi fosse stato solo un vago ricordo prezioso da tenere stretto e conservare nel petto. In quel momento mi trovai completamente spaesato… come poteva nevicare in pieno agosto?

Ed ecco che di fronte a me apparvero piccole bancarelle multietniche, in festa, i dolci profumi estivi, la salsedine che rendeva la pelle fresca come rugiada, le dolci compagnie della torrida estate passata, i volti abbronzati, il sole scoppiettante. I pesci colorati sembravano quasi solcare il cielo, come gabbiani con le branchie, capovolti a testa in giù mentre le onde ribollenti le ritrovavo ora nel mio stomaco, che continuava a pugnalarmi alle spalle ogni qualvolta provavo a distogliere lo specchio dei miei pensieri da quella paradisiaca atmosfera. Un punto fermo, più brillante degli altri, sembrava sfrecciare nella notte, si avvicinava con mestizia, trasandato, ma estremamente affascinante. Non poteva che essere lui. Si avvicinò con quel fare con cui lo avevo conosciuto, da spaccone, con la testa bassa e le mani sempre in tasca. Mi si materializzò davanti e dopo che un po’ di neve bagnò il suo volto duro, mi rivolse piano la parola. La pelle si rizzò, i miei occhi si aprirono quasi come un incantesimo li avesse schiusi come farfalla che si libera dal bozzolo setoso, prigione di libertà, illuminando il mio volto tetro; le labbra tornarono umide non appena un piccolo fiocco le bagnò delicato, il mio corpo si risolse in un brivido, in un sussulto delle carni con cui si rivitalizzò tutta l’anima sopita in quei mesi di ghiacci congelati, di onde scure e scevre di vita. Lo guardai in volto, era lui, era colui che mi aveva fatto passare la più bella estate della mia esistenza e che poi era scomparso, fuggito, senza mai più lasciar traccia. Né un recapito telefonico, né un indirizzo, non sapevo nemmeno di quale regione fosse.

Quel caldo e quella passione che in pochi giorni, così intensi, si erano consumati, vennero riesumati non appena vidi il suo sguardo grigio, freddo, da cui veniva distrutto qualsiasi tipo di sentimento. Quegli occhi, ecco cosa mi aveva fatto impazzire, mi avevano fatto letteralmente capitolare, senza alcuna via d’uscita. Mi prese per un braccio, mi avvicinò a lui, stringendomi forte a sé, come quella volta, come quel giorno in pieno agosto, come aveva fatto in quella notte stellata, dopo la festa di ferragosto, quando i fuochi d’artificio al di sopra dei tetti delle piccole casupole antiche sguazzavano allegri nel cielo stellato.

Cominciai a ricordare.

 

-Allora, cosa farai non appena arriverà l’autunno e tutto questo sarà solo che polvere- mi aveva detto lui, duro.

-Non saprei, non sono mai stato bravo a decidere né a scegliere, mi rendo conto non sia una cosa di cui potersi vantare- gli risposi io, tutto infreddolito. Non ero mai stato bravo a parlare con i ragazzi, soprattutto con quelli di cui ero invaghito o per cui provavo un minimo di attrazione.

-Non importa… senti, stai morendo dal freddo, tieni- mi mise sulle spalle la sua felpa. Sentivo il suo odore arrivare, pervadermi, proteggermi.

-Sai, non vorrei che tutto questo finisse, guarda lassù… la luna, le stelle, pensi che l’anno prossimo potremmo essere di nuovo qui, insieme? - gli dissi io.

-Alzati, forza-

Mi alzai, piano. Mi guardò lentamente, mi prese il braccio e dopo avermi stretto a sé e come se avesse paura di farmi del male, sentii premere le sue labbra sulle mie.

Nessuno lo aveva mai fatto prima, nessuno aveva mai compiuto un gesto simile.

Non sapevo cosa dire e, come sempre, non riuscii a dire nulla. Mi ero completamente paralizzato.

 Era il momento dell’addio, volevo solo restituirgli la felpa.

-Puoi tenerla, ogni volta che la indosserai ti ricorderai di questo momento e di me… anche se non ci vedremo, continuerò a pensarti e spero che tu possa fare lo stesso.-

In quella notte capii molto cose, capii che tutto, fin ad ora, era stato un errore; capii che l’amore poteva arrivare senza alcun preavviso, poteva far scalpitare il cuore, far soffrire come il peggiori dei mali, ma in realtà non avevo capito nulla, poiché la sensazione di trovarmi di fronte a lui nuovamente mi aveva procurato non poco timore. Paura di guardarlo in quegli occhi che mi avevano fatto innamorare e in quelle labbra che mi avevano fatto suo. Mi aveva ripreso tra le braccia, mi aveva stretto a sé. La sua barba era cresciuta, ora sembrava ancora più maturo di quanto potesse essere stato in quell’afosa estate. L’amore era un’occasione che poteva sfuggire. Me ne sarei pentito per tutta la vita. Forse non ero io quello sbagliato, ma quello che ero prima dell’estate, sicuramente. Provai per quanto possibile a biascicare qualche parola.

-Non pensavo…-

-Stai zitto, parli troppo, al solito.-

La passione era davvero dirompente, non volevo solo baciarlo, avrei voluto fare l’amore, non sarei stato io a farmelo scappare per l’ennesima volta.

 

 

Stavolta sarei stato io a rubargli un bacio. E a rubargli il cuore.

 

-Mi sei mancato- ecco cosa riuscii a dire.

Mi slacciai rapidamente il giaccone pesante nonostante il freddo penetrasse rapidamente nelle ossa e gli mostrai la felpa grigia che mi aveva regalato. Mi sorrise non prima di avermi di nuovo stretto a sé.

-Ti stavo cercando, ti ho trovato… ne è valsa la pena-

La neve aumentò di intensità, fino quasi a far esplodere il cielo ormai gravido d’amore. Ci guardammo ancora per un istante. Mi sorrise con il corpo. Mi prese la mano ed iniziammo a correre lungo il parco ghiacciato, cristallizzato, vicino alla strada. Non sapevo dove saremmo andati, dove saremmo finiti, ma ero felice. Perché ero insieme a lui, di nuovo. Lasciavamo ad ogni passo le nostre orme sulla neve fittissima. Neve in pieno agosto.

 

 

 

                                                               
   
 
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