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Autore: Eleanor S MacNeil    07/08/2017    1 recensioni
Charlotte ha un segreto.
STOP!
Sto' scherzando! Non è quel tipo di storia strappalacrime o melensa che porta il lettore a strapparsi i capelli ogni volta che i due si avvicinano per baciarsi.
Charlotte è una donna come tante, nulla di strano, niente che possa essere degno di nota, ma se guardiamo bene, se osserviamo da vicino la vita di Charlotte possiamo notare la mancanza di qualcosa: un uomo.
Charlotte gestisce un programma radiofonico chiamato: “Tutta colpa di Cenerentola” dove parla dell'amore che non esiste, del vero significato di innamorarsi, o almeno, il significato che lei vi attribuisce, e di come le giovani ragazze di New Orleans si lascino influenzare dalle favole e dalle illusioni di un amore perfetto e duraturo.
E poi arriva il Cliché...perché lo sappiamo, nelle storie d'amore ci deve essere almeno un cliché!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 16

Just a Dream

Just a dream - Nelly










Il tempo passava così in fretta, tanto che Charlotte non si rese conto di essere ormai al sesto mese di gravidanza. Maggio stava scivolando via come se niente fosse, portandosi via l'umidità della primavera e delle sue piogge, lasciando così spazio al sole che annunciava l'arrivo di giugno.

Mancavano due settimane al matrimonio, il sette giugno incombeva e Karen diventava isterica, molto più di lei. Questo divertiva particolarmente Charlotte, vedere suo fratello girovagare per casa rispondendo agli ordini che la fidanzava gli urlava era uno spasso. Stranamente si sentiva tranquilla, quando aveva scoperto di essere incinta pensava di diventare una specie di mostro urlante in preda a crisi ormonali che la rendevano una vera e propria arpia, invece si stava comportando bene. Si sentiva quasi un agnellino, tanto da non aver insultato Robert per una settimana intera. Facevano progressi.

«Pensi che mio fratello riuscirà a tirare fuori le palle?»

«Non saprei, ultimamente sembra che siano state schiacciate in una morsa.»

Ormai sembravano amici. Charlotte se ne stava sdraiata sul divano di James, con un piatto di patatine fritte sulla pancia e Robert accanto a lei, con i suoi piedi sulle ginocchia. Entrambi osservavano James, seduto in poltrona, con lo sguardo perso nel vuoto, sembrava uno zombie.

«Potrebbero prenderlo per fare uno dei morti viventi di The Walking Dead.»

«Stai guardando troppe serie tv, Charlie!»

«Sono incinta, la televisione e lo yoga sono le mie distrazioni.»

«Chi cazzo me l'ha fatto fare?» sospirò James all'improvviso, con tono melodrammatico.

«Amico, te l'avevo detto che il matrimonio ti avrebbe distrutto.»

«Robert, non infierire, non vedi come è ridotto?» Charlotte gli diede una piccola spinta col piede, ridendo. «Piuttosto, pensate a come mi sentirò io, i vestiti delle damigelle sono corti ed io ho delle caviglie che sembrano meloni!»

«Perché devo preoccuparmi di te? Sono io quello che si sposa!»

«Ed io quella incinta» ribatté Charlotte, provocando la risata di Robert.

«Se vogliamo proprio discutere su chi sta peggio, pensa a quel povero Cristo seduto accanto a te.» James indicò con il mento l'amico, il quale aggrottò la fronte incuriosito.

«Che ha fatto?»

«Ti ha messa incinta, ecco cosa ha fatto!»

«Adesso è lui quello messo male?»

«Sì, perché ci vogliono dei coglioni grandi come il Texas per sopportarti da normale, figurati ora che hai gli ormoni impazziti. Dovrebbero usarti come arma di distruzione di massa!»

Era divertente, osservare i due fratelli litigare, si sentiva a casa quando era con loro, soprattutto quando era Charlotte a coinvolgerlo, ma più lei si avvicinava, più lui si sentiva soffocare da tutte quelle responsabilità, da quei sorrisi e da quei sentimenti.

«Va bene, abbiamo capito, ora riaccompagno a casa la donna incinta.» Robert aiutò Charlotte ad alzarsi, lasciando poi una pacca sulla spalla di James. «Vieni a farti una birra stasera?»

«Credo che mi suiciderò!»

«Ci vediamo alla solita ora.»


***


«Tuo fratello è un idiota!»

«L'hai scoperto solo ora?»

Poteva sperare di trascorrere una serata in completa tranquillità? Robert e James erano andati al pub e lei aveva deciso di trascorrere una seratina fatta di serie tv e patatine fritte. Sua figlia le aveva concesso una tregua, dormiva beata nella sua pancia.

Karen si lasciò cadere sul divano accanto a Charlotte, sbuffando. «Ci sono i posti da organizzare e lui se ne va fuori con Robert.»

«Lascia svagare i maschietti. Patatine?» le domandò Charlotte, porgendole il piatto di patatine fritte.

«La gravidanza ti fa male.»

«Dici? Io credo che mi faccia bene, soprattutto perché ho tutti ai miei piedi che cercano di soddisfare i miei bisogni per non farmi incazzare.»

«Ecco perché sei così di buon umore ultimamente!»

Charlotte fece spallucce, tornando a guardare la tv. «Allora, i sigilli sono stati spezzati?»

«Di che parli?» domandò Karen, aggrottando la fronte e guardando l'amica, la quale, impassibile, continuava a guardare Supernatural.

«I sigilli per liberare Lucifero dalla gabbia e dare il via all'apocalisse» disse Charlotte.

«Per apocalisse, intendi il mio matrimonio?»

«A che altro dovrei alludere?»

«Sul serio, tu guardi troppa tv!»

Charlotte sorrise, lanciando uno sguardo alla piantina dei tavoli per il matrimonio. «Ah, consiglio, non mettere zio Albert vicino a zio Roger, rischi di trovarti con un morto al ricevimento!»


***


«Perché siamo qui?» James sbuffò, entrando al Voodoo, Robert l'aveva costretto a seguirlo al pub per distarlo, ma tutto quello che voleva fare era sdraiarsi nel letto in posizione fetale e rimpiangere il giorno in cui aveva chiesto a Karen di sposarlo. Quella donna sembrava Hulk in versione femminile quando s'impuntava su qualcosa, peggio di sua sorella.

«Perché hai bisogno di uscire e farti una birra in compagnia!» esclamò Robert, indicando il bancone, ma quando James alzò lo sguardo non si trovò di fronte il proprietario, ma una bionda sexy con tanto di divisa da poliziotta. Robert aveva organizzato il suo addio al celibato.

C'erano tutti i colleghi della centrale, pure suo padre e suo nonno bevevano birra ad uno dei tavoli mentre spogliarelliste vestite da poliziotte intrattenevano gli invitati.

«Non era più semplice portarmi in uno strip club?»

Robert fece spallucce. «E farti rischiare la gogna? Sappiamo tutti che Charlie avrebbe scoperto dove stavo organizzando l'addio al celibato, così ho giocato d'anticipo ed ho fatto un accordo con Sam, ho affittato il Voodoo e fatto pensare a Charlie ed a Karen che il tuo addio al celibato sarebbe stato un semplice ritrovo tra colleghi e amici, condito da birra e poker!»

C'era da dire che Robert si era messo d'impegno. Probabilmente erano state assunte nove spogliarelliste, tutte vestite uguali, con tanto di manette e tacchi vertiginosi. Robert non aveva badato a spese. Per fortuna Karen e sua sorella erano impegnate a finire di organizzare i posti a sedere.

«Amico, ti voglio bene!» esclamò James, abbracciando Robert. Aveva bisogno di svagarsi e quell'addio al celibato era arrivato al momento opportuno.


***


Charlotte era andata a dormire da un paio d'ore, finalmente sua figlia si era addormentata, smettendo di scalciare come una matta, quando il cellulare squillò all'improvviso. Guardò l'ora, erano le quattro del mattino.

«Chiunque tu sia sappi che se non è un'emergenza sei morto!» rispose con voce assonnata. All'altro capo risate e musica alta, ma riuscì a riconoscere la voce di suo fratello.

«Charlie, Charlie, Charlie.»

«James, sei ubriaco?»

«No...forse...sì.» Era ubriaco fradicio, a tal punto da biascicare le parole.

«Che cosa vuoi?» sbuffò Charlotte, cercando di trattenere l'insulto che aveva in gola.

«Mi vieni a prendere?»

«Puoi chiamare Karen.»

«Ehm, no.»

«Per quale motivo?»

«Perché mi troverebbe in una situazione equivoca e non posso chiedere a nessuno perché sono tutti ubriachi più di lei...no, scusa, di me.» James biascicava le parole.

«Per fortuna doveva essere un addio al celibato tranquillo, accompagnato solo da birre, sigari e poker.»

«Ehm...Robert ti ha mentito.»

«Che novità.» Charlotte alzò gli occhi al cielo. «Puoi chiamare un taxi o farti riaccompagnare dal tuo amicone bugiardo!»

«No, niente ta...ta...quel coso giallo. Non ho contanti e di conseguenza dovrei pagare con la carta di credito e se Karen vede l'estratto conto capisce subito che sono ricorso al...al...insomma, a quel coso giallo, perché ero, sono, ubriaco.»

«Però, quel coso giallo?»

«Non prendermi per il culo, tu hai fatto cose peggiori da ubriaca.» specificò James. «Ed una di queste ce l'hai nella pancia!»

«E il tuo amicone è più ubriaco di te?»

«Sì...forse...non lo so, non lo vedo da...che ore sono?»

«Le quattro del mattino, idiota.»

«Di già?» James rise. «Comunque, non vedo Robert da almeno un'ora, credo.»

«Va bene, sto arrivando.» Charlotte riattaccò il telefono, sbuffando sonoramente. «Ci mancava solo James ubriaco.»

Si vestì velocemente, prendendo le chiavi della macchina. Voleva tornare a letto, ma la voglia di prendere a schiaffi sia suo fratello che Robert era troppo forte. Mentre percorreva la strada chiamò suo padre al cellulare, scoprendo che lui era già rientrato a casa, anche lui completamente ubriaco, accompagnato dal nonno che, grazie al cielo, era rimasto sobrio, ma troppo stanco e messo all'angolo da nonna Rose per riuscire ad andare a prendere James. Allison era di turno in ospedale e sua madre fuori città per una covention. Non restava altro che lei.

Scese dall'auto, trovando diversi colleghi del fratello fuori dal Voodoo, completamente ubriachi, in attesa di un taxi. Entrò, trovando diverse spogliarelliste intente a ballare e a strusciarsi contro qualche partecipante alla festa. Poi vide suo fratello, seduto al bancone, con la testa fra le mani e lo sguardo perso.

«Robert?» chiese semplicemente, sbattendo il palmo della mano sul bancone.

«Sorellina!» ma James non rispose, le gettò le braccia al collo, barcollando, rischiando di far cadere anche lei.

«Dov'è Robert?»

«Non lo so.» James sorrise. «Ma so dove sei tu.»

«Ma davvero? E sai dove sarai tu fra poco?»

«Ehm...a casa tua?»

«No, tra le grinfie della tua fidanzata.»

Quale minaccia. James sbarrò gli occhi, gettandosi a terra in ginocchio, abbracciando le gambe della sorella disperato. «Ti prego no!» esclamò, piagnucolando. «Non portarmi da lei, mi ammazzerà!»

«Che grande perdita!»

«Farò qualsiasi cosa, ti prego. Ti pagherò, ti terrò la mano in sala parto, sarò il tuo schiavetto per il resto della mia vita, ti accompagnerò alle prossime lezioni del corso pre-parto, accontenterò le tue voglie ad ogni ora del giorno, ti farò da baby-sitter, cambierò tutti i pannolini di mia nipote, ma ti prego non portarmi da quella iena assetata di sangue!»

«Non fare il bambino e alzati.» Charlotte lo guardò torva. «Andiamo a casa, questa musica alta mi urta i nervi.»

Come un cagnolino barcollante, James seguì la sorella fuori dal pub, salutando con enfasi i colleghi in attesa del taxi, salendo in macchina. Si addormentò durante il tragitto, ma Charlotte era incazzata.

Continuava a chiamare Robert al cellulare ma dava sempre segreteria telefonica. Al locale non l'aveva visto e il sospetto che le palesò in mente la disgustò a tal punto da costringerla a voler trovare qualsiasi scusa plausibile per non averlo visto.

«Forse era al bagno» disse fra sé e sé. «Oppure è tornato a casa quando ha capito di essere troppo ubriaco, insomma, non c'era la moto nel parcheggio.» ma più cercava di convincersi che non fosse vero, più sentiva che quella sola spiegazione che non osava formulare era vera. Senza riportare a casa James, ormai immerso in un sonno profondo, si diresse a casa di Robert. Con la speranza di avere torto salì al terzo piano della palazzina, imboccando il corridoio stretto dalle pareti bianche e il pavimento rivestito di moquette verde scuro. Pregò, sperò, di avere torto, di trovarlo con una borsa del ghiaccio sulla testa ed una sbronza colossale da smaltire. Cominciò a bussare con forza alla porta, lo chiamò per nome, sentendo un nodo alla gola e, quando finalmente la porta si aprì, le sue paure si rivelarono fondate.

«Sì?» una ragazza bionda, alta, bella e semi nuda la stava guardando dalla porta. Indossava la maglietta dei Black Sabbath di Robert, quella che lei gli aveva regalato al compleanno per farsi perdonare di tutte le volte che lo chiamava nel cuore della notte in preda alle voglie gravidiche.

Senza dire nulla entrò, dando una spallata alla giovane, trovandosi di fronte Robert intento ad infilarsi i jeans.

Lui rimase immobile, la guardò, aspettandosi di sentirla urlare, insultarlo, oppure di vedersi tirare dietro tutto quello che le capitava per mano, ma ciò che vide sul volto di Charlotte gli fece più male di qualsiasi insulto o ferita. Era delusa, arrabbiata, sconvolta e triste.

Quel silenzio, rotto solo dalla voce di Holly o Ally, non ricordava nemmeno il nome di quella ragazza, era più devastante di un qualsiasi rumore acuto e fastidioso. Non poteva nascondersi dietro a nessuna scusa o bugia, la situazione parlava chiaro e lui non aveva giustificazioni da dare. Era colpevole e non poteva nascondere la testa sotto terra come uno struzzo.

Charlotte girò i tacchi, uscendo senza dire nulla, sentiva quella ragazza chiedere cosa stesse succedendo, chi lei fosse, poi chiese a Robert se lei era la sua ragazza, ma tutto quello che lui disse fu solo il suo nome. «Charlie!»

Charlotte salì in ascensore, osservando Robert arrivare proprio mentre le porte si chiudevano. Quella discesa le sembrò infinita, ma quando uscì dalla palazzina Robert la stava rincorrendo, affannato dopo aver fatto di corsa le scale.

«Charlie!»

«Lasciami stare!»

«Ti prego, lasciami spiegare.»

«Non c'è nulla da spiegare, te la sei spassata con quella, buon per te.»

«Non significa nulla.» Robert ne era convinto, ma sapeva che a Charlotte non importava.

Charlotte si fermò davanti all'auto, voltandosi di scatto. «Come quando sei venuto a letto con me, vero?»

«Non era questo che intendevo.»

«Sono stata una stupida!» esclamò, guardandolo negli occhi. «Come ho potuto pensare anche solo per un istante che tu fossi diverso da tutti gli altri stronzi della mia vita?»

«Ora mi paragoni ad Eric?»

«No, ti paragono ad un imbecille che mi ha messa incinta per poi andarsene in giro a scoparsi tutte le altre donne di New Orleans e dintorni!»

Robert si alterò. Non c'era nessun contratto tra di loro, nessun accordo che gli impedisse di uscire con altre donne. «Noi non stiamo insieme, non siamo una coppia ed io non sono obbligato al celibato!»

«È così che ti giustificherai a tua figlia quando ti chiederà perché sei poco presente nella sua vita? Cosa le dovrò dire quando salterai un saggio a scuola per uscire con una donna?»

«Oh, adesso sono il cattivo della tua favola?»

«Questa non è una favola, Robert, è la vita reale, è la nostra vita e quella di nostra figlia.»

«Sul serio? A me sembra tanto una scenata di gelosia.»

Charlotte deglutì. Aveva ragione, ma non poteva dirgli che il motivo principale di quella scenata erano i suoi sentimenti, di sicuro le avrebbe riso in faccia. «È vero, sono gelosa. Gelosa del fatto che tu preferisca una bionda rifatta alla sistemazione della cameretta di tua figlia, oppure che reputi più interessante passare da un letto all'altro piuttosto che accompagnarmi ai corsi pre-parto. Mi hai delusa perché pensavo che tu fossi diverso, che quei piccoli gesti protettivi e gentili fossero un segno del tuo vero carattere. Ma a quanto pare mi sbagliavo.»

«Cristo, Charlie, si può sapere cosa vuoi da me?» urlò Robert, aprendo le braccia. «Vuoi che venga ai corsi pre-parto? Vuoi che ti tenga la mano quando nascerà la bambina? Oppure vuoi un marito che si sottometta a te? Vuoi questo da me?»

«Io non voglio obbligarti ad essere quello che non sei, non lo farei mai, ma devi scegliere Robert» disse Charlotte. «Devi scegliere chi vuoi essere.»

Robert le vide. Lacrime salate che le rigavano il viso tirato e triste. Erano come piccole gemme che le adornavano le guance.

«Fai la tua scelta Robert.»

«Charlie...»

«Io non ho bisogno di un marito o di un compagno, Robert, ho bisogno di qualcuno che mi accetti per come sono. Ho bisogno di un amico e pensavo che potessi essere tu, ma mi sbagliavo.» Si voltò, stavolta per sempre, non si sarebbe voltata, non avrebbe più lottato, salì in macchina, partendo. Era stanca di essere delusa dagli altri, stufa di credere nelle persone per poi ritrovarsi con le lacrime agli occhi. Eric, Thomas, Matthew, uomini ai quali aveva dato il suo cuore per poi vederselo calpestare senza ritegno, senza sentimenti. Possibile che non aveva ancora imparato la lezione?

Mai e poi mai fidarsi di chi ti promette il mondo.

La sua prima regola, il suo primo promemoria. Aveva sperato che almeno Robert fosse diverso, si era aggrappata alla convinzione che potesse essere un buon padre ed un buon amico, ma si era sbagliata. Eppure lo conosceva, sapeva di che pasta era fatto, conosceva i suoi interessi, le sue debolezze e, nonostante tutto, si era illusa che fosse solo una maschera.

Ma se era preparata ad una simile rivelazione, perché faceva così male? Perché si sentiva le gambe cedere e l'aria mancare?

Accostò l'auto, guardando il fratello ancora addormentato.

Lacrime e solo lacrime, non c'era altro. Charlotte aveva di nuovo dato il suo cuore all'uomo sbagliato e si era vista restituire solo dolore. Lei non era delusa, era innamorata e faceva male, perché sapeva che Robert non sarebbe mai stato suo. Una figlia li legava, ma non ci sarebbe stato altro che incontri fugaci e litigate per decidere quali fine settimana lui avrebbe dovuto tenere la piccola.

Pianse di disperazione, lasciandosi andare a quella sofferenza che le artigliava il cuore. Voleva scappare e dimenticare ogni cosa, fingere e indossare la sua maschera d'indifferenza per poter dire al mondo che stava bene mentre dentro era vuota. L'amore era solo sofferenza e le favole solo mere illusioni che mai si sarebbero potute avverare.

Da bambina ci aveva creduto, aveva amato quelle principesse che venivano salvate, aveva indossato la sua coroncina aspettando il suo Principe Azzurro. Crescendo si era resa conto che quella coroncina era solo un pezzo di plastica e che quel principe non sarebbe mai arrivato.

L'amore non esisteva e lei ne aveva avuto la prova anno dopo anno, uomo dopo uomo. I suoi genitori, le sue storie fallite, ora non le restava altro che sua figlia e la consapevolezza che a lei non avrebbe mai raccontato favole di principi e principesse, di fanciulle da salvare o di incantesimi da spezzare con un bacio.

Si portò le mani al pancione, alzando lo sguardo, sperando che fosse tutto un sogno, ma si rese conto di amarlo e che il suo cuore era ormai in frantumi.

James aprì gli occhi e quando vide la sorella in lacrime non gli importò del mal di testa o del senso di nausea. L'abbracciò, cercando di consolarla. In quel momento non erano necessarie le spiegazioni, avrebbe chiesto cosa fosse successo dopo, una volta calmata. Ora, in quell'istante, Charlotte aveva bisogno della sua spalla, del suo sostegno e nulla poteva farlo muovere da quella posizione.


***


Ne vale la pena?” pensò Robert. “Vale la pena rinunciare a tutto questo per lei?”

Le notti trascorse con donne diverse, la sua libertà, il non avere responsabilità o legami che lo costringessero ad essere un uomo maturo e con la testa sulle spalle.

Valeva la pena mettere via la sua agenda di numeri e pensare ad una sola donna per sempre?

Aveva guardato negli occhi Charlotte e vi aveva letto la delusione e il disprezzo, mai come allora lei l'aveva guardato a quel modo. Si sentiva un completo idiota.

La sera in cui gli aveva detto di essere incinta era stata la più lunga della sua vita e aveva pensato che nessuna notizia potesse sconvolgerlo più di quella, nessun avvenimento, nessun cambiamento come quello. Poi aveva incontrato gli occhi lucidi di Charlotte e la consapevolezza di averla persa per sempre era stata come una pugnalata nello stomaco.

Perché a lei importava così tanto che lui non uscisse con altre donne? Non stavano insieme, non avevano una relazione, erano solo due persone che, sfortunatamente, si erano ritrovati con un figlio in arrivo senza volerlo.

Aveva impiegato mesi per accettare la gravidanza di Charlotte e, di conseguenza, il dover essere padre. Per mesi si era comportato bene, evitando qualsiasi altra donna, cercando di essere l'uomo che Charlotte si aspettava che fosse, ma non c'era riuscito.

Eppure faceva male.

Faceva male sapere di averla ferita. Faceva male sapere di averle spezzato il cuore. Faceva male sapere di aver perso l'unica donna per la quale aveva provato qualcosa.

Esattamente. Quella notte, quando avevano concepito la bambina, Robert aveva avvertito qualcosa, un sentimento, uno strano senso di felicità che l'aveva portato a stringere Charlotte e baciarla con dolcezza, con flemma. L'aveva accarezzata e posseduta come fosse stata una vergine e gli era piaciuto. Avevano fatto l'amore, non sesso, e quel sentimento era rimasto in lui assopito, trepidante, in attesa di uscire allo scoperto.

Prese il cellulare, aprendo la galleria per scorrere le fotografie. Si fermò poi a quella scattata qualche giorno prima. Era Charlotte di profilo, di fronte allo specchio. Gliel'aveva scattata senza dirle nulla, così, senza nemmeno sapere perché voleva una sua foto. E lei era lì, con le mani sul pancione intenta a spalmarsi la crema per le smagliature, troppo presa per notare che la stava immortalando in quello scatto.

Ne valeva la pena?

Valeva la pena rinunciare ad essere un donnaiolo per lei?

«Ne vale la pena» disse con un sorriso, rendendosi conto di aver fatto la sua scelta.

Ma come poteva recuperare i rapporti, parlarle e dirle finalmente quello che provava?

L'amava? Non ne era sicuro, ma voleva provarci. Voleva tentare e vedere se poteva esserci qualcosa di più di un'amicizia, qualcosa che lo facesse sentire completo anche senza frequentare diverse donne contemporaneamente.

Voleva provarci e, magari, essere felice. Non come quelle fottute favole che sua madre gli raccontava da piccolo, ma sapere di avere accanto una donna vera, reale, capace di tenergli testa e sostenerlo al tempo stesso; una donna senza peli sulla lingua e sincera.

Non si era mai reso conto che l'unica con tutti quei requisiti era sempre stata ad un tiro di schioppo da lui. Fredda e caparbia come poche ma dolce quando voleva.

Aveva sempre voluto Charlotte e se ne rendeva conto solo in quel momento. Solo ora quando ormai lei se n'era andata e lui l'aveva persa, aveva mandato tutto a puttane. O forse era ancora in tempo?

Magari non era il tipo da matrimonio e cene di coppia, ma aveva rovinato qualcosa che poteva essere importante e voleva porvi rimedio. Lei era solo un sogno? No, lei era reale, era la sua vita, il suo cuore, era la donna dalla quale stava scappando e voleva smettere di farlo. Voleva fermarsi e voltarsi, tornare indietro per prenderla e farla di nuovo sua, per sempre. L'amava? Ancora non lo sapeva, ma solo una persona poteva aiutarlo a capire e, ormai, l'aveva ferita più di chiunque altro. Si era comportato esattamente come tutti gli altri uomini dai quali si era ripromesso di proteggerla, eppure non era riuscito a farne a meno. Era fuggito, come suo solito, ed ora ne pagava le conseguenze.

Charlotte non meritava di soffrire, non meritava un uomo come lui, ma qualcuno migliore, qualcuno in grado di renderla felice e, si rese conto, voleva essere quell'uomo. Lei era la sua favola, il suo sogno.









Angolo Autrice:

Ebbene, siamo alla resa dei conti, quei due stanno venendo a patti con i loro sentimenti. Mentre Charlotte ha capito di essere innamorata di Robert, lui deve ancora comprendere la natura dei suoi sentimenti, ma è sulla strada giusta e dal prossimo capitolo lo vedremo maturare e crescere.

Sono stata in pausa per fin troppo tempo ma, sebbene non possa aggiornare con regolarità, cercherò di non farvi aspettare molto tra un capitolo e l'altro perché, ormai, manca poco alla conclusione, quindi a presto e buona lettura!




   
 
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