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Autore: edoardo811    08/08/2017    2 recensioni
Un lungo viaggio da fare, un ignoto passato completamente da scoprire, un intero mondo da salvare.
La vita di Rachel è caduta a pezzi di fronte ai suoi stessi occhi, prima che lei potesse anche solo rendersene conto. Ma dietro ad una ragazza abbandonata, tradita, distrutta, si cela in realtà ciò che probabilmente è l’unica speranza di salvezza dell’intero genere umano. Perché lei non è una ragazza come le altre: lei è una conduit. Un demone, agli occhi dei più, un’eroina agli occhi dei meno.
In compagnia dei suoi nuovi amici, la giovane sarà costretta a dover agire al più presto, in una vera e propria corsa contro il tempo, prima che tutto ciò che con tanta fatica e sacrifici è riuscita a riconquistare venga spazzato via ancora una volta.
Ma essere dei conduit non è facile e lei, nonostante abbia raggiunto una consapevolezza del tutto nuova di sé, presto sarà costretta a scoprirlo.
Perché per raggiungere il controllo ci vuole tempo, tenacia, dedizione.
Per perderlo, invece, basta un attimo.
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Raven, Red X, Robin, Sorpresa
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'InFAMOUS: The Series'
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Capitolo 6: AMNESIA

 

 

Quando riaprì gli occhi, non notò traccia alcuna del paesaggio pianeggiante che li circondava fuori dall’automobile. Non riuscì a notare assolutamente nulla, a dire il vero, in quanto un’immensa distesa nera, che non sembrava possedere limiti o confini, si stagliava di fronte a lei in ogni direzione. Nuvole di condensa fuoriuscivano dal suo naso e dalla sua bocca ogni volta che respirava, per via dell’aria gelida che appestava quel luogo senza pietà.

Nonostante quel posto buio e freddo inspirasse tutt’altro che fiducia, lei si sentiva comunque stranamente tranquilla, ed il motivo era piuttosto semplice: conosceva quel luogo. Sempre se luogo poteva definirlo.

Corvina si guardò attorno, abbracciandosi le spalle per cercare di scaldarsi un po’. Non sembrava cambiata molto dall’ultima volta, la sua mente. Non le sarebbe spiaciuto avere un po’ di luce in più, lì dentro. E magari anche il riscaldamento.

Una cosa che tuttavia si domandò fu il perché fosse finita proprio lì dentro un’altra volta. Non ricordava di essere svenuta, o peggio, la sera prima. L’unica spiegazione che le veniva in mente era che forse, i suoi poteri, volevano comunicare di nuovo con lei, ed avevano così deciso di farlo mentre lei era assopita. Fu sorpresa di scoprire che loro potevano arrivare a lei così facilmente, ma del resto, lei non era davvero in grado di poterli gestire. Loro erano come un’entità separata che alloggiavano dentro al suo corpo e alla sua mente e certo, Rachel poteva controllarli, ma alla fin fine erano sempre loro a decidere come e quando. Sapere che non sempre avrebbe potuto avere il controllo di sé stessa le fece provare un moto di angoscia, che però si sforzò di mandare via al più presto; i suoi poteri erano autonomi, certo, ma non avrebbero cercato di renderle la vita difficile di nuovo, come già in passato avevano fatto, lei ne era sicura.

Cominciò a camminare, sempre senza smettere di sfregarsi i palmi sulle proprie braccia per allontanare quel gelo che le stava congelando le ossa, spostando lo sguardo in tutte le direzioni nell’attesa che loro decidessero di manifestarsi. Non passò molto prima che, a conferma dei suoi sospetti, un bagliore bianco apparisse di fronte a lei, squarciando l’oscurità d’improvviso e costringendola a socchiudere gli occhi ormai abituati alla penombra. Una figura umana si delineò in mezzo alla luce, prendendo le sembianze della madre della giovane, Angela Roth. Nonostante l’avesse già vista, la ragazza ebbe un tuffo al cuore quando osservò i lunghi capelli neri della donna ed i suoi lineamenti così simili ai suoi, pronunciati, ma non troppo, e delicati.

«Rachel» asserì la donna di fronte a lei, con tono deciso e lo sguardo serio. Fu un pugno in un occhio per la corvina osservare quella sua espressione, visto che l’ultima volta le era apparsa sorridendo in maniera gentile, e anche un po’ enigmatica. La conduit si domandò perché mai fosse così severa.

«Mamm... cioè...» Rachel esitò. Perché dovevano proprio manifestarsi con l’aspetto di sua madre? Rendevano tutto così strano. «Cosa volete?» domandò, decidendo di tagliare corto.

«Vogliamo solo metterti in guardia.»

Corvina inarcò un sopracciglio. «In guardia? E da cosa? Dal milione e mezzo di pericoli a cui so di dover andare incontro in questo viaggio?»

«Non ci interessa del viaggio. Noi stiamo parlando di quello che è successo con il tuo amico Richard.»

«Richard?» Rachel sollevò un sopracciglio. «Il fatto che abbia di nuovo ottenuto i poteri?»

«Il fatto che fosse più forte. Il fatto che... quell’energia rossa lo stesse proteggendo. Non abbiamo idea di che cosa fosse con esattezza, sappiamo solo che è qualcosa di totalmente nuovo e a noi sconosciuto, qualcosa di potente, perfino più potente di noi. Qualcosa che per poco... non è riuscito ad annientarci.» Angela fece una smorfia. Per un momento Rachel pensò che fosse solo disgustata, ma poi, osservandola meglio e ripensando anche al tremore della sua voce, realizzò ben altro: Arella... i suoi poteri... avevano paura.

«Siamo stati fortunati, quella volta. L’intervento del tuo fidanzato è stato provvidenziale... ma noi dubitiamo che, se mai una circostanza simile dovesse verificarsi di nuovo, riusciremmo di nuovo a cavarcela. Chiunque sia il vero controllore di quell’energia, non tornerà impreparato ad evenienze simili. Ed è per questo che vogliamo dirti di non abbassare la guardia, mai, e di non fidarti di nessuno, nemmeno con i tuoi amici. Non possiamo sapere da dove potranno colpirci di nuovo. Dovrai contare solo su di noi e te stessa.»

Diversi punti in quella frase fecero sgranare gli occhi di Rachel. Il primo, il fatto che i suoi poteri avessero appena definito Lucas il suo "fidanzato". Il secondo, il fatto che secondo loro ci fosse davvero qualcuno dietro alla misteriosa energia rossa che aveva protetto Richard. Il terzo, il fatto che questo qualcuno, sempre secondo loro, sarebbe tornato sulle sue tracce e che pertanto non poteva fidarsi di nessuno. Anche lei si aspettava che presto le cose si sarebbero messe male di nuovo, ma diffidare dei suoi stessi amici? Come avrebbe potuto fare una cosa del genere? Loro erano...  beh, i suoi amici. Gli stessi che in più di un’occasione le avevano guardato le spalle, senza di loro non sarebbe mai arrivata dove invece era arrivata, ed adesso doveva smettere di fidarsi di loro di punto in bianco? Non poteva farlo.

Tuttavia... non credeva che avrebbe mai visto quell’aspetto dei suoi poteri. Credeva che fossero un’entità potente, misteriosa, orgogliosa, ma invece anche loro avevano i loro lati deboli.

Anche loro provavano la paura. E quella, era una delle paure più comuni che potessero esistere: la paura della morte. Loro erano immortali, l’avevano già fatto capire alla ragazza durante il loro primo incontro, tuttavia, durante lo scontro con Richard, erano comunque arrivati ad un passo dalla morte, per via di quell’energia rossa. E la cosa doveva averli scossi più di quanto avrebbe potuto pensare. Ripensò a come dal momento dello scontro in poi avessero faticato a manifestarsi sotto al suo comando, sicuramente le cose erano collegate.

«Non abbiamo idea di con chi o con che cosa abbiamo a che fare» proseguì Angela, osservandola dritta negli occhi. «Sappiamo solo che vuole te. E che può corrompere le menti delle persone, nessuno escluso.»

«Questo sì che mi riempie di ottimismo...» mugugnò la corvina.

«Tieni gli occhi aperti. Stai attenta a chi ti circonda. Se percepiamo qualcosa, te lo segnaleremo» proseguì Arella, ignorandola. La figura della donna spalancò poi le braccia e la luce bianca che l’avvolgeva iniziò a farsi più insistente, fino a quasi accecare la ragazza. «E soprattutto...» disse ancora, prima che il bianco la inghiottisse completamente. «... non perdere il controllo.»

Rachel dischiuse le labbra, udendo quest’ultima frase. «As-aspetta... che intendi dire?»

Non ottenne risposta, solo un lampo di luce candida ancora più accecante, che la costrinse a crearsi una visiera di fortuna con la mano. «Ehi, Angela! Mamma, aspetta!» Il bianco aumentò di intensità, fino a ricoprire tutto ciò che lo circondava, pure la stessa Rachel iniziò a percepire il proprio corpo venire avvolto da esso.

La conduit chiuse gli occhi, soffocando un gemito spaventato. Dopodiché, la luce ricoprì ogni cosa.

 

***

 

Rachel riaprì gli occhi di scatto. Ora, a circondarla, c’era davvero il paesaggio notturno attorno all’automobile. La ragazza si stropicciò le palpebre, mugugnando infastidita da quel brusco risveglio. La sera prima, quando Richard si era unito al gruppo non aveva fatto sogni, né avuto strane visioni, per la seconda notte di fila, cosa che non le era affatto dispiaciuta ed anzi, avrebbe di gran lunga preferito continuare in quel modo, ma evidentemente non poteva proprio sperare qualcosa senza ottenere l’esatto contrario in cambio.

«Rachel.» Qualcuno la chiamò. La ragazza si voltò, per poi notare Lucas, come sempre alla guida, intento a scrutare con attenzione un punto di fronte a lui, oltre al parabrezza. Non sembrava di buon umore. Sui sedili posteriori, pure Tara e Komi apparivano titubanti. Richard, invece, osservava il sedile di fronte a sé con indifferenza.

«Sì?» domandò la corvina, sollevando un sopracciglio. Solo in quel momento, poi, si rese conto del fatto che la macchina era ferma. Il motore era però ancora acceso, segno che erano pronti a partire in qualsiasi momento.

«Che succede? Perché siamo ferm...» Rachel si voltò verso il parabrezza, per poi interrompersi di scatto. Di fronte a loro, il cadavere di un’automobile, un vecchio pick-up, giaceva abbandonato in mezzo alla strada. Non era nulla di insolito, anzi, ormai si erano abituati a ritrovarsi di fronte vecchie auto abbandonate al loro triste destino durante quel viaggio.

Peccato che quello stagliato di fronte a loro in quel momento stesse andando a fuoco, letteralmente. La luce arancione proveniente dalle fiamme costrinse Rachel a socchiudere le palpebre, mentre osservava attentamente il veicolo distrutto, ricoperto da fori di proiettili ed ammaccato in più parti, come se fosse perfino finito fuori strada. Non ci voleva una mente acuta per capire che chiunque fosse il proprietario di quell’automobile era stato inseguito da qualcuno, qualcuno che non aveva buone intenzioni e che era riuscito nel suo intento. E a giudicare dalle fiamme ancora alte, questo inseguimento non doveva essere avvenuto molto tempo prima del loro arrivo. Il che poteva solo significare che chiunque fosse il responsabile di quel disastro, doveva ancora essere nei paraggi. E quello, era un pensiero che doveva aver attraversato le menti di tutti i presenti.

Improvvisamente, sentì le proprie mani formicolare. Abbassò lo sguardo, per poi notare i suoi palmi illuminati dalla sua classica energia nera. La giovane inarcò un sopracciglio. Fortunatamente, la penombra all’interno della macchina nascose bene la luce scura. Scosse le mani un paio di volte e la luce nera svanì, lasciando comunque perplessa la ragazza. Perché i suoi poteri si erano attivati all’improvviso? Ripensò a ciò che le avevano detto. Cercavano forse di farle capire qualcosa?

«Questa è l’unica strada...» mugugnò Rosso, rompendo quel silenzio surreale che si era creato. «Se non proseguiamo da qui, dovremo tornare indietro.»

Rachel si osservò le mani ancora per un istante, rimuginando sul da farsi. I suoi poteri cercavano di farle capire qualcosa, forse che quella non era la strada più sicura da prendere.  I dubbi cominciarono ad assalirla. Tuttavia, notando che l’attenzione di tutti era focalizzata su di lei – perfino Richard la stava scrutando pigramente – si sforzò di prendere una decisione alla svelta, e siccome non voleva preoccupare i propri compagni, decise di proseguire. «Andiamo avanti. Non ci fermeremo solo per colpa di qualche pazzo piromane.»

Lucas abbozzò un sorrisetto, mentre il veicolo si rimetteva in moto. «Era quello che volevo sentir dire.»

Ma non andarono lontano. Non appena aggirarono il pick-up, Rachel sentì l’energia oscura avvolgerle le mani con ancora più insistenza. La ragazza sgranò gli occhi, colta alla sprovvista, poi la portiera anteriore della macchina in fiamme si spalancò all’improvviso ed una figura sbucò fuori dal veicolo, accasciandosi a terra scompostamente. Accadde tutto così in fretta che tutti i presenti rimasero di sasso. Rachel sussultò e da dietro di lei provenne un gridolino spaventato, probabilmente da Tara. Lucas schiacciò prepotentemente il pedale del freno e l’auto si fermò nuovamente. «Ma... ma che cosa...»

Rachel, ancora incredula, aguzzò la vista sull’individuo accasciato sulla strada. Non riusciva a scorgerlo bene, vedeva solo i suoi corti capelli neri ed i suoi vestiti semplici, una giacchetta e dei jeans. Più lo guardava, più l’energia oscura si faceva insistente. La ragazza cominciò a non gradire per niente quella situazione.

Il rumore di una portiera che si apriva la fece voltare di scatto, imitata da Lucas. Spalancò la bocca incredula quando vide Richard scendere dalla macchina, sotto gli occhi atterriti di Tara e di Komi. L’ex Mietitore si avvicinò al corpo con indifferenza, per poi posare un piede sul suo fianco e girarlo di forza sulla schiena, in modo da poterlo guardare in faccia. Corvina non poté non ammirare il suo sangue freddo.

«Respira ancora» sentenziò il ragazzo incappucciato dopo una breve analisi. «Ma potrebbe non durare ancora per molto...» Si voltò verso di Rachel. «Penso che dovresti fare qualcosa...»

Corvina esitò. Doveva... avvicinarsi a quel tizio? Con i suoi poteri che le strillavano a pieni polmoni, per così dire, di fare l’esatto contrario? Ancora una volta, gli sguardi puntati su di lei la costrinsero a prendere la scelta che invece non voleva prendere. Ma quello non era il luogo, né il momento, per avere dei dubbi. Una persona era ferita gravemente ed aveva bisogno di aiuto e lei, volente o nolente, era tenuta a darglielo. Non poteva certo abbandonarlo lì, in mezzo alla strada, sarebbe stato un gesto che non si sarebbe perdonato facilmente, per quanto la scelta migliore potesse essere.

Scese dall’auto con titubanza e si avvicinò alla figura. Sentì le mani andare a fuoco, letteralmente. L’energia nera si fece così insistente che ormai era impossibile per chiunque non notarla, ma se non altro la loro presenza poteva essere mascherata dal fatto che stesse per curare una persona.

Non appena raggiunse Richard, si rese conto con enorme stupore che l’individuo altro non era che un ragazzo, come lei, come loro. Anzi, sembrava perfino più giovane, forse dell’età di Ryan. I capelli neri erano madidi di sudore, gli occhi sbarrati e le guance coperte in più punti da ustioni più o meno lievi. Tracce di sangue, fresco e non, gli imperlavano la fronte ed il labbro inferiore. Un particolare che attirò l’attenzione della conduit furono le sue orecchie, avevano una malformazione che le rendeva leggermente appuntite, non moltissimo, ma comunque abbastanza per far risaltare questa cosa all’occhio.

«Come fa ad essere ancora vivo?» domandò, osservando l’auto in fiamme. Oltre ad essere poco più di un ragazzino, era anche piuttosto minuto, in poche parole, doveva avere un fisico tutt’altro che resistente. Eppure, eccolo lì, uscito indenne, quasi, da una macchina esplosa.

«Evidentemente non è una persona come le altre...» mugugnò Richard, il quale sicuramente stava pensando alla stessa cosa a cui pensava Rachel. «Allora, intendi curarlo o no? Non che mi interessi, eh.»

«Ci stavo arrivando» borbottò la corvina, per poi inspirare profondamente e chinarsi. Deglutì, poi poggiò una mano sul petto del ragazzo, temendo il peggio. I suoi poteri diventavano sempre più insistenti, aveva paura che le sue mani potessero esplodere da un momento all’altro. Tuttavia, con suo enorme stupore, non appena entrò in contatto con il petto dello sconosciuto, l’energia si piegò al suo volere ed iniziò a guarire il ragazzo svenuto. Poco per volta ustioni, graffi e tagli cominciarono a svanire. Quando ebbe finito, la luce nera si ritirò, permettendo alla ragazza di tirare un sospiro di sollievo, anche se comunque la sensazione di disagio che aveva provato fino a quel momento non se ne andò.

Tara, Amalia e Lucas li raggiunsero in quel momento, osservando a loro volta il giovane svenuto.

«Wow...» commentò la mora quando notò con i suoi occhi che respirava ancora. «Questo tizio ha la pelle dura...»

«Che sia un conduit?» domandò Rosso, prendendosi il mento.

«È carino...» osservò infine la ragazza bionda, giocherellando con una ciocca di capelli. Gli sguardi che le rivolsero gli altri due la fecero avvampare. «Che... che c’è?»

Rachel roteò gli occhi, dopodiché riportò l’attenzione sullo sconosciuto. Scrutandolo meglio, effettivamente poteva anche dare ragione alla Markov, tuttavia c’era qualcosa in quel ragazzo che non riusciva a convincerla. Quella sensazione di disagio che stava provando in sua presenza non sembrava intenzionata a svanire. Improvvisamente, sentì le mani ricominciare a formicolare e sussultò. Poi le palpebre dello sconosciuto iniziarono a tremolare, facendola gemere per la sorpresa.

Il ragazzo mugugnò, dopodiché i suoi occhi iniziarono lentamente a riaprirsi, rivelando due iridi scure.

Corvina dischiuse le labbra, sorpresa dalla velocità con cui quello si era ripreso, ma forse era stato anche merito della sua guarigione. Il ragazzo drizzò lentamente il capo, cominciando poi a spostare lo sguardo verso ciascuno dei presenti. La sua vista pareva ancora annebbiata e Rachel dubitò che fosse riuscito davvero a scorgere qualcosa.

Infine, il giovane si massaggiò una tempia, mugugnando di nuovo. «Che... che succede...?» domandò, rivelando un tono di voce pacato e tranquillo, ancora impastato per via del recente risveglio. Batté le palpebre un paio di volte, dopo ritornò a squadrare i ragazzi uno per uno, questa volta apparendo sorpreso. Si soffermò per ultimo su Rachel, la quale era ancora china vicino a lui. «Chi... chi siete? Cosa volete?»

«Va tutto bene» disse lei, riuscendo a reggere il suo sguardo e a mantenere un tono di voce controllato. «Non vogliamo farti del male. Mi chiamo Rachel» si presentò per prima, per poi indicare i propri compagni uno per uno. «E loro sono Tara, Amalia, Lucas e Richard.»

«Come va?» salutò Komi, con un cenno della mano, mentre gli altri rimasero in silenzio. Corvina si domandò che cosa avrebbe potuto pensare quel ragazzo osservando tutti loro, in particolare Richard, il quale, ancora vestito come un Mietitore, aveva uno sguardo che ispirava tutt’altro che fiducia.

Il ragazzo si mise a sedere, continuando a spostare lo sguardo su tutti loro, fino a quando non si accorse dell’auto in fiamme. A quel punto, dischiuse le labbra.

«Ti abbiamo trovato qui per caso» spiegò ancora Rachel. «La tua macchina è distrutta. Anche tu eri conciato male, ma siamo riusciti a soccorrerti in tempo.»

 Lo sconosciuto continuò a massaggiarsi la testa, parve quasi ignorarla. La corvina continuò a parlare. «Ricordi cos’è successo? Qualcuno ti ha attaccato mentre guidavi, o ti hanno inseguito?»

«Io...» cominciò a dire lui, parlando lentamente, quasi come se le parole faticassero ad uscirgli di bocca. «Io non lo so...»

«Non sai chi ti ha attaccato?»

«No…» borbottò lui, per poi spostare lo sguardo verso di lei. Solo in quel momento Rachel si rese conto di quanto smarrito fosse. «Io non... non so niente...»

«Che... che cosa?» domandò la conduit, sbigottita.

Per tutta risposta, lo sconosciuto si prese il volto tra le mani, per poi scuotere la testa. «Non... non ricordo niente...»

«Nemmeno il tuo nome?» chiese ancora la ragazza, schiudendo le labbra. «Non hai un portafoglio, od un cellulare, o qualcosa che possa fornire qualche informazione su di te?»

«Non ho niente...» Lui negò scuotendo il capo ancora una volta. «Non so dove sono, dove stavo andando, chi sono...» lo sconosciuto staccò le mani dal proprio capo, per poi osservarsi i palmi come in trance. «Non... non riesco a ricordare...»

Questo... sì che è un problema..., pensò Corvina. 

«Ma perché perdono tutti la memoria ultimamente?» domandò Komi, con tono accigliato.

«Perché non te ne stai un po’ zitta?» sbottò Richard di rimando.

«E tu perché non...»

«Dateci un taglio» si intromise Rosso. «O in California ci andate a piedi.»

«Ascolta...» continuò Rachel, ignorandoli, posando una mano sulla spalla del ragazzo. «... almeno ricordi che cos’è successo al mondo, giusto? Le esplosioni, le quarantene, i conduit, i...»

«I maniaci che vogliono ucciderti, rapinarti e, o, stuprarti?» domandò lui, facendo una smorfia. «Purtroppo quello lo ricordo.»

«Beh... è già qualcosa» sorrise la conduit, cercando di essere il più accomodante possibile, ma sapeva che non doveva essere facile per lui. E sapeva anche che non era un caso il fatto che si fossero incontrati. Proprio com’era successo con Richard, anche quello sconosciuto non doveva essere capitato sulla loro strada per via di una mera coincidenza. Ma se non altro, lui non sembrava intenzionato ad ucciderla, il che era molto positivo.

«Aspettate... per caso hai detto "California"?» domandò il ragazzo a Lucas.

Il moro annuì. «Sì. Abbiamo sentito che c’è una comunità di rifugiati, laggiù. Vogliamo scoprire se è vero.»

«Una... comunità...» ripeté lo sconosciuto, facendosi pensieroso.

«La conosci? Ne hai sentito parlare anche tu?» domandò Rachel, sperando che magari potesse riuscire a ricordarsi qualcosa.

Ma il ragazzo scosse la testa, cancellando ogni traccia di speranza da dentro la corvina. «Non so perché, ma sento di dover sapere di cosa state parlando... ma proprio non riesco a ricordare. È come... come cercare di ricordarsi un sogno. È tutto così... confuso. È frustrante» aggiunse, stringendo i pugni.

Rachel lo osservò mordicchiandosi l’interno della guancia, pensierosa, dopodiché spostò lo sguardo su di Lucas, il quale stava facendo la medesima cosa. Bastò un semplice sguardo per permettere alla corvina di capire che Rosso stava pensando la stessa cosa che stava pensando lei.

«Ascolta...» cominciò lei, rivolgendosi al ragazzo. «... forse sarebbe più sicuro per te se venissi con noi.»

«Davvero?» domandò lui, sorpreso.

«Davvero?» fecero eco Amalia e Richard, i quali, sorprendentemente, parvero trovarsi d’accordo su qualcosa.

«Davvero» annunciò Rosso, ottenendo l’attenzione dei presenti. «Volete davvero lasciarlo qui da solo, a piedi e senza uno straccio di ricordo?»

Komand’r ammutolì. Abbassò il capo, quasi imbarazzata. «Hai ragione... scusa.»

«Mi hai davvero chiesto scusa?» domandò Lucas, sollevando un sopracciglio.

«Non farci l’abitudine» mugugnò ancora lei, tornando scorbutica come suo solito. Tuttavia, Rachel apprezzò come avesse cambiato idea così in fretta. Del resto, dopo quello che le era accaduto, Komi doveva aver finalmente imparato a mostrare un po’ più di comprensione verso il prossimo. Anche se era una cosa che chiaramente preferiva non far trasparire troppo. 

«E come faremo a starci tutti in macchina?» domandò Richard, il quale, invece, non sembrava ancora convinto.

«Potreste stringervi, magari» ribatté Lucas, incrociando le braccia. «O se preferisci potremmo chiuderti nel bagagliaio. Sinceramente, questa è l’alternativa che mi piace di più.»

«Mi hai tolto le parole di bocca» disse ancora Komi, battendo il pugno contro quello di Rosso.

«Siete ridicoli...»

«Senti chi parla!»

«Ragazzi, vi prego...» Rachel alzò gli occhi al cielo, esasperata. Temette che il ragazzino potesse prenderli tutti per pazzi, ma con suo enorme stupore lo sentì ridacchiare.

«Se con voi è sempre così, allora non vedo perché dovrei rifiutare. E comunque... non mi pare di avere molta scelta. Grazie per avermi aiutato, vi sono debitore. Per fortuna siete passati voi.» Sorrise alla corvina, la quale ricambiò, nonostante per tutto il tempo quella strana sensazione di disagio non l’avesse abbandonata.

Un’altra ragione per cui aveva chiesto a lui di venire con loro, ma che non voleva condividere con gli altri, era proprio quella di scoprire come le cose si sarebbero evolute da quel momento in poi. I suoi poteri l’avevano avvisata poco prima che qualcosa non quadrava e lei, sicuramente, avrebbe tenuto considerazione di ciò. Non avrebbe abbassato la guardia, assolutamente. Avevano incontrato quel ragazzo perché qualcuno aveva voluto così, e lei era intenzionata ad andare fino in fondo a quella faccenda.

Inoltre, quel tizio aveva dimostrato di sapere di cosa stavano parlando, riguardo la comunità, pertanto, anche se non ricordava, forse avrebbe potuto essere di aiuto in qualche modo. Magari avrebbe potuto ritrovare la memoria con il tempo e trasformarsi così in una preziosa risorsa di informazioni. Non sembrava un conduit, di conseguenza non sembrava nemmeno pericoloso, ma forse era troppo presto per dirlo. Sicuramente, se fosse rimasto con loro, Rachel avrebbe avuto modo di capire se di lui poteva fidarsi oppure no.

Nella peggiore delle ipotesi, non avrebbe più riacquisito alcun ricordo, ma se non altro con loro sarebbe stato al sicuro, ed era questo quello che contava. Del resto, come anche Lucas aveva detto, non avrebbero abbandonato un ragazzo indifeso e privo di ricordi nel bel mezzo del nulla, alla mercé di chissà quali malintenzionati, inclusi gli stessi che dovevano avergli distrutto la macchina. La conduit gli porse una mano e lo aiutò ad alzarsi, ottenendo un cenno del capo come ringraziamento.

«E… come dovremmo chiamarti?» domandò Tara, la quale fino a quel momento era rimasta in disparte. «Insomma... se non ricordi il tuo nome dovremmo pur rivolgerci a te in qualche modo...»

«Oh... beh... non... non saprei» rispose lui, facendosi pensieroso. Fece un verso improvviso di dolore e si portò una mano su una tempia, allarmando i presenti, anche se non durò molto. Sembrò rilassarsi quasi immediatamente, anche se continuò a massaggiarsi la tempia e a respirare profondamente. «Ricordo... ricordo che qualcuno mi chiamava Jack, una volta. Ma non so se è il mio vero nome.»

«Alla faccia del cliché» borbottò Richard, roteando gli occhi.

«Chi era questo qualcuno?» interrogò invece Rachel, sperando che forse potessero riuscire a trovare una pista.

Ma il ragazzo scosse di nuovo il capo. «Non me lo ricordo.»

«Beh, ci faremo bastare Jack, allora» concluse la corvina. Almeno non avrebbero dovuto essere loro ad inventarsi un nome per lui, sarebbe stato imbarazzante.

«Benvenuto a bordo amico» borbottò Lucas, per poi dargli immediatamente le spalle. «Forza, è ora di muoversi. Abbiamo perso già fin troppo tempo.»

«Ehm... ok...» replicò Jack, perplesso.

Richard gli passò accanto in quel momento, scrutandolo silenziosamente e con aria tutt’altro che rassicurante.

«Non fare caso a lui, è un po’ scorbutico ma alla fin fine è un bravo ragazzo» lo rassicurò Tara, accennando all’ex Mietitore, sorridendogli e posandogli una mano sulla spalla.

«Ma proprio, alla fine» mugugnò Komi, strappando una risatina a Jack.

«Sì, l’avevo intuito.»

Rachel osservò il gruppo procedere verso la macchina, mentre Tara riempiva il nuovo arrivato di ogni tipo di domande, ad esempio se ricordava ancora quale fosse il suo piatto preferito, o il suo colore, o il suo genere musicale. La sensazione di disagio continuava a tormentarla, come un macigno nello stomaco. Si augurò con tutto il cuore di non aver commesso un errore di cui si sarebbe pentita molto amaramente, chiedendo a Jack di unirsi a loro.

Anche se qualcosa le suggeriva che quello era esattamente ciò che era appena successo.

 

***

 

Rachel cominciò a sentirsi in pena per Jack. Per tutto il tempo Tara ed Amalia non avevano smesso di bombardarlo di domande totalmente inutili, domande a cui spesso e volentieri non sapeva nemmeno rispondere. La corvina si sorprese parecchio della pazienza del ragazzo, il quale per tutto il tempo aveva risposto, o quantomeno provato a rispondere, a ciascuna di esse senza fare storie.

Un discorso diverso si poteva fare per Richard invece, il quale, schiacciato contro alla propria portiera, sembrava stesse per impazzire di rabbia da un momento all’altro.

Infine, la stanchezza parve avere la meglio su tutti loro. Rachel e Lucas proseguirono nel silenzio, la prima con lo sguardo smarrito nel paesaggio notturno, il secondo concentrato sulla guida. Avevano visto diverse stazioni di servizio dove potersi fermare, ma considerando ciò che era successo a Jack, avevano deciso che avrebbero proseguito per tutta la notte, o, perlomeno, fino a quando Lucas avrebbe retto, anche se il ragazzo aveva detto che ce l’avrebbe fatta senza troppe difficoltà.

Inoltre, viaggiare tutta la notte avrebbe contribuito in maniera sostanziosa ad accelerare il loro viaggio. Secondo una breve stima, l’indomani mattina avrebbero dovuto già trovarsi quasi a metà strada, dopo soli tre giorni dalla partenza, anche se forse avrebbero potuto perfino essere molto più oltre, se solo non fosse stato per gli imprevisti in cui erano incappati. In ogni caso, quelle erano cifre che facevano ben sperare la corvina. Il viaggio si stava rivelando molto più pensante di quello che avrebbe immaginato, pertanto meno giorni avrebbero impiegato per arrivare, meglio sarebbe stato.

«Posso chiederti una cosa, Rachel?» La voce di Lucas la riportò alla realtà. La conduit si voltò verso di lui, annuendo. «Certo, dimmi.»

«Stavo pensando... tu non potresti usare i poteri per entrare nella mente di Jack, come hai fatto con Slade? Magari potresti scoprire qualcosa su di lui.»

 Quella domanda lasciò perplessa la ragazza. Sì, in effetti le era successo di capitare nella mente di qualcun altro, e non solo con Deathstroke, giusto il giorno prima le era capitato con Richard. Tuttavia... non era sicura di volerci provare di nuovo con Jack.

«Non credo che ci riuscirei» sospirò, incrociando le braccia ed osservandosi i piedi, pensierosa. «Con Deathstroke ero riuscita a creare una specie di legame, quando gli ho cancellato i poteri. E la stessa cosa è successa con Hank.»

E con Richard...

«Con Jack, invece, non sono sicura di averne creato uno. Mi sono... semplicemente limitata a guarirlo. Sinceramente, non me la sento di provare, si tratta pur sempre della mente di un’altra persona, la parte più complessa e delicata dell’essere umano, e se sbagliassi qualcosa e danneggiassi gravemente Jack? Non voglio rischiare... e comunque, è la sua mente, sono i suoi ricordi, non sono affare mio.» Rachel si strinse nelle spalle, facendo una smorfia. «Ad essere sincera... non avrei mai nemmeno voluto capitare nella mente di Deathstroke... le cose che ho scoperto, le sensazioni che io, che lui, ha provato quella notte... sono state terribili.»

«Hai ragione, scusa se te l’ho chiesto» rispose Lucas, spostando lo sguardo su di lei. «Ero solo curioso, non volevo riaprire vecchie cicatrici.»

«Ehi, tranquillo.» Rachel gli posò una mano sulla spalla, sorridendo flebilmente. «Ormai è storia passata.»

Rosso ricambiò il sorriso, anche se non passò molto prima che lui si facesse di nuovo pensieroso.

«Qualcosa non va?» domandò Rachel, preoccupandosi, realizzando solo dopo averlo chiesto quanto stupida fosse quella domanda.

A parte il fatto che sta per morire? Deve sentirsi davvero alla grande...

«Non è niente, non preoccuparti» rispose invece lui, apparendo molto più pacato di quanto lei potesse immaginare. «È solo che...» Il ragazzo si interruppe, per poi sollevare lo sguardo, oltre il parabrezza, verso il cielo. L’auto cominciò a rallentare all’improvviso. Rachel si allarmò, ma realizzò ben presto che ciò non era dovuto ad un’avaria del veicolo od altro, era Lucas che aveva allontanato il piede dall’acceleratore.

La velocità continuò a diminuire progressivamente, fino a quando non si fermarono. A quel punto, Lucas girò la chiave e spense il motore. Dopodiché, si stravaccò contro al sedile sospirando profondamente.

«Che succede? Sei stanco?» domandò la conduit a quel punto. Ma il ragazzo scosse ancora una volta la testa. Senza dire nulla, aprì la portiera e scese dalla macchina. Rachel lo osservò sempre più perplessa, seguendolo con lo sguardo mentre si spostava di fronte alla macchina per poi appoggiarsi al cofano, tenendo lo sguardo alto, verso le stelle.

Corvina decise ben presto di seguirlo. Scese dall’auto a sua volta e si mise vicino a lui, poggiando i palmi contro il metallo freddo della macchina. «Se c’è qualcosa che ti turba... puoi parlarmene, lo sai.»

«Lo sai cosa mi turba» rispose infine lui, semplicemente. Non lo disse con un tono arrabbiato, o con cattiveria, lo disse con calma, naturalezza, come la cosa reale che era. Rachel sapeva cosa lo turbava, lo sapeva bene, e sapeva anche che perfino quella era stata una domanda stupida, ma in quel momento non aveva idea di che cosa dire, o fare, al di fuori di cercare di consolarlo al meglio delle sue possibilità.

Aprì ancora bocca per parlare, ma poi si interruppe, notando con enorme stupore il piccolo sorriso stagliato sul volto di lui. Solo in quel momento la ragazza si accorse della sua espressione rilassata, quasi... serena, mentre era intento a scrutare il cielo notturno con i suoi occhi color oceano. A quel punto, anche lei sollevò lo sguardo. Le miriadi di stelle e la luna splendente riuscirono a far nascere un sorriso anche sul suo, di volto. Una delle poche cose che quel mondo non avrebbe mai potuto togliere a nessuno di loro, erano quel cielo, quelle stelle, quella luna sempre lì, sempre pronti a rischiarare anche le notti più buie.

«Ti fa sentire insignificante, vero?» domandò Rosso. Rachel annuì, anche se non pensava che quella fosse una domanda da cui lui si aspettava una risposta. Migliaia, anzi, milioni... no, miliardi di stelle, erano stagliate sopra le loro teste. E loro erano solo due ragazzini, due puntini minuscoli, praticamente invisibili, più piccoli di un granello di polvere al loro confronto. 

«Sai...» cominciò a dire il suo partner, sempre senza staccare gli occhi dalle stelle. «... quando ero bambino, ed ero triste, arrabbiato, spaventato o tutte e tre le cose, per colpa dei miei genitori o della mia vita, guardavo sempre il cielo, la sera. E riuscivo sempre a sentirmi meglio, non importava quante legnate mi fossi preso quel giorno. Guardare il cielo, e pensare a quanto grande fosse il mondo in cui viviamo... riusciva sempre a farmi trovare la forza di stringere i denti e continuare ad andare avanti. Perché sapevo, infondo, che la fuori, da qualche parte, in qualche modo, sarei riuscito a trovare la felicità che tanto speravo di trovare. Anche se...» Lucas si voltò verso di lei, per poi distendere il sorriso. Avvicinò una mano al volto della ragazza, accarezzandole una guancia. «... non avrei mai pensato che per trovarla il mondo avrebbe dovuto finire.»

Corvina sentì le goti andare in fiamme, ma non poté non trattenere un altro sorriso a sua volta. «Lucas...» mormorò, per poi mettersi di fronte a lui, appoggiando il capo contro l’incavo del suo collo. Non conosceva molto del passato del moro, ma quel poco che sapeva le era sufficiente per permetterle di capire che non aveva avuto un’infanzia felice. Per niente. «Mi spiace che tu abbia sofferto...»

«Ormai è storia passata» rispose lui, stringendola in un abbraccio. Rachel ridacchiò, cogliendo la citazione, e posò entrambi i palmi contro al petto di lui.

«Ora, però, non dobbiamo più soffrire» sussurrò lui, sfiorandole i capelli con le labbra. «Non dobbiamo più guardare indietro.»

Corvina sollevò il capo, trovandosi a pochi millimetri dal volto di lui. I loro occhi si incontrarono, due sguardi sinceri, rilassati, felici. Felici di trovarsi lì in quel momento, insieme. Perché entrambi sapevano che avrebbero sempre potuto contare l’uno sull’altra, non importava cosa, come, dove o quando.

Una delle portiere si spalancò all’improvviso, producendo un rumore che fece sobbalzare entrambi, costringendo ad allontanare i rispettivi volti. Richard scese dalla macchina proprio in quel momento, stiracchiandosi e facendo diversi versi infastiditi. «Potevate dirlo che vi eravate fermati per sgranchirvi, li dietro siamo stretti come acciughe...» Ma quando si voltò verso di loro, notandoli ancora stretti, parve rendersi conto di aver appena interrotto qualcosa. «Ah, volevate restare soli. Ops.»

Lucas sospirò, sciogliendo lentamente l’abbraccio. Anche Rachel si separò a malincuore, però ormai non c’era più molto da fare, il loro momento era appena finito nello sciacquone.

«Continuate pure se volete, fate finta che io non ci sia. Anzi, ecco.» L’ex Mietitore si voltò, dando loro le spalle. «Non vi guardo neanche. Contenti?»

«Cavolo, ma come sei gentile...» borbottò Rosso, facendo una smorfia.

Un sorrisetto scappò dalle labbra di Rachel osservando quella scena. Quei due sembravano due bambini sempre pronti a litigare per qualsiasi cosa. Richard si voltò, scrutandoli entrambi con la coda dell’occhio. Lo sguardo che rivolse a Red X parve quasi di astio, ma quello che rivolse a Corvina... la ragazza non riuscì ad interpretarlo. Il brizzolato aprì bocca per parlare, ma un potente fischio proveniente da lontano lo fece interrompere. I tre ragazzi si voltarono, uno più sorpreso dell’altro.

Ad una distanza imprecisata, probabilmente una decina di chilometri, una lunga e sottile linea arancione si sollevò da terra, trapassando il cielo notturno come una lancia, producendo quel fischio che aveva attirato le loro attenzioni, fino a quando la cima della linea non esplose come in un fuoco artificiale, illuminando il manto stellato con la sua luce accecante. Rachel socchiuse gli occhi, infastidita. Scintille di luce arancione si sparpagliarono nell’aria a migliaia, poi, poco per volta, iniziarono a svanire. «Ma... che diavolo era?!» domandò esterrefatta.

«Sembrava un razzo segnalatore...» osservò Rosso, con lo sguardo fisso sul punto in cui la striscia di luce arancione ora si stava lentamente affievolendo.

«Un razzo segnalatore?» ripeté la corvina, sempre più stranita. «Vuol dire che qualcuno ha mandato una richiesta d’aiuto?»

«Forse...» rispose Lucas. «... oppure...»

«Oppure è una trappola» concluse Richard, incrociando le braccia. «Per attirare qualche fesso buon samaritano come voi.»

«Detto da uno che ha chiesto a Rachel di curare Jack mi suona parecchio ironico» ribatté Lucas, freddo.

Robin scrollò le spalle. «Tanto l’avrebbe fatto comunque.»

«Smettetela» ordinò Corvina, rimuginando su cosa fare. L’idea che quella richiesta di aiuto non fosse altro che una trappola aveva attraversato anche la sua, di mente, ma se davvero si fosse trattato di qualcuno nei guai? C’era solo un modo per scoprirlo. E comunque... il razzo era provenuto esattamente dalla direzione in cui loro erano diretti. Sarebbero dovuti andare laggiù in ogni caso, o avrebbero dovuto prendere una deviazione che sicuramente avrebbe allungato il viaggio, cosa che né lei, né gli altri, volevano.

Tuttavia, non erano costretti ad andare tutti. Questa volta, avrebbe fatto meglio a procedere con cautela. I suoi poteri non avevano percepito nessuna minaccia, ma lei non voleva fare troppo affidamento su di loro. Ciò che per loro non era una minaccia, avrebbe potuto benissimo esserlo per lei, o per i suoi amici.

«Aspettate qui» asserì lei, provando una strana, ma neanche troppo, sensazione di déjà-vu. «Vado a controllare.»

«Ne sei sicura?» domandò Rosso. «L’ultima volta che sei andata avanti da sola hai incontrato due maniaci...»

«Non erano due maniaci» protestò lei, per poi ripensare a Dom e Kev. «Beh... non del tutto. In ogni caso, non preoccuparti. Se andassimo in macchina rischieremmo di farci notare più facilmente, se ad attenderci ci fosse qualche malintenzionato.» Sorrise, cercando di apparire sicura di sé. «Ma se vado da sola, in volo, la notte mi aiuterà a restare nascosta.»

«A me sembra un buon piano» osservò Richard, prendendosi il mento, ricevendo un’occhiataccia da Lucas. «Che c’è? Dovresti saperlo meglio di me che Rachel sa badare a sé stessa.»

«Vado e torno.» Corvina posò una mano sulla spalla del moro, volgendogli un cenno del capo. Lui non sembrava ancora molto convinto, ma alla fine, la parte razionale di lui, fu costretta a darle fiducia. Del resto, la ragazza aveva ragione, la macchina avrebbe attirato molto di più l’attenzione rispetto ad una conduit delle tenebre.

«Hai mezz’ora» cedette lui alla fine. «Se non torni, o non chiami, entro questo lasso di tempo veniamo a cercarti.»

«Solo mezz’ora? Diavolo amico, dalle un po’ più di fiducia» si intromise Richard. «Io dico almeno un’ora.»

«La pianti?!» esclamò Lucas, accigliandosi. «Nessuno ha chiesto, ed è intenzionato a sentire, il tuo parere!»

«Mezz’ora andrà bene» si affrettò a dire la giovane, scoccando un’occhiata interrogativa a Richard, il quale sollevò le mani in segno di resa e diede loro le spalle un’altra volta. Perché si stava comportando in quel modo?

«Vado e torno» ripeté lei, con tono sicuro, per poi girarsi e chiudere gli occhi. Inspirò profondamente, poi il manto di luce nera iniziò ad avvolgerla, caldo e confortevole come sempre. Pochi istanti dopo, il rapace oscuro si sollevò alto nel cielo, diretto verso il luogo da cui era provenuta la misteriosa richiesta di aiuto.

   
 
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