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Autore: SophLandd    08/08/2017    0 recensioni
«Derek, promettimi che troverai qualcosa per non mollare.
Promettimi che troverai qualcuno da amare. Promettimelo.»
Gli scongiura Stiles, sull'orlo delle lacrime.
Derek aumenta la stretta, sorpreso dalle sue parole.
Non si volevano sucidare dopo tutto questo?
E adesso lo sta pregando di vivere?
«Io...te lo prometto, Stiles. Ma solo se tu farai altrettanto.» Sospira.
Le loro mani si illuminano di rosso, e Stiles sorride tristemente, annuendo.
«Te lo prometto anch'io, Derek.»
E scioglie le loro mani, alzandosi di botto, e scappando da quel posto, dopo essersi infilato velocemente la maglia. Derek non riesce a dire nulla, e pensa che probabilmente quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto quel ragazzino.
Oh, quanto si sbagliava.
// Tratto dal Capitolo 2.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Derek percorre metà ponte, con molta calma. Non ha fretta, ha tutto il tempo che gli serve. Anche perchè dopo non ne avrá più, e vuole godersi questi ultimi attimi della sua vita.

Si guarda intorno, osservando le chiome degli alberi, scosse leggeremente dal vento. 
È estate, ma saranno le dieci, e in questo momento il buio ha sostituito del tutto la luce. Al momento non c'é nessuno, a parte lui, e il silenzio lo manda come in confusione.

Afferra saldamente con le mani la ringhiera del ponte, come se dovesse assicurarsi sia del tutto vero, e che è davvero intenzionato a fare questa cosa.

Ripensa brevemente ad alcuni periodi della sua vita, ma tutto quello che riesce a ricordare é l'incendio.
L'incendio che ha bruciato quasi tutta la sua famiglia, esclusi lui e sua sorella, che in quel momento erano a scuola.
E suo zio, il quale però ha sempre qualcosa di inquietante, ma nonostante ciò si è preso cura di loro.

Ricorda ancora il perchè dell'incendio: lui, prima di andare via di casa, per andare a scuola, aveva dimenticato il gas acceso. Sì, era quasi adolescente, e a quell'età si è molto distratti, e i genitori forse dovevano stargli dietro, ma soprattutto accorgersene che qualcosa non andava, quando la puzza stava inondando casa.

Ma cosa succede se i genitori stavano dormendo pesantemente sotto effetto di potenti sonniferi? 
E sua sorella maggiore stava facendo il bagno?

Finisce con la morte, perchè la morte è il capolinea di tutti. 
E la domanda è se un ragazzino di quindici anni può mai perdonarsi, nonostante passino poi dieci anni.
Se può non pensare che sarebbero tutti vivi se solo lui fosse stato più attento, se solo... se solo.

Cora, sua sorella minore, non l'ha mai incolpato esplicemente. 
Ha capito fin dall'inizio che non era la soluzione scaricare le colpe su qualcuno, e che ormai il danno era fatto.

Ma il problema è che ognuno reagisce a suo modo al dolore, e, mentre Cora si è rifatta una vita, Derek proprio non ci riesce. Proprio no.

'Mamma, papá, Laura, scusatemi. Tra poco vi raggiungeró.', pensa, mentre afferra con più decisione la ringhiera, fissando il piccolo fiumiciattolo al di sotto, il quale però pieno di scogli.

Alti scogli, molto pericolosi, anche mortali. 
Il buio li nasconde, ma Derek sa bene che ci sono, lì, da qualche parte.
Non è la prima volta che viene qua, ed è un ragazzo intelligente, quindi se deve fare una cosa la vuole fare per bene.
Ha calcolato anche la velocitá con la quale cadrebbe il suo corpo, prima di frantumarsi e di diventare solo una carcassa senza vita.

La matematica é come la sua seconda lingua, per lui tutto è esprimibile sotto equazioni, leggi, regole matematiche.
La natura è regolata da questo alla fine, no?

Il dolore per lui è come un'equazione impossibile. 
Impossibile da superare, da risolvere, poichè il risultato sarà sempre falso. Come falsa la vita che sta vivendo. 
Non dovrebbe fingere di certo di essere felice, a che servirebbe?

E la morte l'ha sempre paragonata a un'equazione invece indeterminata: è misteriosa, ci sono infinite ipotesi dietro, e sta a lui scoprire se sono davvero vere oppure no.

Non si è preparato alcuna lettera di addio: odia queste cose. 
Cosa dovrebbe scrivere? Delle scuse? Non crede di doversi scusare con nessuno, se non con i suoi genitori e sua sorella maggiore. 
Ma forse quello potrà farlo una volta che tutto sarà finito.

Fa per alzare un piede, quando un rumore lo desta dall'intento, e si gira verso la fonte di provenienza, strabuzzando gli occhi.

C'è un ragazzo, poco lontano da lui, che si sta avvicinando anche lui al ponte, con però un passo incerto.
Non riesce a distinguerlo bene, ma è sicuro che è un ragazzino, forse maggiorenne, ma non ci scommetterebbe troppo.

Il lampione non illumina abbastanza il luogo per consentirgli di capire chi diavolo sia quello sconosciuto, che ora si aggrappa con le mani alla ringhiera, come lui in questo momento.

Come guidato da una forza sconosciuta decide di staccarsi, per andargli incontro, senza farsi notare. Nel modo più silenzioso possibile.

Mentre si avvicina nota il suo sguardo perso nell'acqua, come se fosse ammaliato da essa, e qualcosa gli dice che è qui per lo stesso suo motivo.

Probabilmente i suoi occhi, che gli pagliono essere rossi, sicuramente ha pianto fino a poco fa.

Derek si affianca al ragazzino, guardandolo.
Lui non si è neanche accorto della sua presenza, per quanto sembra essersi chiuso in un mondo tutto suo.

«Lo chiamano anche il Ponte dei Suicidi, sai? Credo che il nome sia azzeccato.» Sussurra Derek, fissando quei lineamenti delicati, e il ragazzo sussulta, girandosi di scatto verso di lui, leggermente spaventato.

Sì, è decisamente un ragazzino, ma Derek non può negare che ha più che un bell'aspetto. Il nasino quasi all'insù, gli zigomi definiti, gli occhi che ai riflessi del sole si ritrova a pensare dovrebbero essere di un nocciola particolare, mentre i lunghi capelli castano scuro li tiene tutti su, probabilmente grazie anche a del gel.

«Credevo fosse solo uno stupido ponte.» Borbotta lui, e Derek si ritrova ad accennare un sorriso, senza neanche rendersene conto. 
Non sa bene neanche perché è venuto a parlare con lui, visto che fino a un attimo fa stava pensando di uccidersi, e se anche questo ragazzino lo vuole fare non può di certo impedirglielo.
Ma Dio, così giovane, cosa gli sarà mai successo?

«Si diceva che una volta questo posto fosse infestato di mostri, i quali si manifestassero ogni volta che qualcuno passasse per questo ponte. Possedevano il mal capitato, e l'unico modo per liberarsene era sucidiarsi, buttandosi dallo stesso ponte...» Aggiunge Derek, non guardando più il ragazzino, ma sotto di sè.

Il ragazzino intanto lo guarda con la bocca dischiusa, quasi ammaliato da quelle parole. 
Per poi scuotere la testa, leggermente divertito.

«In realtà questo ponte è buono per suicidarsi solo per tutti quei diavolo di scogli che ci sono sotto ai nostri piedi.» Replica, facendo alzare un sopracciglio a Derek.

«In realtà per suicidarsi sarebbe molto meno indolore ingerire delle pillole.» Riflette Derek.

«Allora perchè sei qui?» Osa chiedere il ragazzino, facendo sussultare Derek.

«Che intendi?»

«Insomma, non sei di certo qui per ammirare la bellezza del paesaggio, come me del resto, anche perchè Beacon Hills è terribile, ma se pensi non sia affatto indolore, perchè?»

Derek rimane qualche secondo in silenzio, guardandolo di sottecchi.

«Perchè forse voglio sentire dolore, forse è quello che mi merito.» Sussurra, e il ragazzino accenna un sorriso.

«Pensavo mi avresti rifilato un'altra cazzata sulla magia di questo posto, tipo che ti hanno posseduto i mostri o cose simili, visto che ormai ho capito che sei uno di quelle persone che sa tutto anche riguardo al sassolino vicino ai nostri piedi, o sbaglio?»

Derek sorride nel buio.
Da quanto non gli capitava? 
Da tanto, ora che ci pensa bene. Dio, forse anche troppo.

«Si chiama cultura, ragazzino.» Ironizza, abbassando leggermente il volto, e socchiudendo gli occhi.

«Ragazzino? Ehi, tra qualche mese ho diciotto anni!» Protesta lui, con un tono infantile, anche se a Derek guardandolo in quegli occhi nocciola non sembra per niente un ragazzino. Come se fosse molto più maturo della sua età.

«Ho sette anni più di te.» Lo informa allora, osservando i riflessi che la luna proietta sul suo volto. 
Non sembra stupito.

«Sará la barba, o il fisico, a farti sembrare addirittura un trentenne.» Commenta, sistemandosi un attimo i capelli.

«Sì, me lo dicono tutti.» Ribatte Derek.
Il ragazzino sorride di nascosto, ma Derek riesce a vederlo quel sorriso, e si chiede perchè vuole porre fine a una cosa simile.

«Mi chiedo come tu faccia ad avere un cervello e anche tutti quei muscoli, sai.» Derek si ritrova a pensare che in effetti ha indossato una maglia a maniche corte abbastanza stretta, e i suoi addominali sono in questo modo parecchio risaltati. 
Sa di averli, sa bene che molti invidiano il suo fisico, ma può ringraziare solo la palestra. É stata utile come distrazione, da altri pensieri, che purtroppo non possono più essere ignorati.

Nota che anche il ragazzino non è messo male: forse un pò troppo magrolino, ma ha belle spalle, e delle mani davvero grandi. 
È poco più basso di lui.

«Non sei messo male neanche tu.» Gli scappa, e se non fosse troppo buio noterebbe del leggero rossore sulle guancie del ragazzino.
Derek si stupisce delle sue stesse parole, soprattutto perchè è sempre stato convinto di essere eterosessuale. E ancora lo è, o almeno così crede.

«Mio padre pensa che sia dal mio migliore amico, Scott, e non pensa minimamente che io stia pensando di...mettere fine a tutto. Sai che mi ha detto prima di andare di via? 'Lo so che non te lo dico spesso, ma ti voglio bene figliolo'...» Comincia a parlare il ragazzino, per poi interrompersi, scuotendo la testa. Derek lo ascolta in silenzio. Almeno lui un padre ce l'ha.

«Scusa, é che tendo a straparlare..» Aggiunge dopo.

«Tranquillo, davvero, va tutto bene.» Gli fa allora Derek, arrivando a sfiorare una mano del ragazzino con la sua, per poi ritirarla, come se si fosse scottato.

«Non va affatto tutto bene! Se non trovo più nulla per vivere non va affatto bene!» Sbotta d'un tratto, e Derek non può che rispecchiarsi in lui. 
Già, niente per cui vale la pena resistere in questo mondo di merda.

«Ti capisco.» Sospira Derek, chiudendo gli occhi.

«Come può uno come te a non trovare nulla per cui vivere? Potresti avere...chiunque! E con la tua intelligenza dubito sia difficile per te avere un qualsiasi lavoro, o sbaglio?» Fa presente il ragazzino a Derek, con un tono quasi incazzato.

«Il problema è questo, ragazzino. 
Non voglio avere chiunque, e nessuno è in grado di far sentire la mia esistenza migliore di quello che è.»
E vorrebbe aggiungere dell'incendio, ma alla fine conosce quel ragazzo da poco, e non si sente di raccontargli tutto. Soprattutto non sa che non riesce ad accettare se stesso, quindi come potrebbe accettarlo mai qualcun altro?

«Perchè ti sei avvicinato a me?» Domanda improvvisamente, e Derek non sa davvero cosa rispondere. 
Non lo sa nemmeno lui, forse era solo curioso? Attratto dal motivo per il quale il ragazzino si vuole suicidare così giovane?

«Voglio sapere il tuo nome.» Se ne esce, e il ragazzino lo guarda perplesso.

«Tutti mi chiamano Stiles.»

«Vai a scuola qui a Beacon?»

«Sì. Vuoi sapere anche qualcos altro? Tipo la mia sessualità? No anche perché non mi sembri affatto gay...» Ironizza, mentre Derek avvampa.

«Comunque io sono Derek.»

Stiles lo guarda di sottecchi, e sembra pensare a qualcosa. La luna rischiara leggermente il suo volto.

«Ascolta, vogliamo entrambi farla finita, no? Allora ho una cosa da proporre.» Se ne esce d'un tratto, e Derek lo ascolta attentamente.

«Parla.»

«Prendiamoci questa notte. Sarà l'ultima della nostra vita, viviamola al meglio: giriamo per la cittá, urliamo, ci ubriachiamo...insomma, ci stai?» Esclama, con gli occhi che luccicano. Occhi che prima erano così spenti.
Derek alza un sopracciglio, ma alla fine che cosa ci perde? Poi sarà tutto finito. Solo un'ultima notte, niente di più.

«Okay, ci sto, ragazzino.»

   
 
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