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Autore: Pascal76    08/08/2017    0 recensioni
"Sono Darleen Scott, Pianeta Terra. Se mi sentite, rispondete. Passo".
Dopo secoli di guerre e di distruzione, l'umanità è costretta a fronteggiare una minaccia inarrestabile che costringe la popolazione a trovare vie di fuga. Alcuni si rifugiano nello spazio, all'interno di brulicanti formicai metallici che li difendono dalle minaccie presenti sulla Terra, altri muoiono.
Ma non tutti. Tra questi, Darleen, una semplice ragazza di provincia che ben presto, nel disperato tentativo di sopravvivere alla situazione creatasi, scopre che in realtà il vero nemico dell'uomo non è nient'altro che se stesso.
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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STAR-COLONY and Leftovers

"Sono Darleen Scott, Pianeta Terra. Se mi sentite, rispondete. Passo".

Dopo 1348 giorni dal lancio della Sat-Star 1, l'ultima navicella partita dal suolo terrestre con un carico di dodicimila passeggeri verso la colonia spaziale Star-Colony, nessuno si era più messo in contatto con le poche centinaia di persone rimaste sulla Terra, ormai distrutta dopo anni di guerra e radiazioni che avevano decimato la popolazione.

La decisione di costruire una colonia nello spazio era stata strettamente legata ad una questione espansionistica e di abbandono di un pianeta che non aveva più nulla da dare, flagellato e martoriato dalla stessa razza che secoli prima lo venerava e non riusciva ad immaginarsi una vita al di fuori di esso.

Ma, quando hai di fronte un problema irrisolvibile, come un'ondata radioattiva inarrestabile che tu stesso hai accidentalmente creato e devi scegliere se morire sulla Terra o improvvisare una fuga nello spazio, sicuramente scegli la seconda. E se la seconda opzione comporta anche la possibilità di colonizzare altri pianeti, ci rinunceresti?

Ovviamente no.

Quando il progetto della Star-Colony fu reso pubblico, cominciarono un diverso tipo di guerre : i 3 miliardi di prescelti contro il resto della popolazione, escluso da questo ambizioso progetto. Ma, visto che le disgrazie non vengono mai sole, quando le prime due navicelle salparono, le radiazioni che già avevano contaminato l'esosfera distrussussero le due Sat-Star appena salpate, uccidendo un miliardo e mezzo di persone.

Fu catastrofico, ma non impedì alle altre Sat-Star, la 4 e la 12 di salpare.

"Quelli che sono rimasti hanno affrontato l'inferno a piedi nudi" dissi ad alta voce. Parlare da sola era diventata un'abitudine ormai, visto che non c'era più nessuno nel raggio di 23 chilometri, anche se ero piuttosto sicura che fosse così anche più in là. Gli effetti della solitudine si erano manifestati una o due settimane dopo la morte di Henry, l'unica persona che mi era rimasta. La tempesta lo aveva reso una poltiglia rosa irriconoscibile e per giorni mi chiesi se quello era il mio destino, se la solitudine mi avrebbe portato a volere disperatamente una fne come quella.

All'improvviso la radio si spense e l'intero edificio, una palazzina vicino alle postazioni di lancio delle navicelle, entrò in isolamento : un'altra tempesta radioattiva stava arrivando. Tutte gli ingressi si chiusero a chiave con uno scatto.

Il sistema di sicurezza della palazzina era il mio gioiellino più bello, che in mesi e mesi di lavoro e studio avevo idealizzato e portato a termine. Assieme ad Henry, inoltre, avevo anche costruito una zona sterile sottostante al palazzo, nel caso qualcuno dallo spazio decidesse di "tornare a casa". Tutto questo mi ricordava continuamente quanto fossi sola.

La prima ondata si abbatté sull'edificio con la forza di un mare in tempesta, causando una debole oscillazione delle fondamenta. Ci fu un attimo di pausa in cui ebbi il tempo di prepararmi alla seconda ondata, la peggiore.

Passarono alcuni attimi di silenzio tombale, prima che la seconda ondata si abbattesse ulla spalazzina con un boato assordante, facendo tremare tutto l'edificio con la forza di un terremoto. Mi aggrappai al tavolo più vicino a me con entrambe le mani e per un attimo fu come se il tremore si fosse esteso fino alle mie interiora, facendo tremare tutto molto violentemente.

Quanto tutto cessò tirai un sospiro di sollievo.

"Computer, analizza i danni" dissi ad alta voce. Una voce metallica rispose negli istanti immediatamente successivi : "Impianto di di aerazione : ottimale. Generatore : ottimale. Centro comunicazioni : ottimale. Terzo piano : calcolo dei danni. Zona sterile : calcolo dei danni"

"Cazzo" sussurrai, piegandomi in due dall'ansia. Aspettai alcuni secondi, prima che la voce metalliica riprendesse a parlare : "Terzo piano : trenta per cento di danni, sistema di riparazione attivato. Zona Sterile : cinque per cento di danni"

"Computer, dammi i dettagli sui danni della Zona Sterile".

"Capsule due, sette e dodici bis danneggiate" fu la risposta.

Non era nulla di grave, ma allo stesso tempo era un problema che non potevo ignorare. Presi il kit di riparazione apposito, che mai fino ad allora avevo usato, chiedendomi se i danni fossero gravi come credevo.

"Nel dubbio vai e controlla" mi dissi. Obbedii.

Ci vollero più di 20 minuti prima che il sistema di sicurezza ritirasse l'allarme, con conseguente disattivazione dell'isolamento. Furono i 20 minuti più lunghi che avessi mai vissuto, anche se non era nulla a confronto col giorno in cui le due Sat-Star caddero e causarono un miliardo e mezzo di morti. Quel giorno ero tornata prima da scuola, soltanto per seguire alla televisione il lancio delle navicelle, ritrovandomi inconsapevolmente ad assistere ad un evento dalle proporzioni apocalittiche. Già da allora sapevo che il peggio doveva ancora arrivare.

Cinque minuti prima che le porte si aprissero ero già pronta, con tanto di piano mentale ed ulteriori cambiamenti già pronti.
Scesi le scale cautamente, temendo che all'improvviso potessero cedere. Quando arrivai alla stanza delle capsule constatai che c'erano molti meno danni di quanti fossero stati elencati : le capsule due, sette e dodici bis erano aperte, ma non danneggiate.

"Probabile che il sistema di autoriparazone ti abbia preceduta" dissi a me stessa, ridendo. Ogni giorno che passava scoprivo sfumature del mio carattere che mai avrei pensato di avere. La solitudine mi aveva portato ad analizzare me stessa e il mio approccio con l'esterno, producendo risultati alquanto soddisfacenti.

Riavviai ciascuna delle capsule, riprogrammando il sistema e apportando alcune modifiche, prodotto di alcuni esperimenti fatti negli ultimi mesi che funzionavano come upgrade : se ero riuscita a creare una zona completamente sterile, vuol dire che programmare delle capsule per" l'incubazione e la quarantena offline" – così mi piaceva chiamarla – non era impossibile, anche se sarebbe stato tutto più semplice con l'aiuto di Henry.

"Attenzione : è stato richiesto l'acesso al mainframe" annunciò la voce metallica.

Continuai la mia opera senza badare ai sistemi che stavo "violando", spendendo almeno un quarto d'ora a digitare password su password, prima di riuscire a raggiungere il mio obiettivo. Inserii la chiavetta USB e sullo schermo immediatamente comparve una finestra che richiedeva l'autorizzazione alla modifica del sistema con conseguente lancio di un nuovo programma. Cliccai "ok", ma il computer bloccò subito l'azione.

"Attenzione : violazione del sistema. Richiesta autorizzazione dell'amministratore" disse la voce metallica, il cui nome era Violet, dalla sorella di Henry, morta nel lancio delle Sat-Star.

"Sono io l'amministratore bastarda" risposi, come se avessi di fronte una persona in carne e ossa che mi stava infastidendo. Continuai a provare per almeno un'ora, invano.

Alla fine decisi di tornarmene di sopra a perfezionare il primo programma che avevo sviluppato completamente da sola, utilizzando gli appunti di Henry e alcune conoscenze acquisite col tempo.

Non era facile vivere col pensiero di dover passare il resto della tua vita da sola sperando che prima o poi qualcuno decidesse di tornare "a casa". Era stancante, ti distruggeva fisicamente ed emotivamente. "Mal che vada ci abbiamo provato" rispondeva Henry ogni volta che gli chiedevo come si sarebbe sentito se nessuno fosse tornato.

"E se invece io morissi, se tu rimanessi da solo?" gli avevo chiesto una notte. Lui mi aveva guardata dritta negli occhi, i suoi erano verdi da togliere il fiato, e mi aveva risposto : "Tu non morirai Scott, finché sarai con me ti assicuro che non morirai". Quelle parole mi avevano rincuorato, mi avevano spronata a combattere con più convinzione e astutizia, visto che un nemico non puoi batterlo solo rimpiendolo di pugni, ma anche studiando le sue mosse.

Sta di fatto che tutta quellla motivazione durò poche ore, poiché colui che si era promesso di proteggermi morì quello stesso giorno, divorato da una tempesta radioattiva improvvisa che ci aveva colto alla sprovvista. Ancora non so se essere ancora viva sia un evento da considerarsi "fortunato".

Salii le scale sbattendo i piedi sui gradini, come se volessi far sapere a tutti che ero frustrata e che mai avrei riprovato un esperimento del genere. Ma 1. ero sola e 2. mi conoscevo abbastanza bene da sapere che entro quella sera stessa sarei ritornata e avrei riprovato, a costo di stare sveglia tutta la notte.

Quando arrivai al piano di sopra accesi la radio e provai a agganciarmi a qualsiasi ripetitore disponibile, sulla Terra o fuori da essa. Il risultato fu deludente. 

   
 
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