Storie originali > Storico
Segui la storia  |       
Autore: Luxanne A Blackheart    08/08/2017    2 recensioni
"Noi due siamo uguali, anche se diversi, Zafiraa. Siamo uguali perché siamo stati rinnegati. Siamo diversi perché distruttivi in modo differente: tu come la neve, io come il fuoco."
Zafiraa ha diciotto anni e due problemi. È albina e una piratessa, una delle più temute ed odiate dei sette mari. Fattori questi che rendono il sopravvivere,  in una società fortemente maschilista e  superstiziosa, molto difficile.
Zafiraa ha un rivale che cerca di catturarla, direttamente imparentato con il sultano, che la vuole morta dopo il torto subito.
Ma non appena le loro spade affilate si incontreranno, capiranno di essere due animi affini i cui destini e passati sono fortemente collegati fra di loro.
Sono neve e fuoco.
Sono rinnegati dalla stessa terra.
Sono un uomo e una donna che non hanno un posto nel mondo e che cercheranno di crearselo. Insieme, separatamente, chi può dirlo?
L'importante è che due occhi verdi da cerbiatta e capelli rossi come il fuoco non muovano le carte in tavola, girandole a proprio favore. Perché il tempo passa per tutti, ma le abitudini restano.
Segreti mai rivelati, bugie, odi repressi e amori proibiti e immorali... siete pronti a rientrare a Palazzo Topkapi e vivere una nuova avventura?
Genere: Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rinascimento
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Costantinopoli, qualche settimana dopo.


-Sono passati anni dall'ultima volta che sono venuta da te, amore mio. Diciotto oggi, che la ferita che hai lasciato nel mio cuore sanguina senza mai smettere. Percorro ogni corridoio, ogni stanza, ogni angolo del giardino nella speranza di incontrarti, di vedere il tuo fantasma almeno... Ma tu non ci sei, sei sepolto su questa collina, lontano dagli altri Gran Visir, lontano dal tuo castello, dal tuo migliore amico, dai tuoi due figli e dalla donna che ti ha amato e che continua ad amarti con tutta se stessa.
Oh, Ibrahim, se potessi tornare indietro farei di tutto per salvarti. Sono stata accecata dal potere e dai soldi per chiederti di fuggire con me e probabilmente lo eri fin troppo anche tu. Mi manchi così tanto che la notte mi sveglio urlando, ma al mio fianco non ci sei tu, c'è il tuo assassino, che ho perdonato perché amo, mio malgrado.
Ho cercato di smettere di pensarti per tutto questo tempo, ecco perché non sono venuta a trovarti per sedici lunghi anni, ma non ci sono riuscita. Oggi sono qui perché ti devo dare due notizie, entrambe cattive, anche se suppongo tu le sappia già. - Ci fu un'improvvisa brezza che mosse i capelli rossi della sultana. Roxelana sorrise e accarezzò la lapide senza nome, che riportava solo la data della sua morte. -Drake e Fiammetta sono morti, li ha ammazzati Mustafà in modo atroce per ordine di Selim. Questa terra ci ha portato tanta ricchezza e potere, ma a quale prezzo se tutto ciò che abbiamo lo viviamo nella tristezza e nella solitudine?
Ma le cattive notizie non finiscono qui... Nostro figlio sta morendo, affoga nel suo stesso sangue e non ha più via di scampo. Ti prego di vegliare su di lui, portalo con te, quando sarà il momento. Ha solo diciotto anni, è troppo giovane e non è mai uscito da palazzo. Quella maledetta strega, è stata lei a maledirlo, rendendo i suoi capelli e la sua pelle bianchi come un lenzuolo. -
Si zittì, versando altre lacrime. Non poteva sopportare la perdita di un figlio, soprattutto il primo, quello concepito con Ibrahim, l'amore della sua vita.
-Nostra figlia invece è stata catturata ed ora vive con noi a palazzo, assieme a tuo nipote Alexandros. Stanno bene, se la cavano, nonostante svolgano lavori pesanti ed umilianti, ma tengono duro. Si chiama Zafiraa e sembra essere uscita dalla tua costola, per quanto ti somiglia. Avete gli stessi modi duri e le occhiatacce gelide, gli stessi occhi di quel verde particolare e lo stesso bel viso. Ma nonostante ciò, sembra stare bene e non soffre degli stessi problemi di salute di suo fratello. Devo fare in modo di farli incontrare, amore mio, non possono sapere l'identità l'una dell'altro perché sarebbe troppo pericoloso, ma devo farli incontrare, chissà che, così facendo, Mehmed si riprenda... -
Roxelana, perché lei non aveva altro nome al di fuori di quello, accarezzò la tomba del suo amante, immaginando di fare lo stesso col suo viso.
Erano passati anni e se lo era dimenticato con il passare dell'età, ma ricordava qualsiasi momento trascorso con lui, il loro primo incontro e tutti i bisticci. Ricordava il loro primo bacio, avvenuto tra sangue, fuoco e neve... Ricordava tutto.
E ricordava anche, in quella piovosa notte di diciotto anni prima, di come avevano rinnegato la loro unica figlia, separandola dal fratello gemello, tutto per salvarla dalla morte.
Eppure nonostante i loro sforzi il destino della sua famiglia e della sua discendenza era stare in quel maledetto palazzo, essere schiavizzata da quel maledetto popolo e privata della loro libertà, così cara e vitale.
Zafiraa avrebbe sofferto e se le andava bene, avrebbe avuto anche momenti di gioia. Si trovava nell'unico posto dove avrebbe potuto avere delle risposte, vicino a sua madre, a suo fratello e nel luogo in cui suo padre visse tutta la sua vita prima di morire, ma nessuno di loro si sarebbe avvicinata a lei, reclamando diritti famigliari che ormai non spettavano più. I suoi genitori erano stati Fiammetta e Drake e adesso erano morti. Suo fratello era Alexandros ed era riuscito a scampare alla morte per miracolo, ma per quanto ancora?
Zafiraa, si rassegnò Roxelana, era solo una estranea, una figlia morta, un fantasma mandato da Allah per torturarla. Zafiraa non era più sua figlia.






-Che cosa succede qui? - Mustafà li sorprese all'improvviso e Bayezid sorrise in modo angelico, nascondendo Zafiraa alle sue spalle. La collana brillava nella leggera scollatura pallida del vestito celestino che indossava. Gliel'aveva appena regalata il principe, dicendole che la pietra portava il suo stesso nome. Si trattava di uno zaffiro, tra le più belle pietre preziose e di colore blu, che richiamava dolorosamente il colore degli occhi di suo padre, Drake.
Zafiraa l'aveva guardata e qualcosa all'interno del suo petto le aveva fatto male, un dolore così acuto, affilato, insopportabile che provava solamente quando ripensava alla morte dei suoi genitori.
-Assolutamente niente, caro fratello. Io e la tua serva stavamo solo parlando. - Bayezid era un bel ragazzo. Di un solo anno più piccolo di lei e per i tratti, merito soprattutto della madre, sembrava essere europeo. Due occhi grandi e del colore dell'oceano, quando era talmente profondo da poter inghiottire l'intera America, si sistemavano su un viso elegante, dai lineamenti fini e dalla pelle abbronzata, causa delle innumerevoli ore passate ad allenarsi con i fratelli nell'uso della spada e delle altre armi. Era bello, come doveva esserlo stato suo padre il sultano, e riscuoteva parecchio successo, nonostante la sua giovane età.
La pirata si era accorta che egli provava dell'interesse nei suoi confronti e aveva deciso di sfruttare la cosa a suo favore. Se doveva trovare un modo per sopravvivere in quell'impero maledetto, non le costava assolutamente nulla fingere o stare al gioco di quell'inetto del principe, per quanto la cosa la disgustasse. Senza armi e senza una ciurma a cui dare ordini, era solo una semplice donna, una serva la cui parola non valeva assolutamente nulla, l'ultima della catena alimentare del castello Topkapi; perciò doveva cercare di usare i metodi che altre donne più astute di lei, come la maggior parte di quelle che abitavano a palazzo usavano. Non vi erano più neanche schiavi, a cui essere superiore, poiché Hurrem, la sultana, era riuscita a cancellare qualsiasi tipo di schiavitù all'interno dell'impero ottomano.
-Meglio per te che tu le stia lontano. E' come le dannate sirene che infestano l'oceano. Ti affogherà lentamente fra dolci parole e baci e poi si ciberà dei tuoi testicoli. - Mustafà la guardò, notando con piacere il suo rossore dovuto alla rabbia che stava cercando in tutti i modi di reprimere. -Adesso meglio che tu vada. Tua madre ti stava cercando e non vorrai mica che ti veda in compagnia di una serva, malata per giunta.-
Mustafà spinse il fratello, che guardò tristemente la ragazza. Ella gli sorrise, incitandolo ad andare via e lui le obbedì anche se contro voglia.
-E così il mio fratellino si è innamorato di te. - L'erede al trono le si avvicinò, afferrando con due dita il gioiello appeso al filo nero. Fece un ghigno divertito, guardando prima Zafiraa e poi la collana. Ella, invece, non si muoveva e lo guardava con un sopracciglio sollevato e a testa alta. - Speri in una scalata sociale, ricambiando il suo amore? Sai che sua madre e mio padre non permetteranno mai che voi due vi mettiate insieme o vi spostaste? E sei davvero convinta che mio fratello, il mio viziato, volubile e stupido fratello ti desideri realmente? Per lui sei solo un giocattolo e quando ti avrà avuta, ti farà uccidere. -
-Sono una dannata sirena, come avete detto pochi minuti fa, sua magnificenza. So come staccare i testicoli a morsi a qualsiasi uomo, soprattutto a quelli viziati, volubili e stupidi. - Zafiraa gli si avvicinò per guardarlo negli occhi. Mustafà sorrise, staccandole con un colpo secco la collana di dosso.
-Io so di che cosa sei capace, Zafiraa e non intendo sottovalutarti ancora una volta. Sono tutti loro, persino il mio amato padre, a non sapere chi tu sia realmente. Sei solo una piccola e stupida servetta, che la mia defunta moglie ha assunto prima di venire uccisa e che obbedisce solo al sottoscritto. Non tirare fuori gli artigli, mia cara, perché non vorrei che mio padre scopra la tua vera identità. Abbiamo un patto e in base al quel patto io ti ho risparmiato la vita. -
-E io ho risparmiato la tua, rammentalo questo. Perché se dovesse succede qualcosa a mio fratello, la tua testa verrà mozzata ed issata al posto della bandiera sulla mia nave. - Zafiraa ghignò, portandosi i lunghi capelli bianchi, che le erano ricaduti davanti al viso, all'indietro. Mustafà li guardò, sollevò una mano e li toccò. Era strano, ma sembrava quasi ipnotizzato da essi e Zafiraa si sentiva stranamente a disagio quando accadeva. I suoi occhi scuri come la notte sapevano essere molto inquietanti quando non la guardavano con disprezzo.
-E tu non me ne dare modo, Zafiraa. Sarebbe un vero peccato se una delle nostre teste venisse staccata dai nostri colli. - La lasciò andare, facendo un passo indietro. -Questa è meglio che la tenga io, non vorrei che la mia matrigna ti facesse impiccare per essere una ladra. -
-Non credo che Bayezid lo permetterebbe. -
-Tu non conosci Hurrem, allora. - Mustafà guardò dietro di lei, in un punto indefinito, lontano nella sua memoria, nel tempo e nello spazio. -Le sue mani sono sporche di sangue, più di quanto lo siano le nostre. -
Zafiraa non rimase colpita da quella affermazione; era piuttosto affascinata da quella figura enigmatica.
I suoi capelli rossi erano insoliti per il luogo in cui viveva e da ciò che udiva nelle cucine e tra tutti i servitori, era l'unica in tutto l'impero a portarli. Lei, che aveva viaggiato per quasi tutto il globo, sapeva che esistevano altre persone come lei, con la stessa tonalità di rosso, più chiara e ancora più scura, ma non aveva mai trovato persone vive che possedevano capelli bianchi come i suoi.
Doveva essere stata dura, pensò Zafiraa mentre seguiva Mustafà nelle sue stanze, farsi largo ed arrivare così in alto. Riuscire a farsi accettare nel consiglio assieme agli altri visir e al sultano, poter esprimere la sua opinione in quanto donna all'interno di un gruppo di soli uomini, era qualcosa di ammirevole.
Ma al tempo stesso c'era qualcosa nel modo altezzoso in cui si muoveva, nel modo in cui la guardava, nel modo in cui si comportava, che non la convinceva. Era una donna pericolosa e avrebbe fatto bene a non farsela nemica, altrimenti, proprio come aveva detto Mustafà, la sua testa sarebbe finita su una picca e il suo corpo dato in pasto agli alligatori.


-Sai cosa vuol dire il tuo nome? - Domandò Mustafà, mentre Zafiraa gli strofinava la schiena delicatamente, lì dove la sua spada si era conficcata qualche settimana prima. Era andata talmente in profondità e aveva lacerato talmente tanto la carne e le ossa che la ferita ci stava mettendo più tempo del previsto per cicatrizzarsi e non era un bello spettacolo da guardare per gli altri, ma per lei era la cosa più bella che avesse mai visto. Una sorta di rivincita.
Gli aveva preparato un bagno caldo, ricco di unguenti ed erbe che sarebbero serviti per aiutare la guarigione, a detta del Guaritore.
-Perché non chiudete semplicemente il becco, razza di idiota? - Zafiraa era seduta sul bordo della vasca e tutto il calore emanato dall'acqua le stavano facendo arricciare i capelli e arrossare le guance, situazione che veniva peggiorata dal fatto che il suo peggior nemico era letteralmente nudo sotto i suoi occhi. -Reggo a stento i conati nel vedervi in questo stato, figuriamoci nel sentire la vostra stupida voce e la vostra stupida lingua. -
Mustafà l'afferrò per un braccio, costringendola ad abbassarsi al suo livello. -Vuol dire 'cosa bella' e penso che questo nome non sia assolutamente indicato per te, perché ovviamente di bello, tu, non hai nulla. - Mustafà strinse la presa, avvicinandola maggiormente a sé e metà del vestito della ragazza si bagnò. -E mancami ancora una volta di rispetto e sarò costretto a frustarti. -
Zafiraa sorrise e con una mossa veloce, afferrò una parte vitale nella vita di un uomo, stringendo la presa quanto bastava per non farsi toccare più da quell'essere. Si avvicinò al suo orecchio, sentendo i riccioli scuri dell'uomo solleticarle la guancia e sussurrò a denti stretti: - Provate anche solo a toccarmi un'altra volta con una vostra cinta e giuro che vi ritroverete a parlare con una voce molto meno maschile di ora. - Mustafà ridacchiò, quando lo lasciò andare. -Proprio niente di bello. Sei un dannato maschio. -
-E voi siete ancora un bambino. Che razza di uomo non riesce a lavarsi da solo? -
-Semplicemente adoro torturati, Zafiraa. - Con una mossa veloce e agile, Mustafà si alzò in piedi, bagnando tutto il pavimento circostante, mentre aspettava che Zafiraa gli portasse la vestaglia di seta pregiata; quando la ebbe indossata la scacciò con un gesto della mano. -Va' adesso. La mia concubina starà arrivando, a meno che tu non voglia unirti a noi. -
-Preferirei farmi asportare l'apparato riproduttore piuttosto che farmi toccare dalle vostre mani viscide. - Sputò Zafiraa, raccogliendo le gonne prima di uscire dalla stanza del principe.
-Già, proprio niente di bello! - Gli sentì dire fra le risate.
In momenti come quello Zafiraa si pentiva di non averlo ucciso quella maledetta notte. Lo odiava, soprattutto quando era di buon umore, poiché non sapeva mai come comportarsi, come reagire e cosa dire. Lo odiava, quando era allegro perché lei non lo sarebbe stata mai più dopo quella notte, poiché una parte di se stessa, la più importante, la sua anima, il suo cuore, la sua felicità, erano morte, uccise proprio come i suoi genitori. Adesso era consumata dall'odio verso quella gente, dal desiderio di vendetta e dagli incubi, dalla preoccupazione per il suo unico fratello, vivo per miracolo, messo a servire il nipote prediletto del sultano Selim, Ibrahim primo del suo nome, figlio di Hatice Sultan e del suo defunto zio Ibrahim, ex Gran Visir e traditore.
Ma nonostante ciò Ibrahim sia per lei che per suo fratello restava un estranio e doveva restare tale, poiché se lui avesse scoperto la loro vera identità probabilmente li avrebbe portati direttamente dal sultano e dalla sua perfida moglie.




Quando Ibrahim incontrò per la prima volta Alexandros, qualche settimana prima, rimase stupito.
Sembrava un vichingo pronto a salpare verso l'ovest, alla ricerca di tesori di cui appropriarsi, alto circa un metro e novanta con spalle larghe quanto un armadio e muscoli che lo rendevano molto più minaccioso di quanto non facesse già la sua altezza. Occhi di un blu molto intenso, da sembrare irreale, capelli biondi, che sembravano baciati dal sole, e mossi che spesso venivano lasciati sciolti e che gli arrivavano fin sopra le spalle. Un viso attraente, dai lineamenti duri e incorniciati da una leggera barbetta bionda, e con una piccola cicatrice sbiadita, ma non del tutto sotto l'occhio sinistro. Il suo sorriso aveva un non so che di malizioso, alimentato dal luccichio dei suoi occhi particolari.
Era rimasto stupido anche nel momento in cui l'aveva conosciuto personalmente, poiché Mustafà aveva deciso di donarglielo come suo servo personale, una sorta di regalo di compleanno.
Ibrahim aveva diciassette anni e non era mai uscito da palazzo Topkapi se non per andare a visitare la tomba di suo padre ed incontrare colei che sarebbe diventata la sua futura moglie, che ne aveva tredici.
Non era come i suoi cugini, che amavano stare tutto il giorno all'aperto per potersi allenare con la spada e tutte le armi possibili ed immaginabili. Lui era più un topo da biblioteca, solitario, che amava passare le sue giornate chiuse nelle sue stanze a studiare, ad interpretare testi della filosofia greca e latina e leggere commedie, vecchie e nuove, per poter viaggiare con il pensiero.
Alexandros era la prima vera persona, il primo vero amico, con cui amava passare del tempo, sentirlo parlare di viaggi, di culture diverse e cosa più importante di tutte, era l'unico che non aveva timore di parlargli poiché suo superiore. Sapeva come prenderlo, come scherzare con lui e anche come prenderlo in giro e gli era veramente grato per questo.
-Sai, Alexandros, sono contento che tu sia arrivato in questo palazzo. Le mie giornate ora sono più piene e soprattutto posso interagire con altre persone, oltre a mia madre, mia zia Hurrem e mio zio Selim. - Alexandros gli sorrise e i suoi occhi blu si illuminarono di gioia.
-Devi esserti annoiato veramente tanto prima del mio arrivo, eh? -
-Non ne hai idea. -
-Beh, vorrà dire che faremo in modo di fare un po' di casino. Devi formare il carattere e farla vedere a quei viziati dei tuoi cugini. Non puoi restare rinchiuso per sempre in quella dannata libreria. - Stavano guardando le stelle nell'enorme giardino di palazzo Topkapi e ne avevano approfittato per prendere un po' d'aria fresca. - Ti insegnerò tutto quello che so e dopo tutti i miei insegnamenti sarai pronto per fare il culo a tutti, persino al sultano in persona. -
Ibrahim lo guardò e in quel momento, sotto una stella cadente, sperò che Alexandros non lo abbandonasse mai.









Spazio autrice!
Hola! Come state?
Scusate per il ritardo, ma adesso eccomi qui, più forte di prima e soprattutto non ho ucciso nessun personaggio. Penso che George R.R. Martin sarebbe fiero di me, voi che dite? XD
Scherzi a parte, che cosa ne pensate di questo capitolo? Abbiamo scoperto qualcosa in più su Zafiraa e abbiamo avuto un piccolo sguardo sulla nuova Roxelana, pardon Hurrem! Vi sembra cambiata adesso che ha trentacinque anni e non è più una ragazzina?
Fatemi sapere che cosa ne pensate di lei, di Zafiraa, Mustafà e tutti gli altri!
Grazie a tutti per il sostegno che mi date,
alla prossima!
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Luxanne A Blackheart